Nell’elaborazione della teoria del giudicato amministrativo decisivo si presenta il contributo di Negro che rappresenta a ben vedere i punto di equilibrio tra l’impostazione tradizionale e quella più innovativa del processo amministrativo e della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi.
Merito dell’insigne Autore è quello, tra l’altro, di aver individuato nella sentenza di annullamento oltre l’effetto caducatorio, altresì un effetto ripristinatorio e ordinatorio331.
Il primo effetto pone l’obbligo in capo all’amministrazione resistente di ripristinare lo stato di fatto e di diritto preesistente all’emanazione dell’atto, in modo da assicurare utilità al ricorrente vittorioso: così l’annullamento di un atto di espropriazione comporterà la restituzione al proprietari del bene espropriato; l’annullamento dell’esclusine di un concorrente da una gara comporterà la riammissione dello stesso e la rinnovazione della gara a partire dal momento dell’esclusione , e così via. E ciò non per effetto di un ulteriore fase di esecuzione della sentenza, bensì quale effetto diretto e immediato della sentenza di annullamento332.
Ma l’originalità del pensiero di Nigro è data dall’aver egli individuato un terzo effetto della sentenza amministrativa di annullamento, cui si accennava, costituito dalla possibilità di “conformare” la successiva attività dell’amministrazione di riesercizio del potere.
Con l’atto amministrativo l’amministrazione ha operato una certa sistemazione degli interessi in conflitto, con il ricorso uno degli interessati contesta tale sistemazione e ne propone un’altra. L’annullamento dunque presuppone l’accertamento dell’illegittimità, ma l’accertamento dell’illegittimità dell’atto, visto a rovescio, non rappresenta altro che la determinazione del “modo come, con riferimento ai profili “emersi” nel giudizio per richiesta del ricorrente, il potere avrebbe dovuto essere esercitato e non è stato”333.
331
M. Nigro, Giustizia amministrativa, op. cit., p. 314 ss; M. Nigro, Il giudicato amministrativo ed il processo degli atti di ottemperanza, intti del XXVII Convegno di Studi di scienza dell’Amministrazione (Varenna, 17-19 settembre 1981, Milano, 1983. I primi accenni al contenuto ordinatorio della sentenza si hanno già in M. Nigro, Sulla natura giuridica del processo di cui all’art. 27 n. 4 delle leggi su lConsiglio di Stato, in Rass.Dir. pubbl., 1954, p. 228 ss.
332
M. Nigro, Sulla natura giuridica, op. cit., p. 300.
333
La pronuncia dunque non produce solo l’effetto di eliminare l’atto amministrativo illegittimo, ma altresì vale ad identificare il modo corretto di esercizio del potere, fissando in tal modo la corretta sistemazione degli interessi.
La natura e l’intensità del vincolo com’è ovvio varieranno in ragione alla qualità del potere (discrezionale o vincolato) e al tipo di vizio per il quale è stato disposto l’annullamento.
Sotto quest’ultimo profilo l’Autore distingue un effetto pieno che sussiste quando l’atto viene annullato per carenza dei presupposti oggettivi o soggettivi previsti dalla norma attributiva del potere (effetto diretto), ovvero, c.d. effetto indiretto quando l’annullamento implica l’impossibilità di riemanare l’atto per essere decorso il termine di decadenza.
Un effetto vincolante semipieno che segue normalmente ad una pronuncia di annullamento per eccesso di potere o per vizi di merito e presuppone la permanenza in capo all’amministrazione di poteri discrezionali successivamente alla pronuncia di annullamento, poteri che pertanto risultano non eliminati, ma solo limitati dalla decisione giudiziale.
Un effetto vincolante secondario o strumentale: segue all’annullamento per vizio di incompetenza relativa o per vizi formali, in entrambe le ipotesi si vincola l’amministrazione ad eliminare il vizio ferma restando la possibilità in capo alla stessa di emanare un nuovo provvedimento di contenuto identico a quello annullato ma emendato dal vizio di forma, che pertanto dovrà essere fatto oggetto di autonoma impugnativa da parte del soggetto che assuma esserne leso.
Tuttavia data la peculiarità del giudicato amministrativo consistente nell’intervenire su una realtà in movimento qual è l’attività amministrativa ossia su un’attività che precede necessariamente il giudicato ma che continuerà ad espletarsi anche successivamente ad esso, li giudicato amministrativo non può assurgere, al pari di quello civile, a regola sufficiente e conchiusa dell’azione amministrativa.
In quanto residueranno ed eccederanno al giudicato degli “spazi liberi” ossia degli spazi di azione non conformati dal giudicato.
Per tale ragione la regola della futura attività amministrativa racchiusa dal giudicato sarà una regola il più delle volte implicita, elastica (per ciò che attiene all’attività di ripristinazione) e incompleta334.
L’incompletezza della regola, in particolare, deriva dal fatto che essa “riguarda solo i tratti di azione amministrativa sottoposti all’esame del giudice e quindi vincola direttamente soltanto questi stessi tratti in quanto debbano o possano ripresentarsi nell’azione amministrativa successiva”335.
Com’è stato rilevato dalla dottrina successiva336, nella concezione in esame, l’unico vincolo scaturente dal giudicato per l’amministrazione è dato dai vizi dedotti in giudizio. Ne consegue che gli unici tratti dell’attività amministrativa che potranno dirsi intaccati dal giudicato potranno essere esclusivamente quelli portati alla conoscenza del giudice sotto forma di motivi di impugnazione e che l’unica preclusione per l’amministrazione consisterà, pertanto, nel fatto che il giudicato “chiude” alcune possibilità di comportamento.
Si è fatto rilevare inoltre che in molti casi dal giudicato amministrativo non è possibile ricavare neppure in negativo alcuna regola atta a conformare la futura attività amministrativa: è il caso del giudicato avente ad oggetto il silenzio della p.a., o contro l’atto negativo esplicito.
In queste ipotesi la pronuncia di “annullamento” del silenzio è per sua natura povera di contenuti e come tale inidonea a scalfire la successiva attività amministrativa.
Analoghe considerazioni possono farsi per le ipotesi di impugnativa di atti discrezionali che possono essere adottati in presenza di una pluralità di presupposti autonomi, l’annullamento giudiziale dell’atto per accertata mancanza del presupposto posto a fondamento dell’atto non preclude all’amministrazione la possibilità di emanare un nuovo atto avente il medesimo contenuto, facendo riferimento ad un altro presupposto legale.
Di qui la necessità avvertita dalla dottrina e dalla giurisprudenza successive di tentare strade diverse per garantire effettività di tutela al ricorrente, rendendo più incisivo il vincolo che sorge in capo all’amministrazione per effetto del giudicato.
334
M. Nigro, Giustizia, op. cit., 319; M. Nigro, IL giudicato amministrativo, op. cit., p. 76.
335
M. Nigro, Giustizia, op. cit., 321.
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