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L’ARTE DI ESISTERE E LA FILOSOFIA DELLA CURA Educare all’arte di esistere

Nel documento Democrazia e Nuova Cittadinanza (pagine 142-144)

autobiographical narration for guidance and life design Maria Ricciard

L’ARTE DI ESISTERE E LA FILOSOFIA DELLA CURA Educare all’arte di esistere

Date queste premesse, il presente contributo si inscrive nel solco della riflessione pedagogica intorno alla ricerca dell'arte di esistere, evidenziando la natura dinamica, relazionale ed esperienziale dell’aver cura dell’esistenza. Il tentativo di illustrare in che modo sia possibile educare all’arte di esistere, impone di chiarire il significato dell’educazione e conduce l’attenzione su come stimolare la responsabilità di realizzare il processo di autoformazione.

Mortari (2019) definisce la ricerca dell'arte di esistere come capacità di dare senso al tempo e di condurre una vita autentica, sulla base della conoscenza della propria interiorità, che può realizzarsi solo attraverso il confronto con il mondo esterno.

L'arte di esistere è aver cura dell’esistenza. Intendendo la cura come qualità essenziale della condizione umana, il modo di esserci cui si deve dar forma, in una tensione continua per conservare, far fiorire e riparare la vita (Mortari, 2015), emerge come l’inconsistenza, l’esposizione al nulla e il continuo divenire costituiscano i tratti fondativi dell’umana condizione ontologica (Stein, 1977, 64). L’aver cura nasce, quindi, dall’esser mancante di una forma compiuta, gravati dal compito di divenire il proprio poter essere. L’esserci è immediatamente un esserci con gli altri, responsabilità per sé e per altri (Mortari, 2019, ivi). La cura di sé è chiamata a dare senso al tempo, trasformando il vivere in esistere. Ciò vuol dire non vivere il tempo così come accade ma dargli forma secondo direzioni e desideri meditati. Nell’esistere si compie, dunque, l’unità tra vita e pensiero. Il giusto orientamento dell’esserci si può trovare a partire dalla comprensione di se stessi.

In ragione della relazionalità, della vulnerabilità, della fragilità e dell’incompiutezza che caratterizzano la condizione umana, la cura è essenziale e irrinunciabile (Mortari, 2015, 2019a). La cura è una pratica, un’azione cognitivamente ed emozionalmente pregna che si manifesta con gesti e parole, nutriti da pensieri e sentimenti. Ha luogo in una relazione di tipo asimmetrico e scaturisce dall’interesse per l’altro.

Assumendo la primarietà della cura di sé, emerge come non sia possibile insegnare direttamente l’arte di esistere, la quale non essendo posseduta per intero non si può trasferire. Ciò che è possibile, avverte Mortari, è far sperimentare percorsi di ricerca che l’esperienza ha rivelato essere significativi per la fioritura di senso del tempo del vivere. Questo si intende per educazione: l’aver cura di offrire ai giovani quelle esperienze che generano e alimentano il desiderio di apprendere le pratiche necessarie alla ricerca di ciò che consente di rendere autentico il proprio tempo; l’accompagnare il soggetto educativo nell’apprendimento dei metodi di ricerca ontogenetici attraverso la pratica dei quali si cerca il sapere essenziale. Riprendendo Foucault (2001), educare è offrire, facilitare, aver cura che l’altro

apprenda ad aver cura di sé (54): offrire all’altro esperienze significative rispetto ad ogni aspetto della persona, sul piano cognitivo, affettivo, etico, estetico e politico, per creare le condizioni che gli consentano di assumersi la responsabilità della propria formazione, intesa come il dare una forma il più possibile buona al proprio modo di esserci; facilitare l’altro nell’acquisizione delle capacità e nello sviluppo delle disposizioni alla base dell’attivazione del processo di autoformazione, quale cura di sé (Mortari, 2019, 15).

Foucault (1984) ha illustrato come la cura di sé richieda un’intensificazione delle relazioni sociali. Posto che una relazione è autentica quando riconosce la possibilità ai soggetti di assumersi la responsabilità della propria esistenza, nella relazione educativa, educare è, quindi, sollecitare ad assumersi la responsabilità di realizzare il processo di autoformazione, il compito di far fiorire direzioni di senso per dare forma al proprio tempo della vita.

Imparare ad aver cura di sé

Dare forma al proprio tempo della vita e ricercare orizzonti di senso alla propria esistenza significa, dunque, scegliere con autonomia e attuare con consapevolezza la direzioni di senso del processo di autoformazione, per preservare, guarire o far fiorire l’esserci. Come si impara, dunque, ad aver cura di sé? È fondamentale imparare a conoscere se stessi e coltivare intenzionalmente un’energia vitale. Nell’ambito della filosofia della cura, si considera la teoria dell’educazione all’etica delle virtù proposta da Mortari, che richiama l’etica delle virtù di Socrate e Aristotele.

La direzione di senso del processo di autoformazione risiede nell’aver cura che l’altro apprenda ad aver cura di sé, della propria forma di vita. La libertà di essere si realizza quando le direzioni dell’esserci sono autonomamente scelte e consapevolmente attuate. Significa costruire un centro interiore (Stein, 1962a, 52) che sia regia dei propri movimenti e da cui dipenda la libertà di essere. L’attività di una mente impiantata su se stessa dipende da sé ma è dialogica.

L’azione di cura può preservare l’esserci, ripararne le ferite o far fiorire la vita. Quest’ultima direzionalità connota la cura di sé socraticamente intesa (Platone, Apologia di Socrate, 30 B), ovvero, la ricerca di quelle condizioni esperienziali che consentono di concretizzare il nostro slancio alla trascendenza, quella chiamata all’ulteriore che ci fa avvertire la responsabilità di andare oltre ciò che è già dato, per portare a fioritura il meglio di noi.

Imparare ad aver cura dell’esistenza è un apprendimento difficile, che richiede di essere intenzionalmente coltivato. Inoltre, il sapere educativo si configura come nucleo dinamico che si costruisce in base all’esperienza, evolve, e nel trasformarsi, trasforma anche chi lo elabora (Mortari, 2019, 12). La ricerca della migliore forma possibile al proprio esserci richiede una decisione profonda; apprendere le tecniche dell’esistere è una condizione necessaria ma non sufficiente. Bisogna coltivare la passione per la formazione, per diventare il proprio essere possibile, passione che orienta ad impegnarsi per realizzare un valore (Stein, 1991, 186). Si tratta di un’energia vitale intenzionalmente coltivata per dare forma e per ricercare orizzonti di senso alla propria esistenza. Per imparare ad aver cura di sé occorre imparare a conoscere se stessi (Platone, Alcibiade maggiore, 129 A), attraverso l’esercizio dell’autocomprensione, per acquisire consapevolezza di quella che Mortari (2019a) definisce come propria geografia interiore. Si tratta di comprendere convinzioni, emozioni e affetti che sottendono, alimentano e informano agire, esperienze e relazioni, nonché le potenzialità esistentive racchiuse nelle personali vocazioni (Valbusa, 2017).

La paideia socratica è, in effetti, pratica educativa, ed educare è un «processo di coltivazione dell’anima che promuove la fioritura delle diverse dimensioni esistentive della persona, considerata nella sua complessità» (Ivi, 310). In questa concezione, la cura dell’anima consiste nel coltivare le

virtù, quali fonti delle ricchezze necessarie alla vita. Il metodo maieutico, attraverso la pratica dialogica del cercare l’essenza delle virtù, sollecita ad apprendere un metodo di pensiero.

Per la costruzione di una teoria dell’educazione all’etica delle virtù che sia centrata sulla ricerca del significato di ogni virtù e sull’agire secondo virtù, accanto al metodo maieutico socratico, Mortari pone il contributo aristotelico. Aristotele suggerisce che le virtù, in quanto abituale disposizione ad agire bene, possano essere apprese mettendole in atto. In complementarietà con l’intellettualismo socratico che sollecita un continuo lavoro del pensiero, la teoria aristotelica interpreta le virtù come modi di essere. Ne deriva una teoria dell’educazione all’etica delle virtù proposta da Mortari che si focalizza sulla coltivazione del pensare «quello eidetico che cerca l’essenza e quello esperienziale che esamina il vissuto» (2020, 311). Questa teoria può costituire il fondamento teoretico di proposte educative finalizzate a sviluppare la capacità di esaminare in modo analitico e critico e apprendere la disposizione a esaminare l’esperienza attraverso la riflessione (2020, 311-312).

RIFLESSIVITÀ E NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA

Nel documento Democrazia e Nuova Cittadinanza (pagine 142-144)

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