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CAPITOLO 3 LA LETTO-SCRITTURA

3.7 Letto-scrittura e literacy

Le considerazioni fatte riguardo le funzioni del codice scritto, portano ad una riflessione circa la sua concettualizzazione. La scrittura può essere considerata come un sistema di codificazione oppure come sistema di rappresentazione, questa differenza influisce sull’approccio all’alfabetizzazione.

Vi è una sostanziale differenza tra un processo di codificazione ed uno di creazione di una rappresentazione: nel primo viene trovato un nuovo codice per elementi e relazioni già presenti, che non vengono modificati; nel secondo elementi e relazioni non sono predeterminati (Ferreiro, 2003). La scrittura è stata inventata come un nuovo sistema di rappresentazione, di conseguenza quando i bambini si approcciano alla lingua scritta si trovano a doverne comprendere le regole di costruzione, non solamente a tradurre gli elementi del sistema orale in un altro codice. Concettualizzare la scrittura come un sistema di rappresentazione conduce a concepire il processo di alfabetizzazione come l’apprendimento concettuale di un nuovo oggetto di conoscenza (ivi): imparare a leggere e scrivere significa quindi comprendere la natura e le caratteristiche di questo sistema di rappresentazione. Il bambino dovrà ad esempio comprendere perché “si ignorino le somiglianze di significato e si privilegino le somiglianze fonetiche”, oppure perché “alcuni elementi essenziali della lingua orale non si mantengano nella rappresentazione scritta” (Ferreiro, 2003, p.8). Al contrario concependo la scrittura come un codice di trascrizione, l’alfabetizzazione è ridotta all’apprendimento di una tecnica: l’elemento centrale è la discriminazione delle forme visive e fonetiche (Ferreiro, 2003). All’interno di questa concezione avviene quindi una separazione tra significante e significato e, nelle prime fasi di alfabetizzazione viene posto tra parentesi il senso di quanto viene letto, per concentrarsi sulla sola corrispondenza segno-suono. Questo approccio contrasta con la naturale tendenza dei bambini nell’accostarsi al codice scritto,

essi infatti colgono differenti aspetti del testo e li mettono spontaneamente in collegamento con le loro conoscenze, per attribuire un senso a quanto incontrano. Sulzby (1991) evidenzia come anche quando il bambino capisce che la lettura è legata al segno scritto e non alle immagini, il testo viene trattato come una fonte di significato e non come un oggetto da decifrare. Appoggiando l’idea socio-culturale e psicolinguistica, il processo di alfabetizzazione avviene nell’incontro tra un sistema di rappresentazione ed un soggetto che conosce e fa interpretazioni ed ipotesi su di esso. Per affrontare il tema del codice scritto in questa prospettiva, è opportuno quindi utilizzare il termine literacy (o processo di alfabetizzazione), anziché quello più comune di letto-scrittura. Quest’ultimo conduce a soffermarsi sulla traduzione da un codice fonetico ad uno grafico, separando la decifrazione dalla comprensione ed anche la lettura dalla scrittura.

Nel naturale processo di apprendimento il bambino non compie questa distinzione, mette in atto tanto attività di produzione quanto di interpretazione ed affianca i tentativi decifrativi con quelli di comprensione (Ferreiro, 2003). Prima degli anni ottanta l’alfabetizzazione era concepita come il processo di codifica e decodifica del linguaggio scritto, oggi è invece intesa come “un processo articolato, in cui intervengono componenti strumentali, cognitive, culturali e sociali” (Cisotto, 2017, p.13).

Il termine inglese literacy fa riferimento ad un costrutto complesso, articolato e polisemico, che in italiano potrebbe essere reso con ‘processo di alfabetizzazione’. Il termine italiano risulta comunque incompleto perché la literacy comprende sia il processo di familiarizzazione con la lingua scritta che la condizione di familiarità (Pontecorco, 1991). Con il termine inglese si identifica infatti “il processo con cui si sviluppa familiarità con i differenti usi della lingua e si diventa capaci di partecipare alle pratiche alfabetizzate di una società” (Girelli, a.a. 2017-2018a). Questo processo si distribuisce su un continuum di competenza, per cui le abilità possedute risultano sempre implementabili e possono essere apprese abilità legate ai nuovi usi sociali del codice scritto: come afferma Pontecorvo (1991) le richieste di scrittura-lettura espresse dalla società crescono di continuo. Frank Smith (1984, p. 143, in Pontecorvo, 1991) definisce la literacy come “l’abilità di attribuire un senso

pieno e di fare un uso produttivo delle opportunità della lingua scritta che caratterizzano la particolare cultura in cui si vive”. La literacy è quindi inserita in un contesto sociale e in relazione con le pratiche culturali (ivi). E’ possibile osservare come sia un processo articolato con una forte componente socio-culturale: sono coinvolti apprendimenti strumentali, ma anche fattori cognitivi, sociali e culturali. L’alfabetizzazione è una componente dello sviluppo cognitivo e una forma di socializzazione: il bambino arricchisce il proprio repertorio di usi della lingua e costruisce oggetti cognitivi all’interno di una rete di interazioni connotate dalla cultura (Girelli, a.a. 2017-2018a). La lingua scritta è inserita in un contesto sociale, ma non è solo artefatto culturale, essa è rappresentazione culturale (Tolchinsky Landsmann, 1991).

Il termine literacy descrivere un costrutto complesso in continua evoluzione, che include sia le fasi che precedono l’insegnamento formalizzato, sia le attività formalizzate e le pratiche socioculturali in cui la lingua scritta è utilizzata, con differenti scopi e funzioni e in diversi contesti (Pontecorvo, &

Fabbretti, 1999).

Il termine letto-scrittura porta invece a concettualizzare in modo riduttivo questo apprendimento, focalizzandosi su abilità di codifica, grafo-motorie e visuo-percettive. Vygotskij (1978) già criticava questa enfasi data alla tecnica, che non permette di acquisire una reale capacità di utilizzare il linguaggio scritto. Attraverso una raccolta di esperienze, Ferreiro (2003) individua tre difficoltà che nascono nel mantenere un approccio tradizionale per l’apprendimento della letto-scrittura:

• la tendenza a concepire il sistema di scrittura secondo la prospettiva di un adulto alfabetizzato;

• l’errore di confondere la scrittura con il disegno di lettere;

• il lettore viene ridotto ad un mero decodificatore di lettere e del loro valore fonetico convenzionale.

Gli studi della psicologa mostrano come il comportamento di fronte a materiale stampato con scritture sconosciute, spinga a costruire anticipazioni e ricercare indizi per comprendere e non si fermi al solo tentativo di riconoscere le lettere (Ferreiro, 2003). Questo sostiene l’idea che la conoscenza della lingua

scritta è molto di più del solo riconoscimento delle lettere, che da solo non permette di appropriarsi pienamente di questo oggetto socioculturale.

L’apprendimento della lingua scritta non è solo una decifrazione di segni, ma coinvolge un’interpretazione di messaggi di tipo diverso, rendendo necessaria la conoscenza profonda di questo artefatto con molteplici usi sociali (Ferreiro, 2003).

La lingua scritta, pur essendo legata all’oralità, ha caratteristiche proprie, per cui nel percorso di appropriazione, sono coinvolte conoscenze complesse e procedure che accompagnano l’apprendimento del codice: il bambino dovrà imparare a discriminare i diversi tipi di testi, gli scopi, le funzioni, sapere utilizzare gli elementi del para-testo e prendere familiarità con le caratteristiche dei supporti materiali (Pontecorvo, 1991).

All’interno di questa visione, l’alfabetizzazione è un processo che coinvolge non solo gli apprendimenti esplicitamente finalizzati a leggere e scrivere, ma anche tutte quelle attività esplorative del bambino e allo stesso tempo le pratiche sociali e culturali di utilizzo (Pontecorvo, 1991). La literacy è quindi una competenza che coinvolge diverse pratiche e conoscenze, riguardanti scopi, funzioni e caratteristiche del codice, che si formano ben prima del percorso formalizzato di apprendimento del codice scritto; necessita quindi di pratiche educative che tengano in considerazione questa sua complessità. Il termine literacy, posizionando l’alfabetizzazione su un continuum di appropriazione di pratiche sociali, conduce a considerare integrate l’alfabetizzazione formale e quella emergente. La prima si riferisce alle attività sviluppate in ambito scolastico, esplicitamente svolte per condurre a padroneggiare la decodifica, le regole e le convenzioni comunicative del linguaggio scritto (Girelli, a.a. 2017-2018a). Con il termine ‘alfabetizzazione emergente’ si individuano quelle fasi che precedono l’apprendimento formalizzato, durante le quali i bambini familiarizzano con gli usi della lingua scritta in modo informale (ivi). L’acquisizione della literacy non avviene solo nel contesto scolastico o all’interno di esperienze formalizzate, ma in tutti i luoghi di vita del bambino, all’interno delle attività che esso svolge (Cisotto, 2006).

Questa prospettiva di apprendimento della letto-scrittura è propria dell’orientamento teorico New Literacy Studies, sviluppato negli anni Novanta a partire da ricerche di stampo socioculturale (Gutiérrez, 2000). L’alfabetizzazione è concepita come un processo multiplo, che necessita di una prospettiva che integri vita familiare e scolastica, per conferirle autenticità e significatività (Castoldi & Chicco, 2019). “Compito per tutti gli educatori è scoprire come insegnare agli studenti in modi che connettono i momenti della loro vita dentro e fuori scuola” (Schultz, 2002, p. 386). All’interno di questa prospettiva viene data rilevanza non allo sviluppo di abilità ma alle pratiche di literacy, ossia i modi in cui si incontrano i testi e le persone e come i primi modellino le relazioni nella società (Castoldi & Chicco, 2019).

Un ulteriore passaggio è fatto dagli studiosi del New London Group, che propongono di sostituire il termine literacy con quello di multiliteracy: nelle società attuali proliferano le modalità di comunicazione ed è in crescita la diversità linguistica e culturale, è quindi necessario concepire le abilità di lettura e scrittura all’interno di attività che abbiano come fine la comunicazione e la comprensione interpersonale (ivi).

La mia ricerca è stata svolta aderendo a questa idea di alfabetizzazione, che ha come obiettivo la formazione di bambini in grado di “partecipare attivamente nella società in quanto cittadini della cultura scritta” (Teruggi, 2019, p. 215).