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Analisi del principio

RAGIONEVOLE DUBBIO

4.8. Analisi del principio

L’essenza della regola sta nel sintagma “ragionevole dubbio432”.

Analizziamo le due componenti del concetto, iniziando dal sostantivo ‘dubbio’. Nel processo il dubbio sulla responsabilità dell’imputato deve risolversi nella sentenza assolutoria, e ciò deriva dal fatto stesso che

probatorio acquisito in atti. Per contro, la stessa regola non può trovare applicazione nelle ipotesi previste dall'art. 129 c.p.p. («Obbligo di immediata declaratoria di

determinate cause di non punibilità»), laddove, in presenza di una causa estintiva, vale

il precetto del comma 2, secondo cui ai fini del proscioglimento (assoluzione o non luogo a procedere) nel merito, e quindi della disapplicazione della causa estintiva, è necessario che l’estraneità dell'accusato rispetto al fatto contestatogli »risulti»

positivamente dagli atti, senza bisogno di ulteriori accertamenti: cfr., sul punto, Cass.

pen., Sez. V, 5-5-2003, n. 25517, Bussoletti, in Guida al Diritto, 2003, 42, 74.

430 La rubrica dell’art. 533 c.p.p. è intitolata «Sentenza di assoluzione». 431 CELLETTI, Considerazioni, anche di diritto comparato, sul canone del giudizio di colpevolezza (“al di là di ogni ragionevole dubbio”) dettato dall’art. 533, co. 1, c.p.p.m modificato dalla L. 20-02-2006 n. 46, in Il Foro ambrosiano, 2009 fasc.

4, 520.

432 CONTI, Al di là del ragionevole dubbio, in Novità su impugnazioni penali e regole di giudizio, a cura di SCALFATI, Ipsoa, Milano, 2006, 87 ss.

195 tema del processo non è l’innocenza ma la colpevolezza; è questa, dunque, a dover essere provata.

Nondimeno, se ci si limitasse a dire che l’accusa va provata oltre ogni possibile dubbio si assegnerebbe al processo uno scopo impossibile. Come esaminato in precedenza, le prove che sotto-determinano la decisione del giudice433 non sono mai sufficienti a giustificarla in termini di assoluta necessità, per cui, quale che sia il grado di evidenza probatoria presente nel singolo processo, è sempre possibile mettere in dubbio, contestare la fondatezza delle conclusioni raggiunte dal giudice di merito434.

Se la colpevolezza discendesse deduttivamente dalle prove, così da risultare inconfutabile per qualsiasi persona razionale, ogni processo dovrebbe finire con l’assoluzione.

La seconda componente della formula risponde, infatti, all’esigenza di qualificare il dubbio che impedisce la condanna come ‘ragionevole’ e non come ‘razionale’ o ‘logico’.

Tra ‘ragionevole’ e ‘razionale’ o ‘logico’ corre una differenza analoga a quella che vi è tra induzione435 e deduzione, tra prova empirica e

433 FERRUA, Metodo scientifico e processo penale, DDP, 2008, Dossier 1, 10. 434 FERRUA, Epistemologia scientifica ed epistemologia giudiziaria: differenze, analogie, interrelazioni, in Aa. Vv., La prova scientifica nel processo penale, a cura di DE CATALDO NEUBURGER, Cedam, Padova, 2007, 13 ss.

435 Il ragionamento deduttivo si basa sulle leggi della logica elaborate fin dai

tempi di Aristotele; esso parte dal generale per arrivare al particolare. Trae in modo necessario determinate conseguenze dalle premesse assunte e non consente una critica alla conclusione se non sotto il profilo della contraddittorietà, e cioè in base ai principi di identità, non contraddizione e del terzo escluso.

Il ragionamento di tipo induttivo parte dai casi particolari per arrivare al generale. Esso richiede una vera e propria mentalità di tipo scientifico-sperimentale, che nel corso della storia si è affermata a partire dagli studi di Galileo Galilei. Dall’osservazione di tanti casi particolari si costruisce una “regola” secondo la quale, in presenza di una causa A deriva una determinata conseguenza B. Ad esempio, osservando i casi nei quali più persone si sono appoggiate ad un muro polveroso, si può ricavare la regola secondo cui chiunque tocca un muro polveroso sporca i propri abiti. L’induzione conduce alla formulazione di una regola generale che è valida fino a prova contraria e cioè finché non si verifichi un caso in cui, in presenza della causa A, la conseguenza B non ha luogo. Cfr. CONTI, TONINI, Il diritto delle prove penali, seconda edizione, Giuffrè, Milano, 2014, 50.

196 dimostrazione matematica436. ‘Ragionevole dubbio’ rappresenta una categoria vaga, ma perfettamente adeguata al settore della logica induttiva, dove è altrettanto vago il discrimine tra inferenze fondate ed infondate.

La linea ascendente che dal grado zero progredisce al crescere delle prove sulla colpevolezza non raggiungerà mai il livello dell’assoluta certezza; in termini razionali o logici si può sempre dubitare delle inferenze induttive a base della condanna, per loro natura esposte al rischio dell’errore.

Esiste, però, una soglia, non determinabile con precisione, oltre la quale non sarebbe ragionevole dubitare della colpevolezza.

L’aggettivo ‘ragionevole’ rappresenta una indicazione approssimativa e nasce dall’impossibilità di individuare con precisione qualitativa o quantitativa il livello di prove idoneo a giustificare la condanna. ‘Dubbio ragionevole’ segnala l’assenza di un limite preciso a partire dal quale l’evidenza probatoria denota la colpevolezza.

L’aggettivo ‘ragionevole’, nella lingua italiana, significa “fornito di ragioni”, “comprensibile da una persona razionale” e, colto nella propria etimologia, fa riferimento all’esistenza di parametri di misurazione437.

Tale termine conferisce un crisma di oggettività al dubbio che, dunque, appare ragionevole quando può essere espresso attraverso categorie logiche e, dunque, può essere esternato attraverso una motivazione corretta nella forma e nella sostanza, idonea a superare il vaglio del principio di non contraddizione. Non deve trattarsi di un dubbio meramente psicologico, possibile o congetturale, percepito

436 FERRUA, Impugnazioni, Cassazione a rischio paralisi, in Dir. giust., 2005,

n. 36, 107.

437 La parola ‘ragionevole’ deriva dal latino ‘rationabilem’ a sua volta tratto

dalla base di ‘ratio’ e significa “dotato di ragione, che si lascia guidare dalla ragione”. A sua volta, il termine latino ‘ragione’ deriva da ‘ratio’ (da ‘ratus’ participio passato di ‘reor’, ‘determino, stabilisco’) che significa ‘calcolo’, ‘conto’, ‘misura’, ‘regola’. Così PIANGIANI, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Roma, 1907; ID.,

Aggiunte, correzioni e variazioni al vocabolario etimologico della lingua italiana,

197 soggettivamente dal giudice. Deve essere un dubbio che potremmo definire “qualificato” e cioè motivabile438.

Come precedentemente rilevato, nella sentenza che giustifica la decisione all’interno del processo e nei confronti della collettività, il giudice deve essere in grado di spiegare perché le prove di accusa sono tali da eliminare ogni ragionevole dubbio e perché le prove di innocenza non appaiono tali da far sorgere un dubbio sulla ricostruzione accusatoria439. Tale motivazione sarà aggredibile con i mezzi di impugnazione. Il rispetto dello standard probatorio può essere oggetto di sindacato anche da parte della Corte di Cassazione nel momento in cui viene chiamata a valutare la illogicità della motivazione. È illogica quella sentenza di condanna che non elimini il dubbio ragionevole440. Allo stesso modo, è illogica quella sentenza di assoluzione che si basa su di una controipotesi non ragionevole sostenuta dalla difesa441.

438 CATALANO, Il concetto di ragionevolezza tra lessico e cultura del processo penale, in Dir. pen. proc., 2011., 85 ss.

439 V. nota 395.

440 In via esemplificativa, Cass., sez. IV, 12 Luglio 2005, Lucarelli, in Guida dir., 2005, n. 44, 71, che ha annullato con rinvio la condanna di un primario per

omicidio colposo per alcune morti di epatite verificatesi nel suo reparto sul rilievo con non era stata individuata la causa materiale del contagio e che l’accertamento effettuato dai giudici di merito non escludeva un ragionevole dubbio circa l’esistenza di un sabotaggio quale fattore causale alternativo allegato alla difesa. Peraltro, secondo Cass., sez. V, 28 gennaio 2013, Viola, in CED 254579, il principio dell’ “oltre ragionevole dubbio” non ha mutato la natura del sindacato della Corte di Cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice d’Appello.

441 IACOVIELLO, Lo standard probatorio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio e il suo controllo in Cassazione, in Cass. pen., 2006, 3876, ad avviso del quale

in Cassazione è oggi rilevabile anche l’illogicità non manifesta, ogniqualvolta essa dia spazio al dubbio ragionevole: « è la ragionevolezza del dubbio a rendere manifesta la illogicità» della motivazione. Ancora, ad avviso dell’autore «la tecnica del ragionevole dubbio non può limitarsi al controllo della coerenza intrinseca e della congruità ai fatti dell’ipotesi dell’accusa, ma deve prendere in considerazione anche le ipotesi antagoniste di spiegazione dei fatti. Pertanto diventa illegittima quella giurisprudenza che limitava il sindacato di Cassazione solo al primo profilo (…). Un a sentenza che organizza in modo logico poche informazioni probatorie non sarà illogica, ma fomenta dubbi ragionevoli».

198 È possibile comprendere, infatti, la duplice funzione svolta dall’intera formula.

In primis, essa si propone di garantire l’imputato dal rischio di una condanna ingiusta: il giudice può condannare solo quando la colpevolezza abbia trovato piena conferma nelle prove di accusa e nessuna smentita in quelle a favore442.

Da questo punto di vista la formula può senz’altro esercitare un effetto pedagogico, come forte richiamo all’esigenza che la condanna sia frutto di un prudente vaglio delle prove. Tuttavia, nulla aggiunge a quanto già risulta dal termine ‘provare’ che equivale a verificare e ad accertare come vero l’oggetto della prova.

Simmetricamente, la clausola vuole anche sottolineare che, se la colpevolezza è suffragata da un solido e coerente quadro probatorio, l’onesto riconoscimento della fallibilità degli accertamenti non deve impedire la condanna.

Sappiamo, infatti, che nessuna prova è tale da escludere il dubbio sulla verità della conclusione, ma, se tale dubbio non appare ‘ragionevole’, è possibile ritenere raggiunta la prova ed assumere convenzionalmente il risultato come certo, data l’impossibilità di giustificare in termini definitivi e indubitabili le nostre conoscenze.

Con riferimento al ricorso per Cassazione per travisamento della prova, ai sensi dell’art. 606 lett. e), così come modificato dalla legge n. 46 del 2006, FERRUA, La

colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, in Aa. Vv., Il nuovo regime delle impugnazioni tra Corte Costituzionale e sezioni Unite, a cura di FILIPPI, CEDAM,

Padova, 2007, 150, sottolinea che la condanna è meritevole di annullamento in quanto il ricorrente dimostri che la prova non valutata o travisata introduce un ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato.

442 Per riprendere una bella immagine di Wittgenstein, «colpevole al di là di ogni

ragionevole dubbio’ sta a significare che si è giunti a un punto, indeterminabile a

priori, in cui la vanga del dubbio, che deve sempre armare il giudice, ha incontrato lo

strato duro della roccia, rappresentata dalle prove, e si è piegata, risultando implausibile ogni spiegazione diversa dalla colpevolezza.»

In realtà, il filosofico non si riferiva alla regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, ma alla circostanza che si esaurissero le spiegazioni nel tentativo di giustificare un’azione svolta seguendo certe regole. Cfr. WITTENGSTEIN, Ricerche filosofiche, 1945, Einaudi, Torino, 1999, 217.

199 La significativa innovazione dell’attributo ‘ragionevole’ si sostanzia proprio in questo, nel fatto di consentire di considerare ‘provata’ una proposizione anche quando, in senso puramente logico, si potrebbe dubitare di essa.

Mentre l’enunciato «x è provato» può anche essere riferito alla prova intesa come ‘dimostrazione’, incompatibile con qualsiasi dubbio logico, l’enunciato «x è provato ogni oltre ragionevole dubbio» designa una prova ‘imperfetta’ rispetto all’ideale di prova piena, inevitabilmente conclusiva443.

L’aggettivo ‘ragionevole’ rappresenta quindi un’attenuazione della rilevanza del dubbio, potenzialmente idoneo ad imporre l’assoluzione: il dubbio ‘irragionevole’, infatti, sebbene logicamente sostenibile, non impedisce la condanna.

Quando si dubiti della ragionevolezza del dubbio, non accorre in aiuto alcuna regola di giudizio. Risulta affidata, infatti, interamente alla discrezionalità del giudice la responsabilità della sua definizione nello specifico quadro probatorio. È proprio in tale spazio incerto e nebuloso aperto dall’aggettivo che più intensamente l’accusa e la difesa svolgono la loro attività retorico-argomentativa, in quanto maggiore è la discrezionalità del giudice, e più cresce potenzialmente l’influenza delle parti.

Inoltre, l’“oltre ogni ragionevole dubbio” rappresenta al tempo stesso il livello massimo e minimo necessario per giungere all’esito positivo della prova. Massimo, in quanto la ‘sotto-deteriminazione’ della prova induttiva non consente di raggiungere il grado superiore della prova indubitabile nel senso della dimostrazione matematica; minimo, in quanto, scendendo sotto quel livello, si scavalca nel regno delle supposizioni e dei sospetti.

Tuttavia, mentre il confine superiore con la dimostrazione matematica è

443 È per tal motivo che il processo costituisce un esempio di giustizia

procedurale ‘imperfetta’. Cfr. FERRUA, Metodo scientifico e processo penale, DDP, 2008, Dossier 1, 10.

200 netto, quello inferiore con la zona delle mere ipotesi è vago, essendo affidato al non chiaro aggettivo ‘ragionevole’444.

Il canone del ragionevole dubbio, lungi dal lasciare spazio all’intuizionismo, ha dunque l’effetto di imbrigliare il libero convincimento, in quanto il giudice valuta liberamente le prove ma se esse lasciano residuare un dubbio in grado di convincere una persona razionale egli è obbligato a prosciogliere. Tra intimo convincimento e ragionevole dubbio la barriera è data da quello che la dottrina definisce “modello normativo della motivazione in fatto445” rappresentato dagli

art 192, comma 1, 527, comma 2, 546, comma 1, lettera e)446, nei quali si coglie un continuo richiamo ai “criteri “e alle “ragioni “ attraverso i quali il giudice ha preso una determinata decisione, e dall’art. 606,lett. e), nel quale si menziona la “contraddittorietà “ e la “ illogicità” della motivazione. I canoni di razionalità impongono di oggettivare al massimo i passaggi logici della decisione ed hanno lo scopo di rendere uniforme il criterio valutativo dei giudici, in conformità al principio di legalità, di uguaglianza, di ragionevolezza.

Al di là di siffatte affermazioni, è necessario analizzare se davvero sia configurabile un concetto unitario di ragionevolezza. Se cioè, di fronte alle medesime risultanze probatorie, si possa individuare una soglia di

444 FERRUA, La prova nel processo penale, Volume I, Struttura e procedimento, G. Giappichelli Editore, Torino, 2015, 87.

445 CANZIO, Prova scientifica, ricerca della “verità” e decisione giudiziaria nel processo penale, in Aa. Vv., Decisione giudiziaria e verità scientifica, in Riv. trim. dir. e proc. civ., Milano, 2005, 68.

446 Per un riferimento al controllore effettuato dalla Corte di Cassazione

sull’applicazione del canone del ragionevole dubbio, già anteriormente alla legge n. 46 del 2006, V. Cass., sez. I, 14 maggio 2004, Grasso, in Cass. pen., 2005, 579, secondo cui tale canone «non può dirsi certamente rispettato quando la pronuncia di condanna si fondi su un accertamento giudiziale non sostenuto dalla certezza razionale, ossia da un grado di conferma così elevato da confinare con la certezza. Il principio dell’“oltre ragionevole dubbio” rappresenta il limite della libertà di convincimento del giudice, apprestato dall’ordinamento per evitare che l’esito del processo sia rimesso ad apprezzamenti discrezionali , soggettivi, confinanti con l’arbitrio». La sentenza, in ambito di un processo indiziario, ha escluso la responsabilità del delitto di omicidio in capo a uno degli imputati.