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DALL’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA ALL’EDUCAZIONE ALLA CONDIZIONE UMANA

Nel documento Democrazia e Nuova Cittadinanza (pagine 64-69)

Educare a vivere con gli altri: una sfida democratica per la scuola Educating to live with others: a democratic challenge for schools

DALL’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA ALL’EDUCAZIONE ALLA CONDIZIONE UMANA

La scuola è il luogo dell’incontro e dell’accoglienza. E la multiculturalità delle nostre città e nazioni è un fatto. Ma per molti aspetti siamo ancora fermi alle enunciazioni di principio, che rischiano di essere vanificate in mancanza di una strategia di azione concreta e condivisa. Sottolineare il valore positivo della diversità non basta. Bisogna, nel contempo, riconoscere e mettere in atto regole condivise, grazie alle quali le diversità possano aprirsi l’una all’altra, e le persone possano diventare consapevoli della costante necessità di integrare in se stesse apporti che provengono dall’esterno, spesso imprevedibili, confusi, indecifrabili, perturbanti (Fiorucci et al., 2017).

Oggi la scuola è investita del compito urgente di aiutare ogni persona e ogni gruppo a integrare e a connettere le sue molteplici identità: identità di tipo spaziale (l’appartenenza a una città, a una regione, a uno Stato, a un insieme di Stati quali l’Unione Europea, al mondo) e identità di tipo non spaziale; identità politiche e identità culturali; identità individuali e identità collettive; identità di nascita e identità elettive; identità antiche e identità nuove. Per questo la democrazia è, tra le altre cose, un modo per prendere decisioni di fronte a questioni controverse, che dividono l’opinione pubblica e le forze politiche. L’argomentazione, il dialogo sono modi attraverso i quali i soggetti acquisiscono la capacità di prendere posizione di fronte a questioni anche conflittuali. Se non ci fossero questioni conflittuali non ci sarebbe neppure bisogno della politica e della democrazia, basterebbe dare il potere di decidere agli esperti, cioè agli scienziati.

A tal proposito, Edgar Morin (2001) sostiene che la finalità educativa principale dev’essere l’insegnamento della condizione umana (p. 67). C’è necessità di far crescere, al di là dell’identità nazionale tuttora prevalente, un’identità europea (e in prospettiva planetaria), per diventare così cittadini del mondo e capire che viviamo in una comunanza di destini e abbiamo interessi comuni da perseguire: la pace, il rispetto dell’ambiente, uno sviluppo sostenibile, la crescita del capitale umano e la ricerca per l’innovazione. Da tutto ciò risulta evidente come sia imprescindibile per i giovani d’oggi un combinato di istruzione-educazione che tenga contro dei più recenti portati delle scienze umane, di quelle psico-pedagogiche e delle scienze sociali (Mannese, 2018, pp. 553-558).

Spetta alla scuola pubblica, attraverso la cultura dei diritti di cui fa parte anche il rispetto della differenza culturale, mantenere aperto uno spazio di formazione umana in cui si conoscano e si pratichino i diritti alla cittadinanza in tutta la ricchezza e l’articolazione che il mondo odierno richiede.

Questa è una sfida per la scuola, che va accolta se non vogliamo che si realizzi quel mondo che più di un secolo e mezzo fa ipotizzava il liberale Tocqueville nell’opera dedicata alla democrazia in America (De Tocqueville, 1991, p. 812).

Tuttavia, la diffusione straordinaria di nuovi veicoli di comunicazione e informazione spesso annulla ogni mediazione fra il locale e il globale e pone ogni persona a contatto immediato con i più diversi linguaggi e più diverse culture del Pianeta, mettendo in discussione la stessa democrazia. Questa immediatezza di contatti incide profondamente sullo sviluppo cognitivo ed emotivo sin dai primi anni di vita. È una nuova condizione culturale che obbliga a ripensare le finalità della scuola e a riconsiderare possibilità, limiti e specificità della sua missione (Maragliano, 2019). Per gli studenti di ogni età e di ogni livello scolastico le opportunità per acquisire informazioni e conoscenze si sono moltiplicate e diversificate, e sono fuoriuscite da ogni ambito che la scuola possa ragionevolmente pretendere di controllare o recintare.

Ciò che i bambini e gli adolescenti apprendevano a scuola, fino a pochi anni fa, era sostanzialmente il tutto dei loro apprendimenti. Ciò che i bambini e gli adolescenti oggi apprendono a scuola è solo una parte di ciò che apprendono di fatto nel corso delle loro giornate. Essi oggi sono, nello stesso tempo, sempre più globalizzati, sempre più interdipendenti, sempre più diversi, ma sono anche sempre più isolati (Ceruti, 2018, p. 37).

Dinanzi alla frammentazione dei saperi, allo sgretolamento delle stesse discipline in sottosettori dagli orizzonti sempre più limitati, si moltiplicano gli ostacoli e gli impedimenti alla comunicazione fra cultori di discipline diverse, impedendo a ciascuno di comprendere i problemi nella complessità, nella reale molteplicità delle loro dimensioni irriducibilmente intrecciate.

Dinanzi a questa crisi, esasperata anche dalla Pandemia, la scuola deve sollecitare gli studenti a contestualizzare le conoscenze, alleandosi con gli orientamenti dei bambini e degli adolescenti (Frabboni, 2014), inclini a interrogarsi sul senso profondo e sui continui intrecci delle loro singole esperienze.

Nella società della conoscenza è necessario che tutti abbiano le chiavi di accesso a una vasta gamma di ambiti e di registri culturali, di linguaggi e di modalità di comunicazione.

Libri, giornali, internet, strumenti multimediali posseggono notevoli possibilità educative e tuttavia sono modalità di trasmissione di informazione e di conoscenze ben distinte: per trarne il meglio ci vuole una consolidata familiarità con ognuno di esse e la capacità di muoversi agevolmente fra registri di comunicazione differenti.

In tal senso, la scuola può rappresentare quel laboratorio nel quale gli studenti non solo acquisiscono informazioni, saperi e tecniche, ma anche costruiscono, insieme agli insegnanti, gli strumenti concettuali e culturali utili a dare senso alla varietà delle informazioni, delle conoscenze e delle esperienze frammentate a cui sono spesso isolatamente esposti (Ibáñez-Martín J.A.,2017).

La tecnologia è a questo proposito fonte a un tempo di rischi e di opportunità. Essa evolve oggi in modi inediti, veloci, imprevedibili. Supera limiti di pensiero e di azione che sembravano invalicabili ancora in un passato assai recente. Gli sviluppi tecnologici riformulano così quotidianamente le frontiere del possibile.

Per quanto riguarda la scuola italiana, sembra evidente che molto impegno sia dedicato a “imparare a conoscere”, che sia carente il pilastro “imparare ad essere”, poco utilizzato il pilastro “imparare a fare” e quasi ignorato il pilastro “imparare a vivere con gli altri” (salvo direttive ministeriali per lo più inapplicate e l’impegno su incerti “progetti” praticati da una minoranza degli insegnanti): contrariamente a quanto indicato dalla Commissione Delors, l’attenzione ai quattro pilastri è nei fatti molto disuguale (Baldacci, 2019).

CONCLUSIONI

L’educazione a vivere con gli altri costituisce un obiettivo di natura valoriale/comportamentale e non cognitiva. Non si tratta di apprendere delle nozioni, ma di acquisire comportamenti e, prima ancora, un insieme di valori condivisi (Fuentes, Albertos, 2017, pp. 157-172).

L’esperienza di vari tentativi fin qui condotti per introdurre “educazioni” nel curricolo è istruttiva al riguardo: si affida il compito al docente di una disciplina (per lo più quello di lettere, in qualche caso quello di scienze) e si stila un elenco di “cose” che dovrebbero essere spiegate agli alunni (Bandini, Oliviero, 2019).

Se la scuola è per la persona, se la scuola è per l'umanesimo o "nuovo" umanesimo, la scuola è soprattutto per il cittadino e per la "nuova" cittadinanza (D’Arcangeli, Ronconi, 2011). Anche su questo tema non mancano innumerevoli pubblicazioni, ma, nella maggior parte dei casi, l'approccio, il taglio delle ricerche è giuridico, filosofico, storico e poco pedagogico.

In un testo di pochi anni fa, si leggeva che "la crisi della democrazia contemporanea è dovuta proprio all'eclissi della cittadinanza" (Pagano, 2004, p. 300). Nelle nostre società occidentali, com'è noto e come da più parti è stato ben sottolineato, non è la democrazia che è in pericolo quanto piuttosto le forme di democrazia più o meno rappresentative che dipendono dall'idea sottesa di cittadinanza che si vuole realizzare e alla quale si deve educare. Non può essere, infatti, eluso un tema oggi di grande attualità: i fenomeni migratori rendono sempre più multietniche le società contemporanee e costringono a rivedere il concetto di cittadinanza (Catarci, Fiorucci, 2019). La scuola, gli insegnanti e il loro insegnamento in questo processo storico hanno un ruolo fondamentale. L'insegnante nella quotidiana attività didattica deve sapere se si può insegnare per educare ad una cittadinanza sostanziale (ricerca di fini comuni) o ad una cittadinanza regolativa (scelta di regole comportamentarie) (Borruso et al., 2014).

Persona, nuovo umanesimo e cittadinanza sono tre facce dello stesso problema: occorre educare l'uomo al senso della comunità e alla vita comunitaria. Se ancora prevarrà l'individualismo sull'appartenenza sarà molto difficile educare alla cittadinanza. La passione per l'insegnamento,

affinché si insegni con passione, ha nella costruzione del legame sociale un suo punto forte di riferimento. Non a caso la philia di aristotelica memoria era una idea educativa della paideia greca che si conservò anche quando, scomparse le città-stato, subentrò l'impero macedone (Cavallera, 2017, p. 46). È solo il legame sociale, avvertito come ineludibile per la vita comunitaria, che può far coincidere il bene "per me" con il bene comune. L'educazione alla cittadinanza poggia sulla responsabilità, sull'autonomia del singolo (Kasper, Kasperova, 2015, pp. 251-278). Questi deve essere educato a vivere le molteplici identità di cui la vita attuale ci carica, utente e proponente, cittadino e politico, partecipante e stimolatore di partecipazione. L'insegnante con le sue discipline d'insegnamento può sollecitare alla cittadinanza attiva, alla presa di coscienza societaria, alla cittadinanza universale a cui inesorabilmente la globalizzazione ci consegna. La passione civile nella passione per l'insegnamento rende appassionato l'insegnare.

Le istituzioni educative devono riaffermare il loro ruolo guida in formazione cittadina, aperta a tutti gli studenti senza discriminazioni, integrando il riconoscimento della diversità socioculturale con le differenze individuali. L'intenzione è, quindi, il raggiungimento di obiettivi finalizzati alla parità di diritti e al riconoscimento di differenze, ovvero a una conviviale condivisione delle differenze, così come la considerazione e lo sviluppo della capacità e della responsabilità del corpo studentesco a partecipare attivamente alla trasformazione della società.

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