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La decisione sul silenzio.

2. Le azioni di accertamento.

2.3 La decisione sul silenzio.

Il rito avverso il silenzio della p.a. è da tempo al centro di un vivace dibattito dottrinario e giurisprudenziale che ha ad oggetto l’individuazione dell’ambito dei poteri cognitori e decisori del giudice, l’oggetto del giudizio, la natura e la funzione del commissario nella fase di ottemperanza

Alla base del confronto si sono poste le concezioni discordanti di chi muovendo da una logica impugnatoria tende a relegare il sindacato giurisdizionale sul silenzio al mero controllo estrinseco e chi al contrario, muovendo dalla constatazione della sostanziale inutilità per il ricorrente di una pronuncia che si arresti alla declaratoria del mero obbligo di adempiere, muove da una concezione estensiva dell’oggetto del giudizio sul silenzio che pertanto, secondo tale opinione, andrebbe esteso alla cognizione dell’intero rapporto intercorrente tra le parti.

Tale contrasto interpretativo ha sollecito il legislatore ad intervenire dapprima con l’introduzione di un rito speciale avverso il silenzio caratterizzato come si vedrà da una particolare celerità e speditezza sia in prime che in seconde cure, secondariamente ad intervenire sulla disciplina generale del procedimento amministrativo attraverso un duplice intervento riformatore avviato dapprima con le leggi n. 15 e 80 del 2005.

La prima riforma con l’introduzione di un rito speciale avverso il silenzio della p.a non ha affrontato direttamente nessuna della questioni indicate, anche se ha prodotto l’effetto di riaprire un dibattito che sembrava sopito in ordine ai limiti del sindacato giurisdizionale in riferimento alla pretesa sostanziale vantata dal ricorrente.

Questione poi quest’ultima risolta dal noto affondo dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2002 che come si vedrà nel prosieguo ha confermato l’orientamento più restrittivo.

Come si accennava il legislatore è tornato nuovamente ad occuparsi della tematica afferente il silenzio della P.A. ed in specie della tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche lese dal comportamento omissivo dell’amministrazione, attraverso un duplice intervento riformatore che ha inopinatamente investito anziché la legge processuale, come sarebbe stato naturale attendersi, il testo della legge generale sul procedimento.

Più in dettaglio con l’art. 2 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 (“Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”) il legislatore ha aggiunto all’art. 2 L. 241/90 il comma 4 bis secondo cui “Decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio, ai sensi dell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto

anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.

L’art. 2 L. 241/90 è stato oggetto ad appena tre mesi di distanza dalla precedente novella di un nuovo intervento legislativo attuato con la legge 14 maggio 2005 n. 80 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di attuazione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali”.

Di particolare pregnanza per i riflessi che la disposizione è destinata ad esercitare sulla disciplina processuale appare la previsione di cui al comma 5 della citata disposizione, che così dispone: “Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3 il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.

La novella, attraverso l’introduzione di un rimedio giurisdizionale avverso il silenzio assimilabile per certi versi all’”azione di adempimento” vigente nel diritto tedesco, sembra così aver consacrato a livello normativo la tendenza mostrata dalla dottrina prevalente214 e da una giurisprudenza minoritaria ormai da diversi decenni verso la configurazione del giudizio amministrativo sul silenzio come “giudizio sul rapporto”, con le conseguenze che tale evoluzione comporta in ordine all’ampiezza dei poteri cognitori e decisori del giudice e del connesso grado di tutela spettante al ricorrente215.

214

Per tutti G. Greco, L’accertamento autonomo del rapporto, Milano, 1980.

215

Per una panoramica sulle principali questioni connese alla tutela giurisdizionale avverso il silenzio si veda per tutti, CORRADINO, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’amministrazione nelle “riforme” della legge n. 241/1990, in www. giustamm.it, nonché da ultimo Chieppa-Lo Pilato, … 2007.

a) l’ambito di applicazione del rito avverso il silenzio: in particolare la tutela dei diritti soggettivi.

Secondo un tradizionale orientamento giurisprudenziale il particolare rimedio avverso il silenzio della p.a. introdotto dall’art. 2 L. 205/00 è esperibile esclusivamente allorché venga in rilievo il mancato esercizio di poteri discrezionali a fronte del quale la posizione del ricorrente va qualificata in termini di interesse legittimo.

La questione è stata affrontata sotto un duplice aspetto: l’uno volto a verificare l’attitudine della novella apportata con la L.205/00, che com’è noto ha introdotto un rito speciale contro il silenzio dell’amministrazione, ad innovare il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, creando una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva in materia di silenzio; l’altro volto a verificare se - ferma restando l’esperibilità del rimedio speciale contro il silenzio esclusivamente nelle ipotesi in cui il giudice sia fornito di giurisdizione in merito alla pretesa rimasta inevasa - il rimedio sia azionabile a tutela di diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Sotto il primo profilo, secondo un orientamento giurisprudenziale rimasto minoritario216, l’introduzione del rito speciale ex art. 21 bis L.Tar avrebbe contribuito a creare una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo che verrebbe a configurarsi come il “giudice del silenzio dell’amministrazione”dinanzi al quale pertanto sarebbero tutelabili con il nuovo rito tanto situazioni di interesse quanto di diritto soggettivo puro.

La tesi, che muove essenzialmente da argomentazioni di carattere letterale (l’art. 21 bis L. Tar nel prevedere lo speciale rimedio processuale avverso il silenzio non distingue tra posizioni soggettive di interesse e di diritto) oltre che di carattere sistematico ( in considerazione della valenza generale dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost.), è stata contrastata da un diverso orientamento giurisprudenziale affermatosi come maggioritario, alla cui stregua, in assenza di una chiara previsione normativa, la disciplina in esame andrebbe considerata come assolutamente neutra sotto il profilo della giurisdizione esaurendo la propria portata sul piano squisitamente processuale.

216

I termini del dibattito sono efficacemente riportati da Tar Campania, Napoli, sez. II, 16 dicembre 2000, in I Tar, 2001, 653.

In definitiva secondo l’indirizzo prevalente, la procedura speciale contro il silenzio sarebbe idonea a tutelare esclusivamente le posizioni giuridiche rientranti nella giurisdizione (esclusiva o generale di legittimità) del giudice amministrativo.

Sotto il secondo profilo ci si è chiesto se, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva il rito avverso il silenzio sia esperibile a tutela di posizioni di diritto soggettivo puro.

Al riguardo, malgrado non siano mancate pronunce di segno opposto217, l’orientamento giurisprudenziale assolutamente maggioritario tende ad escludere l’esperibilità del rimedio speciale avverso il silenzio a tutela di diritti soggettivi attratti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in ragione della sostanziale irrilevanza della procedura del silenzio a fronte di controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti soggettivi.

In questo senso si è chiarito che la procedura del silenzio – rifiuto è stata la soluzione giurisprudenziale che, attraverso l’assimilazione dell’inerzia ad un provvedimento espresso di diniego, ha consentito, nell’ottica di un processo di natura essenzialmente impugnatoria, la giustiziabilità di interessi lesi dal mancato esercizio di poteri discrezionali218.

Tutte le volte in cui invece il ricorrente sia titolare di un diritto soggettivo, e quindi faccia valere un interesse non correlato all’esercizio di un potere, la procedura del silenzio appare del tutto inutile, potendo egli ottenere tutela in via immediata e diretta attraverso l’esercizio di un’azione di accertamento della pretesa sostanziale senza bisogno dell’intermediazione di un provvedimento o di un suo surrogato dato dal silenzio219.

Si perviene così a ritenere che l’art. 21 bis abbia inteso introdurre per l’impugnazione del silenzio una procedura speciale con un rito connotato dalle caratteristiche della celerità e della semplificazione, senza pretesa di modificare i contenuti sostanziali del rimedio, che rimangono pertanto, quelli elaborati in

217

In tal senso in tema di retrocessione di un bene espropriato e non utilizzato si vedano Tar Campania sez. I, 15 maggio 2001, n.2102, in I Tar, 2001, 2423; Tar Sicilia, sez. I, 17 aprile 2001, n. 568, in I Tar, 2580 e Tar Lazio, sez. I, 6 maggio 2003, n. 3921 in www.giustiazia-amministrativa.it.

218

In termini Cons. Stato VI sez., n.375 del 1996, in Cons. Stato, 1996, I, 465, nonché Cons. stato, sez. V, 10 febbraio 2004, n.497 in tema di inadempimento di un contratto preliminare di trasferimento di un terreno di proprietà comunale; Tar Puglia, sez. II, 14 febbraio 2005, n. 1358; Tar. Lazio, sez.II, 28 gennaio 2003, n. 506, in tema di inadempimento di una compravendita di azienda comunale; Tar Lazio, sez. II ter, 28 febbraio 2001, relativa al silenzio mantenuto dall’amministrazione in ordine a pretese patrimoniali di pubblici dipendenti sottoposti a regime pubblicistico, tutte in www.lexitalia.it e da ultimo si veda Tar Puglia, Lecce, sez. II, 14 marzo 2005, n. 1358, in www.giuustamm.it in ordine al mancato adempimento dell’obbligo, statuito contrattualmente tra le parti, di revisione del corrispettivo dovuto per la gestione di un servizio pubblico locale.

219

precedenza dalla giurisprudenza220 e che non consentono, in via teorica, di estenderne l’applicazione a tutela di posizioni di diritto alle quali non corrisponda l’esercizio di poteri amministrativi in senso stretto.

Indicazioni in questo senso pare possano trarsi anche dal recente arresto della giurisprudenza costituzionale221, che, sia pure con riferimento al riparto di giurisdizione, ha ritenuto insufficiente un “generico coinvolgimento” di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, occorrendo piuttosto che l’amministrazione sia coinvolta in veste d’autorità, ossia in forza di provvedimenti che siano espressione di un potere discrezionale che, solo, giustifica la “specialità” della giurisdizione.

Né può ritenersi che i termini della questione siano mutati a seguito dell’intervento della citata novella del 2005.

Secondo un indirizzo rimasto minoritario222 l’art. 2, comma 5, L. 241/90 così come novellato dalla L. 15/05 - nella parte in cui prevede che in tema di ricorso avverso il silenzio il giudice possa conoscere della “fondatezza dell’istanza” – avrebbe introdotto una nuova ipotesi di giurisdizione amministrativa estesa al merito, facendo così venir meno l’ostacolo frapposto dalla giurisprudenza tradizionale all’esperibilità del rito speciale avverso il silenzio in materia di diritti soggettivi.

Tale orientamento non appare però condivisibile, non comprendendosi perché il preteso ampliamento dello spettro dei poteri decisori alla fondatezza della pretesa sostanziale del ricorrente anche a fronte del mancato esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione, debba far pervenire a conclusioni differenti rispetto a quelle cui era pervenuto l’orientamento tradizionale volto ad escludere l’esperibilità del rito speciale avverso il silenzio a tutela di diritti soggettivi.

Ben altre considerazioni devono indurre, piuttosto, a non abbandonare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale non può farsi ricorso al rito speciale di cui all’art. 21 bis L. Tar a tutela di situazioni soggettive aventi

220

Sull’inammissibilità del rito speciale contra silentium a tutela di richieste aventi contenuto meramente patrimoniale cfr., Cons. Stato sez.VI, 2 settembre 2003, n.4877, in www.giustamm.it, nella quale si afferma l’incompatibilità del rito speciale con le controversie “che solo apparentemente hanno ad oggetto una situazione di inerzia, come i casi dei giudizi incentrati sull’accertamento di pretese patrimoniali costitutive di diritti soggettivi di credito attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; in tali ipotesi non occorre l’attivazione della procedura del silenzio ed i ricorsi sono soggetti al termine di prescrizione”. Nello stesso senso Cons. St., sez.VI, 23 settembre 2002, n. 4820 in Cons. Stato 2002, I, 1950 e da ultimo Cons. Stato sez. V, 10 febbraio 2004, n.497, in Cons. Stato, 2004, I, 299.

221

Corte cost. 6 luglio 2004, n.204 e 13-28 luglio 2004, n.281.

222

consistenza di diritto, considerazioni da ricondursi essenzialmente a due ordini di ragioni.

Sotto un primo profilo, ove si concordi nel ritenere che il processo amministrativo su diritti soggettivi ha natura di processo di accertamento o di condanna, deve pure ammettersi che in esso debbano trovare applicazione le regole proprie del processo civile ivi comprese quelle relative al riparto dell’onere probatorio tra le parti.

Deve conseguentemente ammettersi che nel giudizio relativo a diritti soggettivi attratti nella giurisdizione esclusiva del g.a., essendo nella piena disponibilità del ricorrente la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa e conseguentemente venendo meno quella peculiare “asimmetria informativa” che tradizionalmente ha giustificato il temperamento dell’onere probatorio nel processo amministrativo223, si riespande la regola processualcivilistica, desumibile dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., secondo la quale spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare specificamente i fatti posti a fondamento delle proprie pretese224.

Il ricorrente che vanti una situazione avente consistenza di diritto soggettivo deve fornire non già un “principio di prova”225, ma alla stregua della regola civilistica, la piena prova dei fatti costitutivi del diritto azionato, senza che tale prova possa essere spostata in capo all’amministrazione resistente attraverso il ricorso alla procedura del silenzio.

può rilevarsi come il particolare rito del silenzio previsto dall’art. 21 bis L. Tar, sia stato concepito quale rimedio atto a sopperire all’inerzia dell’amministrazione in vista di un suo intervento esterno al processo; in tal senso anche per il tradizionale orientamento giurisprudenziale che limitava l’oggetto del processo all’illegittimità del silenzio, il giudizio non poteva connotarsi in ogni caso come giudizio di puro accertamento, non limitandosi il ricorrente a chiedere che fosse dichiarata l’esistenza

223

In tal senso si parla tradizionalmente di ”sistema dispositivo con metodo acquisitivo” secondo la nota formula di F. BENVENUTI, Giustizia amministrativa, in Enc. Del dir., XIX, Milano, 1970, 601 e ss.; id. L’istruttoria nel processo amministrativo, Padova, 1953, 348.

224

Sul fondamento dell’onere della prova nel processo civile e sulle implicazioni con il dovere decisorio del giudice v. in particolare C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, Torino, p_________ e G. VERDE, L’onere della prova nel processo civile, Napoli, 1974, p.58 ss; sul principio dell’onere della prova nel processo amministrativo, v. in particolare F. BENVENUTI, Istruzione del processo amministrativo, in Enc. Dir., XXIII, p.204, G. VIRGA, Attività istruttoria primaria e processo amministrativo, Milano, 1991 e A. CARIOLA, Il giudice amministrativo e la prova, in Dir. proc. amm., 1999, p.1.

225

Sull’obbligo del ricorrente di fornire un “principio di prova” per tutte, v. Cons. Stato, V, 1 ottobre, 1999, n. 1233, in Cons. Stato, 1999, I, 1592.

di un suo diritto, ma, piuttosto, che venisse accertato l’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

Viceversa il ricorrente che agisca per la tutela di un diritto soggettivo pretende dal Giudice una tutela che è interna al processo, essendo data dal processo medesimo, rispetto al quale l’attività amministrativa successiva (o la successiva attività del commissario ad acta) si connota quale attività di mero adempimento.

In altri termini l’indagine sul preteso inadempimento dell’amministrazione nel particolare meccanismo descritto dall’art. 21 bis L. Tar appare funzionale all’emanazione dell’ordine del giudice all’amministrazione “di provvedere”226, laddove nel giudizio di accertamento del diritto, il ricorrente “non vanta alcun diritto subbiettivo verso l’avversario se non lo stesso diritto di azione, coordinato a un interesse d’accertamento”227. Dunque non una prestazione che si pretende dal convenuto, ma l’accertamento della spettanza del bene cui inerisce la pretesa rimasta inevasa.

D’altronde non si comprenderebbe quale utilità potrebbe sortire per il ricorrente l’esperimento del rito contro il silenzio, a fronte della ben più pregnante tutela monitoria attuata attraverso l’adozione di provvedimenti (il decreto di ingiunzione l’ordinanza provvisoriamente esecutiva) costituenti titolo esecutivo.228

Com’è noto, infatti, l’art. 8 L.205/00 ha esteso espressamente l’applicabilità dei mezzi di tutela sommaria del processo civile di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. ( procedimento d’ingiunzione) e 186 bis e ter (ordinanze provvisoriamente esecutive)229 a tutela di “controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale”.

226

In questo senso F. G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione alla luce del suo nuovo trattamento processuale, in Dir. proc. amm. 2002, 2, 239 e ss il quale precisa che nel rito speciale avverso il silenzio di cui all’art. 21 bis L. Tar, l’inadempimento della p.a. rileva nel momento giudiziale dell’accertamento della sussistenza del dovere di provvedere, ma non consente un intervento diretto del giudice nell’attività propriamente definibile di adempimento, essendo quest’ultimo rimesso alla stessa amministrazione , e nell’ipotesi in cui quest’ultima rimanga ancora inadempiente, ad un commissario chiamato ad adottare il provvedimento negletto, in via sostitutiva.

227

G. CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti (1903), in Saggi dir. proc. civ., Milano, 1993, 20 e ss.

228

Si noti peraltro come mentre nel processo civile si distingue tra ordinanze esecutive ex lege di cui all’art. 186 bis e ordinanze dichiarate provvisoriamente esecutive ex art. 186 ter, c.2 “ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 642, nonché ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’art. 648, primo comma”, l’ordinanza provvisionale nel processo amministrativo ai sensi dell’art. 8, c.2, è sempre esecutiva ex lege, sia quando emessa ai sensi dell’art. 186 bis, sia quando pronunciata ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c., pur in mancanza dei presupposti di cui agli artt. 642 e 648 c.p.c..

229

Per una disamina degli istituti processualcivilistici cfr. C. MANDRIOLI, Le nuove ordinanze “di pagamento” e “ingiunzione”, in Riv. dir. proc. , 1991, 644 e ss.

Sotto altro profilo, il legislatore del 2000 è intervenuto, innovandolo, sull’art. 21 L. Tar prevedendo espressamente la possibilità per il giudice amministrativo di adottare un’ordinanza cautelare che abbia ad oggetto “l’ingiunzione a pagare una somma” e introducendo così uno strumento cautelare destinato a garantire, sebbene nei limiti segnati dalla sussistenza dei presupposti della tutela cautelare, l’effettività della tutela delle situazioni patrimoniali anche fuori dagli stretti limiti della tutela giurisdizionale esclusiva su diritti.

In ragione di un siffatto quadro normativo volto ad apprestare i rimedi propri della tutela monitoria del giudizio civile, deve allora escludersi prima ancora che l’ammissibilità, l’utilità dell’esperimento del rito speciale del silenzio avverso l’inerzia dell’amministrazione debitrice, in coerenza con la natura residuale del rimedio processuale in questione, come riconosciuta dalla giurisprudenza tradizionale.

b) Natura della pronuncia: verso l’azione di adempimento?

Particolarmente discussa è stata da sempre la questione relativa alla natura giuridica della pronuncia sul silenzio della pubblica amministrazione.

Secondo una prima lettura la pronuncia sul silenzio avrebbe natura di mero accertamento dell’obbligo giuridico di adempiere perché, non essendo impugnato alcun provvedimento, mancherebbe necessariamente l’effetto costitutivo dell’annullamento230. In senso opposto si è ritenuto che la pronuncia in questione abbia natura di sentenza di condanna all’emanazione di un determinato provvedimento con un meccanismo che per certi versi ricalca la l’azione di adempimento coattivo dell’obbligo di concludere un contratto di cui all’art. 2932 c.c.

In realtà la possibilità per il giudice amministrativo di sindacare la fondatezza della pretesa (introdotta dalla legge n. 15 del 2005) induce a ritenere che la sentenza con la quale il giudice amministrativo decide sul silenzio della p.a. abbia natura mista di accertamento e di condanna, e più in particolare di “accertamento costitutivo”231, assimilabile per certi versi all’azione di adempimento prevista dall’ordinamento tedesco.

Ciò in quanto la pronuncia sul silenzio non si limita ad accertare l’illegittimità del silenzio e il conseguente obbligo di provvedere, ma stabilisce anche (si vedrà in quali casi e a quali condizioni) il modo con il quale l’amministrazione deve provvedere.

In questo senso si dice che esse sono costitutive anche del presupposto per l’esperimento del giudizio di ottemperanza, produttive perciò di un effetto ulteriore rispetto al semplice accertamento dell’obbligo di adempiere.

Come rilevato dalla dottrina232 il vero problema che su questo argomento si pone non

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