• Non ci sono risultati.

La declinazione del libero convincimento del giudice come libera interpretazione delle regole probatorie

Sulla premessa della difesa sociale quale scopo del processo penale e quindi fondamento dei diversi istituti processuali, la ricerca della verità materiale ad ogni costo diviene il momento centrale dell’accertamento e rende indifferente la legalità del metodo probatorio, sacrificata alla discrezionalità del giudice, il cui ampliamento comporta l’inevitabile e coerente metamorfosi della regola del libero convincimento in arbitraria interpretazione delle regole del procedimento probatorio55.

Questo, a causa della riduzione degli spazi di arbitrio del giudice, perde quindi la funzione assegnatagli dalla scuola classica e dall’illuminismo di garanzia di civiltà dello strumento processuale.

Si accentua poi la tendenza ad assimilare l’indagine giudiziaria a quella storiografica, con la conseguenza di svalutare l’aspetto normativo della teoria delle prove giudiziali, per lasciare il posto ad una “concezione idealistica e spiritualistica del conoscere, intesa come adesione immediata ed intuitiva del soggetto all’oggetto del conoscere56”.

Per tale via trova legittimazione il modo di intendere il principio del libero convincimento come potere del giudice di liberarsi degli ostacoli frapposti alla dimostrazione di una pretesa verità gnoseologica, al di fuori delle prescrizioni normative del procedimento probatorio e delle fattispecie normative, la cui incidenza sulla formazione del giudizio distingue nettamente l’attività del giudice da quella dello storico.

In ultima istanza si ritiene che il re, o l’organo analogo, possa concedere la grazia poiché in lui si cumulano tutti i poteri. Cfr. CONTI, TONINI, Il diritto delle prove

penali, seconda edizione, Giuffrè, Milano, 2014, 12.

55 BARGI, Cultura del processo e concezione della prova, in Aa.Vv., La prova penale, volume primo Il sistema della prova, a cura di GAITO, Utet giuridica,

Torino, 2008, 37.

56 NOBILI, Il principio del libero convincimento del giudice, Giuffrè, Milano,

41 Il sistema probatorio elaborato nel 1930 è caratterizzato dalla ‘libertà di apprezzamento discrezionale’ del giudice.

Superati sia il sistema di prove legali che il principio iuxta alligata et probata, restava rimesso al potere insindacabile del giudice l’apprezzamento sulla utilità o meno di assumere un testimone al dibattimento, rigettando eventuali istanze della difesa, o di limitare le liste dei testimoni depositate dai difensori. Si trattava di una riduzione obbligatoria per il giudice nell’ipotesi in cui ricorressero precise circostanze (testimonianze non ammissibili dalla legge o non pertinenti) ma anche qualora il numero di testi apparisse sovrabbondante. Il decreto di riduzione motivato (non necessariamente con la specificazione della ragione della riduzione ma “era sufficiente un semplice accenno alla necessità o all’opportunità della medesima57”) non veniva infatti notificato alle parti ed era inoppugnabile, anche se revocabile.

Il convincimento formato sulla base dell’esame delle risultanze, sia tecniche che documentali, era considerato incensurabile, tanto che la Suprema Corte poteva intervenire solo nel caso di processo di indagine inficiato da vizio logico o da erronei criteri di diritto. La difesa dell’intima convinzione faceva sì che il codice dovesse limitarsi ad indicare soltanto quelle prove che richiedevano particolari modalità di assunzione, rimettendo poi al giudice poteri amplissimi nella ricerca dei mezzi di prova, tanto da poter annoverarsi tra essi ad esempio la prova del sangue, quella dattiloscopia, cinematografica, fotografica…58 La convinzione del giudice rimaneva così libera perché indipendente dal numero e dalla qualità delle prove.

I fautori di tale teoria cercavano di rassicurare spiegando che il giudice non incontrasse altro vincolo nella valutazione delle prove che la

57 MANZINI, Trattato cit., III, 248, ripreso da GARLATI, Contro il sentimentalismo. L’impianto inquisitorio del sistema delle prove del c.p.p. del 1930, Criminalia 2012, 223.

42 ‘coscienza della responsabilità delle proprie funzioni, un insieme di doveri intellettuali, etici, sociali59’.

Questione da sempre complessa nel sistema probatorio è costituita dal valore e dal peso degli indizi. Questi racchiudono un quid che isolatamente considerato è inerte ma che può diventare operativo non appena lo si connetta con altri elementi, costringendo il giudice ad una operazione di induzione con cui trarre da un fatto noto un fatto ignoto. Il codice rimetteva la capacità di guidare l’autorità giudiziaria nella ricostruzione dell’accusa alle “leggi della logica non scompagnate dalle leggi della psicologia60”.

Quindi proprio la prova indiziaria rischiava di rendere il convincimento del giudice pericolosamente contiguo all’arbitrio, allontanando così la certezza morale dalla verità sostanziale.

La libertà della prova, svincolata dai rigidi canoni ermeneutici della prova legale, diveniva espressione del potere e della potenza del giudice e rivelava così una ‘teorizzazione inquisitoria del principio61’. La ricerca della verità materiale, che costituiva il fine specifico del processo, e la lotta al formalismo e la difesa sociale, quali fine gerarchico, giustificavano gli ampi varchi che si aprivano dinanzi al giudice non solo in fase di apprezzamento ma anche nella acquisizione di prove, con evidente svilimento del principio del contraddittorio.

La maggiore libertà del giudice nella valutazione delle prove ed il mutamento dell’originaria fisionomia ideologica del principio del libero convincimento hanno comportato il mutamento dei rapporti tra diritto sostanziale e diritto processuale. Questo, infatti, non viene più riguardato in funzione meramente strumentale del principio ma viene ad assumere un ruolo centrale nell’esperienza giuridica, con conseguente

59 DE MARSICO, Lezioni di diritto processuale penale, Napoli 1938, cit.,

174.

60 GABRIELI, Istituzioni di diritto processuale penale: con le recenti modifiche legislative, Roma, 1946, 278.

61 NOBILI, Il principio del libero convincimento del giudice, Giuffrè, Milano,

43 riaffermazione del diritto giurisprudenziale e la accentuazione della attenzione per la logica giudiziaria e per il metodo di formazione del giudizio, in concomitanza con i nuovi indirizzi nella teoria della conoscenza.