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CAPITOLO 3 LA LETTO-SCRITTURA

3.8 Il linguaggio orale e la lingua scritta

Essendo l’alfabetizzazione parte della competenza comunicativa, si deduce come essa abbia un’interazione con il linguaggio orale. Nelle prime esplorazioni del codice scritto il bambino è guidato dai suoi schemi relativi al linguaggio orale ed attraverso queste sue conoscenze compie ipotesi riguardo il suo funzionamento. A titolo di esempio, il bambino non potrà ipotizzare che un testo accanto all’immagine di un leopardo significhi ‘leopardo’, se non conosce il nome di quell’animale. Varie ricerche hanno inoltre dimostrato che l’acquisizione della lingua scritta e di quella orale proseguono parallelamente in

età prescolare e scolare, scrittura e oralità sono intrecciate e collegate (Sulzby, 1991).

Considerato il legame tra le due forme di comunicazione, è opportuno soffermarsi brevemente sulla concettualizzazione del linguaggio orale. Uno degli autori più importanti in merito è Noham Chomsky, che considera l’apprendimento linguistico guidato da principi interni universali, racchiusi in un dispositivo chiamato LAD, Language Acquisition Device (Cisotto & gruppo RDL, 2009). Questo dispositivo è una ‘grammatica universale’ che si attiva quando il bambino apprende una lingua, permettendogli di produrre frasi sia precedentemente udite che completamente nuove (Bellorio, a.a. 2017-2018).

Secondo questa concettualizzazione le iniziali produzioni imperfette non sono errori, ma grammatiche provvisorie guidate dai principi innati, che vengono poi riviste sulla base dell’input incontrato (ivi). Il funzionamento del LAD prevede una prima fase di osservazione in cui il bambino individua correlazioni pratiche nell’input linguistico-comunicativo; una seconda fase di creazione di ipotesi sul funzionamento del meccanismo osservato; una terza fase di verifica delle ipotesi, seguita successivamente da una fissazione e sistematizzazione delle regole (Balboni, 2015). Il LAD non possiede già le regole ma è un meccanismo innato e universale generatore di ipotesi.

Questa concettualizzazione è opposta a quella di Vygotskij, che attribuisce un ruolo decisivo alla cultura e concepisce lo sviluppo del linguaggio come un processo connotato socialmente: l’acquisizione del linguaggio avviene nella rete di scambi verbali, che ne guidano la costruzione e sostengono lo sviluppo della capacità di comunicare (Cisotto & gruppo RDL, 2009). Bruner, influenzato dal pensiero di Vygotskij, teorizza l’esistenza di un secondo sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio, il LASS, Language Acquisition Supporto System.

Questo dispositivo racchiude le facilitazioni svolte dal contesto sociale nel guidare il bambino all’interno del mondo del linguaggio e della cultura (Balboni, 2015). All’interno di un approccio sociocostruttivista, a cui aderisce la mia ricerca, l’acquisizione del linguaggio può essere vista come un processo in cui si intrecciano predisposizioni personali ed esperienze culturali di convenzioni sociali. Lo sviluppo linguistico è quindi considerato come costruttivo ed

interattivo: i bambini, se messi a contatto con sollecitazioni verbali degli adulti, intervengono con le loro risorse cognitive (Cisotto & gruppo RDL, 2009).

Questa concezione del linguaggio evidenzia le analogie con l’apprendimento della lingua scritta: anche nell’acquisizione delle conoscenze alfabetiche e degli usi del codice scritto, il sostegno dell’ambiente e le ipotesi formulate dai bambini interagiscono, guidate da principi comuni a diverse culture.

Il legame tra linguaggio orale e linguaggio scritto ha diverse sfaccettature.

Attraverso il linguaggio orale il bambino è introdotto anche alla lingua scritta, in particolare Bruner individua gli inizi del processo di alfabetizzazione nell’attività del racconto e lettura di storie, pratica culturale comune in età infantile che introduce il bambino alle conoscenze tipiche dell’alfabetizzazione (Bruner, 1991). La lettura di storie permette al bambino di familiarizzare con la lingua scritta e sviluppare le radici dell’alfabetizzazione, tra cui l’idea di parola stampata o il rapporto tra immagine e testo (Goodman, 1986).

Un secondo tipo di relazione tra linguaggio orale e scritto, riguarda il fatto che le competenze linguistiche caratterizzino sia il primo che il secondo, pur con sfumature diverse. Cisotto e il gruppo RDL (2009) hanno individuato alcune competenze linguistiche che emergono in età prescolare e che in diversi modi sono coinvolte sia nel linguaggio orale che in quello scritto:

• competenza lessicale - quantità e varietà dei termini utilizzati dai bambini. A livello scritto questa competenza permette di fare ipotesi diversificate e di cogliere il legame con le immagini, oppure di inserire parole diverse nella scrittura e lettura spontanee; questa competenza coinvolge inoltre l’utilizzo di un registro diversificato tra orale e scritto.

• Competenza semantica - criteri seguiti per la costruzione del significato.

Il bambino fonda inizialmente il significato su caratteristiche fisico-percettive e questo lo conduce a fenomeni di sotto-estensione (es: ‘bambola’ solo per la sua bambola) o sovra-estensione (‘cane’ per tutti gli animali a quattro zampe).

In seguito egli apprende ad organizzare i termini in base a classi generali di appartenenza, sviluppando l’uso logico della lingua e potendo quindi compiere operazioni di generalizzazione, appartenenza, inclusione. Questa

competenza è centrale anche nel linguaggio scritto, in quanto permette la comprensione del testo ed il suo uso nei diversi contesti.

• Competenza fonologica - unione della capacità di riconoscere per via uditiva i fonemi e di articolare e produrre unità sonore riconoscibili. Intorno ai 4-5 anni il bambino articola quasi tutti i fonemi della propria lingua. All’interno di questa competenza possiamo distinguere sensibilità e consapevolezza fonologica. La prima è “la capacità di rivolgere attenzione agli aspetti fonologici della parola senza esserne pienamente consapevoli” (Cisotto & il gruppo RDL, 2009, p. 14), la seconda è “la capacità di operare intenzionalmente sui suoni” (ivi), rendendosi conto che le parole sono formate da suoni suddivisibili in unità più piccole, sillabe o fonemi (Pinto, 1993). La sensibilità e la consapevolezza fonologica sono centrali nel processo di alfabetizzazione, sia perché per un approccio al codice scritto è necessario concepire le parole come formate da parti, sia perché se non si percepiscono i suoni che compongono la parola non è possibile associarli ai corrispettivi grafemi.

• competenza morfo-sintattica - capacità di utilizzare le regole di combinazione delle parole e di costruzione di frasi, sapendo distinguere una frase da un insieme casuale di parole e individuando la congruenza tra piano sintattico e semantico (Ehri et al. 2001). Questa competenza viene traslata nel processo di acquisizione del linguaggio scritto, nel quale si arricchisce di ulteriori elementi, ad esempio la spaziatura tra le parole o i segni di punteggiatura.

• competenza pragmatica - capacità di distinguere i differenti usi della lingua e l’appropriatezza degli enunciati nei diversi contesti della comunicazione. E’ possibile distinguere tra una competenza pragmatica che riguarda la lingua orale ed una riferita alla lingua scritta. Quest’ultima ha un ruolo importante nel periodo prescolare, durante il quale il bambino si forma idee e conoscenze relative al sistema alfabetico, che vengono definite competenze pragmatiche di alfabetizzazione emergente (si veda il capitolo successivo). Esempi di conoscenza pragmatica specifica della lingua scritta

possono essere le formule di inizio e chiusura di una lettera, oppure l’incipit di una storia (Ferrerio, 2003b).

• competenze narrative: le capacità di comprendere e produrre racconti.

Rappresentano il punto di incontro tra le diverse abilità linguistiche. Attraverso le narrative vengono coinvolti aspetti emotivi e cognitivi, permettendo al bambino di attivare simultaneamente le diverse abilità linguistiche.

Attraverso le storie il bambino impara a gestire aspetti lessicali, fonologici, sintattici e pragmatici, sia nel linguaggio orale che in quello scritto.

Il repertorio lessicale è importante per l’acquisizione di lettura e scrittura, senza attribuire un significato ai segni non è possibile comprendere, esso è quindi la condizione affinché la codifica fonologica si accompagni alla rappresentazione semantica (Pinto, 2003). Il legame tra linguaggio orale e scritto non deve però essere pensato come una relazione causale e nemmeno secondo una logica temporale, ma come una relazione intrecciata: le abilità crescono su percorsi differenti influenzandosi a vicenda. Le acquisizioni orali influenzano quelle del linguaggio scritto e allo stesso tempo l’evoluzione di quest’ultimo ha ricadute sul linguaggio orale, che si arricchisce per effetto dei nuovi usi che accompagnano all’introduzione della lingua scritta (Pontecorvo, 1991). Un esempio dell’influenza del linguaggio scritto sul linguaggio orale è la costruzione del discorso diretto: l’apprendimento delle modalità di scrittura di un discorso diretto, aumenta la consapevolezza della necessità di utilizzare dei segnali per far capire a chi ascolta che si fa riferimento alle parole di qualcuno, questo condurrà ad avere degli accorgimenti anche nel caso di un racconto in forma orale (Sulzby, 1991).

E’ giusto tenere in considerazione il legame oralità-scrittura, ma non possiamo dimenticare che il codice scritto abbia delle particolarità proprie, per cui questa relazione non è di tipo lineare: una buona padronanza del linguaggio orale non conduce direttamente ad un’abilità nel linguaggio scritto. Le ricerche ci dicono che:

• possedere la nozione di parola non è sufficiente per essere capaci di segmentare correttamente nella scrittura;

• l’ipotesi della corrispondenza sillabica non deriva in modo diretto dalla capacità di suddivisione sillabica orale;

• la competenza dialogica orale non conduce sempre alla capacità di rispondere a una lettera (Ferreiro, 2003b).

All’interno dell’alfabetizzazione emergente (vedi capitolo 4), sono presenti elementi di continuità con il linguaggio orale, come la consapevolezza fonologica, ma anche elementi specifici del codice scritto, quali la competenza ortografica e le conoscenze sugli aspetti testuali della lingua (Pinto, Bigozzi, Accorti & Vezzani, 2008).

Alcune ricerche hanno dimostrato come la lettura di storie rappresenti un punto di incontro tra oralità e scrittura, sostenendo lo sviluppo di quelle abilità caratteristiche del codice scritto. Aumentando l’esperienza con il libro, il linguaggio del bambino a cui viene chiesto di inventare una storia, acquisisce progressivamente la forma di un monologo scritto e perde le caratteristiche del dialogo orale (Sulzby, 1991). Alcune forme della lingua vengono apprese attraverso l’ascolto di letture e generalizzate dai bambini in situazioni di uso orale della lingua: questo passaggio faciliterà poi la loro applicazione nel momento in cui si troveranno ad utilizzare il codice scritto per i diversi scopi. Un esempio di questo è dato dall’utilizzo di un registro ed un’intonazione diversi quando il bambino racconta considerando l’altro come ascoltatore e non come interlocutore: queste forme verranno poi utilizzate nello scrivere (ivi).

A livello scolastico, il percorso di alfabetizzazione è mediato dall’oralità, ma questo non dovrebbe veicolare l’idea che scrivere significhi “trascrivere la lingua orale” così come essa viene utilizzata nella quotidianità. E’ opportuno sviluppare l’abilità di formulare un discorso orale che abbia le caratteristiche di

‘testo’, affinché il bambino possa mettere in atto queste competenze nel passaggio alla lingua scritta. I racconti sono generi orali particolarmente adeguati per questo ‘trasferimento’ nella scrittura (Orsolini, 1988).

CAPITOLO 4