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II. Sviluppo storico nello sfruttamento vegetale come elemento di progetto

II.10. Tutto ciò che è “verde” risulta anche sostenibile? La natura simulata

Una delle conseguenze dettate dagli odierni paradigmi dello sviluppo sostenibile è il progressivo inverdimento di tutti i manufatti architettonici. Per inverdimento in campo edilizio si intende comunque un’accezione più ampia della parola, declinandola in base ad un suo significato molto generico e che sottende cioè sia un minor uso delle risorse direttamente legato alle fasi costruttiva e gestionale della fabbrica, che mediante l’impiego di materiali sempre più naturali e meno impattanti per l’ecosistema e per l’essere umano. Inoltre, ulteriore specificazione ancor più recente è quella finalizzata ad indicare veri e propri edifici verdi, intendendovi manufatti architettonici che ospitano vegetazione naturale negli involucri o al loro interno Se, come visto, tale forte movimentazione si traduce in una grande ricerca formale e tecnologica avente l’obiettivo di pervenire ad architetture che possano presentare un sempre più alto livello di commistione con la natura, tale paradigma potrebbe anche involontariamente condurre ad eventuali fraintendimenti. O contraddizioni (da Fig.II.85 a Fig.II.88).

Fig.II.85 – A sinistra. WEIchlbauerORTis Architekten, casa a Laufnitzdorf (Austria), 2009. Le chiusure verticali dell’edificio sono interamente rivestite con pannelli di erba sintetica. (Fonte: Redazionale di A10, “Country living”, in bibl., p.6)

Fig.II.86 – A destra. Boris Podrecca, edificio polifunzionale a Conegliano (TV), 2008: dettaglio della facciata metallica. Con l’obiettivo della mimesi rispetto alle colline circostanti, le chiusure verticali dell’edificio presentano diverse tonalità di verde. Alcuni moduli di facciata (di colore più chiaro nella foto) sono inoltre trattati mediante dei disegni in rilievo che ripropongono una texture fogliare.

Si corre cioè il rischio che possa essere largamente adottato solo uno dei vari medium che possono anche condurre ad avere degli edifici sempre più verdi – cioè quello di “inverdirne” facciate e coperture – ma dimenticando o tralasciando quello che dovrebbe essere poi il reale messaggio, ossia l’obiettivo di un’attività progettuale finalizzata all’edificazione verde (intesa come attività edificatoria tendente alla maggiore sostenibilità possibile). Esiste quindi il pericolo che, all’interno della società contemporanea fortemente basata sull’immagine e sulla comunicazione, l’imperativo di dimostrare l’attenzione ambientale di un progettista o di un’edificazione conduca all’errore grossolano di tralasciare quello che è invece l’obiettivo fondante che l’ha promosso, ossia il risparmio delle risorse e la salubrità per le persone.

Fig.II.87 – A sinistra. GRID Architects, Amalia House, Styria (Austria), 2007. L’immagine

verde offerta dalla casa di vacanze è lievemente contraddetta dal fatto di essere totalmente rivestita da erba sintetica. (Fonte: http://www.archdaily.com)

Fig.II.88 – A destra. UDA, The Green Vision, Revigliasco (TO), 2009: dettaglio delle chiusure verticali durante le fasi di cantiere. Anche questo edificio bifamiliare presenta delle facciate opache completamente rivestite da vegetazione sintetica. (Fonte: Vittorio Rungo)

Fig.II.89 – A sinistra. Rue Royale Architectes, palestra, Francheville (Francia), 2001. L’involucro è realizzato mediante una pelle edilizia in laminato stratificato ad alta densità, riportante un motivo vegetale raffigurante dell’edera ed impresso in quadricromia mediante il processo del Digital Print. (Fonte: http://www.rueroyalearchitectes.com)

Fig.II.90 – A destra. SWECO Group, padiglione della Svezia presso l’Expo di Shanghai 2010. Le facciate prospettanti sulle corti interne dell’edificio riproducono fotografie di foreste svedesi a scala gigante. (Fonte: Giovanni Zannoni)

Errori di valutazione che possono perciò anche condurre, come sempre più spesso accade, alla realizzazione di edifici inverditi mediante vegetazione sintetica, o che possano anche presentare facciate e coperture convenzionali “inverdite” con film adesivi recanti serigrafie o immagini di elementi ed apparati vegetali solo disegnati. Valutazioni erronee che conducono quindi all’esito opposto di quello desiderato, ossia il risultare involontariamente più inquinanti ed energivori rispetto ad un

semplice componente o sistema convenzionale per l’edilizia, sprovvisto cioè di tale “decorazione” vegetale. Una non corrispondenza – più o meno desiderata – tra forma e sostanza (Fig.II.89 e Fig.II.90).

Fig.II.91 – A sinistra: Andrea Viviani, Cinecity Multiplex, Limena (PD), 2005. La facciata principale è stata “inverdita” mediante moduli di edera sintetica.

Fig.II.92 – A destra: ulteriore esempio di “verde, ma non sostenibile” potrebbe essere quello della finta natura esibita a scopi puramente d’immagine: le palme sulla copertura del padiglione dell’Arabia Saudita all’Expo di Shanghai 2010 non erano piante vere, ma delle semplici riproduzioni in materiale plastico. (Fonte: Giovanni Zannoni)

Fig.II.93 – A sinistra: Italo Rota, casa di Roberto Cavalli, periferia di Firenze, 2008. La finitura parietale è in questo caso frutto di un’ibridazione: delle chiusure verticali metalliche che ripropongono un motivo fogliare stilizzato sono accoppiate ad un rivestimento vegetale di specie rampicanti. (Fonte: http://www.megadesignjob.com)

Fig.II.94 – A destra: Visiondivision, Hill Hut, 2009. In questo ampliamento edilizio tutto il progetto è giocato sulla dicotomia naturale/artificiale. Per creare un piano d’appoggio al nuovo manufatto, la collina pre-esistente è stata integrata mediante un aumento volumetrico artificiale poi mascherato mediante delle superfici di erba sintetica che continuano fino all’interno dell’abitazione. (Fonte: http://www.designboom.com)

Si rischia quindi di giungere a un utilizzo della vegetazione a fini esclusivamente ornamentali all’interno di un mondo progettuale sempre più complesso e recante una molteplicità di fattori o criticità, pervenendo ad una progettazione prevalentemente estetizzata nei confronti della vegetazione dove – seppur si possa oggigiorno contare su un livello scientifico e conoscitivo più elevato rispetto a quello della tradizione vernacolare – si concepisca il verde come solo fattore d’abbellimento. In tali casistiche l’impiego vegetale risulterebbe doppiamente tradito, disconoscendone il proprio valore di elemento naturale e vivente, nonché ripudiandone le enormi potenzialità climatologiche ed ambientali.

Per questo, confrontandosi ormai giornalmente con una rappresentazione dell’architettura che racconta senza problemi di edifici inverditi mediante elementi vegetali in PVC o con l’utilizzo di pellicole adesive riproponenti elementi floreali o vegetali, appare un controsenso, una realtà illogica quella di un loro impiego da parte di alcuni professionisti che non tenga conto ad esempio della loro energia incorporata, o dei contestuali costi di smaltimento sia energetici che economici. Il tutto, peraltro, senza debitamente tenere conto del fatto che, come illustrato nel capitolo VI del presente lavoro, gli elementi naturali possono offrire elevate qualità climatologiche benefiche sia nei confronti degli ambienti confinati di edifici, che verso l’ambiente esterno ed alla scala urbana.