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Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267, sull’ordinamento degli enti local

I SERVIZI PUBBLICI NEL DIRITTO NAZIONALE

7. I modelli di gestione dei servizi pubblici locali.

7.2. Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267, sull’ordinamento degli enti local

Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sull’ordinamento degli enti locali, all’art. 113, c. 1, lett. da a) a f), collocato nel titolo relativo ai “servizi ed interventi pubblici locali”, così come risultava nella sua versione originaria, riproponeva i modelli di gestione previsti dalle disposizioni della previgente legge sull’ordinamento delle autonomie locali 204.

La disciplina generale sui modelli di gestione dei servizi pubblici locali di cui all’art. 113 del citato decreto legislativo fu oggetto di ripetute modifiche normative, alcune delle quali già analizzate nei paragrafi precedenti 205.

In tale sede, pertanto, non si procederà alla disamina dei molteplici interventi che hanno interessato la materia, volendosi concentrare sui più recenti atti legislativi che hanno inciso la disciplina dei modelli di gestione dei servizi pubblici locali.

Basti ricordare che l’art. 113 fu riformulato dall’art. 35, legge 28 dicembre 2001, n. 448 206; dall’art. 14 decreto legislativo 39 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326 207, fu abrogato, nelle parti

204 Il citato articolo ammetteva che i servizi pubblici locali fossero gestiti: in economia, quando per le modeste

dimensioni o per le caratteristiche del servizio non fosse opportuno costituire una istituzione o una azienda; in concessione a terzi, quando sussistessero ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale; mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale; a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, qualora fosse opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati; a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria

205R.GAROFOLI,G.FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2015, p.234, ripercorre le principali tappe

dell’evoluzione normativa.

206 Legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Finanziaria 2002)”, che - si ricorda - introdusse la distinzione tra “servizi di rilevanza industriale” e “servizi privi

di rilevanza industriale”:

207 Legge 24 novembre 2003, n. 326, che estromesse la distinzione tra “servizi di rilevanza industriale” e “servizi privi di rilevanza industriale” ed introdusse quella tra “servizi di rilevanza economica” e “servizi privi di rilevanza economica”.

incompatibili, dall’art. 23-bis, decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133 208.

Il citato art. 21-bis, in particolare, fu modificato dall’art. 15, decreto legge 25 dicembre 2009, n. 135, convertito nella legge 20 novembre 2009, n. 166 209.

208 L’art. 23-bis, con l’intendo di favorire la più ampia diffusione dei principi comunitari, ed in particolare del

principio di concorrenza, operò una distinzione tra modelli di gestione “ordinari” e modelli gestione “in deroga”. Il citato articolo, infatti, precisava che il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali dovesse essere disposta, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuate mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, ed in deroga, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento poteva avvenire “nel rispetto dei principi della

disciplina comunitaria”. In quest’ultima ipotesi, l’ente affidante avrebbe dovuto dare adeguata pubblicità alla scelta

e, dopo averla motivata, avrebbe dovuto trasmetterla all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione del settore per l’espressione di un parere. La disciplina di cui all’art. 23 bis risultava maggiormente restrittiva rispetto all’ordinamento comunitario laddove imponeva il ricorso alla gara, come modalità ordinaria di affidamento del servizio, e relegava, invece, il modello in house al ruolo di figura derogatoria ed eccezionali, a cui si poteva ricorrere solo in presenza di specifiche condizioni e secondo una determinata procedura. Inoltre, diversamente dalla originaria formulazione dell’art. 113, comma 5, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che annoverava in modo specifico i modelli di gestione, lasciando all’ente locale ampia libertà di scelta sul modello da adottare per il perseguimento dei fini istituzionali, l’art. 23-bis, ad eccezione delle forme ordinarie, lasciava all’interprete il compito di determinare quali fossero quelle compatibili con i “principi della disciplina comunitaria”, subordinatone l’adozione ad inefficienza del mercato. Ci si interrogò, pertanto, sull’ammissibilità dei modelli di gestione della società mista e dell’ in house providing nonché sulla loro riconducibilità nell’ambito delle forme “ordinarie” ovvero in quelle “in deroga”. A proposito, la dottrina propendeva a ricondurre la società mista nell’ambito delle forme di gestione ordinarie, stante il riferimento alle procedure competitive per la scelta del socio privato, e la società in house nell’ambito delle forme “in deroga”. Tali tesi furono avvallate dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, la quale ritenette che, stante il mancato riferimento alle specifiche forme di gestione, ai fini dell’individuazione delle medesime, occorresse far riferimento all’elencazione di cui all’art. 113 TUEL. L’art. 23-bis, d.l. 112/2008, così, si poteva in rapporto di complementarità con l’art. 113 TUEL, nel senso che al primo spettava individuare i criteri di scelta, mentre al secondo l’individuazione delle specifiche forme di gestione 208. I dubbi interpretativi furono risolti dall’art. 15,

decreto legge 25 dicembre 2009, n. 135, convertito nella legge 20 novembre 2009, n. 166, il quale modificava la previsione normativa di cui all’art. 23-bis, legge 6 agosto 2008, n. 133. Tratta l’argomento COLOMBARI, La

disciplina dei servizi pubblici locali: carattere integrativo e non riformatore dell’art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, in www.giustamm.it.

209 Il novellato art. 23-bis individuava specificatamente quali tra i più modelli di gestione dovessero considerarsi

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