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A La valutazione quale strumento per l’individuazione del “risultato di prova”

CAPITOLO 2: LIBERO CONVINCIMENTO E ATTIVITÀ DI VALUTAZIONE DEL GIUDICE

2.13. A La valutazione quale strumento per l’individuazione del “risultato di prova”

Esaurito l’esperimento probatorio ed acquisito il relativo elemento di prova, l’organo decidente deve procedere ad una valutazione dello stesso sotto tre profili: deve innanzitutto ricavarne quello che si è denominato il “risultato di prova”, deve cioè definire quale sia il contributo di conoscenza che quell’elemento di prova è in grado di fornire per la ricostruzione della vicenda giudiziale; in secondo luogo, deve determinarne l’affidabilità, deve cioè verificare se il dato probatorio, pur acquisito legittimamente in sede processuale, sia effettivamente idoneo alla ricostruzione dell’accaduto o non si presenti invece in contrasto con i canoni di una corretta epistemologia; in terzo luogo, deve valutare la rilevanza del singolo dato istruttorio in suo possesso raffrontandolo con quanto ricavabile dalle altre prove

202 UBERTIS, La prova penale: lessico e struttura, in Argomenti di procedura penale, II, Giuffrè, Milano, 2006, cit., 101.

106 acquisite, deve cioè procedere ad una valutazione unitaria dell’intero quadro istruttorio per verificare se lo stesso deponga o meno nel senso della fondatezza dell’ipotesi accusatoria.

Per quanto attiene al primo profilo, rileva la suddetta distinzione tra “elemento” e “risultato” di prova: la pronuncia giudiziale si fonda su quest’ultimo, ovvero sulla proposizione che esprime il contenuto di conoscenza che lo strumento probatorio ha consentito di portare in evidenza.

La ragione di tale distinzione è conseguenza del fatto che l’accertamento giudiziale riguarda un fatto storico appartenente ad un passato che fu ma non è più reale”; «l’accertamento non può consistere nell’osservazione diretta di ciò che deve essere provato, ma si svolge tramite un’argomentazione che dalle prove del presente muove verso la proposizione dell’accusa negandola o affermandola203».

La discrepanza temporale fra fatto da accertare e momento dell’accertamento obbliga perciò il giudice a ricostruire il fatto esclusivamente mediante l’utilizzo di dati epistemologici204, nel senso che «il giudice ri-costruisce il fatto, definisce ciò che ‘è stato’, ma i suoi punti di contatto con il reale sono rappresentati dalle prove, i soli dati a cui possa avere accesso diretto, formalizzandoli in enunciati osservativi205».

Tuttavia, è evidente che la prova non è mai pienamente rappresentativa del fatto cui essa si riferisce, ma può solo rendere presente in giudizio il fatto da provare a seguito di un ragionamento inferenziale che occorre

203 Sul punto, FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in

FERRUA-GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento

penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2005, 304.

204 SANTORIELLO, I criteri di valutazione della prova, in Aa. Vv., La prova penale, volume terzo La valutazione della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica,

Torino, 2008, 366 ss.

205 FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in FERRUA-

GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2005, 304.

107 porre in essere dopo l'espletamento del mezzo istruttorio206.

Inoltre, la necessità di una operazione inferenziale per ricavare il risultato di prova da un esperimento probatorio dipende anche dalle particolari modalità e circostanze con cui le prove attestano la fondatezza della imputazione o la falsità di quanto in essa asserito. Infatti, gli esperimenti probatori non giungono mai a riprodurre innanzi al giudice il fatto passato, ma consentono allo stesso di determinare il contenuto del suo “giudizio storico che dichiara vero o falso l’enunciato del discorso referenziale contenuto nell’atto di imputazione (quello che descrive il fatto che si assume essere avvenuto); dove ‘falso’, dato il tema della prova, significa semplicemente ‘non accertato come vero’207”. Da ciò consegue che il nucleo del giudizio storico, costituito

appunto dalla prova, si risolve nel confronto fra gli enunciati probatori e quello da provare. Nulla può valere come prova di una proposizione se non un’altra proposizione208.

Il fenomeno probatorio ha quindi indefettibilmente una connotazione linguistica, risolvendosi necessariamente in un rapporto fra l’enunciato indicante il fatto da provare e quello esprimente l’elemento di prova. Ogni elemento di prova desumibile dall’assunzione di una fonte o di un mezzo di prova necessita di essere elaborato e valutato da parte dell’organo decidente in quanto non riproduce un dato oggettivo, ma consiste in una proposizione grammaticale il cui referente semantico deve essere necessariamente individuato dal giudice. In tal modo è attribuito all’asserzione riproducente l’elemento di prova un significato

206 IACOVIELLO, Motivazione della sentenza penale, ED, agg. IV, Milano,

2000, cit., 767.

207 Ancora FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in

FERRUA-GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento

penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2005, 303.

208 WITTINGENSTEIN, Osservazioni sopra i fondamenti della matematica,

1956, trad. it. Einaudi, Torino, 1971, 28, secondo cui «la prova è una figura ad un’estremità della quale stanno certe proposizioni, mentre all’altra estremità sta una proposizione da provare».

108 certo e rilevante per la decisione della controversia209.

Inoltre, come osservato da Ubertis: “il materiale fattuale utilizzato dal giudice per la decisione non è la conseguenza di una passiva ricezione delle emergenze probatorie da parte sua, ma l’esito della loro inserzione nel contesto giudiziale, così come definito nei suoi vari profili, fra cui quelli concettuali e linguistici210”.

È infatti il giudice il solo soggetto in grado di individuare tra i molteplici significati riferibili ad un dato cognitivo emerso a seguito del procedimento probatorio il senso che questo debba rappresentare alla luce del caso concreto portato al suo esame, pervenendo così all’individuazione del risultato di prova utilizzabile per la decisione. Possiamo quindi concludere che il primo momento della valutazione della prova che attiene alla definizione del risultato desumibile dall’elemento di prova ottenuto con l’assunzione del mezzo di prova stesso sia un momento ineludibile, in quanto costituisce un dato indispensabile affinché il giudice possa acquisire il dato cognitivo da porre poi a fondamento della pronuncia211.