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II. Sviluppo storico nello sfruttamento vegetale come elemento di progetto

II.5. Verde Verticale: una proposta di classificazione

Dopo aver introdotto il concetto generico di Verde Verticale all’interno del paragrafo I.5, si rende necessario procedere alla specificazione di alcune definizioni classificatorie tese ad esplicare e dimostrare quale sia l’odierna variegata offerta di sistemi per l’inverdimento parietale esistenti. Si procederà dunque con l’introduzione di alcune definizioni35 aventi il compito di declinare quali sono i tre macrogruppi di pareti a verde oggi rilevabili e gerarchicamente sottostanti a quello del Verde Verticale, ossia il rivestimento a verde, la chiusura vegetata ed il muro vegetale.

Macrogruppi aventi comunque il solo scopo di individuare dei campi d’azione differenti ed imputabili alle svariate tipologie di Verde Verticale oggi riscontrabili, pur tenendo debitamente conto del fatto che, come si vedrà meglio nel prosieguo della trattazione, oltre ad esistere la possibilità d’individuazione di altri sottogruppi finalizzati all’essere più precisi nella definizione tecnica e tecnologica dei vari sistemi, dimostrano anche come alcune volte i confini tra le varie tipologie non siano così netti o distinguibili.

Rivestimento Vegetale

Il rivestimento a verde36, o rivestimento vegetale, è la forma maggiormente storicizzata di Verde Verticale. Esso, come visto, è conosciuto fin dall’antichità, e come dice la stessa parola “rivestimento” indica un qualcosa appoggiato sopra ad un’altra, trattandosi nello specifico di un apparato vegetale in appoggio ad una superficie edilizia. Questa tipologia di sistema, riscontrabile in lingua anglosassone con la locuzione di green façade, consiste in un sistema tecnologico molto o relativamente semplice a seconda che il sistema vegetale aggrappi direttamente alla superficie della parete o che lo faccia con l’ausilio di una sottostruttura di supporto (come ad esempio strutture retate, telai, griglie, sistemi tesati, ecc, solitamente in materiale metallico o polimerico). Un rivestimento a verde è quindi considerabile come un sistema vegetale supplementare ad una chiusura edilizia: chiusura che, comunque, potrebbe sussistere anche senza la presenza delle piante (Fig.II.56).

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Non si ha alcuna pretesa, in questa sede, di fornire un apparato interpretativo univoco in materia, o peggio, quello di imporre una classificazione tassonomica definitiva. L’intenzione è semmai quella del tentare di far luce su un argomento ancora scarsamente approfondito e che gode tutt’oggi di grandissima confusione, interpretandolo coi canoni della Tecnologia dell’Architettura. Si tiene perciò ad evidenziare che sono reperibili in letteratura altri apparati interpretativi e classificatori più o meno discordanti da quello qui proposto. Cfr. LAMBERTINI, ANNA, “Dal verde parietale al giardino verticale. Progettare con la tecno-natura”, in bibl; BELLINI, OSCAR EUGENIO, DAGLIO, LAURA, Verde Verticale – Aspetti figurativi, ragioni funzionali e soluzioni tecniche

nella realizzazione di living walls e green façades, in bibl; GRHC – GREEN ROOFS FOR HEALTHY CITIES, Introduction to Green Walls – Technology, Benefits & Design, in bibl.

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Fig.II.56 – A sinistra. Disegno di dettaglio che illustra la stratigrafia tipo di un rivestimento vegetale, nel caso dell’utilizzo di specie rampicanti.

Fig.II.57 – A destra. Icona tipologica impiegata nella schedatura dei casi-studio (cfr.III.6), indicante la tipologia del rivestimento a verde.

Tale bassa complessità tecnologica si ripercuote anche nella varietà di specie vegetali impiegabili e nella loro modalità d’impianto. Infatti, le piante utilizzabili con questo sistema sono poche e fanno riferimento alle specie vegetali rampicanti o a portamento decombente, in quanto esse sono le uniche che, grazie alla propria grandezza e possibilità di sviluppo spaziale e nel tempo, riescono a garantire un ricoprimento del paramento murario senza la necessità che i rami siano in stretta vicinanza ai propri organi radicali. Ciò implica che anche il sistema per la messa a dimora dei vegetali sia relativamente semplice, essendo suddiviso tra le specie piantate a terra o mediante vasi/fioriere posti in quota.

Le modalità d’impianto sono due: a terra (Fig.II.58) o mediante specifiche strutture in quota (Fig.II.59). Nella prima la pianta viene collocata alla base del muro da rivestire e necessita, quindi, di un buon volume di terreno dove poter sviluppare il proprio apparato radicale, nonché di un certo tempo per crescere ed inverdire completamente la parete deputata: un tempo idoneo, che dipende dalle caratteristiche della specie e da quelle del contesto ambientale d’impianto. Quando le piante vengono poste in quota richiedono invece un sottosistema di vasi e fiorire poste interpiano o comunque distanti dal suolo, contenenti terreno o substrati organici, dove esse possano perciò anche essere alloggiate a distanza dal piano di campagna. Da tali vasi e fioriere il rivestimento vegetale potrà ricadere verso il basso o arrampicarsi in altezza a seconda che il portamento della specie prescelta sia decombente o rampicante.

Fig.II.58 – A sinistra: Esempio di rivestimento vegetale presso la piscina di Merano (BZ). Questa è la tipologia più semplice in assoluto: la pianta rampicante è collocata a terra e le sue propaggini vegetali aggrappano direttamente sulla superficie muraria.

Fig.II.59 – A destra: Kengo Kuma, edificio Z58, Shanghai (China): dettaglio della facciata. Il rivestimento verde è in questo caso realizzato mediante una serie di fioriere lineari poste a differenti quote in altezza davanti ad una parete vetrata. Le specie vegetali non trovando in questo caso una superficie dove aggrapparsi e crescere, una volta che si saranno maggiormente sviluppate ricadranno verso il basso, formando uno schermo vegetale a portamento decombente. Si noti nell’angolo in basso a sinistra uno dei terminali dell’impianto d’irrigazione automatizzato. (Fonte: LAMBERTINI, ANNA, Giardini in verticale, in bibl., p.223)

Chiusura Verticale Vegetata

Stadio evolutivo e diretta conseguenza del progresso tecnologico un’altra tipologia sistemica di parete verde, ossia la chiusura verticale vegetata consistente in una chiusura edilizia in cui la porzione di vegetazione è considerabile come una componente funzionale fondamentale ed intimamente integrata alla restante parte tecnologica37. Seppur, a ben vedere, alcune caratteristiche archetipiche di questo sistema potrebbero essere reperite nei turf buildings dell’antichità descritti in apertura di capitolo, la chiusura vegetata è comunque da considerarsi un elemento tecnologico prettamente contemporaneo.

Essa si distingue dal rivestimento a verde innanzitutto per un motivo agronomico, e cioè che il sistema in esame è pervaso da uno strato di finitura vegetale che ricopre tutte le parti (o comunque la stragrande maggioranza) di una superficie edilizia. Finitura vegetale superficiale che, inoltre, ne permette un impiego di pressoché tutte le specie vegetali esistenti, una volta che ne siano rispettate le esigenze fisiologiche ed ambientali (come ad es. temperature cardinali38, esposizione solare, richiesta di nutrienti, ecc) delle piante prescelte: si viene così a ricreare tra la superficie architettonica e le specie vegetali un’intima e proficua integrazione (Fig.II.60).

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Il quinto capitolo della ricerca è completamente dedicato alle chiusure verticali vegetate.

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Si rimanda al paragrafo IV.5.2 del quarto capitolo per la descrizione di che cosa siano le temperature cardinali minime, ottimali e massime delle piante.

Fig.II.60 – A sinistra. Dettaglio che illustra una stratigrafia tipo di chiusura verticale vegetata. Vista la grande varietà di sistemi esistenti che appartengono alla presente categoria, è stata in questo caso selezionata un’opzione tecnologica fra le molteplici rilevabili, allo scopo di illustrare le caratteristiche del sistema: tutte le variati tipologiche possibili verranno debitamente esplicate nei capitoli centrali della ricerca. Il sistema d’impianto qui raffigurato si compone di moduli scatolari contenenti substrato.

Fig.II.61 – A destra. Icona impiegata nella schedatura dei casi-studio relativi alla tipologia delle chiusure verticali vegetate: cfr. V.3.

Anche la locuzione inglese che solitamente viene utilizzata per indicare questo particolare sistema di Verde Verticale, ossia quella di living wall, indica abbastanza esplicitamente ed in maniera enfatica come l’intero muro sia vivente, palesando come le piante siano in questo caso, appunto, una componente tecnologica vera e propria della facciata: nei rivestimenti verdi le propaggini vegetali invadono il muro nel tempo, mentre concettualizzando si potrebbe in questo caso affermare che nelle chiusure vegetate tutte (o quasi) le parti della parete inglobano una o più specie vegetali viventi. Tale continuità di finitura superficiale si ripercuote inoltre nella necessità di proteggere gli strati funzionali retrostanti dal possibile passaggio di umidità, richiedendo delle attenzioni tecnologiche finalizzate al bloccaggio del passaggio di acqua liquida o sottoforma di condensa: tale esigenza richiede perciò molto spesso uno strato impermeabile di tenuta idrica che fa tendere tale sistema alla totale similitudine con quello che, come detto, è il sistema tecnologico edilizio che ha permesso l’approdo della vegetazione anche alle pareti degli edifici, ossia la copertura a verde. Per il motivo in questione, ossia quello della presenza di uno strato di tenuta impermeabile, tali tipologie di chiusure edilizie possono anche venire definite verde verticale continuo, o pareti a verde continuo.

Nelle chiusure verticali vegetate la componente tecnologica è fondamentale sia per quanto concerne gli aspetti costruttivi che per quelli gestionali; perciò si è deciso di impiegare il termine “chiusura”, come indicato nella normativa UNI39, al fine di accentuare la declinazione tecnologica del sistema, e per fare inequivocabilmente rientrare tali tipologie all’interno dei sistemi tecnologici riferiti all’edilizia.

Questo per due motivi. Il primo perché quando si ha a che fare con delle tipologie molto evolute e di ultima generazione come quelle in esame si viene a contatto con un’alta tecnologia intrinseca globale che, a differenza del rivestimento vegetale precedentemente illustrato, caratterizzano questi

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mediante un’elevata tecnologia sistemica e dei suoi componenti. Elevata componente tecnologica che porta questi sistemi ad essere configurati mediante partizioni modulari e prodotte industrialmente, sia per quel che ne riguarda le parti costitutive che per quelle impiantistiche, finanche addirittura alla parte vegetale40 (Fig.II.62).

Fig.II.62 – Esempio di chiusura verticale vegetata. Si noti la scansione modulare delle parti inverdite di facciata, che si ripercuote in una resa formale abbastanza rigida. (Fonte: http://www.g-sky.com)

In secondo luogo perché essi nascono tutti in seguito all’invenzione della coltivazione idroponica, assimilabile nelle pratiche e negli assunti teorici ad una produttività tipicamente industrializzata ed intensiva, con la conseguenza che oggi, anche se non è una regola assoluta, la stragrande maggioranza di questi sistemi impiegano proprio tale tipologia di coltivazione. La scelta dell’idrocoltura porta a dover concepire il sistema d’irrigazione come un impianto totalmente automatizzato e programmabile, conducendo quindi anche la modalità di coltivazione ad assumere un’impronta altamente tecnologica.

Queste le caratteristiche principali delle chiusure vegetate come gruppo di classificazione tecnologica che sottende un’ulteriore necessaria specificazione identificativa, ossia quella dei muri vegetali. Essa, seppur nata probabilmente in precedenza, è oggi da considerarsi un sottogruppo delle chiusure vegetate verticali.

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Gran parte dei sistemi industrializzati che stanno nascendo negli ultimi anni adottano una tecnica di pre- vegetatura in vivaio, che permette alle varie industrie di condurre in cantiere dei moduli parietali già completamente provvisti di vegetazione matura o ad un discreto stato di avanzamento vegetativo, solitamente denominati “pronto effetto”.

Il Muro Vegetale

Il muro vegetale41 è una particolare sottotipologia di parete a verde, appartenente al gruppo delle chiusure verticali vegetate. Seppur tale tipologia di parete sottenda gran parte delle caratteristiche descritte in precedenza, essa presenta però qualche peculiarità che riesce a conferirgli una declinazione autonoma. La differenza sostanziale sta nella industrializzazione del sistema e nelle sue modalità di realizzazione. Se la chiusura verticale vegetata può essere tranquillamente paragonata ad un qualsiasi altro sistema tecnologico di origine industriale, come ad esempio una facciata ventilata, il muro vegetale viene sì solitamente realizzato mediante componenti che possono anche essere dedotti dalla produzione industriale, ma richiedendo però una presenza più cospicua in tutte le fasi operative che porteranno alla ultimazione dell’opera da parte di colui che sarà deputato a realizzarlo (Fig.II.63).

Fig.II.63 – A sinistra. Stratigrafia tipo di un muro vegetale. Il sistema rappresentato è quello brevettato dal botanico francese Partick Blanc e denominato, appunto, Mur Vegetal: tale tipologia utilizza del feltro in poliammide come substrato (inorganico) per l’impianto dei vegetali.

Fig.II.64 – A destra. Icona impiegata nella schedatura dei casi-studio che presentino un muro vegetale: cfr. V.3.

L’invenzione di questo particolare tipo di parete verde è sicuramente, ancora una volta, da imputare a Patrick Blanc, come del resto anche il conio del suo nome: Mur Vegetal è infatti il nome che il botanico francese ha scelto per il suo brevetto, mentre Vertical Garden la sua traduzione anglosassone. Nomenclatura inglese che assume in questo caso specifico una grande importanza, in quanto proprio la parola “giardino” indica una delle peculiarità che hanno qui notevole peso. Infatti, se nel caso delle chiusure vegetate l’industrializzazione e la modularità del sistema ne provocano una riuscita formale abbastanza rigida dovuta alla presenza di sezioni modulari dalle dimensioni standardizzate, ciò non accade per i muri vegetali che sono sempre concepiti mediante un controllo molto serrato del suo esecutore, implicandone l’attiva presenza durante tutte le fasi progettuali e realizzative. Accade quindi che la parola “giardino” sia quanto mai azzeccata per definire tali tipologie

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sistemiche, in quanto il giardino verticale, come da sempre accade per quello orizzontale, implica la possibilità di sperimentare infinite forme e combinazioni di vegetazione sempre differenti tra loro; cosa che ovviamente sarebbe molto più difficoltosa da compiere con una sottostruttura compositiva modulare: la chiusura vegetata è più rigida sia formalmente che come possibilità di finitura vegetale (Fig.II.65).

Fig.II.65 – Esempio di giardino verticale. Nel caso specifico si tratta di un modulo dimostrativo prodotto dall’azienda Verdecrea sviluppando il brevetto Mur Vegetal di Patrick Blanc. Si denota come questa tipologia possa godere di una resa formale molto eterogenea e dall’altissima qualità, componendosi all’occorrenza di un elevato numero di specie vegetali differenti.

Altra caratteristica che si è voluta legare al muro vegetale è la possibilità che esso, appunto in quanto muro e non chiusura edilizia, possa anche non fare direttamente parte di un manufatto edilizio ma possa piuttosto, ad esempio, formare una struttura libera finalizzata a rispondere a specifici obiettivi, come una barriera fonoassorbente vegetata piuttosto che elemento puramente decorativo (e senza cioè l’obbligo di rispondere a precisi obiettivi funzionali o di classe esigenziale). Concludendo si potrebbe affermare che la declinazione assoggettata al muro vegetale implica una minor industrializzazione del sistema parallelamente ad una più elevata attività progettuale e realizzativa, esattamente l’inverso di quel che accade per le chiusure verticali vegetate in cui una forte ricerca ed implementazione del prodotto a monte si traduce in minori controllo formale e di realizzazione in cantiere. Perciò, il «giardino verticale può essere allora indagato anche come espressione di un’ideale di bella natura concepito per l’ambiente urbano: una quinta natura tecnologicamente specializzata, che si sviluppa e cresce grazie all’uso di particolari impianti e tecniche colturali, dando vita a immagini

ibride in cui differenti materiali, organici ed inorganici, vegetali e minerali, si integrano vantaggiosamente.»42

II.6. Il contributo della sperimentazione artistica quale progenitrice del fenomeno della