Una parziale inversione di tendenza da parte del Legislatore caratterizzata dal ritorno alle garanzie del contraddittorio si è avuta con la legge 8 Agosto 1995 n. 332, per la fase anteriore al dibattimento, e con la legge 7 Agosto 1997 n. 267, per quella dibattimentale.
In particolare la legge n. 267 del 1997 ha modificato l’art. 513 c.p.p. introducendo la disciplina che sancisce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni raccolte unilateralmente nel corso delle indagini qualora l’imputato connesso si fosse avvalso in dibattimento della facoltà di non rispondere invocando il diritto al silenzio80.
Tale legge ammette inoltre una dilatazione del ricorso all’incidente probatorio oltre i casi originariamente fissati dall’art. 392 c.p.p. con la finalità di evitare la perdita del contributo probatorio del dichiarante in caso del suo silenzio nel futuro dibattimento, comportando in tal modo la perdita di centralità di quest’ultimo come luogo di formazione della prova.
La Corte Costituzionale accoglie le immediate questioni di illegittimità sollevate dai giudici di merito sulla base della violazione del principio di dispersione della prova di cui alla sentenza n. 254/1992.
Con la nota sentenza 2 Novembre n. 361/1998 la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 238, 6° co. c.p.p., nella parte in cui non prevede l’utilizzabilità - ai sensi dell’art. 500, co. 2-bis e 4° co., c.p.p.- di precedenti dichiarazioni rese dalla persona esaminata ai sensi
80 In base alla disciplina introdotta con la legge 267 del 1997, quando in
dibattimento l’accusatore si avvaleva della facoltà di non rispondere invocando il diritto al silenzio, che gli spettava in quanto imputato, le precedenti dichiarazioni non erano utilizzabili contro l’accusato. Dette dichiarazioni erano utilizzabili soltanto se: - raccolte fin dall’origine nel rispetto del contraddittorio (incidente probatorio); - l’accusatore si presentava in dibattimento e rispondeva nel corso dell’esame incrociato permettendo all’accusato di controesaminarlo; - esse diventavano non ripetibili per cause sopravvenute non prevedibili al momento in cui le stesse erano state rese.
56 dell’art. 210 c.p.p., che in dibattimento rifiuti di rispondere su fatti concernenti la responsabilità altrui. Dichiara altresì la illegittimità costituzionale dell’art. 513, 2° co., c.p.p. nella parte in cui non prevede che si proceda alla lettura, ai sensi dell’art. 500, co. 2-bis e 4° co., c.p.p., delle dichiarazioni pregresse concernenti la responsabilità di altri di chi in dibattimento rifiuti od ometta in tutto od in parte di rispondere ai fatti. Possiamo quindi concludere che la costante e diffusa violazione del principio di continuità dibattimentale ha vanificato la ratio dei principi dell’immediatezza e dell’oralità come modalità di assunzione della prova ed ha determinato il progressivo decadimento della formazione in contraddittorio della stessa comportando così un sacrificio dei principi della concezione dialettica in favore dei criteri propri del modello inquisitorio del processo.
Le critiche sopra citate costituiscono il prius ideologico della riforma dell’art. 111 Cost.: in breve tempo è stata infatti approvata la l. cost. 23 novembre 1999 n. 2 che ha inserito i principi del “giusto processo” nell’art. 111 Cost.
Il legislatore costituzionale ha introdotto nell’art. 111 Cost. cinque nuovi commi che consacrano alcuni principi cardine incisivamente sintetizzati nell’espressione “giusto processo”.
Mentre i primi due commi sanciscono canoni idonei ad essere applicati in tutti i processi in cui si ravvisi l’esercizio di un potere giurisdizionale, i commi 3, 4 e 5 tracciano direttrici che si riferiscono specificamente al rito penale.
La modifica dell’art. 111 Cost. eleva al rango di norme non derogabili dal legislatore ordinario gli iuria naturalia del giusto processo penale quali principi assiologici che devono informare il ragionamento probatorio e decisorio della prassi giurisprudenziale.
Le innovazioni apportate alla disciplina del contraddittorio nella formazione della prova, del diritto alla prova e della motivazione unitamente agli attributi di terzietà ed imparzialità del giudice, quali connotati indefettibili della giurisdizione, indicano l’intentio legis di
57 assicurare il valore di effettività delle garanzie immesse nell’ordinamento processuale penale ancorando il giudizio di ragionevolezza delle future scelte del legislatore ordinario ad espliciti ed inderogabili paradigmi.
Particolarmente significativa è la disciplina riguardante il principio del contraddittorio81.
Nei commi 3 e 4 dell’art. 111 Cost. è consacrato il principio del contraddittorio c.d. “in senso forte”, ovvero il contraddittorio “per la prova”. E’ un canone che richiama il diritto delle parti di contribuire alla formazione degli elementi che saranno utilizzati dal giudice per la decisione e consacra inoltre il principio dialettico come migliore strumento attraverso il quale pervenire all’accertamento dei fatti82. Il testo costituzionale coglie talvolta l’aspetto “oggettivo” del principio ed altre volte quello “soggettivo”.
Il contraddittorio in senso “oggettivo” è consacrato all’inizio del 4° comma e si tratta del contraddittorio “nella formazione della prova” che afferma tale principio quale metodo di conoscenza universale, di modo che esso presieda, ove possibile, all’assunzione di qualsiasi prova. Emerge perciò la necessità che una prova attendibile non si ottenga in segreto con pressioni unilaterali bensì con metodo dialettico.
Altri enunciati accolgono invece un concetto di contraddittorio nella sua accezione “soggettiva”.
Il 3° comma consacra infatti a livello costituzionale il diritto dell’imputato a confrontarsi con l’accusatore chiarendo come tale istanza debba trovare attuazione innanzi al giudice.
Il contraddittorio in senso “soggettivo” compare nuovamente nel 4° comma secondo periodo secondo cui “la colpevolezza dell'imputato non
81 BARGI, Cultura del processo e concezione della prova, in Aa.Vv., La prova penale, volume primo Il sistema della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica,
Torino, 2008, 80.
82 CONTI, TONINI, Il diritto delle prove penali, Milano, Giuffrè, 2014, 35
58 può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore”.
Tale disposizione, in combinato disposto con il 3° comma, chiarisce come alla mancata garanzia del diritto a confrontarsi corrisponda l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi ha eluso il contraddittorio83.
Le deroghe previste al principio del contraddittorio espresse nel 5° comma dell’art. 111 Cost. non scalfiscono l’esplicita centralità del nuovo metodo di conoscenza della verità giudiziaria, in quanto connesse a ragionevoli esigenze della genuinità dell’accertamento processuale, che potrebbe essere inquinata dalla “provata condotta illecita” o vanificata dalla “impossibilità di natura oggettiva”. A sua volta il valore assegnato al “consenso dell’imputato” è coerente con il diritto dispositivo sulla prova già riconosciuto dall’ordinamento processuale ed in linea con il modello accusatorio.
Il contraddittorio non è quindi considerato come un fine in sé ma come un metodo che, ove si riveli inattuabile, non preclude l’impiego di sistemi equipollenti per perseguire comunque il risultato accertativo. Possiamo concludere che merito fondamentale della riforma consista nell’aver configurato il principio del contraddittorio non come un semplice diritto individuale ma come una garanzia oggettiva, condizione di regolarità del processo, come risulta dal citato 4° comma.
L’essenziale è quindi aver riferito il contraddittorio alla formazione della prova sottolineando la sua natura di strumento utile alla ricostruzione dei fatti, pur nella fallibilità di ogni criterio.
In questa rinnovata ottica il valore del contraddittorio torna alleato e non nemico della verità attraverso la priorità del contributo dialettico delle parti a tutela della funzione cognitiva del processo rispetto a quanto si formi nell’occulto.
59 Su tali basi la legge di attuazione del giusto processo n. 63/2001 ha provveduto ad adeguare il codice di rito ai nuovi principi costituzionali, ripristinando nella sostanza il nuovo regime di irrilevanza probatoria delle dichiarazioni rese nell’indagine preliminare84.
84 Sul punto, FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in
FERRUA-GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento
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CAPITOLO 2: LIBERO CONVINCIMENTO E ATTIVITÀ DI