5. La condanna al risarcimento degli interessi pretensivi.
4.2 Risarcimento in forma specifica versus reintegra in forma specifica.
Com’è noto l’istituto della reintegrazione in forma specifica è stato introdotto inizialmente nella giurisdizione esclusiva dall’art. 35, comma 1, D.lgs. 80/98, e poi esteso alla giurisdizione di legittimità dll’art. 7 L. 1034/71 come novellato dalla legge n. 205 del 2000. La dizione è identica nei due articoli, i quali conferiscono al giudice amministrativo il compito di disporre i risarcimento del danno “anche attraverso la reintegrazione in forma specifica”. Una dizione lapidaria che nella prima fase di attuazione ha addensato sull’istituto profonde incertezze.
I principali nodi interpretativi emersi dal dibattito dottrinale e giurisprudenziale paiono concentrarsi attorno a due questioni generali: un primo profilo attiene all’esatta collocazione sistematica della reintegrazione in forma specifica nell’ambito dei diversi strumenti di tutela delle posizioni soggettive di interesse legittimo, essendo tutt’oggi controverso se esso costituisca una misura risarcitoria alternativa al risarcimento per equivalente, oppure debba essere posto al di fuori del contesto risarcitorio; un secondo aspetto controverso concerne i possibili contenuti da assegnare alla pronuncia del giudice amministrativo con la quale viene disposta la reintegra in forma specifica: semplice rimozione del danno prodotto dall’illecito, oppure possibilità di condannare l’amministrazione ad un facere e, in ipotesi, ad adottare un provvedimento con un contenuto determinato?
Una prima lettura attribuisce alla reintegrazione in forma specifica natura di rimedio complementare alla tutela di annullamento finalizzato a soddisfare l’interesse inerente al rapporto originario.
Svincolato dalla logica risarcitoria, il rimedio in parola perde il carattere di sanzione per un illecito imputabile all’amministrazione, prescinde dalla prova del danno e dalla dimostrazione della colpevolezza del soggetto responsabile e si presenta come uno strumento per condannare l’amministrazione al compimento di determinate attività305.
305
Così F. Trimarchi Banfi, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000, p. 42; nello stesso senso G. D. Comporti, Torto e contratto nella responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni, Torino, 2’’3, il quale evidenzia che il richiamo operato dall’art. 35 del D. Lgs. N. 80 del 1998 alla reintegrazione in forma specifica deve essere inteso come evocativo di una “ … misura che si pone al di fuori dell’alternativa risarcitoria e che consente, a prescindere dalla esistenza di un pregiudizio, di realizzare in modo specifico la pretesa relativa al rapporto originario rimasta insoddisfatta per effetto dell’illegittimo uso del potere amministrativo”. Per G. Rossi, Diritto amministrativo, Milano, 2005, vol. I, p. 454, la reintegrazione in forma specifica si atteggia in modo diverso a seconda che sia invocata a tutela delle
Tale orientamento attribuisce alla reintegrazione in forma specifica la funzione di integrare il tradizionale sistema di tutela costitutiva delle posizioni di interesse legittimo306, affiancando ad esso una pronuncia mediante la quale è possibile imporre all’amministrazione il compimento di una determinata attività e l’emanazione degli atti amministrativi necessari a garantire al ricorrente il conseguimento dell’utilità finale cui aspira e l’integrale soddisfacimento della pretesa azionata.
Ciò avviene attraverso la puntualizzazione, già nella sentenza di condanna, degli obblighi di ripristino cui l’amministrazione è tenuta a seguito dell’annullamento dell’atto (si pensi all’obbligo di restituite l’immobile a seguito della pronuncia di annullamento del decreto di esproprio).
La distinzione tra la tutela di annullamento e il rimedio della reintegrazione in forma specifica sfuma progressivamente, invece, fino quasi a scomparire in quel particolare orientamento che considera l’annullamento del provvedimento impugnato e la conseguente rinnovazione dello stesso già di per sé come una reintegrazione in forma specifica dell’interesse leso, la quale esclude o riduce altri tipi di tutela, ivi compresa la tutela risarcitoria per equivalente monetario307.
Con la conseguenza che, secondo il riferito indirizzo, il mancato esercizio dei mezzi di tutela (e in partilare dell’azione di annullamento) che avrebbero consentito di conseguire direttamente il bene della vita sacrificato dall’atto illegittimo, precluderebbe al danneggiato la stessa possibilità di coltivare con profitto l’azione risarcitoria per equivalente308.
Un secondo più consistente orientamento inquadra la reintegrazione in forma specifica all’interno del paradigma risarcitorio309: in quest’ottica il rimedio in questione costituirebbe uno strumento di tutela alternativo al risarcimento per equivalente, ossia una delle modalità attraverso le quali il danno può essere risarcito.
All’interno di tale indirizzo si sono contrapposte due differenti posizioni, la prima volta a ricostruire la tutela risarcitoria con le stesse caratteristiche prevista dal codice
posizioni di interesse legittimo oppositivo o pretensivo: solo nel primo caso il rimedio può essere ricondotto al risarcimento del danno in forma specifica di cui all’art. 2058 c.c.; nel secondo caso esso assume invece le connotazioni tipiche dell’azione di adempimento, mediante l quale è possibile impartire un ordine alla pubblica amministrazione di adottare il provvedimento ampliativo che è stato in precedenza negato.
306
A. ZIto, Risarcimento del danno e reintegrazione in forma specifica, p. 271.
307
Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6579, in Foro amm., Cons. St., 2004, p. 2872 ss.; Cons. Stato, sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 553, in Urb e app., 2002, p. 706 ss.; Tar Marche, 27 luglio 2002, n. 910, in Foro amm. Tar, 2002, p. 2464 ss.; Tar Puglia, Lecce, sez. II, 14 dicembre 2001, n. 189, in Urb. E app., 2001, n. 1351.
308
Cfr. Tar Lazio, Roma, sez. III, 14 gennaio 2003, n. 96, in Foro amm. Tar, 2003, p. 163; Tar Emili Romagn, Bologna, sez. II, 28 novembre 2002, n. 1798, in Foro amm. Tar, 2002, p. 3647.
309
civile per la tutela reintegratoria dei diritti, la seconda volta invece ad adattare il rimedio alle caratteristiche dell’ordinamento amministrativo.
Secondo quest’ultimo indirizzo, rimasto minoritario, il legislatore avrebbe inteso introdurre nel nostro ordinamento un rimedio analogo all’azione di adempimento prevista nell’ordinamento tedesco, che consente di agire in giudizio per ottenere la condanna dell’amministrazione all’emanazione di un atto amministrativo.
Tale ricostruzione non appare conciliabile però con la nozione di reintegrazione in forma specifica accolta dalla dottrina e della giurisprudenza civilistiche per le quali si tratta sempre di “un rimedio risarcitorio, ossia una forma di riparazione dell’interesse del danneggiato mediante una prestazione diversa e succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio o del dovere di rispetto altrui”310.
Il rimedio in questione non va confuso pertanto né con l’azione di adempimento, né con il rimedio dell’esecuzione forzata in forma specifica quale strumento per l’attuazione coercitiva del diritto. Ad es. si tratta di risarcimento del danno se il creditore chiede l’abbattimento del muro che il debitore era obbligato a non elevare, si tratta di esecuzione forzata se il creditore agisce in via esecutiva per fare costruire il muro che il debitore è obbligato a costruire.
Con l’ulteriore conseguenza che la “nuova” prestazione implica una verifica in termini di “onerosità” e di “possibilità” (cfr. art. 2058, comma 2, c.c.) che l’esecuzione in forma specifica e l’azione di adempimento invece non richiedono.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente l’azione reintegratoria nei confronti della p.a (tanto se ricostruita come azione risarcitoria quanto se ricondotta all’azione di adempimento) troverebbe applicazione solo a tutela di interessi di tipo oppositivo (es. ripristino del bene illegittimamente sottratto al privato e trasformato dalla p.a; consegna di una cosa uguale a quella illegittimamente distrutta; riparazione materiale dei danni cagionati ad es. a seguito dell’illegittima demolizione del bene)311. Per i sostenitori di tale orientamento per gli interessi pretensivi potrebbe attuarsi una tutela analoga a quella risarcitoria ove si valorizzi l’effetto conformativo del giudicato amministrativo di annullamento, che consiste nel particolare vincolo evincibile dalla lettura congiunta del dispositivo e della motivazione, sulla futura attività dell’amministrazione.
310
C. M. Bianca, Diritto civile, Milano, 1994, vol. 5, p. 186.
311
In questo senso si è affermato che il risultato cui si perviene attraverso la valorizzazione del principio conformativo del giudicato non è dissimile da quello a cui si perviene ove si ammetta la possibilità di una pronuncia che imponga all’amministrazione il rilascio del provvedimento richiesto: in altri termini una volta annullato l’atto di diniego e riconosciuta la fondatezza della pretesa sostanziale , il ricorrente potrà agire in ottemperanza per ottenere l’esecuzione coattiva dell’obbligo di adempiere.
Si perverrebbe addirittura ad un rafforzamento della posizione del ricorrente e ciò in quanto ove si ammetta che l’obbligo di emanazione del provvedimento favorevole al richiedente scaturisca dall’esecuzione del giudicato, anziché dall’attuazione del rimedio risarcitorio, può ritenersi che detto obbligo sia sottoposto esclusivamente al rispetto del limite della possibilità e non anche al rispetto del limite dell’eccessiva onerosità di cui all’art. 2058, c.2, c.c. (a cui dovrebbe ritenersi sottopoto ove invece l’obbligo di adozione del provvedimento favorevole si ritenesse discendente dall’attuazione della tutela risarcitoria).
L’orientamento trova fondamento in due differenti argomentazioni: la prima è che la pronuncia risarcitoria degli interessi pretensivi finirebbe per avere ad oggetto l’adozione del provvedimento amministrativo illegittimamente negato, ossia la stessa prestazione originariamente dovuta non una prestazione “diversa e succedanea” rispetto a quella.
La seconda argomentazione muove dalla affermazione del tradizionale limite per il g.a. di condannare l’amministrazione all’adozione di comportamenti specifici.
Per quanto attiene alla prima può ricordarsi che un problema analogo si è posto anche nell’ordinamento civile allorché ci si è chiesti se il rimedio del risarcimento in forma specifica espressamente previsto nell’ambito della responsabilità extracontrattuale potesse trovare applicazione altresì in ambito contrattuale.
Anche in quella sede tra gli argomenti contrari a tale evenienza si è osservato che l’azione contrattuale per il risarcimento in forma specifica finirebbe per coincidere con l’azione di esatto adempimento o con l’esecuzione in forma specifica.
In altri termini in presenza di un inadempimento contrattuale la parte non inadempiente avrebbe finito per chiedere comunque l’esecuzione dell’originaria prestazione e non, come richiesto dal rimedio risarcitorio, l’esecuzione di una prestazione diversa rispetto a quella originariamente dovuta.
In sede civilistica l’argomentazione è stata superata facendo rilevare come le due prestazioni, quella richiesta in sede di adempimento e quella risarcitoria, sino solo
apparentemente coincidenti, esse hanno infatti identico contenuto, ma presupposti diversi: il presupposto della domanda di adempimento consiste nel fatto che uno dei contraenti non abbia e seguito la sua obbligazione (art. 1453 c.c.), e, cioè, in una parola, l’inadempimento; laddove l’azione risarcitoria ha come presupposto l’inadempimento, cioè un fatto illecito, non il contratto312.
Ciò significa che diverso sarà anche il carico probatorio facente capo alla parte tutte le volte in cui agisca per l’adempimento o per il risarcimento, in quest’ultimo caso essendo gravata dell’onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, ossia innanzitutto a fornire la prova di aver subito un danno, il fatto illecito, l’elemento psicologico, nonché la prova del nesso di causalità intercorrente tra l’illecito e il danno.
Analogamente in diritto amministrativo può ritenersi pertanto che l’obbligazione risarcitoria abbia ad oggetto non l’originaria richiesta di un provvedimento favorevole, ma una nuova fattispecie generata dalla violazione ad opera della pubblica amministrazione delle regole che presiedono il corretto esercizio della funzione.
In linea generale pertanto non sembra che si frappongano ostacoli di ordine teorico ad ammettere la risarcibilità in forma specifica dell’interesse legittimo pretensivo, naturalmente sempreché si dia prova degli elementi costitutivi dell’illecito e in particolare del nesso di causalità intercorrente tra l’illecito e il danno.
Ne consegue che la tutela risarcitoria in forma specifica degli interessi pretensivi potrà ammettersi solo in presenza di attività amministrativa vincolata; solo in tal caso infatti il ricorrente potrà provare che il danno da lui subito è diretta conseguenza del comportamento illecito tenuto dalla p.a.313
312
Castronuovo, La nuova responsabilità civile, 505. La giurisprudenza civile è ormai orientata in senso favorevole all’ammissione del rimedio risarcitorio in forma specifica a tutela di posizioni contrattuali, sul punto, tra le altre, Cass. civ, 582/73; n. 3739/1984, nonché la giurisprudenza richiamata da Cobelli, Risarcimento in fora specifica, in Alpa-Bessone (a cura di), La responsabilità civile, 358 e ss.
313
La possibilità per il g.a di ordinare alla p.a. l’adozione di un provvedimento amministrativo, ove non vengano in rilievo profili di discrezionalità della stessa è stata affermata da F. Figorilli, Commento all’art. 35, in M. Dell’Olio, B. Sassani (a cura di), Amministrazioni pubbliche, lavoro, processo. Commento ai d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387, Milano, 2000, 429 e ss.; F. Caringella, Giudice amministrativo e risarcimento del danno: dai problemi teorici ai dilemmi pratici, in F. Caringella, M. Protto (a cura di) Il nuovo processo amministrativo dopo due anni di giurisprudenza, Milano, 2002, p. 663 e ss; R. Caranta, Il ritorno dell’irresponsabilità, in Urb. E app., 2001, p. 679, il quale riconosce al giudice amministrativo un generale potere di sostituzione o di ordine che trova il proprio limite unicamente nelle valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione; M. De Palma, Il risarcimento del danno in forma specifica, in R. Garofoli, G.M. Racca, M. De Palma (a cura di), Responsabilità della pubblica amministrazione e risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, 2003, p. 536; c. Orrei, La tutela risarcitoria dell’interesse legittimo, sviluppi giurisprudenziali e profili dogmatici, Napoli, 2002, p. 191; S. fantini, Le tecniche di tutela degli interessi pretensivi, in Nuove forme di tutela delle situazioni giuridiche soggettive. Atti della Tavola rotonda in memoria di Lorenzo Migliorini (Perugia, 7 dicembre 2001), Torino, 2003, p. 219, il quale dopo avere osservato che la reintegrazione in forma specifica dà luogo ad una condanna della pubblica amministrazione ad un facere specifico rapprsento dall’adozione dell’atto
D’altronde la dottrina ha avvertito già da tempo la necessità, imposta dal doveroso rispetto del principio costituzionale di effettività della tutela, di superare le storiche limitazioni ai poteri decisori del giudice amministrativo e segnatamente il limite alla possibilità di condannare la pubblica amministrazione all’adozione di comportamenti specifici consistenti, tra l’altro, nell’emanazione del provvedimento favorevole richiesto dall’interessato ed illegalmente negato dall’autorità competente314.
Tale necessità, a ben vedere è resa ancora più stringente per gli interessi legittimi proprio in ragione dell’assenza nell’ordinamento amministrativo, a differenza di quello civile, di una generica azione di adempimento nei confronti della p.a.
Un’ultima questione di cui resta da dire è quella relativa ai rapporti tra l’azione risarcitoria (in forma specifica) e l’azione di annullamento, dovendosi chiarire sul punto se il giudice amministrativo abbia la possibilità, come pure affermato da un certo orientamento giurisprudenziale, anche in assenza di un’espressa domanda di parte. La tesi favorevole muove dall’assunto che la reintegrazione in forma specifica nell’ordinamento amministrativo godrebbe di una sorta di priorità logica e sistematica all’interno degli strumenti di tutela delle posizioni soggettive lese dall’attività procedimentale della p.a.
Ciò in quanto il rimedi reintegratorio in forma specifica rappresenta lo strumento più adatto ad assicurare un’adeguata dell’interesse del ricorrente che tenga conto altresì dell’interesse pubblico alla legalità dell’azione amministrativa. Sicchè secondo tale orientamento, al giudice amministrativo sarebbe attribuito il potere di disporre la reintegrazione in forma specifica anche in presenza di una domanda di risarcimento per equivalente, dovendosi la prima ritenersi “implicita” nella seconda (salva un’espressa e in equivoca richiesta tesa ad ottenere esclusivamente il risarcimento per equivalente)315.
In realtà l’orientamento appare criticabile in quanto contrastante con la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, nonché con il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato che preclude al giudice amministrativo di attribuire ex officio utilità diverse da quelle richieste dal ricorrente. Ferma restando pertanto la possibilità per il giudice amministrativo di accordare la tutela riparatoria in forma specifica solo se espressamente richiesto dalle parti, deve ammettersi invece che il
richiesto, osserva che il limite al rimedio è rappresentato dall’esistenza di ambiti di discrezionalità amministrativa.
314
Sul punto, in particolare v. D. Vaiano, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, op. cit., p. 359,
315
Tar Lazio, Roma, sez. II, 19 luglio 2002, n. 6115, in Foro amm.-Tar, 2002, p. 2506; Tar Valle d’Aosta, 18 febbraio 2000, n. 2, cit.
giudice ove non ritenga di accordare tale rimedio perché impossibile o eccessivamente oneroso per l’amministrazione, possa accordare la tutela risarcitoria per equivalente anche se il ricorrente abbia limitato la richiesta al risarcimento in forma specifica. Ciò in quanto secondo un costante orientamento del giudice civile, il risarcimento per equivalente costituisce un minus rispetto al risarcimento in forma specifica, sicchè sarebbe consentito al giudice amministrativo passare dal più (reintegrazione in forma specifica) al meno (risarcimento per equivalente) all’interno dello stesso petitum316.
316
4. I tentativi di evoluzione del sistema in via pretoria: in particolare la declaratoria di