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9 I viticci sono detti anche cirri.

PESO DEL LEGNO (kN)

III.2.3.3. Analisi dei carichi e dimensionamento

Durante le varie fasi di progettazione della struttura di supporto ai vegetali andranno opportunamente conteggiati tutti i carichi che compongono un rivestimento, computando quindi sia quelli della struttura vera e propria, che quelli dovuti alla presenza delle piante. Nell’attività di dimensionamento del sottosistema strutturale si dovranno conteggiare, al pari di una qualsiasi altra struttura edile, tutti i

44 FRP è l’acronimo di Fiber Reinforced Polymers. Sigla inglese che indica una gamma di materiali compositi

molto resistenti, ottenuti rinforzando elementi a matrice polimerica con fibre di vario genere (ad esempio fibra di vetro).

carichi che potrebbero interessare tale sottosistema durante l’intero ciclo di vita utile. Essi potranno essere suddividi in pesi propri (Pp) e carichi accidentali, ed andranno stimati tenendo conto di alcuni fattori, quali:

1) il Pp della pianta: da 1 a 50 Kg/m² in funzione della specie vegetale impiegata e del contestuale sviluppo vegetativo – variabile da caso a caso – che la interessa (Tab.III.69); 2) il Pp della struttura di supporto (dipendente dal tipo di materiale e dalla quantità

impiegata);

3) il carico accidentale del vento sull’intera superficie del rivestimento; 4) il carico accidentale imputabile alla presenza di neve;

5) il carico accidentale prodotto da pioggia, umidità dell’aria e rugiada.

Distribuzione dei carichi

Se la struttura non presenta appoggi intermedi, ma è supportata esclusivamente dai traversi alla base ed alla sommità, il montante superiore sarà quello maggiormente sollecitato. In tal caso, esso dovrà sostenere l’intero ammontare del peso del rivestimento (prodotto dalle piante e dal sottosistema di supporto) e metà di quello accidentale dovuto al vento. Il traverso inferiore, oltre a funzionare da controventamento, supporterà solo la restante percentuale di pressione ventosa. Diviene quindi opportuno prestare debita attenzione alla distribuzione dei carichi in fase di modellazione statica, in quanto i correnti orizzontali si trovano a dover rispondere a delle sollecitazioni maggiori rispetto a quelli verticali (Fig.III.70).

Fig.III.70 – A sinistra. Struttura eseguita da supporti superiori e inferiori, completati da montanti tesati verticali. Il supporto superiore è quello più sollecitato. (Fonte: Jakob Inox Line) Fig.III.71 – A destra. Campionario di elementi puntuali per la connessione dei sottosistemi di supporto alle chiusure edilizie. Questi possono essere impiegati sia alla sommità che nei punti intermedi del rivestimento, ed hanno conformazioni diverse in funzione delle tipologie di superfici alle quali dovranno connettersi. Mediante dei distanziatori è possibile collocare detti sistemi anche sulle chiusure che presentano un isolamento a cappotto. (Fonte: Jakob Inox Line)

Nel caso in cui la struttura di supporto comprenda esclusivamente montanti verticali rigidi o tesati, la sollecitazione prodotta dal peso della pianta sarà schematizzabile come un carico verticale concentrato.

Qualora invece il grigliato metallico – o la struttura tesata orizzontale o verticale – presentasse dei punti intermedi di connessione alla chiusura verticale retrostante, essi andranno opportunamente conteggiati in fase di analisi dei carichi o dimensionamento strutturale. Tali appoggi intermedi, inoltre, si rivelano preziosi nel diminuire la freccia prodotta dall’abbassamento strutturale nel supporto superiore, contribuendo in modo apprezzabile alla rigidità dell’intero apparato di rivestimento. Un’interessante opzione strategica da tenere in considerazione durante la fase di progettazione strutturale, potrebbe essere quella di prevedere una serie di appoggi puntuali intermedi, al fine di donare maggiore rigidità complessiva alla struttura e diminuirne gli abbassamenti localizzati o le frecce complessive (Fig.III.74).

Alcune tipologie di piante a sviluppo volubile e particolarmente vigoroso (ad esempio Wisteria) potrebbero arrecare, con le proprie propaggini, delle sollecitazioni di trazione o torsione ulteriori, oltre a quelle già imputabili ai carichi fissi o accidentali. Tali forze – peraltro di difficile quantificazione ed assai variabili da caso a caso – potrebbero arrecare criticità o danni non preventivati alle strutture di supporto del sistema vegetale o, per trasmissione di sollecitazione, alle chiusure dell’edificio. Vengono in questi casi utilizzati dei morsetti di fissaggio rinforzati ed appositamente studiati, che servono a contenere le sollecitazioni supplementari create da piante molto vigorose.

Fig.III.72 – A sinistra. Sono qui schematizzate alcune possibilità per la connessione tra edificio e sottosistemi strutturali destinati alla vegetazione. Essi possono essere rigidi o tesati, fissati a parete, a terra con propria fondazione o pendenti dalla copertura. (Fonte: FLL - Forschungsgesellschaft Landschaftsentwicklung Landschaftsbau (Associazione tedesca dei costruttori del Paesaggio). Elemento citato in BELLOMO, ANTONELLA, op. cit., p.112) Fig.III.73 – A destra. CBA Progetti, Ristrutturazione dello Studio Caruzzo & Associati, Treviso, 2006: foto di cantiere. Esempio di sottosistema strutturale presentante fondazioni autonome: esso non è quindi supportato dalla chiusura deputata all’inverdimento ma si autosostiene. (Fonte: Carlo Bordini)

Fig.III.74 – Confronto tra due configurazioni differenti, tra le molteplici possibili, per la disposizione di cavi e puntoni intermedi atti alla realizzazione di strutture tesate. Una schematizzazione di questo genere si rivelerà utile nella modellazione statica e strutturale durante le fasi di dimensionamento dei supporti. La differenza tra le due è dovuta al fatto che quella di sinistra possiede dei tiranti supplementari che sbordano oltre il reticolo a maglie quadrate: essa sarà perciò più resistente. (Rielaborazione da: catalogo Carl Stahl Décorcable)

Fig.III.75 – Luciano Giorgi e Liliana Bonforte, Showroom Benetton, Vicenza, 2010. Esempio di apparati puntiformi per la connessione tra sistemi tesati e chiusure verticali. Sono qui raffigurati un elemento di bordo – a sinistra – ed uno intermedio. La figura a destra dimostra un errore (progettuale o di realizzazione): trovandosi nel caso di rivestimento integrativo ad una chiusura con isolamento a cappotto, tali elementi puntiformi, per garantire adeguata resistenza meccanica, dovrebbero presentare una lunghezza che gli permetta di penetrare fin nella parte strutturale della parete, anziché fermarsi all’isolante; per tale motivo, anche se sono passati meno di sei mesi dal completamento dell’opera, alcuni elementi risultano già divelti, lasciando parte del sistema di rivestimento svincolato dalla muratura.

Il carico del vento

Il carico accidentale relativo a flussi e correnti ventose è quello maggiormente critico in strutture del genere. Sebbene le brezze ventose possano permeare attraverso la superficie prodotta dalle foglie, sarà bene non sottovalutarle; è quindi consigliabile, in fase di modellazione statica e strutturale, paragonare la superficie vegetale ad un piano senza bucature, piuttosto che ad una superficie che possa essere attraversata dai flussi.

La sollecitazione dovuta al carico ventoso che può interessare un rivestimento vegetale dipende dalla direzione dei venti ed è di tipo bivalente: essa può essere distinta in pressione ventosa o effetto risucchio45. Nel primo caso si tratta di un carico distribuito ortogonalmente alla superficie a verde, mentre l’effetto risucchio si viene a formare quando il vento soffia parallelamente alla superficie vegetale: i carichi vengono in entrambi i casi trasmessi alla struttura di supporto mediante le propaggini delle piante. La superficie – deputata come totalmente o parzialmente permeabile a seconda delle scelte dello strutturista – formata dalle propaggini fogliari può produrre un “effetto bandiera” sotto il doppio effetto (pressione o depressione) della corrente ventosa: l’intero sistema potrebbe quindi, sotto tale carico accidentale, subire delle sollecitazioni che lo porterebbero a muoversi o sbandierare nella sua interezza, caricando i montanti e le connessioni fra struttura e chiusura. Eventuali appoggi intermedi fungerebbero anche in questo caso sia da ottimale irrigidimento e controventamento strutturale che come elementi puntiformi collaboranti (entrando qui in gioco anche le prestazioni dei tasselli impiegati per fissare la struttura alla chiusura edilizia e la resistenza della chiusura stessa).

Nel caso della pressione ventosa le sollecitazioni da computare andranno valutate sottostando a quelli che sono i valori indicati negli apparati normativi attualmente in vigore; mentre, per quel che concerne la depressione, sarà opportuno verificare i montanti della struttura secondo adeguate sollecitazioni: alcuni produttori46 forniscono dei valori indicativi per il carico di risucchio ventoso in funzione dell’altezza raggiunta dal sistema vegetale. Tali grandezze sono così espresse:

- 0.5 kN/m² per i rivestimenti vegetali fino a 8 m di altezza dal piano di campagna; - 0.8 kN/m² per quelli compresi tra 8 e 20 m;

- 1.1 kN/m² per i rivestimenti più alti di 20 m.

Altri carichi accidentali

Montanti e strutture dovranno essere in grado di supportare anche i carichi accidentali prodotti da pioggia, neve e umidità dell’aria. Questa azione viene solitamente individuata moltiplicando il peso proprio della pianta al metro quadrato, per un coefficiente moltiplicativo differente a seconda del tipo di fogliazione vegetale. Tale coefficiente consiste in:

- Pp della pianta moltiplicato X2 (nel caso di piante decidue); - Pp pianta moltiplicato X3 (se si impiegano specie sempreverdi 47)

45 L’effetto risucchio altro non è che una depressione dovuta all’azione del vento.

46 Si precisa che non esiste alcuna normativa in merito al dimensionamento dei montanti strutturali per la

realizzazione di rivestimenti vegetali, quindi tali valori non sono assoluti o cogenti, ma andranno interpretati come delle regole di buon costruire. I valori di carico qui riportati sono quelli suggeriti da due aziende leader nel settore, ossia l’elvetica Jacob Inox Line e l’anglosassone S3i – Stainless Steel Solutions.