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I tentativi di evoluzione del sistema in via pretoria: in particolare la declaratoria di cessazione della materia del contendere a seguito di annullamento dell’atto

impugnato per vizi formali.

La giurisprudenza amministrativa ha manifestato in più occasioni la tendenza a mitigare il carattere rigidamente formale e “oggettivo” del giudizio di annullamento, attraverso l’adozione di pronunce che apparentemente si limitano al mero riscontro della legittimità/illegittimità dell’atto, ma che in sostanza deviano dalla logica puramente impugnatoria e finiscono per operare un accertamento, diretto o indiretto, sulla pretesa sostanziale fatta valere dalla parte ricorrente.

Si tratta di ipotesi nelle quali gli istituti processuali propri del giudizio amministrativo di impugnazione, sono stati piegati, attraverso applicazioni talvolta improprie e atipiche, alle esigenze di tutela sostanziale del cittadino.

Ci si riferisce innanzitutto all’orientamento giurisprudenziale che anteriormente all’introduzione del nuovo regime dei vizi di illegittimità, ad opera della l. 15/05, tendeva ad escludere l’annullamento dell’atto impugnato tutte le volte in cui la pur riscontrata violazione delle regole formali non avesse inciso in modo apprezzabile la sostanza del rapporto controverso317.

In altri casi, come si è già detto, la giurisprudenza ha adottato sentenze di rito apparentemente svantaggiose per il ricorrente (si pensi alla pronuncia con la quale è affermata la declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse), ma in pratica volte ad accertare il rapporto controverso in senso favorevole al ricorrente stesso.

E’ il caso delle pronunce dichiarative della carenza di interesse per inesistenza o inefficacia dell’atto impugnato318. Attraverso tale tecnica la giurisprudenza è pervenuta così a garantire al ricorrente un risultato analogo a quello perseguito attraverso una

317

Si vedano ad esempio le decisioni rese con riferimento ai casi di inosservanza di prescrizioni per la presentazione delle offerte nelle gare per l’aggiudicazione di contratti insuscettibili di incidere sulla scelta del contraente. Sul punto Cons-. Stato, sez. V, 30 giugno 1995, n. 936, in Rass. Cons. Stato, 1995, I, p. 793; Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 1996, n. 1312, in Rass. Cons. stato, 1996, I, p. 1725; Tar Lazio, sez.III, 28 agosto 1997, n. 2051, in Rass. Tar, 1997, p. 3533. Nella materia elettorale, nella quale è altresì frequente il richiamo alla categoria della mera irregolarità, cfr. tra le altre, Cons. Stato,, sez. V, 27 febbraio 1998, n. 219, in Rass. Cons. Stato, 1998, i, p. 258. Per una ricostruzione dettagliata dell’evoluzione giurisprudenziale sui c.d. vizi formali si rinvia a A. Romano Tassone, Contributo sul tema dell’irregolarità degli atti amministrativi, Milano, 1993, p 45 ss.

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pronuncia di accertamento (della inesistenza o della nullità dell’atto negli esempi riferiti), ritenuta per certi versi tutt’oggi preclusa in materia di interessi legittimi.

Un’altra ipotesi nella quale la giurisprudenza amministrativa ha utilizzato in senso atipico, almeno secondo la logica impugnatoria, uno strumento processuale al fine di dare prevalenza all’interesse sostanziale del ricorrente su quello meramente formale, è quella relativa all’istituto della cessazione della materia del contendere.

In una recente pronuncia, il massimo consesso di giustizia amministrativa319 ha affermato che non comporta cessazione della materia del contendere, l’annullamento d’ufficio del provvedimento impugnato, disposto, nelle more del giudizio, per un vizio formale dello stesso, nel caso in cui siano state dedotte sia censure di tipo formale che di carattere sostanziale320.

Secondo il citato orientamento, l’annullamento d’ufficio dell’atto impugnato per ragioni formali, non riveste carattere integralmente satisfattivio dell’interesse fatto valere con il ricorso originario, precludendo pertanto la declaratoria di cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.

L’orientamento è particolarmente interessante perché finisce indirettamente per superare il tralaticio indirizzo secondo il quale per radicare l’interesse all’impugnazione è sufficiente anche un interesse meramente formale o strumentale, consistente anche dal “rimettere in discussione il rapporto controverso, per effetto della rimozione dell’atto lesivo”321.

Secondo la logica impugnatoria, infatti, il presupposto dell’interesse al ricorso sussiste tutte le volte in cui il ricorrente può trarre dall’eventuale accoglimento tanto il soddisfacimento in via diretta dell’interesse sostanziale incisi dal provvedimento illegittimo (è il caso dell’interesse oppositivo) quanto una tutela solo indiretta e strumentale consistente nella semplice riedizione del potere da parte della amministrazione (è il caso degli interessi pretensivi).

319

Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5086, in www.lexitalia.it.

320

Sent. Ult. cit. Nella specie l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto era stato disposto per la mancata osservanza dell’obbligo di pubblicità della seduta di apertura delle offerte; ma tale annullamento in via di autotutela lasciava praticamente insoddisfatto l’interesse sostanziale del ricorrente, che tendeva non solo a rimettere in discussione il rapporto controverso, ma ad avere riconosciuto il “diritto” ad ottenere l’aggiudicazione.

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Tra le tante cfr. Cons. Stato, sez.VI, 18 luglio 1995, n. 754, in Giust. Civ., 1996, i, p. 279; Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 1996, n. 310, in Foro amm. 1996, p. 833, con nota di E. Cannada Bartoli,. Sul punto anche R. Ferrara, Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), p. 474 il quale rileva come “….non è solo sufficiente che il vantaggio che il ricorrente si ripromette di ricavare dalla caducazione dell’atto impugnato sia meramente potenziale, ma esso può essere, secondo un indirizzo giurisprudenziale pressoché costante anche semplicemente strumentale: espressioni forse in parte equipollenti, con le quali si designa l’interesse che può eventualmente avere il ricorrente alla mera ridiscussione del rapporto controverso”.

Corollario di tale principio è che l’annullamento d’ufficio dell’atto impugnato, non importa se tale annullamento sia stato disposto per vizi formali o sostanziali, dovrebbe comportare in ogni caso la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno l’interesse anche solo strumentale al ricorso.

Con l’orientamento citato invece il Consiglio di Stato afferma il diverso principio secondo il quale per poter dichiarare la cessazione della materia del contendere non è sufficiente l’annullamento in via di autotutela per vizi formali- procedurali dell’atto impugnato, ma è necessario un annullamento per motivi sostanziali, in quanto tale integralmente satisfattivo dell’interesse azionato in giudizio.

E’ evidente questo punto l’affermazione implicita che si cela dietro il ragionamento del massimo consesso di giustizia amministrativa: se la cessazione della materia del contendere non può essere affermata se non quando il provvedimento emesso nelle more del giudizio sia pienamente satisfattivo dell’interesse sostanziale del ricorrente, vuol dire che è questo interesse, e non il mero interesse alla riedizione del potere, ad essere oggetto del processo.

Non sempre però da tali affermazioni di principio la giurisprudenza ha tratto i corollari che ci si poteva attendere sotto il profilo dell’effettività della tutela delle posizioni soggettive: si è visto di quanti e quali limiti la giurisprudenza amministrativa ha circondato l’accesso al fatto a parte del giudice amministrativo. Resta da dire dei limiti di efficacia del giudicato amministrativo, anche in questo caso, come si vedrà, al di là di sporadiche fughe in avanti, la giurisprudenza amministrativa si mostra tutt’oggi fedele ad un modello di processo incentrato più sull’accertamento della legalità dell’azione amministrativa, che sulla fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente.

Capitolo V

L’esecuzione del giudicato.

1. Introduzione al tema: i “limiti oggettivi” del giudicato amministrativo nella

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