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L’art. 106, TFUE, non è la sola norma dedicata ai servizi d’interesse economico generale.

Il Trattato di Amsterdam, infatti, introdusse nell’ambito del diritto primario, l’articolo 7D, divenuto poi art. 14 nel TFUE.

Detto articolo, anch’esso posto a disciplina dei SIEG, può considerarsi il frutto di un compromesso tra tesi liberiste e quelle più sensibili agli aspetti di natura sociale 102.

Si è discusso per lungo tempo sulla rilevanza giuridica della norma in esame 103.

L’opinione tradizionale tendeva ad attribuire all’art. 14, TFUE, un valore

101 Causa C-163/99, Repubblica portoghese c. Commissione, punto 28.

102 D.GALLO, I servizi, op.ult.cit., p. 715. L’art. 14 TFUE è frutto di un lungo negoziato iniziato con la proposta

del Ministro francese per gli affari europei, Michel Barnier, il quale, in un suo memorandum sottoposto all’attenzione degli altri Stati membri, auspicava una riformulazione dell’art. 90 TCE che accentuasse le istanze di carattere sociale sottese all’erogazione dei servizi d’interesse generale. A tale posizione si contrapponeva quella di coloro che, invece, propendevano per mantenere invariato il testo del Trattato, preferendo attribuire una maggiore rilevanza ai profili sociali dei SIEG in via interpretativa, attraverso una interpretazione più ampia della deroga di cui all’art. 106, paragrafo 2, TFUE [ex 90 TCE], ovvero mediante l’adozione di atti di diritto derivato in cui vi fosse una maggiore attenzione alle esigenze di carattere sociale in chiave restrittiva della concorrenza. Nell’ambito del negoziato, una posizione intermedia fu assunta dalla Commissione, la quale riteneva opportuno non modificare l’art. 90 TCE, che si era dimostrato sino a quel momento efficace, garantendo una proficua interazione fra liberalizzazione e interesse generale, auspicando, invece, che fosse inserito nell’ambito dell’art. 3, TCE, il cui contenuto è stato per gran parte recepito negli articolo 3-6 TFUE, un riferimento alla promozione dei servizi d’interesse generale tra gli obiettivi del diritto comunitario. Sul punto, si espresse anche il Parlamento che, in modo non dissimile dalla Commissione, sosteneva la necessità di inserire i SIG tra gli obiettivi dell’Unione e di riformulazione dell’art. 90 TCE.

103 Si vedano i contributi di F.DONATI, La regolazione dei servizi d’interesse generale, I servizi d’interesse economico generale: prospettive di evoluzione del modello regolatorio europeo, in Il diritto dell’Unione Europea, 2010, pp. 195-217; D.SORACE, I

servizi pubblici, op. ult. cit., pp. 1-25; F.BUONOMENNA, I servizi pubblici internazionali nell’epoca della globalizzazione

meramente simbolico 104. I sostenitori della “no change view” ritenevano che il rinvio operato dall’art. 14 all’art. 106, TFUE, rendesse sostanzialmente vano ogni tentativo di elevare i SIEG tra gli obiettivi dell’Unione.

Il quadro normativo doveva pertanto considerarsi sostanzialmente immutato, non potendosi considerare i servizi in esame in una prospettiva diversa da quella operata dalle norma di rinvio 105.

L’indirizzo prevalente, al contrario, attribuisce all’art. 14, TFUE, il merito di aver elevato i SIEG tra i valori comuni e condivisi in ambito europeo, da promuovere mediante l’azione degli Stati membri e da annoverare tra gli obiettivi fondamentali dell’ Unione 106.

I servizi d’interesse economico generale vengono in tal modo sottratti dall’esclusiva ottica della concorrenza ed acquisiscono una propria valenza che mette l’interesse dei cittadini al centro della politica europea 107.

La collocazione della norma nella parte del TFUE dedicata ai principi e l’attribuzione all’Unione ed agli Stati membri del compito di provvedere affinchè tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i propri compiti, rafforzano tale conclusione.

L’art. 14, tuttavia, non si limita ricondurre i SIEG nell’ambito dei valori comuni dell’Unione, a cui si dovrà ispirare l’opera dei legislatori europei e nazionali, ma ne evidenzia altresì il loro valore sociale 108.

Tali servizi vengono infatti considerati come strumentali alla promozione

104 G.CORSO, I servizi pubblici nel diritto comunitario, in Rivista quadrimestrale dei pubblici servizi, 1999, p. 19: “la

disposizione appare introdotta più per tacitare coloro che volavano cambiare l’articolo 90, dando loro il contentino di una (apparente) nuova disciplina, che per innovare effettivamente l’assetto preesistente”.

105 M.ROSS, Art. 16 E.C. and services of general interest: from derogation to obligation?, in Eu. Law Rev. 2000, p. 29,

riferendosi all’ex art. 16, si esprimeva in termini di “no change view”.

106 G.GALLO, I servizi, op. ult. cit. 724.

107 A.TIZZANO, Trattati dell’Unione europea, Milano, 2014, art. 14, p. 428; M.D’ALBERTI, Poteri pubblici e autonomie private nel diritto dei mercati, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2000, p. 398, afferma che con il Trattato di

Amsterdam e, dunque, anche grazie all’introduzione del nuovo art. 16 TCE, ha rafforzato “l’equilibrio tra

imperativi economici e coesione sociale

108 G.PERICU,M.CAFARO, Impresa pubblica, in M.P.CHITI,G.GRECO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, parte speciale, 1997, p. 792.

della “coesione sociale e territoriale”109.

Il Trattato di Lisbona lascia inalterata l’espressione “coesione sociale e territoriale”, nonostante la tendenza fosse quella di sostituire detta espressione con la locuzione “coesione sociale, economica e territoriale” 110.

La ratio della scelta del legislatore, di lasciare invariati i termini dell’art. 14, TFUE, è da individuarsi nel tentativo di enfatizzare il più possibile il ruolo del “sociale”, piuttosto che quello “economico” delle politiche di coesione portate avanti dalle Istituzioni UE in materia di SIEG 111.

A differenza della coesione economica che mira a ridurre le differenze tra gli Stati in termini di prodotto interno loro (PIL), la coesione sociale è diretta a ridurre le disparità legislativa nel settore dei servizi essenziali, mentre la coesione territoriale è tesa a ridurre le disuguaglianze di accessibilità territoriale, consentendo anche ai soggetti più svantaggiati, sotto il profilo dell’ubicazione geografica, di godere delle stesse strutture e degli stessi servizi di coloro che si trovano in una posizione privilegiata.

Il riferimento alla “coesione sociale e territoriale” trova altresì corrispondenza nell’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali, ove si afferma che, in nome di siffatta coesione, l’Unione riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale economico quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai Trattati.

La norma, infine, riconosce all’Unione il potere di legiferare in materia di SIEG, adottando regolamenti, secondo la procedura legislativa ordinaria. Tali regolamenti sono adottati “fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi”. Ciò conferma che le decisioni in merito all’organizzazione, alla fornitura e al finanziamento di tali servizi spettano agli Stati membri a livello nazionale, regionale o locale.

Ci si è pertanto interrogati sulla effettiva utilità di tale inciso.

L’opinione prevalente ritiene che il potere legislativo di cui all’art. 14, TFUE, possa essere usato per colmare le lacune e rimediare alle incertezze

109 Sul tema, in particolare, H.PAULIAT, La cohesion territoriale et les services publics en Europe, Paris, 1999. 110 Come accaduto, ad esempio, negli articoli 3, paragrafo 3, TUE, e art. 4, paragrafo 2, lett. c) TFUE 111 G.GALLO, I servizi, op. ult cit. p. 744 ss.

derivanti dall’applicazione delle discipline settoriali, nonché per elaborare principi di regolamentazione comuni a tutti i SIEG 112.

Per il momento sembra esserci un consenso sul fatto che questa non è una priorità immediata. La Commissione ritiene che in questa fase sia più adeguata un approccio settoriale che permette di trovare soluzioni su misura a problemi concreti e specifici in settori differenti.

L’esigenza di una legislazione comune basata sull’art. 14, TFUE continuerà pertanto ad essere oggetto di varie consultazioni pubbliche e di un dialogo permanente con i soggetti portatori d’interesse.

7. Il Protocollo n. 26, ed i valori comuni dell’Unione con riguardo al

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