• Non ci sono risultati.

II. Sviluppo storico nello sfruttamento vegetale come elemento di progetto

II.6. Il contributo della sperimentazione artistica quale progenitrice del fenomeno della parete verde

Nell’approdo agli attuali modelli del Verde Verticale ha giocato un ruolo importante l’apporto offerto dalle varie forme d’arte. Il contributo degli artisti contemporanei nel pervenire ad una coscienza diffusa che sia stata in grado di acquisire ed accettare la possibilità di inverdire le facciate degli edifici, è sostanzialmente di due tipi tra loro consequenziali. Il primo contributo è di matrice ideologico- concettuale: gli operatori delle arti figurative hanno concorso a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale in merito alle tematiche ambientali, alle criticità attualmente presentate dalla globosfera ed all’ormai insostenibile impronta ecologica della razza umana. Il mondo dell’arte figurativa ha avuto quindi, prima di tutto, un ruolo nella stimolazione culturale delle persone.

In secondo luogo, e in un momento successivo, apparvero delle rappresentazioni artistiche che contribuirono a prefigurare un immaginario di verticalizzazione vegetale, partecipando a raffigurare possibili orizzonti sia architettonici che tecnici, dimostrando alcune possibilità in merito ad un impiego differente e inusuale della vegetazione in ambito architettonico43. Fin dagli ultimi decenni del XX secolo la sperimentazione di inedite forme d’arte si è dimostrata particolarmente ricettiva nei confronti dell’impiego della vegetazione con modalità e in contesti non convenzionali, venendo spesso supportata, anche in questo caso, dall’innovazione tecnologica. Grazie all’ideazione della tecnica idroponica – inventata qualche decennio prima nel settore dell’orto-florovivaismo44 – fin dai primi anni Settanta si sono potute registrare le prime piccole installazioni di verticalizzazione vegetale, dimostrando probabilmente per la prima volta le potenzialità figurative e tecniche del connubio fra spazio verticale e vegetazione naturale (Fig.II.66).

Di genere e dimensioni completamente diverse ma altrettanto importante per la progressione apportata, un’installazione realizzata a Berlino dallo studio di architettura STERN negli anni Ottanta, denominata Vertical Swamp (Fig.II.67). L’idea fu quella di inverdire la parete cieca di un edificio inserito in un blocco urbano mediante una struttura tridimensionale di acciaio ospitante alcune specie vegetali, col tentativo di «umanizzare l’ambiente edilizio mediante tecnologie verdi ed interventi paesaggistici»45. Venne così creata un’installazione praticabile di cinque livelli di altezza e costruita in tubolari ed orizzontamenti in acciaio, dove furono alloggiate ad ogni interpiano delle fioriere. La tecnologia costruttiva dell’installazione berlinese era semplice: la struttura di supporto venne realizzata in tubolari prefabbricati da cantiere (simili ai nostri tubi Innocenti o alle strutture per la realizzazione di impalcature da cantiere edile) mentre la parte vegetale consistette in normalissimi vasi in polivinilcloruro (PVC) contenenti piante e terriccio alleggerito da fioriere. L’idea di una parete a verde praticabile si dimostrò molto innovativa per il periodo e consentì di aprire inedite vie progettuali all’architettura anche strettamente contemporanea, tanto che essa venne ripresa in periodi successivi mediante altre due installazioni che, evidentemente, pagano un grosso debito a quella di STERN.

42

LAMBERTINI, ANNA, “Dal verde parietale al giardino verticale. Progettare con la tecno-natura”, in bibl., p.9

43

Si tenga conto che anche le prime opere di Patrick Blanc venivano considerate delle installazioni artistiche.

44

Cfr. capitolo V.

45

Fig.II.66 – A sinistra: Schermo fiorito. L’utilizzo della coltivazione idroponica e l’impiego di specie floreali permisero la realizzazione di questa installazione. (Immagine desunta da: Grande Enciclopedia del Giardinaggio, Curcio Editore, 1973. Fonte: Anna Lambertini)

Fig.II.67 – A destra: STERN, Vertical Swamp, Berlino (Germania), anni ‘80. La parete cieca di un blocco urbano venne integrata tramite una struttura composta da un reticolo di profili tubolari in acciaio, ed inverdita mediante l’utilizzo di specie vegetali impiantate in vaso. (Fonte: WINES, JAMES, Green architecture, in bibl., p.160)

L’installazione Park up a building (Fig.II.68) realizzata nel 1996 da Vito Acconci è un esempio di come si possa realizzare una struttura inverdita praticabile con pochissimi elementi architettonici anche all’interno di un tessuto urbano consolidato. L’artista italo-americano realizzò sulla facciata del Centro Gallego de Arte Contemporanea a Santiago de Compostela (Spagna), progettato da Àlvaro Siza, una struttura pensile contenente alcune specie arboree di piccole dimensioni. Il sistema era costituito da supporti telescopici in alluminio pendenti dalla copertura dell’edificio, che contevano a loro volta una serie di passerelle, livelli sfalsati e sedute metalliche. Ai vari livelli dell’installazione di Acconci furono collocati degli alberi appoggiati direttamente con la propria zolla, e senza l’impiego di vasi o fioriere. Mediante la presenza di pochi elementi strutturali e vegetali l’artista riuscì quindi a ricreare «un parco portatile, una struttura modulare pensile adattabile a qualsiasi tipo di parete priva di aperture e che può avere uno sviluppo altimetrico variabile»46, dimostrando le potenzialità ecologiche e sociali di tale tipologia di strutture e lanciando un forte messaggio sull’importanza della vegetazione all’interno dello spazio urbano.

Il Muro Verde di Porta Ticinese a Milano (Fig.II.69) realizzato dallo studio Temprano in collaborazione con gli architetti Massimo Semola, Emanuele Bertolotti e Giovanna Longhi nacque nel 2008 come progetto di comunicazione urbana. Esso aveva l’obiettivo di ingentilire la due pareti cieche di una ferita urbana derivante dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, nonché di

46

testimoniare con forza il ritorno di una cultura ambientale. Anche in questo caso è stata creata una struttura praticabile contenente delle piante e sovrapposta alla parete edilizia di base, realizzandola mediante la tecnologia dei normali ponteggi da cantiere. Le specie vegetali adottate (aleandro, gelsomino, edere, bitosforo e spiree) sono disposte in vasi di PVC posti ad ogni interpiano, mentre l’impianto d’irrigazione è automatizzato e composto da ali gocciolanti sempre in PVC. Questo progetto, inizialmente concepito come installazione temporanea, è stato talmente apprezzato e ben accolto dalla popolazione meneghina che a due anni dall’inaugurazione sembrerebbe che esso debba diventare permanente. Inoltre, questione assai rilevante, è che il condominio sul quale insiste l’installazione percepisce circa 10.000 Euro all’anno47 come introito pubblicitario conseguentemente al fatto di ospitare l’installazione48. Per di più, oltre alle importantissime funzioni ambientali ed estetiche fornite dalle piante, il Muro Verde di Porta Ticinese presenta una funzionalità ulteriore, ossia quella di parete anti-writers: da quando sono state collocate le piante sono scomparsi i graffiti dalla superficie edilizia, fino ad allora abbondantemente e costantemente presenti.

Questi tre progetti sono inoltre accomunati da una modalità operativa molto interessante, ossia la realizzazione “a posteriori”. Infatti tutti e tre sono stati installati su edifici già esistenti mediante tecnologie leggere, a secco e totalmente reversibili. Tale questione apre un ventaglio di potenzialità progettuali molto ampio, che permette di considerare queste opere come molto preziose e pienamente impiegabili anche in casi di recupero edilizio o retrofitting energetico.

Fig.II.68 – A sinistra: Vito Acconci, Park up a building, Santiago de Compostela (Spagna), 1996. La struttura gradonata è composta da tubolari telescopici in alluminio e grigliati metallici. Ai vari livelli dell’installazione praticabile sono presenti alcune sedute e specie arboree di piccole dimensioni. (Fonte: LAMBERTINI, ANNA, Giardini in verticale, in bibl, p.35)

Fig.II.69 – A destra: Temprano, Muro Verde, Milano, 2008. La tecnologia costruttiva è composta da elementi modulari metallici, solitamente impiegati in edilizia per la realizzazione di ponteggi cantieristici. Le piante sono collocate in vasi posti ad ogni interpiano, e l’apporto idrico è assicurato da un impianto automatizzato d’irrigazione. Si noti la somiglianza con il Vertical Swamp: cfr. Fig.II.67. (Fonte: http://www.flickr.com/photos/zetalab/2478628640)

47

Informazione desunta da un intervento di Claudio Parolini dello studio Temprano in data 26/03/2010, durante il seminario tecnico intitolato Verde Verticale e pareti vegetate, tenutosi a Monza (MB). Tale somma economica è comunque molto inferiore rispetto ai 20.000 € annui percepiti in precedenza dal condominio per ospitare qualche normalissimo manifesto pubblicitario.

48

Come già accennato, le sperimentazioni artistiche che in qualche modo hanno contribuito all’espansione della verticalizzazione parietale di piante e fiori sono molteplici, alcune delle quali anche interessanti e profondamente lungimiranti. Esperienze come quelle di Puppy (Fig.II.70)49, installazione floreale realizzata dall’artista statunitense Jeff Koons, dimostrano le capacità di una sperimentazione artistica assai innovativa, ma interpretabile come derivazione diretta di saperi del passato: l’opera di Koons, infatti, ricorda molto l’ars topiaria (Fig.II.71) di origine prima romanica e poi francese, che consisteva nel conformare alberi e arbusti secondo canoni e morfologie convenzionali, facendoli assomigliare a oggetti comuni o animali.

Fig.II.70 – A sinistra: Jeff Koons, Puppy, 1997. L’installazione è da considerarsi come diretta discendente dell’antica arte topiaria. (Fonte: http://www.nohaybilletes.com)

Fig.II.71 – A destra: Esempio di ars topiaria: le specie vegetali rampicanti vengono fatte crescere su un grigliato metallico, appositamente conformato secondo l’aspetto dell’oggetto da rappresentare.

49

Fig.II.72 – Installazione presso la Passerpromenade di Merano (BZ), 2010. L’opera è composta da un insieme di elementi vegetali sia viventi che recisi, come muschi, edere, canne palustri. Il tutto è collocato su un supporto metallico verticale contenente del substrato di coltivo.

Molto interessante, e per buona parte incentrato sull’impiego della vegetazione in contesti non propriamente convenzionali, è l’operato degli artisti inglesi Ackroyd & Harvey. Essi, passando dalla scala del design (Fig.II.73) a quella dell’architettura, riescono ad inserirsi all’interno delle due categorie declinate all’inizio del paragrafo, dimostrando grande attenzione sia alla sensibilizzazione culturale della società, che nei confronti di un approccio maggiormente operativo. Le opere più interessanti ai fini della presente ricerca eseguite dal duo inglese sono sicuramente quelle più recenti. Seppur il Dilstone Grove (Londra, Inghilterra, 2003: Fig.II.74) ed il Life Drawing (Riga, Lettonia, 2004: Fig.II.75) fossero due installazioni temporanee, esse sono state degli esempi di inverdimento parietale di ultimissima concezione, avendo sorpreso ed essendo sicuramente riuscite a stimolare alcune sperimentazioni architettoniche successive. Mediante una tecnologia di inverdimento sviluppata in collaborazione con l’IGER – Institute of Grassland and Environmental Research – ed ottenuta mediante un impasto di acqua, fango e sementi applicati manualmente sulle superfici murarie, i due inglesi sono riusciti a ad inverdire completamente tutte le facce verticali ed orizzontali sia interne che esterne di due edifici storici50.

50

Il risultato formale dei lavori di Ackroyd & Harvey è notevole, e tali tecnologie d’inverdimento sembra essere state in seguito riprese e implementate dal celebre architetto-paesaggista Edouard François in una delle sue ultime realizzazioni, ossia l’Immeuble Qui Pousse a Chateau le Lez nei pressi di Montpellier in Francia.

Ultimo in ordine di tempo, nell’operato di Ackroyd & Harvey, il FlyTower; ossia l’inverdimento temporaneo delle chiusure del National Theatre di Londra. Tale installazione è avvenuta nel 2007 utilizzando la medesima tecnologia precedentemente descritta (Fig.II.76).

Fig.II.73 – A sinistra: Ackroyd & Harvey, Tiger Grass Coat, 1991. Questa “pelliccia erbacea” venne realizzata sfruttando il principio naturale della produzione vegetale di clorofilla: le parti direttamente illuminate producono maggiore clorofilla che dona, di conseguenza, un colore verde agli apparati vegetali; dove la luce scarseggia le propaggini vegetali tendono ad assumere una colorazione giallognola. (Fonte: http://www.artsadmin.co.uk/projects/artist.php?id=40) Fig.II.74 – A destra: Ackroyd & Harvey, Dilstone Grove, Londra, 2003. Vista dell’interno. Tutte le pareti della cappella vennero inverdite mediante una miscela ottenuta impastando acqua, fango e sementi per prato. L’apporto idrico alle piante viene garantito annaffiandole manualmente, a cadenza periodica, con un normalissimo getto d’acqua. (Fonte: http://igrs.sas.ac.uk/research/CMRS/DilstonGroveImages.htm)

La ricerca di inedite configurazioni di vegetalizzazione parietale è tutt’oggi in pieno corso, e guardando al mondo dell’arte si possono scorgere molte forme di sperimentazione che contemplino l’integrazione più o meno marcata tra vegetazione ed edificio. Un esempio interessante e assai recente è quello prodotto dal collettivo di artisti spagnolo Luzinterruptus ed intitolato Garden for a not too distant future. L’installazione temporanea era composta da 110 contenitori plastici trasparenti del tipo di quelli solitamente impiegati per il confezionamento di prodotti alimentari: tali contenitori inglobavano al loro interno foglie e rami di alberi recuperati nelle aree circostanti alla piazza di Madrid in cui l’installazione è stata segretamente collocata, in quanto non provvista di licenza. Ogni contenitore plastico veniva a sua volta illuminato dall’interno mediante una lampadina, andando così a formare una parete verde illuminata e provvisoria.

Tale opera può essere letta come uno spunto di riflessione provocatorio, che invita anche a riflettere su molte contemporanee modalità di concepire la vegetazione e la sua integrazione con le opere di architettura o di design; inoltre, come dichiarato dagli stessi artisti, è stato operato al fine di «preservare il verde urbano, poiché se la moderna società continuasse a sradicare la vegetazione dagli spazi pubblici o a volerla ridurre su inaccessibili facciate verticali, il solo contatto che potremmo

avere in futuro con la natura potrebbe essere quello dei freezer dei supermercati, trovandola imballata con tanto di data di scadenza.»51

Fig.II.75 – A sinistra: Ackroyd & Harvey, Life Drawing, Riga (Lettonia), 2004. Il tempietto neoclassico all’interno del cimitero monumetale della capitale lettone venne temporaneamente inverdito in occasione della European Space Sculpture Quadriennial. (Fonte: LAMBERTINI, ANNA, Giardini in verticale, in bibl, p.43)

Fig.II.76 – A destra: Ackroyd & Harvey, FlyTower, Londra (Inghilterra), 2007. Mediante la tecnica d’inverdimento messa a punto in collaborazione col centro di ricerca IGER, il duo inglese ha vegetato due delle quattro facciate della torre scenica del famoso teatro londinese. Ackroyd & Harvey dalle pagine del proprio sito web descrivono quest’opera come il loro «progetto pubblico più ambizioso», in quanto sono riusciti a «trasformare tale icona urbana in un’opera d’arte vivente». (Fonte: http://www.brokencitylab.org/blog/national-grass-theatre)

Fig.II.77 – Luzinterruptus, Garden for a not too distant future, Madrid (Spagna), 2010. Installazione temporanea composta mediante 110 contenitori alimentari in materiale plastico contenenti foglie e rami. Ogni contenitore è a sua volta illuminato dall’interno. L’opera intende stimolare un dibattito in merito al ruolo della vegetazione urbana. (Fonte: http://luzinterruptus1.blogspot.com)

51