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L’annullamento dell’atto negativo esplicito e la tutela dell’interesse pretensivo.

3. Le azioni costitutive.

3.2 L’annullamento dell’atto negativo esplicito e la tutela dell’interesse pretensivo.

La peculiarità della tutela avverso gli atti negativi espliciti della pubblica amministrazione è data dal fatto che in questo caso, a differenza del ricorso avverso il silenzio, un provvedimento esplicito (di diniego) sussiste e sembrerebbe dunque giustificare il ricorso alla tutela costitutivo-demolitoria quale rimedio tipicamente previsto dal legislatore all’interno dell’ordinamento processuale amministrativo.

Com’è stato rilevato in dottrina però si tratterebbe di una “falsa apparenza”282: il provvedimento di diniego non ha prodotto, in effetti, alcun nuovo assetto nei rapporti giuridicamente rilevanti, non ha creato situazioni giuridiche nuove in capo al richiedente o alla pubblica amministrazione.

La fattispecie dopo l’emanazione dell’atto di diniego è rimasta identica a quella che era in precedenza; conseguentemente viene meno ogni ragione logica per adombrare in questi casi una tutela costitutivo demolitoria, che com’è noto ha lo scopo ultimo di ricondurre la situazione giuridica al tempo anteriore all’emanazione dell’atto.

In altri termini in presenza si un atto negativo espresso si pongono problemi di tutela del tutto analoghi a quelli che ricorrono nelle ipotesi di “impugnazione” del silenzio – rifiuto dell’amministrazione, anche in questa ipotesi qual che viene in rilievo è solamente il fatto negativo della mancata produzione degli effetti giuridici richiesti dall’amministrato nella domanda di provvedimento favorevole283; identica deve

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Così A. Romano, Premessa al Commentario breve delle leggi di giustizia amministrativa, a cura di A. Romano, Padova, 1992 (prima edizione), p. XXII-XXIII, il quale rileva appunto come “… a prima vista, parrebbe che il modello classico del processo amministrativo come processo tipicamente di impugnazione risultasse inapplicabile solo in una ipotesi: quando l’amministrazione, alla domanda del ricorrente, opponga solo silenzio ed inerzia; mentre sembrerebbe che nella diversa ipotesi nella quale adotti una pronuncia esplicita di diniego, in quanto la si considerasse riconducibile al concetto di provvedimento, la reazione contro di essa potesse rientrare nello schema tradizionale del ricorso come una impugnazione. Ma si tratterebbe di una falsa apparenza; e che lo sia, e in che senso debba essere fugata, viene suggerito da questa osservazione: … anche quando il ricorso a tutela dell’interesse pretensivo, per la forma esplicita che l’amministrazione abbia dato al suo diniego, ed a causa di vincoli di termine e di procedimento (ancora) affermati dalla giurisprudenza pressoché unanime, debba pur sempre atteggiarsi come impugnazione di esso inteso come provvedimento, in realtà è altra dalla questione della sua legittimità quella sostanziale che introduce: è la questione della legittimità del mancato soddisfacimento della pretesa; considerata nella sua vera consistenza: che è e rimane identica in entrambe le ipotesi prospettate; ossia a prescindere dal fatto che un provvedimento negativo esplicito sia stato emanato oppure no”.

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F. Ledda, Il rifiuto di provvedimento favorevole, Torino, 1964, p. 7 e ss. il quale evidenzia come “Si ritiene comunemente che il diniego d’un provvedimento favorevole, in quanto espressione di una volontà puntuale, costituisca un atto giuridico vero e proprio… che in quanto lesivo di interessi individuali in varia guisa tutelati dall’ordinamento, esso possa essere impugnato dal cittadino ed annullato dai competenti organi amministrativi e giurisdizionali. … A ben considerare, però, … poiché l’atto giuridico, secondo la comune concezione, è innanzitutto una fattispecie dinamica, cioè un fattore di modificazione della realtà giuridica preesistente, per poter ricondurre a questa pur amplissima categoria la semplice espressione di una volontà negativa, occorre individuare l’effetto o gli effetti giuridici in cui dovrebbe manifestarsi il valore dinamico

ritenersi la causa della lesione dell’interesse materiale, identico il motivo del ricorso giurisdizionale ed identico il petitum ad esso sotteso, aggiungendosi nel caso del diniego esplicito la richiesta di eliminazione dell’atto privo di rilevanza dinamica solo per un ossequio al sistema impugnatorio vigente.

In realtà la dottrina attuale, ai fini dell’assimilazione tra il silenzio e gli atti negativi espliciti, tende a differenziare le ipotesi di diniego a seconda di quale sia il momento procedimentale nel quale interviene il rifiuto284.

Gli atti di rifiuto possono intervenire infatti in qualunque momento dell’esercizio della funzione amministrativa; innanzitutto in limine del procedimento messo in moto per l’emissione del provvedimento positivo, il quale potrà essere rifiutato perché per l’istanza è stata proposta ad es. perchè fuori termine o in modo irrituale, in queste ipotesi la dottrina suole parlare di rifiuto pregiudiziale; ovvero il diniego potrà scaturire da una fase più avanzata dell’esercizio del potere amministrativo in tal caso viene in rilievo il c.d. rifiuto preliminare; ovvero ancora può accadere che l’amministrazione emetta il provvedimento negativo a seguito del completo svolgimento della funzione amministrativa,- c.d. rifiuto in merito -, in esito a compiute valutazioni sulla compatibilità o meno dell’assetto di interessi richiesto con la domanda di provvedimento favorevole rispetto all’interesse pubblico demandato alla cura dell’amministrazione procedente.

Secondo il ricordato indirizzo dottrinario nelle prime due ipotesi, ossia nel caso di rifiuto pregiudiziale e preliminare i ricorrente verrebbe a trovarsi i n una posizione simile a quella di colui che agisce avverso il silenzio dell’amministrazione, giacché in questi casi in assenza di valutazioni compiute sulla fondatezza dell’istanza, l’atto di diniego non presenterebbe profili di illegittimità concretamente rilevabili in sede giurisdizionale, nella terza ipotesi invece si ritiene che il ricorrente si trovi in condizione di poter dedurre in giudizio una vera e propria impugnazione della decisone amministrativa negativa resa nel merito dell’istanza285.

In realtà anche nel caso in cui l’atto di rifiuto intervenga a seguito delude completo svolgimento della funzione amministrativa, valgono a parere di chi scrive, osservazioni analoghe a quelle relative al silenzio inadempimento: non possono essere dedotti come vizi dell’atto quelle componenti o fasi dell’esercizio del potere che nel

della figura: fino a che questo valore non sia stato determinato con la dovuta precisione, non può correttamente porsi alcun problema … di annullamento.”

284

In questo senso F. Ledda, op. ult. cit.. p. 150.

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caso di specie non si sono svolte. Il che non consente di determinare, in positivo, quale avrebbe dovuto essere il corretto esercizio del potere in dette ulteriori fasi della funzione amministrativa, e, dunque, precisare i termini dell’intero rapporto amministrativo286.

Anche in tal caso il singolo giudizio, pur avendo un oggetto più ampio rispetto al giudizio sul mero rifiuto pregiudiziale o preliminare, non sarà idoneo a ricomprendere l’intero rapporto sostanziale, sicché sarà necessaria la proposizione di una pluralità di ricorsi, nel caso del reiterarsi dei provvedimenti negativi in fasi successive dello stesso procedimento, al fine di accertare se la pretesa sostanziale avanzata dal ricorrente fosse fondata o meno.

Il vero problema che accomuna la tutela avverso il silenzio a quella avverso l’atto negativo espresso è allora quello di statuire in ordine al dovere incombente sull’amministrazione di provvedere in conformità alla pretesa dell’interessato.

Le conseguenze cui si è ritenuto di pervenire in ordine all’assimilazione tra atti negativi espressi e silenzio della p.a. non sono prive di effetti sotto il profilo della tutela giuridica da assicurare al ricorrente.

Com’è noto la riforma operata con legge 15/05 ha arricchito la tutela avverso il silenzio dell’amministrazione prevedendo all’art. 2 L. 24/90 che il giudice amministrativo adito in sede di ricorso avverso il silenzio “può conoscere della fondatezza dell’istanza”, indicando, si vedrà in che termini e con quali modalità, all’amministrazione l’atto da assumere ed il suo contenuto, senza dover passare necessariamente per la nomina di un commissario.

E’ evidente il miglioramento della posizione per il privato, che in passato doveva passare per i tempi lunghi del processo ordinario per arrivare ad una sentenza che il più delle volte si limitava a dichiarare l’obbligo di provvedere dell’autorità amministrativa.

Tuttavia a fronte della sicura portata positiva della riforma essa non manca di destare perplessità sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento tra chi ricorre avverso il silenzio inadempimento e chi invece avverso gli atti negativi espressi.

A fronte infatti di una analoga situazione sostanziale l’ordinamento appresta rimedi giuridici così diversi: contro il silenzio il ricorrente può giovarsi di una tutela rapida ed efficiente, laddove contro il provvedimento espresso il ricorrente è costretto a subire le lungaggini e i limiti del giudizio ordinario.

L’alternativa sul punto è stringente: o deve ritenersi che il legislatore con le recenti riforme del processo amministrativo attuate con le leggi 205 del 2000 e 15 del

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2005, abbia inteso generalizzare la tutela di adempimento nell’ordinamento amministrativo, così ammettendo la possibilità per il g.a. di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa tutte le volte in cui si agisca a tutela di un interesse pretensivo (ancorché formalmente l’impugnativa sia rivolta ad un atto di contenuto negativo), ovvero deve ritenersi che gli strumenti di tutela apprestati dal legislatore avverso il silenzio della p.a. siano passibili di giudizio di incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza.

Anticipando le conclusioni cui si perverrà allorché si tratterà più diffusamente della tutela degli interessi pretensivi, può sin d’ora affermarsi che tale ultima conclusione appare ineluttabile dal momento che la giurisprudenza amministrativa, malgrado le citate riforme del processo amministrativo, persevera nell’escludere la che il sindacato giurisdizionale possa estendersi sino alla verifica della fondatezza della pretesa sostanziale vantata dal ricorrente, fuori dai casi in cui tale possibilità sia espressamente consentita dal legislatore (ossia nelle ipotesi anzidette della tutela risarcitoria, nonché della tutela avverso l’inerzia della p.a.).

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