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55 Cioè tutte quelle finora descritte.

III.4. Impiegare un rivestimento vegetale per precisi scopi funzional

III.4.2. Rinaturalizzazione architettonica-ambientale e riqualificazione edilizia

La relativa semplicità tecnologica di un rivestimento vegetale, unitamente alle indiscutibili doti estetiche ad esso associabili lo configurano come elemento interessante per tutte le tipologie di opere architettoniche collocabili a posteriori su un edificio o in un ambiente. I rivestimenti a verde, avendo come caratteristica fondante quella di ospitare l’elemento vegetale (e quindi, di conseguenza, anche tutte le sue intrinseche caratteristiche fisiologiche attive e passive) ben si prestano ad essere integrati a edifici o spazi pubblici esistenti, portando come valore aggiunto le potenzialità prestazionali relative alla vegetazione. Queste caratteristiche potrebbero perciò divenire assai interessanti per due campi d’applicazione diversi, seppur dai limiti definibili in maniera non proprio così netta, ossia rinaturalizzazione ambientale e riqualificazione edilizia.

Fig.III.92 – A sinistra. Ecosistema Urbano, Ecoboulevard, Madrid (Spagna), 2004. Installazione multipiano contenente specie rampicanti sempreverdi sistemate in vaso: la struttura portante di travi e pilastri è in metallo zincato, e tamponata da una rete anch’essa metallica. L’edificio espleta tre funzioni contemporaneamente: rinaturalizzazione dello spazio urbano; ombreggiamento dei percorsi pedonali; ossigenazione e raffrescamento dell’aria mediante l’attività fisiologica delle piante. (Fonte: http://www.plataformaarquitectura.cl/wp- content/uploads/2007/12/891828779_ecosistemaurbano_boulevard-3.jpg)

Fig.III.93 – A destra. Esposizione Internazionale di Saragozza, Spagna, 2008. Vista del cantiere di un albergo situato nello spazio prospiciente all’esposizione. La grande struttura dalle forme fluide in calcestruzzo armato fibrorinforzato sarà destinata ad accogliere un rivestimento vegetale: la funzione di tale elemento è quella della mitigazione sonora, visto che l’edificio si trova in un contesto sensibile, ossia proprio davanti a una grande via di scorrimento. (Fonte: Giovanni Zannoni)

Conseguentemente al fatto che nel recente passato le valenze ambientali legate all’impiego della vegetazione siano state dimenticate per anni, accade oggi, anche in seguito alla messa in evidenza delle contingenze ambientali contemporanee, che le amministrazioni di molte conurbazioni promuovano la rinaturalizzazione – e cioè l’aumento della percentuale di verde all’interno di un dato luogo o spazio – dei propri territori: spinta alla rinatualizzazione dovuta non solo alle doti estetiche legate alla presenza del verde in un dato spazio, ma anche all’associazione della sua esistenza a valenze ambientali o di qualità atmosferica. Inoltre, anche l’aspetto sociale della natura in ambito

urbano è importante, in quanto le persone si identificano nella fruizione o nella semplice vista della vegetazione e gli riconoscono una valenza igienica all’interno di agglomerati urbani che vengono sempre più percepiti come degli elementi pericolosi o deleteri per la salute umana. Una tecnologia “viva” come quella del rivestimenti vegetali diviene perciò assai importante, specialmente se si considera la sua possibilità d’installazione a posteriori non particolarmente difficile o onerosa, e la possibilità di inverdire facciate edilizie o quinte urbane anche dove non sarebbe possibile intervenire con degli elementi di verde “orizzontale” o parchi pubblici63. È per questo che la modalità privilegiata

nell’impiego dei rivestimenti vegetali per la rinaturalizzazione ambientale sarà proprio identificabile con un suo impiego in ambito urbano o metropolitano (Fig.III.92), o particolarmente adatta per contesti sensibili dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico, acustico o visuale (Fig.III.93).

Fig.III.94 – A sinistra. Jaime Crispì, Miguel A. Herrero, di Sicilia Arquitectura, Jardin en Altura Delicias, Saragozza (Spagna), 2010. Parco urbano multipiano: per ottimizzare il poco spazio a disposizione si è optato per la moltiplicazione dei livelli praticabili, impiegando tecnologie di rivestimento e copertura a verde.

(Fonte: http://www.heraldo.es/uploads/imagenes/bajacalidad/_jardinvertical2_3f6010c0.jpg) Fig.III.95 – A destra. Bruno Stagno y Asociados, Edificio Pergola Tribu, San Antonio de Bélen (Costarica), 2004. Esempio di retrofitting architettonico. L’edificio fu consegnato all’architetto già completo in tutte le sue parti: l’unico lavoro eseguito da Stagno è stata la progettazione di un rivestimento vegetale di facciata come sistema di schermatura solare. (Fonte: BELLINI, OSCAR E., DAGLIO, LAURA, Verde Verticale, in bibl., p.76)

Ulteriore possibilità d’impiego a posteriori di strutture del genere è quello alla scala edilizia, ossia su manufatti architettonici. I rivestimenti vegetali si prestano bene al retrofitting per edifici esistenti, sia che la finalità del cantiere sia dovuta a motivi di miglioramento del sistema funzionale-spaziale che di quello energetico-tecnologico. Valenze, queste, peraltro rigide e distinguibili solo a livello di definizione: come visto (e definito con maggiore precisione e dati scientifici nel capitolo VI), l’applicazione di un sistema vegetale a un involucro architettonico fornirà sempre delle valenze a

63 Si precisa che non si ha la pretesa di insinuare che il Verde Verticale possa considerarsi un’alternativa

paritetica al verde “orizzontale”, o un suo surrogato. La questione è che in alcuni casi di conurbazioni particolarmente edificate non si hanno a disposizione spazi liberi dove intervenire realizzando parchi urbani di adeguate dimensioni perciò, in casi molto estremi, la verticalizzazione vegetale potrebbe anche essere considerata opzione apprezzabile per riportare la vegetazione all’interno di città o metropoli. Cfr. Fig.III.83 e Fig.III.94

carattere prestazionale-ambientale nei confronti sia degli ambienti interni che di quelli esterni; viceversa, un’applicazione a scopi meramente tecnologici del rivestimento avrà comunque sempre delle apprezzabili ricadute formali sull’immagine definitiva del manufatto destinato all’opera di risanamento (Fig.III.95).

Le lavorazioni di cantiere relative all’installazione di un rivestimento vegetale su un manufatto esistente sono, vista la semplicità e la limitatezza numerica dei componenti che servono a realizzarlo, poche e tutto sommato facili da eseguire. E perciò anche relativamente economiche. Sia che si opti per realizzare una struttura di supporto ad hoc, sia che si scelga di appoggiarsi a produttori che forniscono sistemi industrializzati, esse consisteranno sostanzialmente nella messa in opera del sottosistema di supporto. Messa in opera che si traduce nel posizionamento e fissaggio (che, come visto, viene quasi sempre eseguito mediante tasselli meccanici e chimici) di strutture principali, reti o cavi, eventuali vasi in quota o a terra, prima di procedere all’impianto dei vegetali prescelti. Messa a dimora dei vegetali che, come già detto, dovrebbe essere sempre assistita da una figura professionale esperta di piante.

Fig.III.96 – Enrique Browne y Asociados, Los Conquistadores, Santiago (Chile), 1997. Da sinistra verso destra: foto dell’edificio prima e dopo l’intervento di recupero. Le chiusure verticali e superiori dell’edificio sono state completamente avviluppate da una pelle verde che si svincola dall’andamento delle chiusure per raggiungere delle configurazioni formali e volumetriche autonome. (Fonte: CORRADO, MAURIZIO (a cura di), Il verde verticale, in bibl., pp.204-205)

La messa in opera della struttura del rivestimento potrebbe anche avvenire direttamente sopra la parete esistente, senza che questa riceva delle lavorazioni preventive particolari (ovviamente solo dopo che sia stata verificata un’idonea resistenza meccanica di quest’ultima). Attività aggiuntive a quelle finora descritte potrebbero essere rappresentate dall’irrigidimento della chiusura interessata dall’inverdimento – cosa che accade raramente e solo nel caso di rivestimenti particolarmente complessi e pesanti –, o dall’eventuale dotazione al rivestimento di una fondazione propria (Fig.III.73).

Altra aspetto interessante dal punto di vista formale, che interessa tale tecnologia in merito alle attività di recupero di manufatti esistenti, è la possibilità di donare nuove configurazioni morfologiche all’edificio senza variarne, di fatto, la volumetria (Fig.III.96). Infatti, la pelle verde derivante dalla struttura di rivestimento, potrebbe essere utilizzata come un vero e proprio elemento architettonico per la creazione di inedite configurazioni formali ad un manufatto oggetto di retrofitting. Mediante la

strategia progettuale di svincolare la struttura a verde da quella che è la conformazione delle chiusure dell’edificio originario, è possibile modificare la percezione esterna dell’oggetto senza modificarne l’area o il volume64.

Fig.III.97 – Arhitektura Krušec, Celje Power Plant, Celje (Slovenia), 2005. Annesso industriale (di nuova edificazione) in cui le chiusure verticali verranno, col trascorrere del tempo, completamente rivestite dalle piante. Anche in questo caso l’andamento del sottosistema deputato ad accogliere i vegetali si discosta da quello delle pareti per assumere una configurazione autonoma. (Fonte: http://www.archdaily.com)

Fig.III.98 – Arhitektura Krušec, Celje Power Plant, Celje (Slovenia), 2005. Dettaglio del sottosistema metallico d’inverdimento, realizzato mediante una rete a maglia fitta intervallata da correnti orizzontali metallici equidistanti. La particolarità di questo progetto consiste nel fatto che le propaggini della pianta di vite vergine potranno ricoprire entrambe le facce della struttura di rivestimento. Corretta anche la scelta di eseguire la struttura di rivestimento con un colore chiaro. (Fonte: http://www.archdaily.com)