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I SERVIZI PUBBLICI NEL DIRITTO NAZIONALE

3. Sulla nozione di servizio pubblico locale

154 G.CAIA, L’organizzazione dei servizi pubblici, in L.MAZZAROLLI,G.PERICU,A.ROMANO,F.ROVERSI MONACO

(a cura di), Diritto amministrativo, 1998 p 793, evidenzia che l’affidamento può aversi tanto nei confronti di figure giuridiche soggettive legale da un nesso di strumentalità con l’amministrazione, ovvero nei confronti di soggetti estranei all’amministrazione pubblica complessivamente intesa.

155 G.CAIA, Servizi pubblici locali, cit., p. 229, sottolinea come il riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale

sia da interpretarsi come forma di esortazione a garantire non solo “la concorrenza per il mercato” (nell’attribuzione delle concessioni di servizio) ma anche la “concorrenza nel mercato”. Anche in sede consultiva, il Consiglio di Stato, parere 11 giugno 2012, n. 2805, evidenziò la tendenza della pubblica amministrazione a limitarsi a rispettare la c.d. “concorrenza per il mercato”, individuando l’imprenditore a cui affidare l’erogazione di un determinato servizio mediante procedure competitive di selezione ad evidenza pubblica. Fu, tuttavia, precisato che “la gara non è un bene in sé, è uno strumento, da utilizzare in modo corretto, che

garantisce solo la concorrenza per il mercato, non la concorrenza nel mercato. La concorrenza nel mercato consente, invece, agli imprenditori del settore di operare contemporaneamente nel mercato rilevante ad armi pari, riuscendo a soddisfare le esigenze della comunità amministrata. In un regime completamente liberalizzato e, quindi, di piena concorrenza, l’accesso al mercato dovrebbe essere libero o al più caratterizzato dal previo rilascio di autorizzazioni (vincolate) all’esercizio della relativa attività economica”.

Dopo aver ricostruito la nozione di servizio pubblico, pare opportuno determinare l’esatta portata della categoria dei servizi pubblici locali 156.

La legge 103 del 29 marzo 1903, sulla municipalizzazione, non forniva una definizione di servizio pubblico locale, né delineava i connotati essenziali per individuarlo, pur fissando le condizioni ed i presupposti necessari per procedere alla loro assunzione da parte dei Comuni, stabilendo una serie di regole amministrative ed organizzative per la gestione dei servizi di primaria necessità 157.

La legge sulla municipalizzazione, come si vedrà nel proseguo, non si esprimeva ancora in termini di “servizio pubblico locale” ma forniva un’elencazione esemplificativa di “servizi pubblici” che i Comuni potevano gestire in modo diretto ovvero mediante concessione a terzi.

Si trattava con ogni evidenza di servizi pubblici che oggi sarebbero definiti “locali”, ma ancora tale espressione non era in uso.

La legge 8 giugno 1990, n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali, fu il primo provvedimento legislativo che, pur non fornendo una vera e propria definizione, impiegò l’espressione “servizi pubblico locale” 158

La disposizione, confluita nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, all’art. 112, comma 1, rimasta pressoché immutata, ed ancora in vigore, recita: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

156 Tratta l’argomento A.POLICE, Spigolature sulla nozione di “servizio pubblico locale”, in Diritto amministrativo, 1/2007,

p. 79 ss; M.DUGATO, I servizi pubblici locali, in S.CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Milano,

2003, p. 2581 ss.

157 Come osservato da G.PALLIGGIANO, L’evoluzione legislativa della gestione dei servizi pubblici locali dalla legge Giolitti al Testo unico degli enti locali, atti del convegno La riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, Palazzo di

giustizia, 26 giugno 2009, p. 12.

158 Legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 22, comma 1, recita: “I Comuni e le Province, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedano alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità locali”.

Il legislatore, dunque, ancora una volta, in modo analogo a quanto accaduto per i servizi pubblici, fornisce una nozione di servizi pubblico locale fondata sulla compresenza di elementi di tipo soggettivo quanto di tipo oggettivo 159.

La qualificazione di servizio pubblico locale può così attribuirsi a quelle attività che sono riconducibili ad una figura soggettiva di rilievo pubblico e che si prestano a perseguire scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico, quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento 160.

Il servizio pubblico locale può dunque considerarsi una species di servizio pubblico dall’ ambito più ristretto. La previsione di cui al citato articolo 112, infatti, si rivolge unicamente alle pubbliche amministrazioni che possono ricondursi nel novero degli “enti locali” e che, in quanto tali, agiscono per realizzare fini sociali e promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità locale che rappresentano in via esponenziale.

Ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per enti locali si intendono: “i Comuni, le Provincie, le Città metropolitane, le Comunità montane, le Comunità isolane, le unioni di Comuni”.

Gli enti locali sono chiamati ad operare nell’ambito delle rispettive competenze. Ciò comporta che dovrà considerarsi precluso ad un ente locale l’assunzione di un servizio che sia già stato riservato ad altri soggetti o che la legge abbia già istituito attribuendolo ad altro livello istituzionale (ente politico), altrimenti l’assunzione sarebbe duplicativa 161.

Tra i diversi enti locali, alla stregua del principio di sussidiarietà, spetterà al Comune esercitare la generalità delle funzioni d’interesse generale, salvo che per espressa previsione legislativa queste non rientrano nella competenza degli altri enti territoriali al fine di garantirne una gestione unitaria.

159 A.POLICE, Sulla nozione, op. cit., p. 76-79.

160 G.PIPERATA, Gli incerti confini del servizio pubblico locale, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2007, p. 503. 161 G.CAIA, L’organizzazione, cit., p. 806, precisa il significato della locuzione “nell’ambito delle rispettive competenze”.

Sembra preferibile ritenere che ciò non significhi necessità di corrispondenza biunivoca tra spettanza di funzioni amministrative in una determinata materia e speculare possibilità di istituire il servizio pubblico.

Dunque, spetta a questi ultimi “provvedere alla gestione dei servizi” 162. Nell’art. 112 del TUEL manca un qualsiasi riferimento al momento dell’“assunzione” del servizio. Deve, tuttavia, ritenersi centrale la previa valutazione dall’ente territoriale circa l’utilità collettiva di una determinata prestazione 163.

Una volta assunta su di sé la titolarità del servizio, l’ente locale potrà provvedere alla gestione mediante il ricorso ad uno dei più modelli di organizzazione 164.

Prima di procedere all’analisi delle species di servizi pubblici locali contemplati dall’ordinamento nazionale, preme sottolineare come sia difficile rinvenire in ambito europeo una locuzione che possa considerarsi coincidente con quella di “servizio pubblico locale”.

Quest’ultimo potrà certamente considerarsi una species di SIG secondo l’accezione europea; ma l’ordinamento sovranazionale attribuisce rilevanza, più che al servizio pubblico locale genericamente inteso, alle singole tipologie di servizio riconducibili a quest’ultima categoria.

Nel novero dei servizi pubblici locali è possibile ricondurre: i servizi di rilevanza economica ed i servizi privi di rilevanza economica.

In ambito europeo, i servizi pubblici locali di rilevanza economica trovano il proprio referente nei servizi d’interesse economico generale, pur essendo quest’ultima espressione ancora più ampia se comparata con riferimento al profilo soggettivo 165.

162 G.CAIA, Servizi pubblici locali, in Treccani, Il Libro dell’anno del diritto 2017, p. 229, mostra come la mancanza

nella previsione di cui all’art. 112 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con riguardo ai servizi pubblici locali, del riferimento alla “necessarietà” abbia permesso più ampie possibilità di organizzazione di attività varie alla stregua di servizi pubblici

163 A.POLICE, Sulla nozione, op. cit., p. 76

164 M.CAMMELLI, I servizi nell’amministrazione locale, in Le regioni, 1992, p. 16.

165 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 17 novembre 2010, n. 325, punto 9.2., ove si afferma che “il contenuto della suddetta nozione oggettiva di «rilevanza economica», va preso atto che detta nozione, al pari di quella omologa di «interesse economico» propria del diritto comunitario, va utilizzata, nell’àmbito della disciplina del mercato dei servizi pubblici, quale criterio discretivo per l’applicazione delle norme concorrenziali e concorsuali comunitarie in materia di affidamento della gestione di tali servizi”.

La maggiore genericità delle espressioni europee, come si già avuto modo di evidenziare, è giustificabile in ragione della necessità di utilizzare espressioni in grado di adattarsi alle peculiarità dei molteplici ordinamenti giuridici.

La locuzione che più si avvicina a quella di servizi privi di rilevanza economica è, invece, quella di servizi non economici d’interesse generale.

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