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L’art 106, paragrafo 2, TFUE e l’affidamento dei SIEG come eccezione all’applicazione del diritto antitrust

5. L’art 106, TFUE: il bilanciamento tra libero mercato ed intervento pubblico nell’economia

5.2. L’art 106, paragrafo 2, TFUE e l’affidamento dei SIEG come eccezione all’applicazione del diritto antitrust

L’art. 106, paragrafo 2, TFUE può essere scomposto in due periodi: il periodo I sancisce la regola secondo cui le imprese incaricate della gestione di un servizi d’interesse economico generale devono essere sottoposte alle norme dei trattati ed in particolare alle regole di concorrenza; il periodo II, invece, contempla un’eccezione alla regola, ammettendo un trattamento derogatorio a favore di tali imprese seppur condizionato dalla sussistenza di determinati presupposti 80.

I SIEG, dunque, non costituiscono sic et simpliciter condizione sufficiente per derogare all’applicazione delle norme del Trattato e di quelle a tutela della concorrenza dovendosi necessariamente ricercare le ragioni di tale eccezione nella sussistenza di ulteriori condizioni, tra le quali l’impossibilità per l’impresa

78 Corte di giustizia Ue, causa C-570/07 - Blanco Pérez e Chao Gómez, ove è affermato che “la gravità degli obiettivi perseguiti in tale settore può giustificare restrizioni che abbiano conseguenze negative, anche gravi, per taluni operatori”. 79 Ai sensi dell’articolo in esame, paragrafo 2, “le imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione”.

incaricata di gestione un SIEG di adempiere alla propria missione 81.

La citata previsione, pertanto, si premura di garantire che l’interesse perseguito dai fondatori della Comunità, ossia quello di realizzare un mercato unico a livello europeo, non comprometta l’effettivo adempimento della missione d’interesse economico generale da parte delle imprese incaricate della gestione.

Ai fini dell’individuazione dell’ambito di applicazione della norma, preliminare è l’individuazione del significato da attribuire all’espressione “impresa incaricata della gestione dei servizi d’interesse economico generale”.

Si è già avuto modo di precisare come la Corte di giustizia qualifichi l’impresa come qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento 82.

La nozione di impresa ai fini del diritto dell’Unione è quindi fondata su parametri di tipo oggettivo – la natura economica dell’attività esercitata – anziché di tipo soggettivo.

È irrilevante che l’attività sia esercitata da un’entità giuridica autonoma, quanto piuttosto che l’attività abbia natura economica e si concretizzarsi nello scambio di beni e servizi in un determinato mercato. Pertanto, potrà considerarsi impresa anche l’organo integrato nella pubblica amministrazione se questo esercita un’attività economica83.

L’art. 106, paragrafo 2, TFUE, si esprime genericamente in termini di “impresa”. Per tale ragione, devono ritenersi attratte all’ambito di applicazione della disposizione tanto le imprese pubbliche quanto le imprese private, a cui sia stata assegnata la titolarità di diritti speciali oppure di diritti esclusivi, purché incaricate della gestione di un servizio d’interesse economico generale.

L’art. 106, paragrafo 2, TFUE, infatti, richiede, quale ulteriore condizione per l’applicazione del regime derogatorio, che l’impresa sia incaricata della gestione di un SIEG.

Nei paragrafi precedenti si è avuto modo di constatare come, se da un lato,

81

A. PAPPALARDO, Il diritto comunitario della concorrenza, Torino, 2007, p. 830

82 Causa C- 170/83, Hydrothem Geratebau, punti 10-12 83 Causa C-118/85, Commissione c. Italia, punto 8.

il diritto primario non fornisca una definizione esaustiva all’espressione “servizi d’interesse economico generale”, dall’altro, la produzione della Corte di giustizia ha precisato come siano da ricondurre in tale categoria le attività che comportano lo scambio di merci e servizi in un determinato mercato e che siano funzionali a soddisfare un fabbisogno della collettività di riferimento.

Solo al ricorrere di tali requisiti minimi un servizio potrà essere sottoposto alla disciplina dettata dal Trattato.

Ma, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 106, paragrafo 2, TFUE, l’impresa deve essere stata “incaricata” di una specifica missione SIEG da parte di una pubblica autorità.

Affinchè sussista tale condizione è necessario che l’impresa sia investita della missione SIEG con uno specificato atto proveniente da una pubblica amministrazione 84.

Non è dunque sufficiente che l'attività d’interesse economico generale venga svolta di fatto 85, oppure sotto il controllo pubblico, ma si richiede che l’impresa sia stata incaricata con apposito atto della gestione del servizio.

Il diritto dell’Unione non prevede alcuna forma tipica dell’atto (o degli atti) di incarico, né richiede che l’atto sia formalmente denominato “atto di incarico”.

Non è neppure previsto un atto di incarico standard universale.

La forma specifica dell’atto può essere stabilita da ciascuno Stato membro, secondo la propria organizzazione politica e/o amministrativa.

L’atto di incarico potrà così assumere la forma di un atto legislativo, regolamentare, amministrativo o di un contratto, quale può essere il contratto di concessione86.

84 G.CAIA, La disciplina dei servizi pubblici, in L.MAZZAROLLI,G.PERICU,A.ROMANO,F.ROVERSI MONACO, Diritto amministrativo, 1998, p. 971, evidenzia come l’applicazione della disciplina di cui all’articolo in commento

avvenga solamente a seguito della procedura “qualificatoria-organizzativa” operata dalla pubblica autorità.

85 Contra v. A.FRIGNANI,M.WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella Ce, Torino, 1996, p. 276.

86 Esempi di atti di incarico: contratti di concessione e contratti di servizio pubblico; contratti ministeriali di

programmazione; istruzioni ministeriali; leggi e atti normativi; contratti annuali o pluriennali di prestazioni; ecc. Non sono atti di incarico le autorizzazioni in quanto non obbligano l’operatore a fornire servizi ma gli consente semplicemente di svolgere un’attività economica offrendo determinati servizi sul mercato. Si pensi, ad esempio, all’autorizzazione concessa ad un operatore di aprire un asilo o un centro per persone anziane sulla sola base della conformità dell’operatore alle norme di sanità pubblica, di sicurezza, di qualità.

Non è altresì richiesto che gli Stati membri stabiliscano un quadro normativo specifico per l’adozione dell’atto di incarico.

L’atto di incarico, in nome dei principi di certezza del diritto e trasparenza, dovrà invece essere dotato di forza giuridica vincolate e dovrà dare precisazione di alcune aspetti inerenti al rapporto, quali: l’oggetto e la durata degli obblighi di servizio; le generalità dell’impresa; il luogo di svolgimento delle prestazioni; la natura dei diritti esclusivi o speciali eventualmente accordati all’impresa dall’autorità in questione; i parametri per il calcolo, il controllo e la revisione della compensazione; le modalità per evitare le sovracompensazioni e per il loro eventuale recupero.

La scelta delle autorità che hanno il diritto di affidare un SIEG a un’impresa dipende dalla legislazione nazionale. La legislazione dell’UE non prevede alcuna condizione al riguardo. Ne consegue che l’autorità pubblica potrà essere individuata a livello centrale, regionale o locale, la quale opererà nell’esercizio delle proprie funzioni.

L’applicabilità della deroga di cui all’art. 106, paragrafo 2, TFUE, è poi subordinata al riscontro di un’ulteriore condizione. Si richiede, in particolare, che l’applicazione delle disposizioni del Trattato ostacolino l’impresa nell’adempimento della propria missione SIEG.

Sul concetto di “ostacolo” si sono registrati diversi orientamenti.

L’indirizzo più risalente subordinava l’applicabilità del regime derogatorio al riscontro di una situazione di incompatibilità assoluta tra l’adempimento della missione SIEG e l’ applicabilità del diritto antitrust 87.

Lo Stato, dunque, per potersi avvalere della deroga, era tenuto a dimostrare l’insussistenza di rimedi alternativi.

A partire dalla sentenza Corbeau, relativa al monopolio delle poste belghe, la Corte di giustizia ha ritenuto che la deroga ex art. 106, paragrafo 2, TFUE, potesse trovare applicazione anche quando il rispetto delle regole dettate dal Trattato in materia di concorrenza potesse rendere (semplicemente) più difficile

87 Causa 155/73, Giuseppe Sacchi, punto 8; Causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen and Silver Line Reiseburo Gmbh c. Zentrale zur Bekampfung unlauteren Wettbewebs, punto 12; causa C-41/90, Klaus Hofner e Fritz Elser c. Macrotron Gmbt,

l’adempimento della missione SIEG 88 .

Sulla scia di tale pronuncia, la Corte ebbe altresì modo di precisare che per potersi giovarsi della deroga in parola “non è necessario che risulti minacciata la sopravvivenza stessa dell’impresa” 89.

In tale modo, l’applicazione della deroga ex art. 106, paragrafo 2, TFUE, è subordinata a condizioni di proporzionalità, principio questo che consente di ottenere un equilibrio evolutivo e progressivo, tenendo al tempo stesso conto delle diversità delle situazioni e degli obiettivi dei singoli Stati membri 90.

Occorre poi comprendere a chi competa la qualificazione del concetto di “ostacolo”: se spetti in via esclusiva alla Commissione ai sensi dell’art. 106, paragrafo 3, TFUE, oppure, al contrario, se possa essere svolta anche dalle autorità nazionali, giudici compresi, investiti dell’interpretazione ed applicazione dell’art. 106, paragrafo 2, TFUE 91.

L’indirizzo ad oggi prevalente tende a riconoscere una efficacia diretta della norma e dunque l’invocabilità della stessa da parte dei singoli dinanzi ai giudici nazionali al fine di accertare la sussistenza delle condizioni ivi previste 92.

I giudizi nazionali sono dunque competenti a pronunciarsi sulla specifica nozione di “ostacolo”, decidendo quindi se l’applicazione delle norme del Trattato possa impedire l’assolvimento della missione SIEG.

88 Causa C- 320/91, Corbeau, punti 12-19; cfr., altresì, le conclusioni dell’avvocato generale Tesauro, in Racc.,

1993, pp. 2548 ss, secondo cui l’assenza di un monopolio e, dunque, l’applicazione delle norme antitrust sarebbe in contrasto “con la funzione sociale propria del servizio postale”, compromettendo in tal modo l’interesse pubblico sotteso al servizio, “dal momento che comporterebbe una lievitazione delle tariffe per le tratte di minor traffico e di più onerosa

gestione, con la conseguenza di penalizzare proprio la corrispondenza da e per le zone più isolate ed a minor densità di popolazione, vale a dire le zone che, di norma, soffrono di ritardi di sviluppo e dove l’incremento delle tariffe di un servizio pubblico essenziale, come il servizio postale, produrrebbe un impatto particolarmente nocivo sotto ogni profilo”.

89 Causa C-157/94, Commissione c. Paesi Passi, punto 43. 90 A.ARENA, La nozione, op. ult. cit. pp. 126-127 91 D.GALLO, I servizi, op.ult.cit., p. 142.

92 Causa 66/86, Ahmed Saeed e a. c. Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs, punto 57: “[…] è difficile se non impossibile valutare l' influenza del compito d’interesse generale sull' applicazione delle regole di concorrenza in materia di tariffe . Su tale punto, spetta al giudice nazionale effettuare le necessarie verifiche di fatto”; Causa C-260/89, ERT, punto 34: “spetta pertanto al giudice nazionale valutare la compatibilità delle pratiche di una siffatta impresa con l'art. 86 e verificare se dette pratiche, qualora fossero in contrasto con detta disposizione, possano essere giustificate dalle esigenze derivanti dall'adempimento della specifica missione eventualmente affidata all'impresa”.

Per l’applicazione della norma, infine, occorre comprendere quando la missione SIEG possa produrre una restrizione del mercato tale da potersi considerare “contraria agli interessi dell’Unione”.

Se ne deduce che non ogni restrizione del mercato o del volume degli scambi derivante dall’attribuzione di una missione SIEG deve ritenersi contraria bensì solo quella posta a pregiudizio degli interessi dell’Unione.

Quanto a quest’ultimo concetto, è stato escluso che possa identificarsi semplicemente nella somma degli interessi degli Stati membri, potenzialmente confliggenti gli uni con gli altri 93; né potrebbe essere visto come la somma degli interessi delle imprese operanti nell’insieme degli Stati membri 94; non potrebbe neppure qualificarsi come “ interesse del mercato interno”.

In definitiva, quindi, gli “interessi dell’Unione” si identificherebbero con le finalità enunciate dall’insieme delle norme dei Trattati con particolare riguardo a quelle previste in materia di intervento pubblico nell’economia 95.

La competenza a determinare gli interessi dell’Unione, ai sensi dell’art. 106, paragrafo 3, TFUE, è attribuita in via esclusiva alla Commissione 96.

Nella prassi, tuttavia, pare che la Corte accetti l’applicabilità del regime derogatorio a seguito dell’accertamento condotto dal giudice nazionale sulla sussistenza delle prime quattro condizioni, senza che sia necessario attendere un preventivo parere della Commissione, la quale, semmai, potrà intervenire ex post per fare prevalere le norme del Trattato, soltanto nel caso in cui ravvisi il rischio

93 C.GRASSETTI, La nozione d’interesse della Comunità, in Rivista di diritto industriale, 1963, p. 164

94 R.V.ELST,G.SALMON, La nozione d’interesse della Comunità ai sensi dell’articolo 90 del Trattato di Roma, in Rivista di diritto industriale, 1963, p. 185

95 D.GALLO, I servizi, op.ult.cit., p. 140.

96 Causa C-157/94, Commissione c. Paesi Bassi, punto 69: “Infatti, a fronte delle spiegazioni del governo olandese, spettava alla Commissione, per provare la sussistenza dell'inadempimento, definire, sotto il controllo della Corte, l'interesse della Comunità alla luce del quale valutare lo sviluppo degli scambi. Si deve ricordare in proposito che l'art. 90, n. 3, del Trattato incarica espressamente la Commissione di vigilare sull'applicazione di tale articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri opportune direttive o decisioni”. Dunque, se la valutazione delle prime quattro condizioni è rimessa alle autorità nazionali, la

sussistenza della quinta condizioni è riservata a titolo esclusivo alla Commissione. Si verrebbe così a riconoscere una parziale efficacia diretta dell’art. 106 TFUE, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui i giudici nazionali fossero investiti di una causa vertente sull’argomento, per la determinazione della quinta condizione di applicabilità del regime derogatorio, questi dovrebbero sospendere la procedura interna per richiedere un parere alla Commissione o avvalersi del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 267 TFUE.

di pregiudizio degli scambi a danno degli interessi dell’Unione 97.

5.3. L’art. 106, paragrafo 3, TFUE ed il potere di vigilanza della

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