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La caducazione degli atti consequenziali.

3. Le azioni costitutive.

3.3 La caducazione degli atti consequenziali.

Un ulteriore aspetto connesso alla tutela di annullamento riguarda l’esatta individuazione degli effetti della pronuncia di annullamento dell’atto presupposto sugli atti conseguenziali e connessi.

Quale esempio di tale situazione si può pensare all’annullamento del piano regolatore generale che inficia i successivi titoli abilitativi all’attività edilizia rilasciati sulla sua base, ovvero al rapporto intercorrente tra annullamento del bando di gara o di concorso e gli atti della procedura.

Ciò che occorre chiarire , in dette ipotesi, è se la caducazione (in via giurisdizionale o in via di autotutela) dell’atto presupposto travolga automaticamente gli atti successivi, ovvero se per pervenire a tale risultato occorra la proposizione di un autonomo ricorso giurisdizionale.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale occorre distinguere a tal fine fra invalidità caducante e invalidità invalidante (o viziante).

Nel primo caso, che ricorre tutte le volte in cui l’atto annullato costituisca il presupposto unico e necessario del provvedimento conseguenziale, l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto consequenziale, senza bisogno che quest’ultimo sia autonomamente impugnato; nel secondo caso, che ricorre quando tra l’atto annullato e quello conseguente non vi sia un rapporto univoco, nel senso che l’atto annullato può essere il presupposto di diversi provvedimenti, il provvedimento successivo deve essere impuganto o annulalto autonomamente.

La questione è più complessa quando il collegamento intercorra non tra provvedimenti amministrativi, ma tra provvedimenti da una parte e atti di natura negoziale dall’altra.L’ipotesi emblematica è costituita dal rapporto intercorrente tra gli atti di gara e la stipula del successivo contratto di appalto.

Non si intende in questa sede ripercorrere le soluzioni prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in ordine ai rapporti intercorrenti tra vizi dell’aggiudicazione e sorte del contratto di appalto, soluzioni che com’è noto spaziano dalla declaratoria di nullità assoluta (Cons. stato, V, 1218/2003; 6182/2001 e Cass. 193/2002) alla mera annullabilità invocabile soltanto dall’amministrazione committente ex art. 1441 e 1442 c.c. (Cass.

11247/2002; 2842/1996; Cons. Stato, VI, n. 570/2002), e comprendono le tesi intermedie che pervengono alla caducazione automatica (per il venir meno del squisito della legittimazione a contrarre o di uno i presupposti di efficacia del contratto: Cons. stato V, n.41/2007; IV, n. 6666/2003; VI, 2992/2003; Cass. 12629/2006) ovvero alla inefficacia sopravvenuta del contratto (Cons. Stato V, 4295/2006; V, 6759/2005; 3463/2004; 6450/2004).

Appare utile tuttavia ricordare che secondo l’indirizzo prevalente l’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione comporta la caducazione automatica, o secondo altra accezione, l’inefficacia del contratto a valle e che compete al g.a., nell’ambito della giurisdizione esclusiva sugli atti di gara, dichiarare l’avvenuta caducazione del contratto. 287

La tesi si fonda sull’assunto secondo il quale il corretto esperimento della fase di evidenza pubblica che precede la conclusione del contratto di appalto costituisca rispetto a quest’ultimo un presupposto o una “condizione legale” di efficacia del contratto. Con la conseguenza che l’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione per vizi del procedimento, non può non comportare con effetto retroattivo la perdita di efficacia del contratto288.

Le conclusioni non mutano, ai nostri fini, ove si ritenga di aderire alla tesi dell’invalidità caducante, secondo la quale ’annullamento degli atti di gara comporterebbe, in forza del rapporto dio consequenzialità necessaria esistente tra procedura di aggiudicazione e stipula del contratto, la caducazione automatica del contratto di appalto289.

Tale condivisibile orientamento giurisprudenziale è stato recentemente contraddetto da un indirizzo del giudice civile che è pervenuto a diverse conclusioni nella ricostruzione del rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto.290

In particolare la Corte di Cassazione è giunta ad escludere che la decisione sulla sorte del contratto di appalto in esito alla pronuncia di annullamento degli atti di gara esulasse dai confini della giurisdizione esclusiva del g.a. in materia di appalti pubblici, così

287

In questo senso v. tra le altre, Cons. stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n.41; Cons. stato, sez. VI, 4 giugno 2007, n.2950.

288

In questo senso in particolare, Cons. Stato, sez. VI, n. 7470/2003.

289

Cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 1998, n. 677; cons. Stato, sez. V, 30 marzo 1993, n. 435; Cons. Stato, sez.VI, 14 gennaio 2000, n. 244; Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218; Cons. Stato, sez. VI, 14 marzo 2003, n. 1518.

290

come tracciati dall’art. 6, comma 1, l. 205/00 (oggi sostituito dall’art. 244, comma 1, del D. Lgs. 163/06).

E, ciò, non soltanto nelle fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti), ma anche in quella della sua successiva mancanza legale provocata dall'annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

La tesi si fonda sull’assunto secondo il quale nella materia il criterio di riparto delle giurisdizioni non è fondato sul grado ed i profili di connessione tra dette disfunzioni ed il sistema delle invalidità-inefficacia del contratto; e neppure sulla tipologia delle sanzioni civilistiche che dottrina e giurisprudenza di volta in volta gli riservano, “ma unicamente sulla separazione imposta dall'art. 103 Cost., comma 1, tra il piano del diritto pubblico (e del procedimento amministrativo) ed il piano negoziale, interamente retto dal diritto privato”.

Ne consegue, secondo il ragionamento della Corte, che tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l'annullamento del contratto di appalto, a seguito dell'annullamento della delibera di scelta dell'altro contraente, adottata all'esito di una procedura ad evidenza pubblica, spettano alla giurisdizione del g.o. In entrambe le ipotesi, infatti, la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta del contraente, ma il successivo rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l'adempimento.

L’orientamento del Giudice civile è stato da ultimo condiviso dal Consiglio di stato nella pronuncia dell’Ad. Plen. 30 luglio 2008, n. 9.

Tale ultima decisone in vero contiene due affermazioni di principio.

Con la prima, il Consiglio di stato ricalcando il citato indirizzo della Corte di Cassazione, afferma che appartiene alla giurisdizione del g.o. e non a quella esclusiva del g.a., la decisione in ordine alla domanda volta ad accertare con efficacia di giudicato l’avvenuta caducazione del contratto di appalto, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione della gara: con la seconda affermazione ammette che il g.a. possa estendere il proprio sindacato sulla sorte del contratto di appalto, nel giudizio di ottemperanza, eventualmente instaurato avverso l’inerzia dell’amministrazione nell’esecuzione della decisione di annullamento degli atti di gara.

L’indirizzo da ultimo riferito non si sottrae peraltro ad alcune riflessioni critiche. Innanzitutto la tesi, in precedenza fatta propria dalla Corte di Cassazione, secondo la quale la pronuncia sulla efficacia del contratto esulerebbe dalla giurisdizione esclusiva del g.a. sembra non tener conto della reale consistenza degli interessi in gioco.

Chi ricorre avverso gli atti di una gara non agisce infatti mosso dall’intento del mero ripristino della legalità violata, ma, in conformità alla natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, mira al risultato per lui favorevole di veder cambiato l’esito della gara in proprio favore.

Da questo punto di vista può ritenersi che la pronuncia sulla validità della procedura di gara e, quella successiva sulla validità ed efficacia degli atti consequenziali, costituiscano momenti diversi di un identico episodio processuale.

Secondariamente non convince l’assunto secondo il quale il g.a. pur non potendo conoscere e decidere in orine alla sorte del contratto di appalto nella fase di cognizione, possa farlo in sede di esecuzione della decisione.

Non si vede infatti per quale ragione l’oggetto del giudizio di esecuzione debba essere più ampio di quello della cognizione.

Alla base del ragionamento svolto dal Consiglio di Stato vi è la considerazione della maggiore ampiezza dei poteri cognitori e decisori del giudice dell’ottemperanza rispetto a quello della cognizione, differenza questa che giustificherebbe la maggiore estensione del giudizio.

Tale affermazione sembra invero sovrapporre i due piani dei c.d. limiti esterni e interni della giurisdizione amministrativa.

Com’è noto infatti mentre i casi di giurisdizione esclusiva costituiscono una deroga al limite interno, in quanto in ordine ad essi è prevista la cognizione da parte del g.a di controversie la cui tutela spetterebbe di regola al g.o., invece i casi di c.d. giurisdizione di merito costituiscono una deroga al limite esterno della giurisdizione, in quanto per determinate controversie, implicano il sindacato del giudice amministrativo relativamente a profili, appunto attinenti al merito, che in ordinaria gli sono sottratti.

Ne consegue che una volta affermato che l’ostacolo all’ammissione del sindacato del g.a. sul rapporto contrattuale è dato dal limite interno della giurisdizione (atteso che verrebbero in rilievo situazioni soggettive di diritto e non di interesse), non si comprende perché tale ostacolo debba venir meno nel giudizio di ottemperanza, atteso che come si è

detto peculiarità di tale giudizio non è quella di derogare ai limiti interni della giurisdizione, ma quelli esterni.

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