CAPITOLO 2: LIBERO CONVINCIMENTO E ATTIVITÀ DI VALUTAZIONE DEL GIUDICE
2.7. Regole di esclusione probatoria e criteri legali di valutazione
La selezione in sede legislativa del materiale epistemologico utilizzabile ai fini della decisione assume una peculiare incidenza rispetto all’attività di valutazione del giudice.
Mediante la disciplina della rilevanza, il legislatore opera una selezione del materiale probatorio affidabile vietando invece ingresso nel processo penale a dati di conoscenza che ritiene privi di sufficienti garanzie epistemiche, ed in tale modo, pur lasciando senz’altro piena libertà al giudice circa l’attribuzione di contenuto e significato da riconoscere ai singoli elementi portati al suo esame, ne indirizza comunque la decisione proprio perché impedisce che la stessa sia fondata anche su elementi considerati inattendibili sotto un profilo epistemologico130. È a tale logica che rispondono le numerose regole di esclusione
128 DE LUCA, Profilo storico del libero convincimento del giudice, in Aa.
Vv., Il principio del libero convincimento del giudice nel nuovo processo penale, QCSM, 1992, 42.
129 ID., Profilo storico del libero convincimento del giudice, in Aa. Vv., Il principio del libero convincimento del giudice nel nuovo processo penale, QCSM,
1992, 44.
130 SANTORIELLO, I criteri di valutazione della prova, in Aa. Vv., La prova penale, volume terzo La valutazione della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica,
80 probatoria presenti nel nostro codice di rito, le quali precludono al giudice l’acquisizione o l’utilizzo in sede di decisione di determinati dati empirici che sono ritenuti dal legislatore privi di valenza cognitiva, o perché considerati inaffidabili in maniera assoluta131, o perché formate in maniera difforme rispetto alle prescrizioni normative132.
È bene evidenziare come le suddette disposizioni non possano comunque essere qualificate in alcun modo come regole di valutazione della prova, in quanto esse operano sempre in un momento antecedente a quello in cui interverrebbe la valutazione, proprio perché negano alla radice l’idoneità di un certo dato a fungere da valida premessa probatoria133.
Giurisprudenza e dottrina hanno spesso confuso i due fenomeni: la prima, trattando le regole di esclusione come attinenti alla sfera della valutazione134, la seconda convertendo i criteri di valutazione in regole di esclusione. In entrambi i casi la assimilazione si regge su un equivoco. È indiscutibile che la presenza di una regola di esclusione probatoria incida sul potere di valutazione del giudice, precludendogli l’accesso a
131 Ad esempio il ricorso a riti magici, a prove di coraggio e di abilità, cui si
faceva frequente ricorso nell'antichità per verificare la colpevolezza dell’accusato, nonché più in generale la previsione di cui all'art. 188 c.p.p., secondo cui in nessun caso possono utilizzarsi “metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutari i fatti”.
132 Il riferimento è, in particolare, alla violazione della normativa sul
contraddittorio nella formazione della prova.
133 Cfr. DANIELE, Regole di esclusione e regole di valutazione della prova,
Giappichelli, Torino, 2009, 10 ss. Regola di esclusione e non criterio di valutazione era quella che originariamente limitava l’uso delle dichiarazioni ‘difformi’ ai soli effetti della contestazione (così il comma 3 dell’art. 500 c.p.p., poi dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 255 del 1992).
La medesima regola si ricava oggi in via interpretativa dal nuovo testo dell’art. 500 c.p.p. (come modificato dalla l. 1 Marzo 2001, n. 63): la dichiarazione usata per la contestazione è, infatti, radicalmente inidonea a costituire una prova, mentre ai fini del controllo sull’attendibilità della testimonianza orale viene in rilievo come mero strumento materiale, al fine di stimolare reazioni nell’interrogato.
134 Da questa premesse sono partite ad esempio le Sezioni Unite per definire
il regime transitorio del previgente testo dell’art. 513 c.p.p., come riformato dalla l. 7 agosto 1997, n. 267: Sez. un., 25 Febbraio 1998, GERINA, in Cass. pen., 1998, 1115, 1951 s., i cui principi sono stati ribaditi da Sez. un., 13 Luglio 1998, CITARISTI, in
81 determinate fonti di conoscenza, ma si tratta di una mera conseguenza del fatto che il dato inutilizzabile non può dirsi validamente acquisito come prova.
«La inutilizzabilità non attiene alla valutazione, ma semmai la previene, perché nega alla base la natura di prova del dato, lo estromette dalle premesse probatorie135».
Ben diversa è la disciplina dei criteri legali di valutazione: «essi implicano prove validamente costituite e riguardano il passaggio da queste alla proposizione da provare che viene in vario modo guidato dalla legge… Il criterio legale non incide sulla valida costituzione della prova, intesa come dato valutabile dal giudice; influisce solo sul valore della prova sino ad annullarlo in assenza di certi requisiti136».
Per effetto di tali criteri legali, la negazione del valore della prova segue quindi la valutazione, a differenza del caso delle regole di esclusione in cui la negazione precede la valutazione in quanto un dato non può essere valutato perché non utilizzabile e quindi sottratto a priori al convincimento giudiziale137.
Talvolta il criterio di valutazione si avvicina molto alla regola di esclusione probatoria, come nel caso del criterio contenuto nella seconda parte dell’art. 111, 4° comma e nell’art. 526, 1-bis co., c.p.p., secondo cui «La colpevolezza non può essere provata sulla base delle
135 Sul punto, FERRUA, Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in
FERRUA-GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento
penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2005, 319.
136 ID., Il giudizio penale: fatto e valore giuridico, in FERRUA-
GRIFANTINI-ILLUMINATI-ORLANDI, La prova nel dibattimento penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2005, 320.
137 Esemplificativamente, è criterio di valutazione della prova, e non regola
di esclusione, l’eventuale divieto di usare contra reum certe dichiarazioni (cfr., ad esempio, l’art. 63 comma 1 c.p.p. secondo cui “le precedenti dichiarazioni non
possono esedre utilizzate contro la persona che le ha rese”.) La circostanza che ne sia
ammesso l’uso a favore sta a significare che le dichiarazioni sono validamente acquisite e utilizzabili; ma, in forza del criterio legale, l’esito della valutazione non deve risolversi in danno dell’imputato. Per l’incompatibilità tra divieto di acquisizione e di valutazione in utilibus, DANIELE, Regole di esclusione e regole di valutazione
82 dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore».
Tale dizione appare prima facie come una regola di esclusione perché le dichiarazioni non possono in alcun modo provare la colpevolezza, neanche se unite ad altre prove, tuttavia, è possibile intendere il loro uso in chiave difensiva a favore dell’imputato; siamo quindi di fronte a un criterio di valutazione grazie al quale le dichiarazioni potranno essere acquisite al processo, pur rimanendo ferma la loro inidoneità a provare la colpevolezza.
Nonostante il risultato sia il medesimo quanto alla proposizione da provare, la distinzione tra regole di esclusione e criteri di valutazione è concettualmente rilevante in quanto se le regole di esclusione vietano la valutazione del giudice, i criteri legali la condizionano e la guidano, sino a prefigurarne in alcuni casi l’esito negativo138, come accade con le dichiarazioni del coimputato che, prive di riscontri, non provano il fatto dichiarato. In tal caso, il risultato all’atto pratico non risulta diverso da quello che deriverebbe da una regola di esclusione, poiché la proposizione oggetto di prova non sarà provata. Tuttavia, la distinzione concettuale tra prova inutilizzabile e prova il cui valore risulta in certe circostanze nullo resta rilevante a vari effetti, ad esempio, ai fini del ricorso in Cassazione, da esperire rispettivamente ai sensi della lett. c) e della lett. e) dell’art. 606 c.p.p., od ai fini del diritto intertemporale, in quanto nel primo caso la legge è quella vigente al momento dell’acquisizione, nel secondo quale al momento della valutazione139.