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AMBIENTE DI APPRENDIMENTO

2.3 Aspetti emotivo-affettivi e motivazionali

Le diverse dimensioni che appartengono all’individuo si influenzano reciprocamente, di conseguenza in campo educativo gli aspetti cognitivi non possono essere considerati in modo separato da quelli emotivo-affettivi e motivazionali.

Tra apprendimento ed emozioni vi è una reciproca influenza: il primo subisce gli influssi della reattività emozionale e le emozioni si modificano in seguito alla qualità delle esperienze di apprendimento (Zambotti, 2015). In una situazione emozionale positiva i nostri circuiti neuronali sono predisposti al cambiamento, quindi situazioni positive e significative permettono di modificare le strutture cognitive. Al contrario una situazione stressante, producendo una grande quantità di cortisolo, disturba il funzionamento dei neuroni all’interno

delle strutture cerebrali (Alvarez, 2017). Un ambiente empatico in cui si percepisce di essere ascoltati e in cui sono soddisfatti i propri bisogni, agevola la possibilità di apprendere. In particolare il ‘legame sociale’ risulta essere catalizzatore di sviluppo e di apprendimento (ivi). Quando un bambino si sente accettato e valorizzato, percependo di far parte di un gruppo attento alla sua persona, egli è in grado di partecipare in modo positivo ai processi di apprendimento. Da questo deriva l’importanza del clima relazionale e la necessità di mantenere un equilibrio tra le due dimensioni di una classe:

l’efficienza e l’affettività (Girelli, 2006).

I processi di apprendimento sono legati agli aspetti motivazionali attraverso una relazione mediata da diversi elementi (De Beni & Moè, 2000). La motivazione può essere definita come “una configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo” (De Beni, Pazzaglia, Molin & Zamperlin, 2003, p. 217). La motivazione ha un ruolo centrale nei processi educativi e formativi perché rende disponibile le energie psichiche necessarie. Essa mantiene in moto un processo di cambiamento continuo, instaurando una situazione di squilibrio che porta a ricercare equilibri momentanei i quali generano poi ulteriori squilibri (Petter, 1994). La motivazione si distingue dall’interesse: in quest’ultimo vi è la consapevolezza dell’obiettivo, mentre la prima coinvolge anche tensioni inconsapevoli (ivi). Nel lavoro educativo con i bambini della scuola dell’infanzia, è necessario tenere in considerazione soprattutto la motivazione, poiché la consapevolezza riguardo i propri obiettivi è poco sviluppata. ll legame tra motivazione e apprendimento è mediato dal senso di autoefficacia, dall’autostima, dallo stile attributivo e dalla propria teoria dell’intelligenza (ivi). E’ quindi importante il modo in cui ogni alunno percepisce sé stesso e le attività che gli vengono proposte. Il senso di autoefficacia “corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati” (Bandura, 2000, p. 23). Un buon senso di autoefficacia conduce ad un maggiore impegno, ad un migliore monitoraggio delle proprie azioni e ad una migliore gestione dell’ansia, agendo quindi sui processi affettivi,

motivazionali e cognitivi (Zambotti, 2015). Per autostima si intende il sentirsi degni d’amore e valorizzati per le proprie capacità, ed essa dipende dalla

“presenza di un forte valore personale che permetta di affrontare sia i fallimenti che i successi” (Zambotti, 2015, p. 288). Essa è quindi favorita da un clima di classe positivo in cui ci si senta accolti e da un atteggiamento non giudicante delle proprie azioni. Lo stile attributivo è un insieme di credenze e cognizioni adottato per spiegare la realtà (De Beni & Zamperlin, 1997). E’ possibile attribuire il proprio comportamento a cause interne od esterne, stabili o instabili e questo determina le aspettative di riuscita e di conseguenza la motivazione, conducendo ad una maggiore o minore persistenza nel compito e ad emozioni più o meno positive di fronte ad esso. La teoria dell’intelligenza è in relazione con il senso di autoefficacia e con i comportamenti del soggetto, e riguarda il modo in cui viene concepita l’intelligenza: come entità fissa o incrementale (De Beni et al., 2003).

I fattori psicologici sopra descritti si costruiscono attraverso le esperienze educative vissute in famiglia e nel contesto scolastico, andando a determinare una diminuzione o una crescita della naturale motivazione del soggetto. Il senso di autoefficacia personale è favorito da atteggiamenti di fiducia nelle proprie capacità e da esperienze concrete di efficacia. L’autostima viene sostenuta da sentimenti di approvazione, accettazione e valorizzazione, che promuovono la creazione di un’immagine positiva di sé. Lo sviluppo di uno stile attributivo efficace è promosso da situazioni che riconoscono il valore dell’impegno e della responsabilità personale, che agevolano la formazione di una teoria incrementale dell’intelligenza, supportata anche da una valorizzazione dell’errore come possibilità di crescita. Un buon livello di autoefficacia e di autostima, uno stile attributivo con locus of control interno e stabile ed una teoria dell’intelligenza incrementale, sostengono il coinvolgimento di una motivazione intrinseca come spinta per le azioni del soggetto (Zambotti, 2015).

La motivazione intrinseca ha origine all’interno del soggetto, e porta ad affrontare un compito per sé stesso, differentemente da quella estrinseca che è sostenuta attraverso rinforzi esterni. Secondo molti teorici il bisogno di essere curiosi è un motivazione innata, conoscere e apprendere rappresenta un

bisogno universale che viene definito ‘curiosità epistemica' (De Beni et al., 2003). Nel sostenere questa spinta risulta cruciale l’ambiente, che dovrebbe presentare stimoli nuovi con un livello ottimale di complessità ed incongruenza rispetto alle conoscenze precedenti (ivi). Una seconda motivazione intrinseca innata è quella di padroneggiare e controllare l’ambiente: il bisogno di competenza. Questa motivazione è mantenuta se il bambino viene sostenuto nei suoi primi tentativi di padronanza: egli sviluppa un sistema di autoricompensa e affronta le situazioni come sfide. Al contrario se viene disapprovato sviluppa obiettivi di prestazione e necessita di approvazione esterna. Secondo Petter (1994), queste due forme di motivazione interna sono riconducibili alla tensione dell’essere umano a realizzare le proprie potenzialità, ovvero la motivazione all’autorealizzazione. Egli individua poi un’ultima forma di motivazione intrinseca, la motivazione alla socializzazione: la tendenza a stabilire rapporti interpersonali e a cercare un riconoscimento delle proprie potenzialità (Petter, 1994).

La teoria dell’autodeterminazione sostiene che per mantenere le motivazioni intrinseche, in particolare la curiosità epistemica ed il bisogno di competenza, è necessario far vivere al soggetto situazioni di libera scelta, in cui percepisce di essere artefice delle proprie azioni (De Beni et al., 2003).

2.3.1 Quale ambiente per sostenere la dimensione emotivo-affettiva-motivazionale

Sostenere la motivazione intrinseca è compito centrale dell’ambiente di apprendimento, poiché è questa spinta endogena che risulta veramente efficace e permette alle conoscenze di consolidarsi e alle abilità di svilupparsi al massimo delle potenzialità (Alvarez, 2017). E’ una motivazione di questo tipo che conduce alla passione, mantiene l’interesse nel tempo e produce il migliore sviluppo (ivi).

Innanzitutto è necessario un ambiente che valorizzi il contributo di ognuno, considerando i bambini portatori di conoscenza ed esortandoli ad esprimere le proprie competenze (Zambotti, 2015). E’ utile predisporre attività diversificate in cui ognuno possa trovare il giusto livello di sfida, assecondando il proprio

naturale modo di apprendere. Questo permette di far percepire un senso di autoefficacia personale, mantenendo quindi l’interesse e la curiosità (ivi). E’

necessario organizzare il lavoro scolastico in modo da permettere ai bambini di scegliere dove cimentarsi e promuovere l’autonomia e la collaborazione tra loro.

Questo facilita la formazione di un locus of control interno, agevolando la persistenza nel compito. Per non innescare la sostituzione della motivazione intrinseca con quella estrinseca, è importante non dare gratificazioni esterne e fare in modo che i bambini trovino nell’attività stessa forme di autoverifica. In questo modo ogni bambino può procedere con i propri tempi, sentendosi protagonista, sostenendo così la propria autostima ed incrementando la motivazione ad apprendere (Girelli, 2016). Un ulteriore aspetto centrale riguarda la creazione di un clima affettivo in cui gli alunni si sentano accolti, in quanto un rapporto affettivo positivo conduce ad un maggiore coinvolgimento nelle attività (Petter, 1994).

Un ambiente con queste caratteristiche rende i bambini motivati e quindi fornisce loro maggiore energia, permettendo agli apprendimenti di lasciare tracce più durature (ivi).

Un ambiente concepito seguendo il paradigma sociocostruttivista dell’apprendimento permette di sostenere le dimensioni emotivo-affettivo-motivazionali, all’interno di una visione olistica dell’individuo.

CAPITOLO 3