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9 I viticci sono detti anche cirri.

SPECIE VEGETALE

III.2.2. Messa a dimora a terra, in vaso o in quota

Nella realizzazione di un rivestimento, in funzione delle esigenze di progetto, si renderà necessario operare una decisione riguardante la modalità di messa a dimora dei vegetali. La scelta della tipologia d’impianto è, infatti, la prima che dovrà essere eseguita, tenendo debitamente conto del fatto che verranno richieste, di conseguenza, differenti strategie progettuali o agronomiche. Le opzioni possibili sono sostanzialmente due, declinabili come impianto in piena terra o in vaso. Inoltre quest’ultima potrà

a sua volta contare sulla duplice opzione di vaso collocato a terra o in quota, anche se solitamente è assai raro che vengano posizionati dei vasi al livello del terreno27.

Fig.III.34 – Dimensioni medie del volume di terreno necessario per la messa a dimora in piena terra di specie vegetali rampicanti. (Fonte: BELLOMO, ANTONELLA, op. cit., p.64)

Partendo dal presupposto che l’impianto di un rivestimento richiederà sempre un’adeguata dose di terreno a disposizione del vegetale, sarà necessario comprendere come e dove tale terreno debba essere posizionato. Se, in linea di massima, sarebbe sempre consigliabile l’impianto in piena terra dei vegetali28, alcune condizioni di progetto spesso conducono il progettista ad optare per la collocazione

in vaso. Tali condizioni di progetto potrebbero consistere, ad esempio, in una eccessiva grandezza della parete da rivestire che obbligherebbe il progettista a giustapporre in verticale più fasce inverdite, nel rispetto dei limiti dimensionali della specie prescelta (Fig.III.31); oppure nella volontà di realizzare un rivestimento mediante l’ausilio di piante a portamento decombente che, vista la particolare conformazione strutturale, possono essere messe a dimora esclusivamente mediante vasi in quota; o ancora, semplicemente, quando si opti per la collocazione in vaso esclusivamente a seguito di una scelta formale-compositiva.

27 Ciò accade, ad esempio, quando alla quota di campagna non esista la disponibilità di accedere al terreno

naturale: condizione tipica dei contesti urbani.

28 Quando un vegetale viene collocato a terra potrà verosimilmente contare su un maggior volume di terreno

destinato ad accoglierne lo sviluppo radicale, rispetto ad una qualsiasi altra specie sistemata in vaso. Più alto quantitativo di terreno che, proporzionalmente, conterrà maggiori porzioni d’acqua o di sostanze nutritive per la pianta stessa.

Fig.III.35 – A sinistra. Piscina di Merano (BZ): padiglione d’ingresso. Esempio di rivestimento con messa a dimora in piena terra del sistema vegetale.

Fig.III.36 – A destra. Arnold Gapp, edificio polifunzionale a Marlengo (BZ): vista del prospetto rivolto a Sud. Esempio di messa a dimora in vaso e in quota di alcuni esemplari di specie vegetali differenti. Il rivestimento a verde è in questo caso impiegato con l’obiettivo della schermatura solare.

Nei confronti dei vegetali, il terreno assolve ad una serie di funzioni fondamentali alle loro attività fisiologiche. Innanzitutto c’è quella di ospitarne le radici: queste si insinuano nel suolo occupandone un volume considerevole e differente a seconda della specie, ed hanno la funzione primaria di radicare saldamente la pianta al suolo. Inoltre, il terreno offre ai vegetali le sostanze idriche e nutritive di cui essi abbisognano: nutrienti che vengono trasportati dal substrato agli apparati vegetali proprio grazie alle funzioni esercitate delle radici. Nella terra, infatti, sono presenti sali e nutrienti organici che gli organismi vegetali sfruttano per la propria crescita; l’acqua di falda che risale capillarmente dal sottosuolo, o quella meteorologica imprigionata all’interno dei substrati, formano un serbatoio di accumulo idrico funzionale agli organi della pianta, soprattutto durante i periodi più caldi dell’anno in cui essa, alla stregua di qualsiasi altro organismo fisiologico, necessita di un maggiore apporto idrico per svolgere le normali funzioni vitali.

Per tali motivi sarà importante garantire un adeguato volume di terreno (Fig.III.34) alla base d’impianto dei vegetali. Quantitativo che comunque non potrà essere sempre ricavato all’interno del terreno naturale: potrebbe accadere che delle particolari condizioni di contesto (ad esempio in ambiente urbano dove la presenza di terreno naturale è pressoché nulla) o progettuali (come la volontà dell’architetto di inserire le piante in corrispondenza degli interpiano di un edificio) richiedano la collocazione dei vegetali in appositi vasi o fioriere (Fig.III.36). Sistemazione in vaso che richiederà delle attenzioni maggiori relative a: dimensionamento corretto della sua capienza; composizione stratigrafica e bilanciamento dei substrati ivi contenuti; apporto idrico e dei nutrienti necessari alla vita e allo sviluppo vegetativo.

Fig.III.37 – A sinistra. Joaquin Vaquero Palacios, Padiglione spagnolo presso i Giardini della Biennale di Venezia, 1952. Esempio di messa a dimora in piena terra del sistema vegetale. Si noti la dimensione del tronco: la pianta di Parthenocissus tricuspidata (vite vergine) ha un’età stimabile intorno ai 50 anni, ed il fusto alla propria base misura circa 25-30 cm.

Fig.III.38 – A destra. Arnold Gapp, Edificio polifunzionale a Marlengo (BZ): dettaglio della fioriera per la messa a dimora in quota dei vegetali. Dall’immagine sono visibili la superficie superiore del substrato di coltivo, le ali gocciolanti dell’impianto d’irrigazione e il sistema di drenaggio della fioriera, avente la funzione di evacuare il liquido eventualmente in eccesso direttamente nel sistema di smaltimento acque meteoriche e poi verso l’impianto fognario. La porzione più alta della fioriera, al centro della foto, ospita un pozzetto d’ispezione.

L’impianto in vaso è sempre più critico di quello in piena terra in quanto, se nel caso di collocazione a terra gli apparati radicali potrebbero raggiungere uno sviluppo pressoché infinito, unitamente al fatto di poter contare su una riserva idrica29 potenziale maggiore, nel caso della

sistemazione in vaso eventuali errori di progettazione agronomica potrebbero tradursi in scompensi alla pianta più o meno gravi, finanche addirittura alla sua morte. Sarà perciò necessario prestare adeguata attenzione al dimensionamento del volume di substrato all’interno dei vasi, in quanto un volume troppo esiguo limiterebbe la crescita nel tempo del vegetale.

Inoltre, essendo di fatto la collocazione in vaso una configurazione d’impianto che è possibile definire come “artificiale”, saranno altrettanto importanti la corretta composizione e il bilanciamento degli elementi che andranno a realizzare i vari substrati all’interno dei vasi: essa dovrà, prima di tutto, risultare non eccessivamente pesante al fine di non gravare sulle strutture principali dell’edificio; inoltre, tali substrati dovranno presentare un adeguato rapporto tra le proprietà drenanti e quelle di ritenzione idrica. Gli organi radicali necessitano di ossigeno per il proprio sviluppo, perciò l’acqua stagnante potrebbe creare il decesso delle radici per asfissia; per contro, sarà sempre importante assicurare un’adeguata presenza idrica all’interno delle fioriere, come riserva per la pianta.

29 Il terreno, mediante la propria capacità di ritenzione idrica derivante dalle intrinseche caratteristiche di

Tale duplice valenza viene solitamente garantita da una pertinente composizione stratigrafica del substrato all’interno dei contenitori, mirante ad un corretto bilanciamento tra gli elementi drenanti e quelli di ritenzione dell’acqua, nonché nella corretta realizzazione tecnica della fioriera. All’interno di un vaso per la messa a dimora di rampicanti saranno quindi presenti varie stratificazioni materiche, anche molto diverse da caso a caso, ma tutte fondamentali alla vita della pianta30: strati che potranno

essere realizzati con componenti anche molto diversi tra loro, purché garantiscano adeguate prestazioni in favore dell’attività vegetativa31. Partendo quindi dalla sommità del vaso (dove il sistema

vegetale si insinua nel terreno) e procedendo verso il basso, si incontreranno alcune stratificazioni di diverso spessore.

Il substrato di vegetazione fornisce alloggio alle radici della pianta, garantendo al contempo una seri di funzioni complementari, come peso ridotto ed elevata capacità drenante anche in condizioni di massima saturazione d’acqua, capacità di ritenzione idrica ed un adeguato rapporto aria/acqua al proprio interno32, resistenza al gelo, stabilità di struttura fisica e chimica. I materiali utilizzati per comporre il substrato sono solitamente degli elementi a matrice terrosa (terriccio, torba, humus, ecc, in funzione della specie prescelta e delle necessità che essa presenti).

Il compito dello strato filtrante è quello di impedire la discesa delle particelle fini del substrato nello strato sottostante, ossia quello drenante: fattore che ne limiterebbe parzialmente o totalmente le funzionalità. Esso dovrà inoltre poter accogliere l’ancoraggio degli apparati radicali. Solitamente per la realizzazione dello strato filtrante si impiegano dei materiali geotessili33 appositamente studiati e

presentanti adeguate caratteristiche di resistenza a trazione, taglio e punzonamento. Proprietà che andranno a sommarsi ad opportune doti di permeabilità all’acqua.

Le funzioni dello strato drenante hanno a che fare sia con la gestione della presenza idrica che nei confronti degli apparati radicali. Tale tipo di stratificazione dovrà provvedere al drenaggio dell’acqua in transito nel substrato d’impianto, in quanto un ristagno della stessa potrebbe provocare l’asfissia delle radici: perciò anche l’aerazione degli apparati radicali dipenderà da esso. Ulteriore funzione esercitata sarà quella di accumulo idrico, dovendo lo strato drenante, nella propria parte bassa, accumulare dell’acqua di riserva da fornire agli apparati radicali nei momenti di maggiore stress idrico (dovuto ad esempio a scarsità di precipitazioni meteoriche o conseguente ad eventuali guasti nell’impianto d’irrigazione). Nei casi di vasi e fioriere lo strato drenante viene solitamente realizzato in materiali sfusi che abbiano elevate capacità di ritenzione idrica e drenaggio (come lapilli vulcanici, pomice, argilla espansa, ecc)34.

30 La tecnologia della composizione del substrato presente nei vasi è simile a quella impiegata nella realizzazione

di substrati per coperture a verde, essendo simili, in entrambi i casi, sia le esigenze agronomiche che di progetto.

31 Le nozioni qui riportate, vista l’interdisciplinarità dell’argomento in questione e la specificità rappresentata dalla

realizzazione dei substrati, andranno interpretate esclusivamente come delle argomentazioni introduttive ed indicative, essendo comunque consci che la pratica della composizione dei substrati per impianti in vaso di grandi dimensioni è materia specialistica ed eseguita da opportune figure professionali.

32 Si ricorda che gli apparati radicali necessitano allo stesso tempo della presenza sia di acqua che di ossigeno. 33 I geotessili fanno parte della più vasta famiglia dei geosintetici, e consistono in materiali – commercializzati

sottoforma di fogli, tessuti o simili – realizzati con fibre sintetiche. Essi vengono solitamente utilizzati a contatto col terreno, dove svolgono compiti come separazione tra strati diversi, filtrazione, protezione meccanica e/o di rinforzo. Le loro specifiche caratteristiche derivano dal polimero usato per realizzarne le fibre e dal tipo di lavorazione: i polimeri solitamente impiegati sono poliestere e polipropilene (che risultano essere i materiali di gran lunga più utilizzati), poliammide e polietilene. I geotessili si distinguono in due grandi categorie dipendenti dalle loro modalità di realizzazione, e possono essere tessuti o non tessuti – questi ultimi comunemente ed impropriamente chiamati anche “tessuti non tessuti”. (Fonte: http://www.ntanet.it)

Eventuali stratificazioni integrative (ad esempio materassini di ulteriore accumulo idrico, guaine, strati antiradice, ecc.) potrebbero essere impiegate all’occorrenza, qualora le caratteristiche fisiche del vaso non riuscissero ad assicurare le proprietà necessarie allo sviluppo biologico vegetale. Tutte le stratigrafie solitamente presenti in vaso e qui citate, si risolvono in soluzioni e combinazioni compositive che riescano ad armonizzare il non eccessivo peso dei vasi a delle buone doti di ritenzione/drenaggio idrico (Fig.III.39 e Fig.III.40).

Fig.III.39 – A sinistra. Schema di composizione del substrato per fioriere destinate ad ospitare piante rampicanti. Partendo dalla componente vegetale (cioè la pianta) alla sommità dell’immagine e procedendo verso il basso si incontrano, nel caso specifico, diversi strati, quali: substrato di vegetazione, strato filtrante, strato drenante, materassino di separazione in TNT, guaina antiradice ed un ulteriore materassino in TNT. (Fonte: Optima Giardini Pensili). Si tenga conto che comunque, quella qui rappresentata è solo una tra le molteplici opzioni compositive possibili: ogni produttore ed ogni agronomo, tendenzialmente, possiedono proprie strategie e prassi d’azione.

Fig.III.40 – A destra. Fioriera dimostrativa dalle pareti trasparenti. Si può notare la variegata composizione stratigrafica nella realizzazione del substrato d’impianto. In grigio e blu, al centro della foto, il sistema d’irrigazione automatizzato per la fornitura idrica alla vegetazione.

La composizione dei substrati andrà sempre realizzata in funzione delle specie vegetali ad essi abbinate, in quanto ogni specie presenta particolari esigenze pedologiche35: in altre parole, il terreno che una specie vegetale trova confortevole potrebbe rivelarsi deleterio per un’altra; come del resto non tutte le specie vegetali tollerano la collocazione in vaso (Tab.III.41). Alcune specie necessitano di sostanziosi quantitativi di terreno per potersi sviluppare in modo ottimale: condizione che, ovviamente, non può essere garantita dai modici volumi di substrato collocabili nei vasi.

35 La pedologia è la «scienza del suolo e, più precisamente, del terreno agrario […], che indaga la formazione, la

struttura fisica, la composizione chimica, il contenuto in sostanze umiche, le proprietà fisico-chimiche dei diversi terreni, nonché le azioni biologiche che vi si svolgono, allo scopo di approfondire le conoscenze relative alla distribuzione delle piante in generale e alla possibilità di coltivazione delle piante agrarie.» (Fonte: Enciclopedia Treccani)

GENERE COLTURA IN PIENA TERRA COLTURA IN VASO