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Utilizzo delle leggi scientifiche nel processo penale

CAPITOLO 2: LIBERO CONVINCIMENTO E ATTIVITÀ DI VALUTAZIONE DEL GIUDICE

3.5. Utilizzo delle leggi scientifiche nel processo penale

Nell’ambito dell'attività giudiziale di valutazione delle prove, un primo momento in cui emerge in maniera incomprimibile la discrezionalità dell’organo giudicante è rappresentato dalla definizione di quello che abbiamo denominato “risultato di prova”.

Come precedentemente esaminato, in tale fase di ricostruzione dell’accaduto l’organo giudicante provvede a valutare la prova mediante un ragionamento consistente nell’applicare al dato cognitivo ricavabile dal mezzo di prova, un criterio di inferenza per trarne poi il risultato di prova250.

L’individuazione di tale criterio di inferenza da parte del giudice rappresenta il momento maggiormente problematico dell’attività di valutazione del dato probatorio, perché da un’erronea scelta delle

249 TONINI, Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, in Aa.

V.v., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova, 2007, 63.

250 Per esempio, la madre dell’imputato Caio dichiara di aver visto lo stesso

accoltellare la vittima Tizio; il giudice, nel valutare questa informazione, applica alla stessa il criterio di inferenza secondo il quale se un genitore accusa un proprio figlio di un crimine verso terzi lo fa in omaggio ad un dovere civico di particolare rilievo e ciò rende la sua deposizione particolarmente affidabile, per cui Caio ha effettivamente accoltellato Tizio.

SANTORIELLO, I criteri di valutazione della prova, in Aa. Vv., La prova penale, volume terzo La valutazione della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica, Torino, 2008, 385.

125 modalità di raccordo fra elemento e risultato di prova consegue necessariamente l’emersione, in sede processuale, di un’informazione probatoria inattendibile.

Parte della dottrina, tuttavia, è solita sostenere che l’esame di tale momento della decisione giurisdizionale vada condotto in maniera diversificata a seconda della natura del criterio di inferenza che si ritenga di utilizzare nel caso di specie, ovvero a seconda che si faccia ricorso a leggi scientifiche o alle cosiddette “massime d’esperienza”.

A tal proposito, è ricorrente l’affermazione secondo cui allorquando il giudice ritiene di adottare quale criterio di inferenza una legge scientifica, l’inferenza del risultato di prova dal relativo elemento di prova si presenta relativamente poco problematica e tendenzialmente certa251.

Tale tesi è però avversata da altra parte della dottrina.

In primo luogo, si rileva come la storia della scienza dimostri come quelle che per lungo tempo sono state ritenute acquisizioni consolidate e definitive si sono poi rivelate conclusioni tutt’altro che solide ed immutabili.

Tale circostanza rende dunque «ineludibile una riflessione sul fondamento della conoscenza scientifica, sul metodo scientifico, sui criteri desumibili dal metodo scientifico, che consentano di formulare un giudizio di affidabilità o inaffidabilità di un’ipotesi252».

In secondo luogo, il ricorso in sede giudiziale alle leggi scientifiche non sempre si presenta conferente, poiché frequentemente il dettame scientifico è richiamato in maniera inconferente dal giudice penale; tale problematica emerge con particolare riferimento ai reati colposi, relativamente ai quali spesso il giudice omette di verificare la cosiddetta

251 UBERTIS, La prova penale. Profili giuridici ed epistemologici, Utet

giuridica, Torino, 1995, cit., 33; IACOVIELLO, Motivazione della sentenza penale,

ED, agg. IV, Milano, 2000, cit., 773; FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, CEDAM, Padova, 2003, cit., 14.

252 STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, terza edizione, Giuffrè, Milano, 2003, cit., 347.

126 “concretizzazione del rischio”, ovvero non si sofferma ad analizzare se la regola cautelare violata fosse diretta ad evitare eventi del tipo dì quelli verificatosi, pervenendo così per approdare ad una acritica connessione fra regola violata ed evento, ai fini dell’imputazione colposa253.

L’individuazione da parte del legislatore di regole cautelari si fonda sulla probabilità di verificazione di un determinato e dannoso accadimento alla luce di determinate cognizioni nomologiche derivanti da leggi scientifiche; ciò comporta che «ai fini dell’indagine sulla colpa, occorrerà tener conto delle generalizzazioni note al momento del fatto e non di quelle sopraggiunte, giacché in tale ambito non interessa l’obiettivo accertamento del nesso causale, bensì l’apprezzamento di connessioni causali disponibili [quando è stata tenuta la condotta contestata] ai fini di una valutazione di carattere soggettivo nella quale rilevano le conoscenze a disposizione dell’agente254».

Vediamo così che l’esigenza di evitare l’attribuzione di una generica rilevanza penale a qualsiasi connessione causale fra regola ed evento, al fine di giungere alla concreta individuazione del rischio che il legislatore effettivamente aveva inteso prevenire imponendo l’adozione della norma cautelare inosservata, comporta per il giudice un’evidente accentuazione delle difficoltà connesse all’utilizzo di leggi scientifiche nei processo penale255.

Egli, infatti, deve far ricorso esclusivamente a quella legge scientifica che il legislatore ha inteso richiamare nella fattispecie concreta oggetto

253 PIERGALLINI, La regola dell’“oltre ragionevole dubbio” al banco di prova di un ordinamento di civil law, in Aa. Vv., Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di riforma del 2006. Dai problemi di fondo ai primi responsi costituzionali, a

cura di BARGIS-CAPRIOLI, Giappichelli, Torino, 2006, cit., 595; ATTILI, L’agente

modello nell’era della complessità: tramonto, eclissi e trasfigurazione, RIDPP, 2006,

1240; DI SALVO, Causalità e responsabilità penale, Utet giuridica, Torino, 2007, 33 ss.

254 DI SALVO, Causalità e responsabilità penale, Utet giuridica, Torino, 2007,

cit., 33.

255 SANTORIELLO, I criteri di valutazione della prova, in Aa. Vv., La prova penale, volume terzo La valutazione della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica,

127 del giudizio, non potendo limitarsi ad applicare all’elemento di prova ottenuto una qualsivoglia legge scientifica, pur valida e attendibile che sia256.

Il profilo più problematico inerente l’utilizzo del sapere scientifico in sede processuale consegue alla diversità con cui opera la conoscenza scientifica rispetto all’attività giudiziale di accertamento dell’accaduto. Anzitutto, nel processo la legge scientifica è spesso applicata in maniera tale da attenuarne fortemente l’attendibilità, in quanto essa è utilizzata per individuare ciò che ha cagionato l’evento osservato e non per desumere da una determinata condotta il verificarsi di un determinato effetto, e ciò comporta la possibile adozione di conclusioni fallaci, posto che raramente possono rinvenirsi in natura eventi che non possano essere determinati da più cause.

Inoltre, è opportuno rilevare come l’operato del giudice sia diretto alla individuazione di connessioni causali fra eventi singoli257, mentre le leggi scientifiche sono formulate con riferimento ad eventi del mondo naturale considerati in termini generali ed astratti.

La scienza può infatti fornire delucidazioni sull’esistenza di un nesso di causalità fra la classe dei fenomeni cui appartiene l’evento preso in considerazione in giudizio e la classe di fenomeni cui appartiene la condotta che nella imputazione è considerata quale causa dell’evento predetto, ma non può spingersi oltre tale approdo258.

256 BLAIOTTA, L’individuazione della norma cautelare ed il nesso causale con l’evento, in Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, Giuffrè, Milano,

2000, 301, secondo cui il giudice dovrebbe, prima ancora di definire la legge scientifica applicabile, individuare gli anelli causali che, attraverso le generalizzazioni nomologiche, conducono alla realizzazione del rischio che la regola cautelare intendeva evitare.

257 Ad esempio, dovendosi accertare se quel tumore polmonare che ha

determinato la morte di Tizio sia stato causato dall'inspirazione di asbesto verificatosi nel tempo X all'interno della fabbrica gestita dall’imputato Caio.

258 Riprendendo il precedente esempio, la scienza medica è in grado di

evidenziare le ragioni per le quali l’asbesto è in grado di determinare l’insorgenza di un tumore polmonare, ma nulla di più può asserire in ordine all’eziologia della grave malattia di Tizio. Cfr. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e

128 Alla luce di tali considerazioni, dunque, la valenza euristica delle leggi scientifiche nel processo penale va fortemente ridimensionata allorquando le stesse vengono utilizzate per valutare il contenuto dell’elemento di prova acquisito in giudizio e ciò ha indotto alcuni autori a sostenere dapprima un maggior ricorso alla figura del reato di pericolo e successivamente ad avanzare la tesi di evitare ogni ricorso al diritto penale allorquando si discuta di alcune fattispecie di danno, con particolare riferimento alla responsabilità da prodotto ed all’esposizione da sostanze nocive, per affidare la tutela delle parti lese a modelli di responsabilità civile ed amministrativa259.

Possiamo concludere che la parziale e limitata affidabilità delle leggi scientifiche deve indurre il giudice ad un corretto utilizzo delle stesse, senza spingersi ad un totale ed inopportuno disinteresse verso le acquisizioni scientifiche, le quali rimangono in ogni caso essenziale parametro di decisione delle controverse giudiziali.

Occorre soprattutto evitare che il ricorso a tali canoni di decisione diventi uno strumento per l’attribuzione al singolo elemento di prova di un contenuto epistemologico e probatorio di cui esso è privo, sottraendosi così al rischio di giungere ad individuare un “risultato di prova” in realtà non desumibile dal dato probatorio esaminato260.

Laddove si discuta del possibile utilizzo delle leggi scientifiche quali criteri di inferenza nel ragionamento giudiziario, una corretta impostazione della problematica dovrebbe perciò incentrarsi su cosa, in ogni singolo giudizio, sia possibile provare mediante il ricorso alla

259 Ancora STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, terza edizione, Giuffrè, Milano, 2003, cit., 301 ss.

260 Ritornando all’esempio precedente, nel processo nei confronti del datore di

lavoro Caio per il tumore polmonare che affligge Tizio, dalla conclusione della perizia medico legale che attesta come in sede scientifica sia pacificamente accertata l’idoneità dell’aspirazione di asbesto a cagionare un tumore polmonare, il giudice deve trarre come risultato di prova non la dimostrazione che la malattia di Tizio è stata cagionata dalla condotta negligente dell’imputato, bensì la più modesta conclusione che l’accusa formulata nei confronti di Caio non è sconfessata da quanto accertato in sede scientifica circa l’eziologia del tumore polmonare.

129 cosiddetta “prova scientifica” e quale sia la rilevanza di tale oggetto di prova rispetto al thema probandum, a prescindere dall’adozione di soluzioni astratte e valide in ogni tempo261.