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Il momento valutativo ed il libero convincimento

RAGIONEVOLE DUBBIO

4.3. Il momento valutativo ed il libero convincimento

Come in precedenza rilevato, se la giustizia penale è una giustizia imperfetta378, il momento valutativo delle prove deve essere circondato dalle maggiori garanzie e attenzioni possibili, considerati i riflessi consistenti che il dictum giudiziale produce sulla sfera personale di chi è sottoposto al vaglio dell’apparato penale.

Accanto all’apprezzamento del “risultato di prova”, le caratteristiche della prova scientifica impongono preliminarmente di accertare la validità teorica dello strumento tecnico-scientifico adoperato e l’idoneità in astratto del medesimo strumento a realizzare un efficace accertamento nel caso specifico379. Tuttavia, quando non si tratti di prova scientifica innovativa o controversa380, la verifica della sua teorica validità è implicita, trattandosi di strumenti conosciuti che si avvalgono di tecniche consolidate.

La prova scientifica, come ogni altro mezzo di prova, deve essere liberamente valutata, non essendo dotata di un’efficacia persuasiva privilegiata, poiché il nostro ordinamento processuale rifugge dall’ideologia delle prove legali381. È il giudice, pertanto, che deve

377 DOMINIONI, La prova penale scientifica, cit., 264.

378 FERRUA, Metodo scientifico e processo penale, DDP, 2008, Dossier 1, 15. 379 BRUSCO, La valutazione della prova scientifica, in Aa. Vv., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova,

2007, cit., 23.

380 Il giudice, nel valutare i risultati di una perizia o di una consulenza tecnica,

ha l’onere di verificare la validità scientifica dei criteri e dei metodi di indagine utilizzati allorché essi si presentino come nuovi e sperimentali. Cfr. VICOLI,

Riflessioni sulla prova scientifica, regole inferenziali, rapporti con il sapere comune, criteri di affidabilità, in RIML, 2013, n. 3, 1239 ss.

381 CONTI, Iudex peritus peritorum e ruolo degli esperti nel processo penale, DPP, 2008, cit., 33, che evidenzia la non configurabilità di una “prova scientifica

177 apprezzarne i risultati, con il potere di disattendere, sulla base di altri mezzi di prova e motivando adeguatamente la sentenza, le conclusioni a cui essa perviene.

Come in precedenza rilevato, per l’accertamento di fatti processualmente rilevanti che richiedono il ricorso a strumenti cognitivi tecnico-scientifici, occorre che l’iter decisorio si basi su conoscenze scientifiche considerate valide a dimostrare nel tempo in cui interviene la pronuncia, pur nella consapevolezza degli acclarati limiti della scienza382.

Tuttavia, la valutazione del risultato della prova scientifica è resa delicata a causa della consueta difficoltà a ricostruire i fatti, in quanto il giudice deve avvalersi in questi casi della mediazione dell’esperto, non essendo provvisto delle necessarie “competenze” per apprezzare compiutamente tali materiali cognitivi. Si annida qui il paradosso insito nell’uso processuale della perizia e riferibile, più in generale, alla prova scientifica. È infatti assurdo che il giudice, dopo il ricorso all’ausilio dell’esperto a causa dell’insufficienza delle sue conoscenze in un particolare ambito, improvvisamente «si illumini di sapienza tale da consentirgli, addirittura, di polemizzare criticamente con la scienza del perito cui aveva affidato quella certa ricerca383». Nel nostro

ordinamento, il giudice nomina un esperto proprio perché non è in grado di effettuare direttamente un accertamento di tipo scientifico, eppure, è egli stesso a valutare “liberamente” gli esiti della prova peritale384, ipotizzando che l’organo giudicante possa compiere ex post una

382 TONINI, Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, in Aa.

V.v., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova, 2007, cit., 61, il quale ricorda che «la scienza progredisce attraverso l’avvicendamento di teorie una migliore dell’altra» e che «nella stragrande maggioranza delle situazioni tra più teorie scientifiche è possibile individuare quella che si adatta meglio al caso concreto».

383 LORUSSO, La prova scientifica, in Aa.Vv., La prova penale, volume primo, Il sistema della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica, Torino, 2008, cit., 334.

384 CONTI, TONINI, Il diritto delle prove penali, seconda edizione, Giuffrè,

178 valutazione su nozioni scientifiche che ex ante non padroneggiava, tanto da indurlo a disporre la perizia385.

Di qui il dogma del perito come ausiliario del giudice e la tendenza di quest’ultimo ad appiattirsi sulla ricostruzione di tale esperto, anche in forza della sua proclamata neutralità386.

Si tratta, in realtà, di un paradosso solo apparente. Il giudice, infatti, sia che accolga o che disapprovi le conclusioni dell’esperto, deve dar conto delle ragioni della sua preferenza nella motivazione, che rappresenta nel nostro ordinamento un baluardo eretto avverso decisioni arbitrarie. Egli aderirà o meno al parere dell’esperto, principalmente sulla base dei risultati dell’istruzione dibattimentale, dalla quale saranno emersi i differenti apprezzamenti formulati sul punto da altri esperti idonei a soppesare la credibilità del perito.

L’ordinamento non richiede, quindi, che il giudice abbia le medesime conoscenze tecnico-scientifiche dell’esperto, né che lo stesso nel suo percorso decisionale segua l’iter e i passaggi argomentativi propri dello specialista, ma più semplicemente si rende necessario che apprezzi la validità dei metodi scientifici adoperati e valuti, quindi, «a quali condizioni un’informazione può essere ritenuta dotata di validità scientifica387».

Occorre chiedersi cosa accada quando il giudice si trovi a dover risolvere un contrasto tra pareri di esperti. Nel caso in cui i pareri contrastanti appartengano ai consulenti di parte, il giudice può ritenere utile disporre una perizia; ma ciò non è sufficiente, in quanto su di lui

385 TARUFFO, La prova scientifica nel processo civile, RTPC, 2005, cit., 1110;

LOMBARDO, La scienza e il giudice nella ricostruzione giudiziale del fatto, in Riv.

dir. proc., 1972, 414 ss.; DENTI, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. dir. proc., 1972, 414 ss.

386 C.d. “fallacia dell’ipse dixit”, opposta alla c.d. “fallacia dello iudex peritus peritorum”. Cfr. PISANI, Peritus peritorum, in Ind. pen., 1971, 536.

387 BRUSCO, La valutazione della prova scientifica, in Aa. Vv., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova,

2007, cit., 28; PULITANÒ, Il diritto penale tra vincoli di reità e sapere scientifico,

179 grava il compito di motivare il proprio convincimento. Tuttavia, non è possibile imporre al giudice di adottare una motivazione tecnica entrando nel merito delle argomentazioni degli specialisti, in quanto in tal modo verrebbe svalutato il presupposto stesso della perizia, ossia la necessità di specifiche competenze che il magistrato non ha388.

Si ritiene dunque sufficiente che il giudice dimostri di aver preso in considerazione le diverse ricostruzioni tecniche e di averle, poi, scartate sulla base di motivi oggettivi389. In tale ottica emerge l’assoluta centralità dell’esame incrociato degli esperti, poiché è grazie a tale strumento che le parti riescono a convincere il giudice: egli sarà portato a ritenere maggiormente attendibili le conclusioni di un esperto che, identificando ed applicando le leggi scientifiche, riesca a provarne la ragionevolezza ad un profano.

In particolare, è fondamentale che il controesame verta sull’analisi della teoria di riferimento dell’esperto390. Al fine di accertare la validità dell’opinione che l’esperto ha espresso occorre capire se la teoria cui ha fatto riferimento sia stata o possa essere verificata o falsificata; se la teoria sia stata oggetto di pubblicazione scientifica ed esaminata da altri esperti; se è conosciuto il coefficiente di errore relativo alla teoria proposta; ed infine occorre verificare se, nell’ambito della letteratura scientifica, la teoria prospettata sia sempre attuale oppure abbia subito nel tempo revisioni o aggiornamenti.

388 Cass., sez. I, 11 Novembre 1993, Carrozzo, in Mass. pen. cass., 1994, 3, 53. 389 Cass., sez. III, 6 luglio-22 agosto 2000, in Guida dir., Dossier, 2000, n. 8,104,

e Cass., sez. IV, 17 maggio-7 luglio 2000, in Guida dir., 2000, 33, 70. Viceversa, è di tutta evidenza come sia inaccettabile che il giudice motivi la scelta a favore della perizia sulla bes del fatto che il perito, a differenza dei consulenti, ha una posizione di neutralità. Tale tesi, fatta propria da alcune decisioni tra cui Cass., sez. I, 11 Novembre 1993, Carrozzo, cit., è in realtà una riformulazione del c.d. “principio della prova migliore”, che non appartiene al nostro ordinamento di diritto positivo.

390 CAROFIGLIO, Il controesame. Dalle prassi operative al modello teorico,

Milano, 1997, 47 ss.; DE CATALDO NEUBURGER, Esame e controesame nel processo penale, Cedam, Padova, 2000, 262; MERZAGORA, CAPRA,Il perito e il consulente tecnico psichiatra e psicologo nel nuovo processo alla luce dell’esperienza statunitense; in Rassegna it. di criminologia, 1990, 1, 123.

180 Attraverso il controesame è possibile così dimostrare la differenza che intercorre tra le conclusioni che derivano da studi validi e verificabili e quelle basate su deduzioni tratte da qualsivoglia teoria di tipo speculativo non ancora convalidata.

In definitiva, risulta perciò indispensabile che il giudice motivi non tanto perché ha aderito ad una teoria, bensì perché determinate teorie hanno dato risultati fallaci391. Qualora più teorie contrapposte appaiano egualmente probanti, egli dovrà applicare la regola del ragionevole dubbio (art. 530 comma 2, c.p.p.392), di cui tratteremo in seguito. È, quindi, la valorizzazione del contraddittorio “per” e “sulla” prova scientifica a fornire al giudice gli elementi necessari a scegliere la migliore ricostruzione ed a spiegare in motivazione le ragioni della propria decisione. Il risultato è costituito dal fatto che la prova scientifica debba essere calata all’interno dell’ordinaria epistemologia giudiziaria e valutata alla stessa stregua delle altre prove393.

Risulta perciò evidente che il motto iudex peritus peritorum perda i tratti negativi e diventi uno strumento per conferire al giudice la possibilità di scegliere la migliore ricostruzione del fatto, a prescindere dall’esperto che la ha introdotta nel processo. Si richiede, dunque, che anche in materia di prova scientifica sia valorizzato il modello della motivazione legale e razionale desumibile da varie norme del codice, tra cui spicca l’art. 546 lett. e)394. È necessario che il giudice spieghi perché le prove

391 Tali considerazioni valgono a far sparire l’intuizionismo del giudice, in

quanto egli non è libero di di scegliere arbitrariamente la ricostruzione scientifica da porre a base della decisione. Cfr. CONTI, TONINI, Il diritto delle prove penali, seconda edizione, Giuffrè, Milano, 2014, 375.

392 TONINI, Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, in Aa.

V.v., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova, 2007, 74.

393 CANZIO, La valutazione della prova scientifica tra verità processuale e ragionevole dubbio, in Aa. Vv., Scienza e processo penale, cit., 61 ss.

394 CANZIO, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Dir. proc., 2003, 1195. In senso

critico, D’AURIA, Prova penale scientifica e “giusto processo”, in Giust. pen., 2004, 26.

181 acquisite nel corso del processo eliminano ogni ragionevole dubbio sulla ricostruzione dell’accusa e, inoltre, che chiarisca il motivo per cui la ricostruzione della difesa non è idonea a far sorgere un dubbio di tal guisa395. Lo stesso vale nel caso di assoluzione.

Il tema dei rapporti tra libero convincimento e conoscenze specialistiche scientifiche e tecnologiche è peraltro risalente, potendosene rinvenire tracce già alla fine del XIX secolo quando detto principio, inteso ancora come intime conviction, appariva inconciliabile con una scienza ritenuta fonte di conoscenza certa, assoluta e immodificabile.

Solo con l’avvento dalla concezione intuitivo-morale del libero convincimento elaborata nella Francia rivoluzionaria inizia a prendere corpo, parallelamente al declino del totem dell’infallibilità della scienza, l’idea che anche le acquisizioni probatorie tecnico-scientifiche possano e debbano essere passate al vaglio giudiziale.

Il momento della valutazione, specie quando il sapere scientifico offre risposte contrastanti al medesimo quesito, costituisce il punto critico396 del procedimento probatorio.

Anzitutto il giudice, nel sottoporre a vaglio critico le “nuove” prove scientifiche formatesi nel processo, non può rimettersi sic et simpliciter alle opinioni dei ricercatori, dovendo assumere viceversa il ruolo di gatekeeper elaborato nel sistema giudiziario nordamericano, cioè di “controllore attivo” dell’affidabilità del suddetto strumento probatorio che non sia «acriticamente subalterno a un generale giudizio della comunità degli studiosi, tra l’altro spesso problematico nella sua

395 LORUSSO, La prova scientifica, in Aa. Vv., La prova penale, volume primo, Il sistema della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica, Torino, 2008, 46; CONTI,

TONINI, Il diritto delle prove penali, seconda edizione, Giuffrè, Milano, 2014, 372.

396 BRUSCO, La valutazione della prova scientifica, in Aa. Vv., La prova scientifica nel processo penale, a cura di De Cataldo Neuburger, Cedam, Padova,

182 individuazione», ripercorrendo e sottoponendo a verifica gli apprezzamenti degli esperti397.

È possibile articolare la funzione valutativa in due stadi, il primo riguardante la singola attività probatoria ed il suo risultato, ed il secondo volto ad esaminare il quadro globale degli esiti dell’istruzione dibattimentale.

Nel corso del primo stadio è necessario quindi soppesare l’attendibilità del singolo mezzo di prova, appurando l’idoneità probatoria e quindi la validità teorica dell’enunciato scientifico, della regola tecnica, del metodo e dei dispositivi adoperati.

Segue la valutazione dell’adeguatezza logica dello strumento probatorio tecnico-scientifico rispetto alle esigenze ricostruttive del caso concreto. Si rende necessario procedere alla verifica del corretto uso pratico dello stesso, intervenendo principalmente su due campi: a) i dati-fattuali di cui si è avvalso lo specialista per le sue operazioni, che possono essere già acquisiti al processo, da individuare grazie proprio all’opera dell’esperto o, ancora, a sua disposizione perché facenti parte delle conoscenze specialistiche del settore; b) l’esatta applicazione e utilizzazione di principi, regole, metodi e strumentazioni nel caso concreto, verifica da compiersi sulla base di tutti gli indicatori ritenuti efficaci dall’organo giudicante398. Inoltre, è necessario appurare la

“completezza” della prova, nel senso che l’esperto deve tener conto in maniera corretta di tutti i dati rilevanti a sua disposizione nel formulare le proprie conclusioni, in quanto il loro uso parziale può produrre

397 DOMINIONI, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Giuffrè, Milano, 2005, cit., 297 ss.

398 DOMINIONI, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Giuffrè, Milano, 2005, cit., 302

ricorda, accanto ai criteri adoperati in sede di ammissione per misurare la “verificabilità” dell’espletanda prova, gli indicatori desumibili da altri approfondimenti delle esperienze tecnico-scientifiche, dalle scienze forensi, dalla pratica giurisprudenziale dello specialista incaricato, il quale «non può esprimersi, se vuole impegnarsi a fondo nell’accreditare l’affidabilità del proprio contributo probatorio, dal fornire anche gli indici di valutazione del corretto impiego dello strumento scientifico-tecnico nuovo o controverso».

183 un’alterazione del risultato finale. Infine, l’organo giudicante deve verificare la “comprensione” della prova scientifica acquisita, essendogli altrimenti preclusa l’utilizzazione dei risultati come fondamento del giudizio di fatto in considerazione del rischio di una supina accettazione del parere specialistico quando i metodi e le tecniche adoperati dall’esperto, che ecceda nel presentare «il proprio sapere e il proprio operato», facendo ricorso a «modalità o contenuti così sofisticati da risultare imperscrutabili»399, appaiono incomprensibili al giudice e alle parti, non dominabili, e ne oscurano pertanto la fruibilità decisoria.

Il secondo stadio, nel quale si compie una valutazione complessiva della prova, appare viceversa regolato dai criteri logici, esperienziali e tecnico-scientifici propri del sapere comune, impiegati per stimare gli enunciati fattuali dello specialista in un più ampio e articolato quadro di “micro-giudizi” successivi che investono i vari mezzi di prova acquisiti, incentrato sul principio valutativo di cui all’art. 192, 1° comma c.p.p400. Il giudice, pertanto, deve compiere una verifica incrociata dei giudizi di attendibilità di tutti i mezzi di prova e delle relative inferenze sottostanti, fissare il factum probans complessivo derivante dai frutti dell’istruzione probatoria e confrontare il factum probans complessivo con il thema probandum401, per poter giungere alla “enunciazione” dei fatti

principali, sulla base delle conclusioni raggiunte nei passaggi precedenti402.

Infine, sarà compito dell’organo giudicante alla luce del risultato ottenuto affermare o negare la sussistenza del fatto e la sua riferibilità

399 ID., La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Giuffrè, Milano, 2005, cit., 303 ss.

400 LORUSSO, La prova scientifica, in Aa.Vv., La prova penale, volume primo, Il sistema della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica, Torino, 2008, 339.

401 UBERTIS, Fatto e valore nel sistema probatorio penale, Giuffrè, Milano,

1979.

402 DOMINIONI, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Giuffrè, Milano, 2005, cit., 326.

184 all’imputato nel giudizio di fatto, nonché la sua conformità alla fattispecie astratta nel giudizio di diritto, tenendo conto delle regole legali decisorie prescritte per l’assoluzione (art.530 c.p.p.) e per la condanna (art. 533, 1° co. c.p.p.).