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L’APPROCCIO ETICO

Nel documento Democrazia e Nuova Cittadinanza (pagine 91-93)

La cittadinanza digitale tra riflessioni teoriche e implicazioni educative Digital citizenship: Theoretical Reflections and Educational Implications

L’APPROCCIO ETICO

La configurazione di Internet caratterizzata da network e community ha donato alla rete la dimensione sociale, cioè la capacità di mettere in relazione persone e risorse incrementando notevolmente il

livello di interattività e di relazionalità possibile. Internet è diventato così un sistema multiutente che favorisce la connessione e i legami tra persone che condividono interessi e obiettivi affini o che si forniscono aiuto reciproco e supporto emotivo, promuove la partecipazione ad attività online e sostiene la collaborazione nel produrre e diffondere contenuti, sviluppare idee artistiche e creative, compiere scelte.

L’architettura informatica della rete viene definita partecipativa (O’Reilly, 2005) per far risaltare il ricorso a tecniche di coinvolgimento degli utenti nella progettazione e nello sviluppo dei servizi della rete stessa. Il Web 2.0, infatti, ha consentito a tutti gli utenti di rivestire il doppio ruolo di consumatore e produttore (ProSumer) di contenuti, servizi, informazioni e risorse. L’approccio partecipativo presuppone di fatto il coinvolgimento dell’utenza per garantire che il prodotto finale risponda alle esigenze degli utilizzatori, coinvolti nel progetto sin dalla fase di ideazione. Il modello di partecipazione diffuso in rete sembra quasi attuare le predizioni dell’interattività diffusa e dell’intelligenza collettiva che Lévy (1996) considerava la capacità di una comunità di evolvere verso forme superiori di pensiero attraverso la collaborazione e la valorizzazione dell’opinione di gruppi di individui.

Una interessante e articolata analisi sull’impatto di Internet nelle interazioni e nelle comunità evidenzia che il coinvolgimento civico assume sempre più la forma della cittadinanza digitale, cioè che le persone tendono a non interagire in organizzazioni formali o spazi pubblici visibili privilegiando messaggistica istantanea, comunità online, giochi multiutente in maniera integrata con le forme più tradizionali della comunicazione telefonica o faccia a faccia (Wellman et al., 2003). In queste architetture connettive si sostanzia la componente partecipativa dei media che ha determinato l’emergere di quelle che Jenkins (2008) ha definito culture partecipative, cioè forme di appartenenza, di aggregazione online, di produttività culturale bottom up, vere e proprie comunità informali basate sull’importanza dei contributi individuali e che crescono e si sviluppano nella rete ma che producono effetti nei contesti di vita reale.

In questo ambito Ribble et al. (2004) hanno definito la cittadinanza digitale come le norme di comportamento rispetto all’uso della tecnologia che risultino fondamentali per diventare cittadini di una società digitale ed hanno identificato nove aree relative al digitale (accesso, commercio, comunicazione, alfabetizzazione, etichetta, legge, diritti e responsabilità, salute e benessere, sicurezza) per le quali hanno individuato strategie utili ai docenti per insegnare comportamenti appropriati. Questa visione rappresenta, quindi, la cittadinanza come insieme di diritti che l’individuo possiede ed esercita e di doveri civici come il rispetto dei diritti degli altri e l’obbedienza alla legge. Si tratta di una concezione della cittadinanza digitale a cui corrisponde una visione dell’alfabetizzazione digitale qualificata come acquisizione di competenze per essere utenti sicuri, responsabili e cooperativi (Meyers et al., 2013).

La nozione di cittadinanza digitale espande il suo significato per includere il contrasto alle condotte moleste perpetrate online (cyberbullismo, sexting, hate speech, revenge porn, online grooming, esposizione a contenuti dannosi, violazione della privacy, sfruttamento dei dati personali e altre minacce psicologiche o fisiche) con interventi che favoriscano comportamenti etici, sicuri e responsabili e incoraggino l’impegno civico nell’uso degli strumenti digitali. Questo approccio esamina simultaneamente i rischi e i vantaggi della rete e attribuisce alle competenze digitali la funzione di ridurre i danni e di mettere a frutto le opportunità (Livingstone, 2009).

Anche Hobbs (2010) parla di equilibrio tra protezione e responsabilizzazione e, soprattutto, elenca e definisce le competenze fondamentali della cittadinanza nell’era digitale. L’alfabetizzazione digitale e mediale (digital and media literacy) comprende per la studiosa «l’intera gamma delle competenze cognitive, emotive e sociali che include l’uso di testi, strumenti e tecnologie; le capacità di pensiero

critico e di analisi; la pratica della composizione del messaggio e della creatività; la capacità di impegnarsi nella riflessione e nel pensiero etico; così come la partecipazione attiva attraverso il lavoro di squadra e la collaborazione» (p. 17). Accesso, analisi, creazione, riflessione e azione sono, pertanto, i cinque elementi essenziali del suo modello per gli interventi scolastici di alfabetizzazione digitale e mediale.

Quella di preparare gli studenti ad essere cittadini digitalmente alfabetizzati non è, però, una responsabilità esclusiva della scuola (Limone, 2012). Jenkins (2008) sostiene la necessità di mettere in sinergia la didattica in aula, l’extrascuola e le famiglie così come Meyers et al. (2013) affermano la necessità di una prospettiva olistica che veda tutti i contesti di apprendimento, da quelli formali a quelli informali, come componenti di un ecosistema della conoscenza.

La necessità di migliorare le competenze digitali di tutti cittadini, e non solo dei bambini attraverso l’istruzione scolastica, ha spinto la Commissione europea nel 2013 a definire “Un quadro per lo sviluppo e la comprensione della competenza digitale in Europa”, noto anche come DigComp, che è diventato un riferimento per lo sviluppo e la pianificazione strategica di molte iniziative di competenza digitale a livello europeo. Il framework definisce la competenza digitale «come l’uso sicuro, critico e creativo delle TIC per raggiungere obiettivi relativi al lavoro, all’occupabilità, all’apprendimento, al tempo libero, all’inclusione e/o alla partecipazione nella società» (p. 2) e fornisce un riferimento comune su cosa significhi essere esperto di tecnologia digitale. Il framework presenta 21 competenze suddivise in cinque aree (informazione, comunicazione, creazione di contenuti, sicurezza, problem solving) e per ogni competenza fornisce una descrizione generale, i descrittori per i tre livelli di competenza (livello base, intermedio e avanzato) e gli esempi (Ferrari, 2013). Nel 2016 il framework ha subito un primo aggiornamento che ha riguardato il modello concettuale di riferimento, la terminologia e i descrittori (Vuorikari et al., 2016). La versione 2.1, pubblicata per la prima volta nel 2017, ha portato i livelli di padronanza da 3 a 8 e si è arricchita di esempi di applicazione della competenza sia in situazioni di apprendimento sia in contesti lavorativi (Carretero et al., 2017). Nello stesso anno è stato pubblicato anche il “Quadro comune europeo per la competenza digitale degli educatori” (DigiCompEdu) che organizza le competenze necessarie agli insegnanti su 6 livelli di padronanza, dall’A1 al C2. Il framework propone 22 competenze suddivise in 6 aree: coinvolgimento e valorizzazione professionale, risorse digitali, pratiche di insegnamento e apprendimento, valutazione dell’apprendimento, valorizzazione delle potenzialità degli studenti, facilitazione dello sviluppo delle competenze digitali degli studenti (Redecker, 2017).

Nel documento Democrazia e Nuova Cittadinanza (pagine 91-93)

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