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el terzo capitolo si analizza quella che è la concezione maggiormente storicizzata fra le diverse forme d’inverdimento parietale esistenti, ossia i rivestimenti a verde2, mirando a

fornire adeguata esplicazione tecnologica, impiantistica, costruttiva e gestionale di questa tipologia, e dei sistemi o prodotti attualmente riscontrabili sul mercato ed impiegabili nella sua realizzazione. Successivamente si passerà alla visitazione dei rivestimenti vegetali in base alle molteplici funzioni alle quali essi possono assolvere. Nella parte finale del capitolo verrà proposto un modello tabulare per la valutazione dei costi di realizzazione e gestionali.

Obiettivo della presente sezione della ricerca sarà dimostrare quello che allo stato dell’arte attuale è il punto d’arrivo di questa particolare tipologia, fornendo delle linee guida per la progettazione dei rivestimenti a verde. Essi rappresentano il sistema d’inverdimento parietale più maturo ed importante, nonché quello maggiormente conosciuto; quello che ha attraversato buona parte della storia delle costruzioni, divenendo una delle matrici culturali e tecnologiche che hanno permesso di approdare all’odierno ulteriore passo evolutivo in materia di Verde Verticale, ossia le chiusure verticali vegetate analizzate nei capitoli a seguire.

Fig.III.1 – A sinistra. Esploso assonometrico che schematizza le componenti standard di un rivestimento vegetale eseguito con tecniche contemporanee. Oltre all’edificio da inverdire, un rivestimento a verde si compone del sistema vegetale e di una struttura di mediazione finalizzata a supportare lo sviluppo delle piante. (Fonte: Jakob Inox Line)

Fig.III.2 – A destra. Schema degli strati vegetali per un qualsiasi ambiente forestale, in funzione della struttura delle piante riscontrabili. L’esempio riportato si riferisce alla foresta tropicale pluviale: in base al contesto di riferimento le specie presenti (vegetali o animali) varieranno di volta in volta. (Fonte: FILESI, LEONARDO, Dispense del corso di Botanica – Prima parte, in bibl., p.24)

1 L’immagine della pagina precedente raffigura un dettaglio di facciata dell’edificio Z58 a Shanghai (Cina),

progettato dal giapponese Kengo Kuma. (Fonte: LAMBERTINI, ANNA, Giardini in verticale, in bibl., p.223)

2 Nel prosieguo del capitolo i rivestimenti a verde potranno talvolta essere indicati con la sola definizione di

rivestimenti: ciò al fine di semplificare l’apparato testuale della ricerca. Si intende perciò specificare fin da subito

che, anche se verrà in alcuni casi omessa la parola vegetali (o a verde), si continuerà sempre e comunque a riferirsi a sistemi tecnologici che ospitano la vegetazione sulla propria superficie.

III.1. Piante che naturalmente prolificano in verticale e specie più adatte al rivestimento di facciate edilizie

Un rivestimento a verde3 consiste in un apparato vegetale che ricopre una superficie edilizia verticale

o un sottosistema tecnologico destinato al supporto della pianta, giungendo così a realizzare un sistema composito formato dalla collaborazione sinergica fra componente vegetale ed apparati strutturali, dove l’elemento più importante e caratterizzante è rappresentato dalla vegetazione (Fig.III.1).

Tutte le piante, o quasi, hanno la tendenza a svilupparsi verticalizzando, nella ricerca della luce solare come fonte d’energia, il cui sfruttamento sarà necessario alla crescita degli organi vegetali. D’atra parte è anche rilevabile come tutte le specie4 di pianta possono crescere – qualora rispettate alcune specifiche condizioni – anche se impiantate su superfici verticali: seppur solitamente si tenda a pensare ai vari strati vegetali visibili5 come a degli elementi verticali che nascono dalla superficie orizzontale del terreno (Fig.III.2), ogni tipo di pianta può anche trovare alloggio e crescere aggrappandosi o arrampicandosi su delle superfici verticali.

Mediante alcuni specifici espedienti tecnologici o d’impianto è possibile posizionare su una superficie verticale qualsiasi tipologia di specie vegetale (Fig.III.3), andando quindi a realizzare quelle particolari tipologie di chiusure edilizie vegetate e profondamente integrate agli elementi vegetali in esse contenute che, all’interno del paragrafo II.5, sono state declinate come chiusure verticali vegetate o muri vegetali. Tuttavia esistono anche delle specie che in funzione delle proprie particolari caratteristiche di crescita e portamento hanno la capacità di arrampicarsi verticalmente su qualsiasi oggetto esse incontrino (Fig.III.4): tali piante sono appunto dette rampicanti.

Le piante rampicanti sono composte da una parte radicale sotterranea, una legnosa ed una fogliare, ma non vi è nettamente riscontrabile un fusto che abbia la capacità di sviluppo in verticale6. Le specie rampicanti – spesso reperibili in letteratura anche col solo aggettivo di rampicanti – appartengono alle più diverse famiglie botaniche, e possono essere declinate come delle specie «a metà strada tra un’erba, un cespuglio e un albero ad alto fusto; si differenziano da quest’ultimo per il portamento dei fusti, esili e particolarmente flessibili, e perciò richiedono un supporto rigido per sostenersi»7. Grazie alle caratteristiche fisiche proprie ed agli organismi che ne compongono le propaggini vegetali, esse riescono ad arrampicarsi su superfici verticali mediante differenti modalità. Alcune di esse riescono infatti ad autosostenersi, potendo disporre di radici aeree o ventose, mentre altre, presentando la tendenza a verticalizzare intrecciandosi secondo varie modalità, necessitano di

3 Nel paragrafo II.5 è stata fornita la descrizione della locuzione rivestimento a verde.

4 All’interno della gerarchia tassonomica di classificazione biologica degli esseri viventi presenti sulla terra la

specie si trova al livello più basso, ed è considerabile come «l’unità fondamentale di base del sistema di

classificazione: dal punto di vista biologico è costituita da un complesso di organismi tra loro interfecondi e in grado di dare origine a prole feconda; gli organismi di una stessa specie condividono un patrimonio genetico che si considera sostanzialmente chiuso rispetto a quello di altre specie». Essa può quindi essere considerata come l’unità di base che univocamente accomuna degli organismi uguali. (Fonte: http://www.treccani.it)

5 Partendo dallo strato superficiale della crosta terrestre e procedendo verso l’alto sono rilevabili alcune

stratificazioni vegetali in funzione delle differenti tipologie ed altezze delle varie specie naturalmente presenti. Dal basso verso l’alto si possono annoverare: lo strato erbaceo per alcuni centimetri al di sopra della superficie, quello arbustivo che arriva fino a 5-7 metri dalla crosta terrestre, ed alcuni differenti strati arborei dipendentemente dall’altezza degli alberi presenti: arboreti di prima, seconda o terza grandezza. Cfr. FILESI, LEONARDO, Dispense del corso di Botanica – Prima parte, in bibl., p.24

6 Una specie arborea solitamente si compone di radici, fusto, rami e foglie; inoltre, alcune piante possono

presentare fiori e/o frutti come organi destinati alla riproduzione. Ognuno dei citati apparati è destinato a specifiche funzioni, necessarie alla vita della pianta.

particolari elementi di sostegno: tra queste si possono annoverare le piante volubili, quelle che si aggrappano mediante l’ausilio di viticci e le specie ad intreccio (Fig.III.5).

Fig.III.3 – A sinistra. Piante spontaneamente cresciute tra gli anfratti di roccia. Le cavità massive vengono facilmente colonizzate dalle piante: il vento trasporta dapprima terra e polveri che accumulandosi diventano substrato; in tempi successivi, il flusso ventoso o gli insetti possono trasportare i semi di alcune piante che trovano in quei substrati ottimali territori su cui prolificare. Tale concetto di parete ospitante al proprio interno sacche e volumi di substrato per l’impianto di vegetali è quello che sta alla base delle chiusure verticali vegetate o dei muri vegetali.

Fig.III.4 – A destra. Una volta che i rampicanti incontrano un qualsiasi elemento lungo la propria crescita tendono a seguirne la conformazione geometrica. Dalla foto ciò è ben comprensibile: una pianta di edera cresciuta in prossimità di un palo telefonico si è sviluppata seguendone la morfologia. L’edera ha dapprima avviluppato il fusto verticale, continuando poi ad avanzare anche sul filo trasversale sospeso sulla via carrabile.

Fig.III.5 – Modalità di ancoraggio dei rampicanti. A sinistra: piante che si autosostengono aggrappandosi direttamente alle superfici mediante proprie radici aeree o ventose. A destra: piante che necessitano di apposite strutture di sostegno. (Rielaborazione da: BELLOMO, ANTONELLA, Pareti verdi – Linee guida alla progettazione, in bibl., p.73)

Da notare che tali tipologie di piante, seppur particolarmente adatte all’inverdimento di pareti edilizie o superfici verticali che incontrassero durante le fasi di crescita, qualora non trovassero alcun oggetto lungo il proprio cammino si svilupperebbero orizzontalmente. Accrescimento orizzontale che, a quel punto, potrebbe essere identificato con un portamento strisciante e “in larghezza”, mediante uno sviluppo geometricamente assimilabile ad una superficie concentrica imperniata nel punto il cui il fusto si insinua nel terreno.

Le piante autosostenenti sono quelle rampicanti per eccellenza, essendo in grado di sviluppare degli appositi organi vegetali (Fig.III.6) che gli permettono di attecchire e svilupparsi in verticale. Tali organi possono essere delle radici aeree o a ventosa, e consentono ai rami del rampicante di progredire in altezza col trascorrere del tempo. Potendo aggrappare direttamente sulla superficie ad esse deputata, tali piante non necessitano di alcuna sottostruttura di supporto o di ancoraggio alla chiusura. Esempio di piante rampicanti sono, tra le molteplici rilevabili, tutte quelle appartenenti alle famiglie di edera (nome botanico: Hedera).

Fig.III.6 – A sinistra. Esempio di radice a ventosa: Parthenocissus tricuspidata (vite vergine) aggrappata direttamente all’intonaco murario.

Fig.III.7 – A destra. Esempio di aggrappo a viticci: la normale vite da uva (Vitis vinifera) è una pianta che si sostiene mediante l’ausilio dei viticci. Essa necessita, perciò, di adeguate strutture di sostegno per potersi sviluppare sia in verticale che orizzontalmente: nel caso specifico è stato adottato un reticolo ortogonale di cavi metallici in tensione.

Esistono poi delle specie che possono svilupparsi verticalmente solo se assistite da opportune sottostrutture atte a sostenerle o guidarle nella crescita. Tali tipologie di piante tendono a crescere avvolgendosi8 agli oggetti che incontrano (Fig.III.7), e qualora non possano contare su degli appositi

elementi strutturali finalizzati al loro sostegno assumerebbero un portamento strisciante. Due esempi sono il Jasminum (gelsomino) e il Wisteria (glicine).

8 Come visibile in Fig.III.5 i tipi di intreccio possono essere tre. Nel primo caso il fusto della pianta si attorciglia

completamente al supporto: queste specie vegetali solitamente presentano un fusto molto pronunciato e delle propaggini di dimensioni minori. Nel secondo caso, la pianta sviluppa dei viticci attraverso le propaggini vegetali: saranno tali cirri ad aggrapparsi alla struttura, avvolgendola. Il terzo caso, invece, prevede che siano tutti gli organi della pianta ad avvolgersi, quindi sia il fusto che i rami.

In base alle differenti particolarità che ogni pianta avrà di verticalizzare avvolgendosi, andranno opportunamente conformati e dimensionati i sistemi di supporto (Fig.III.8). Per le piante volubili sono preferibili supporti dalla conformazione verticale, consistenti in cavi tesati o strutture rigide.

Fig.III.8 – Schematizzazione delle configurazioni di supporto alla vegetazione necessarie in base alla modalità di sviluppo della pianta. Le specie a crescita volubile (prima colonna a sinistra) richiedono supporti lineari verticali; le piante a viticci (seconda e terza colonna) necessitano di conformazioni a griglia; le strutture orizzontali si adattano meglio alle piante che aggrappano mediante spine (quarta colonna). Gli interassi fra i supporti e le dimensioni degli stessi andranno concepiti in base alle specifiche caratteristiche fisiche delle piante selezionate. (Fonte: catalogo Jakob Inox Line)

Nel caso dei viticci9, che restano avventizi finché non trovano un elemento attorno al quale avvolgersi, dovranno essere usati sostegni molto sottili in modo che i cirri possano attorcigliarvisi completamente. Si potranno in questo caso impiegare supporti rigidi, fili, corde o legacci, garantendo comunque uno spazio idoneo10 tra il supporto e la superficie muraria, in modo che la pianta possa

trovare lo spazio per avvolgersi. A seconda della specie, i viticci potranno formarsi come modificazione del fusto (ad esempio per la vite – Vitis vinifera) o derivare da trasformazioni della foglia, come accade per alcune specie leguminose: tale divergenza di conformazione, comunque, non richiede differenze nella progettazione della struttura ad esse destinata.

Le piante a intreccio prediligono graticci o strutture retate, e sarà sempre fondamentale fissare le propaggini vegetali alla sottostruttura di supporto mediante legacci, sia nelle prime fasi d’impianto che per indirizzarne la crescita (Fig.III.9 e Fig.III.10): in caso contrario questa particolare tipologia di piante tenderebbe ad avere un portamento strisciante.

Esiste poi, seppur scarsamente impiegata nei rivestimenti a verde, un’ulteriore tipologia di specie che potrebbero essere impiegate nella verticalizzazione vegetale, ossia quelle che sviluppano organi vegetali esterni a spina o “ad uncino”. Queste appartengono alla famiglia delle Rosaceae (ad esempio il Rubus idaeus ossia il lampone, le rose convenzionali o i rovi) e trovano nelle strutture orizzontali