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La graduazione dei motivi di ricorso.

3. La corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

3.2 La graduazione dei motivi di ricorso.

Com’è noto la disciplina positiva e segnatamente gli artt. 6, n. 3 e 37 del R.D. n. 642 del 1907, nonché l’art. 32 del R.D. 1054 del 1924 non contiene alcuna indicazione sull’ordine di trattazione delle questioni.

Com’è stato correttamente rilevato tali disposizioni ed in particolare l’art. 6, n.3 del regolamento di procedura, lungi dall’individuare i criteri per identificare l’azione, hanno la funzione, essenzialmente processuale, di definire i rapporti tra poteri delle parti e poteri del giudice relativamente all’introduzione dei fatti costitutivi nel processo.

Essa pertanto è deputata a svolgere nel processo amministrativo la medesima funzione svolta dall’art. 163, n. 4 c.p.c., che disciplina il contenuto della citazione.119

Nel silenzio del legislatore la giurisprudenza amministrativa facendo applicazione dei canoni comuni al processo civile ha ritenuto prioritario l’esame delle questioni di rito attinenti ai presupposti processuali e alle condizioni dell’azione.

Il processo amministrativo conosce con frequenza di fattispecie diversificate di “pregiudiziali di rito”: giurisdizione, tempestività, integrità del contraddittorio, sussistenza di un provvedimento impugnabile nella giurisdizione generale di legittimità; alle quali si aggiungono questioni variamente definite dalla dottrina processualistica come pregiudiziali di rito o come preliminari di merito: legittimazione e interesse, sotto i rispettivi profili sostanziale e processuale.

È opinabile, tuttavia, che esista un rigido ordine di trattazione delle questioni: può fondatamente sostenersi che la insussistenza della giurisdizione preceda ogni altra questione, perché anche la valutazione della ricevibilità del ricorso quanto a tempestività e la verifica dell'integrità del contraddittorio possono essere svolte solo dal giudice che abbia giurisdizione; si può, peraltro, in maniera altrettanto convincente, sostenere che, se il ricorso non è ricevibile, il giudice deve limitarsi a dichiararlo tale, senza esaminare nemmeno il profilo della giurisdizione, che richiede comunque una sommaria disamina della questione controversa.

In realtà non esiste una regola sull'ordine di trattazione delle questioni, ma solo un criterio indicativo d'opportunità.

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Questo criterio è spesso influenzato dal caso concreto e sovente il giudice tende a prendere in considerazione, tra più questioni pregiudiziali, quella idonea a risolvere la controversia con una pronuncia sul rito.

Di più, è frequente rinvenire sentenze che espressamente prescindono dall'esame delle eccezioni preliminari sollevate dai resistenti per addivenire a un rigetto del ricorso. Com’è evidente, la determinazione dell’ordine di trattazione delle questioni di rito non presenta punti di contatto con la tematica afferente al rispetto del principio della

disponibilità del processo. La mancanza dei presupposti

processuali o delle condizioni dell’azione obbliga il giudice ad arrestare il giudizio ad una mera pronuncia sul rito senza potersi addentrare a sindacare la fondatezza sostanziale della pretesa avanzata dal ricorrente.

Diversa è invece la questione relativa alla trattazione delle questioni di merito. In linea di principio vale anche per queste ultime la considerazione secondo la quale non esiste un ordine di trattazione delle questioni afferenti il merito, e su tale considerazione si fonda la prassi, giustamente criticata, dell’assorbimento dei motivi.

Sul punto si pongono essenzialmente due questioni tra loro interdipendenti. Occorre stabilire innanzitutto se, pur in assenza di un’espressa previsione normativa, ragioni di opportunità logica impongano la trattazione prioritaria di alcune questioni rispetto alle altre.

Secondariamente, se il giudice possa ritenersi libero di “scegliere” la trattazione dei motivi di ricorso da trattare prioritariamente rispetto agli altri o se debba invece ritenersi vincolato alla graduazione dei motivi operata dalla parte.

Con riguardo alla prima questione la giurisprudenza ha enucleato alcune ipotesi in cui l'esame di alcuni motivi si imporrebbe con precedenza logica rispetto agli altri, secondo una tecnica che si potrebbe definire di assorbimento necessario; ed è giunta ad affermare che, una volta proposti e non rinunciati, alcuni motivi vadano necessariamente esaminati prima degli altri, senza che la parte ricorrente possa “ disporre ” degli stessi, graduandone, in via principale o subordinata, l'esame.

L’orientamento è stato sostenuto, in particolare, con riguardo al vizio di incompetenza. Secondo il riferito indirizzo il vizio di incompetenza, se dedotto, andrebbe esaminato per primo, rispetto alle altre censure, senza che possa addivvenirsi a una pronuncia sui profili di illegittimità sostanziale del provvedimento.

Ciò essenzialmente per due ragioni: innanzitutto perché l'autorità competente potrebbe non emanare alcun atto o emanare un atto di diverso contenuto, e,

secondariamente, perché non appare opportuno che la decisione sul merito della pretesa sia adottata in mancanza di contraddittorio con l'autorità amministrativa cui spetta la cura della materia120.

L’indirizzo si fonda sull’assunto, tutt’altro che dimostrato, secondo il quale gli artt. 45, comma 1, R.D. 1054/1924 e 26 L. Tar nella parte in cui dispongono entrambi che se il giudice amministrativo “accoglie il ricorso per motivi di incompetenza annulla l’atto e rimette l’affare all’autorità competente” implicherebbero l’obbligo della previa trattazione del vizio di incompetenza rispetto agli altri motivi di ricorso.

Tuttavia, come rilevato da autorevole dottrina, le disposizioni citate lungi dal disporre una priorità logico-giuridica in ordine all’esame dei motivi di ricorso, sembrano riferirsi al vizio di incompetenza “in sé considerato, senza badare al concorso con altri motivi”.121

A tali argomentazioni può aggiungersi la considerazione di carattere generale secondo la quale la pretesa priorità logica del motivo di incompetenza rispetto agli altri motivi di ricorso sembra contrastare con il carattere indefettibilmente “soggettivo” della giurisdizione amministrativa.

Proprio ponendo in luce il carattere soggettivo della giurisdizione la giurisprudenza successiva ha progressivamente abbandonato l’assunto della prioritaria trattazione del vizio di incompetenza122.

Con riguardo al secondo profilo (relativo alla possibilità di graduazione dei motivi di ricorso) è opportuno richiamare l’indirizzo giurisprudenziale che nega al ricorrente la possibilità di vincolare il giudice a un determinato ordine di trattazione delle censure.

Tale indirizzo si fonda sulla distinzione tra graduazione dei motivi di ricorso e graduazione delle domande: si afferma così che se è possibile proporre domande in via subordinata, non altrettanto sembra potersi dire in relazione ai motivi di ricorso, che non costituiscono “ domande ” in senso processualcivilistico123.

Così, per esempio, è stato ritenuto che, impugnata una graduatoria concorsuale, il ricorrente non possa pretendere che sia esaminata prima la censura di errata valutazione dei propri titoli, in modo da conseguire la nomina, e poi, in caso di esito negativo, far valere un motivo di illegittimità concernente l'intera procedura: non si può conseguire la

120

Cons. St., sez. IV, 5 giugno 1995, n. 415, in For. amm., 1996, III, p. 286. Si rinvia anche a Cons. St., sez. V, 6 dicembre 1988, n. 787, inedita. Per un diverso ordine di considerazioni, Cons. St., sez. IV, 12 marzo 1996, n. 310, in Cons. St., 1996, I, p. 378.

121

Cannada Bartoli, Processo, in Nov. dig. it., Torino, 1966, cit., 1087

122

Tar Campania, sez. IV, 2 novembre 19993, n. 468 e Cons. St. sez. IV 12 marzo 1996, n. 310.

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nomina a seguito di un concorso la cui procedura, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, sia integralmente invalida124.

Del pari, in materia di operazioni elettorali, si è ritenuto che, a fronte di una censura concernente la legittimità del procedimento nel suo complesso e di un'altra censura che comporterebbe la mera correzione del risultato elettorale in favore del ricorrente, il giudice debba esaminare con precedenza la questione della regolarità delle operazioni elettorali nel loro complesso 125.

Anche tale orientamento non si sottrae a censure sotto il profilo del doveroso rispetto della garanzia costituzionale ad una tutela piena ed effettiva.

In questo senso sembra orientarsi la più recente ed apprezzabile giurisprudenza del Consiglio di Stato che in due recenti arresti del 2008126 ha affermato che l’ordine seguito dal giudice nell’esame delle censure non possa prescindere dal doveroso rispetto del principio dispositivo.

L’indirizzo riferito è giunto così ad affermare la necessità della previa trattazione delle censure da cui possa derivare un effetto pienamente satisfattivo delle pretese del ricorrente. Nel caso di specie si è così affermato che in presenza di un motivo diretto a escludere il primo classificato di una gara di appalto e di un altro motivo tendente ad una rinnovazione (parziale o totale) delle operazioni di gara, solo l’accoglimento della prima censura soddisfa l’interesse della seconda classificata ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.

124

Cons. St., sez. V, 25 febbraio 1997, n. 184, in Cons. St., 1997, I, p. 227 (solo massima).

125

Cons. St., sez. V, 30 gennaio 1997, n. 113, in Cons. St., 1997, I, p. 85 (solo massima).

126

Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2007-25 gennaio 2008, n. 213 e Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2008, n. 3002.

Cap. III

Il sindacato sulla spettanza e le peculiarità della fase istruttoria.

1. Gli strumenti probatori tipici del processo amministrativo consentono al g.a di

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