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CAPITOLO 3 LA LETTO-SCRITTURA

3.2 Modelli e stadi evolutivi della letto-scrittura

Nell’imparare a leggere il bambino mette in collegamento il sistema visivo per il riconoscimento delle forme e le aree del linguaggio. Secondo Utah Frith (1985) questo apprendimento passa per quattro fasi: la tappa pittorica o

logografica, in cui il bambino ‘fotografa’ la parola, la tappa fonologica in cui decodifica le lettere in suoni, quella ortografica in cui automatizza il riconoscimento di unità ortografiche ed infine quella lessicale del lettore esperto. La psicologa afferma che fino ai 5 o 6 anni il sistema visivo cerca di riconoscere le parole allo stesso modo degli oggetti, sfruttando i tratti visivi. Il bambino si forma un ‘lessico logografico’, per cui riconosce alcune parole che incontra frequentemente in base alla loro forma complessiva, alle curve, a volte anche al colore. Quindi se la parola viene scritta con altri caratteri non la riconosce, perché non codifica la struttura della parola, ma si limita ad utilizzare indizi visivi. In questo stadio avviene un passaggio tra la forma globale della parola ed il suo significato ed i bambini realizzano una “pseudo-lettura per una via visuo-semantica” (Dehaene, 2007, p.232). Nella seconda tappa ha inizio l’acquisizione della capacità di conversione grafema-fonema. Verso i 6 anni il bambino inizia a prestare attenzione ai costituenti delle parole e scopre che le parole scritte non rappresentano gli oggetti, ma le parole parlate. Egli inizia a segmentare la stringa grafica, impara le corrispondenze tra le lettere o i grafemi complessi e i fonemi del linguaggio, allenandosi ad assemblarli per formare le parole da pronunciare. In questa fase il bambino scopre che la parola è composta di parti, i fonemi, “atomi” che possono essere combinati per formare le parole, “vere e proprie molecole verbali” (ivi, p. 233). Attraverso questi processi, il bambino impara ad utilizzare la via indiretta di lettura. La competenza che il bambino matura in questa fase è chiamata ‘competenza metafonologica’ o ‘coscienza fonemica’. Molti studi mostrano come questa coscienza non sia automatica, ma dipenda da un insegnamento esplicito di un codice alfabetico: anche un adulto non alfabetizzato non percepisce spontaneamente i fonemi nelle parole, mettendo in evidenza come l’apprendimento della lettura alfabetica modifica il modo in cui le trattiamo.

Nell’apprendimento di una scrittura alfabetica devono quindi coordinarsi due modifiche prima che avvenga un’efficace e veloce conversione grafema-fonema: le aree visive devono imparare a scomporre la parola nei suoi ‘atomi’ e allo tesso tempo la regione implicata nell’analisi della parola deve modificare il codice per rappresentare i fonemi. La via che viene utilizzata in questa fase è

quella indiretta o fonologica. La terza tappa del modello elaborato da Frith, è quella ortografica, in cui il bambino si forma un repertorio di unità visive di diverse dimensioni. Egli non traduce più le singole lettere, ma esamina sillabe o gruppi di lettere. Infine raggiunge la tappa lessicale, in cui utilizza la via diretta della lettura. Raggiunta questa tappa, il tempo che il bambino impiega per leggere una parola non dipende dal numero di lettere, ma dalla frequenza d’uso della stessa, da quante volte il bambino l’ha incontrata. Egli recupera la forma ortografica teorizzata senza passare dalla decifrazione grafema-fonema.

L’esposizione alle parole scritte permette quindi lo sviluppo di una seconda via di lettura, quella lessicale o diretta: la lettura si automatizza ed il bambino legge più velocemente. A questa fase vi è una trasmissione diretta tra il sistema visivo e le regioni coinvolte nell’analisi del significato e nella pronuncia delle parole.

Le due vie della lettura (figura 1) sono state messe in evidenza da Harris e Coltheart (1986), che ne illustrano il funzionamento nell’apprendimento della letto-scrittura nell’’alfabetizzazione formalizzata.

Nella prima fase di acquisizione della letto-scrittura, la via fonologica (o sub lessicale) è dominante: viene recuperato ogni fonema associato al grafema e le singole unità vengono poi unite e ricomposte (DeBeni, Cisotto & Carretti, 2001). Procedendo verso una maggiore esperienza, il bambino utilizza sempre più la via lessicale, riconoscendo la parola attraverso un confronto tra le sue caratteristiche visive e la rappresentazione lessicale immagazzinata (ivi). Il modello a due vie ha permesso di riconoscere due tipi di difficoltà nei disturbi di letto-scritttura, uno di tipo fonologico ed uno superficiale, legato alla via lessicale.

Secondo Ehri l’acquisizione della lettura convenzionale è sostenuta da entrambe le strategie di lettura del modello di Harris e Coltheart e si sviluppa in una sequenza evolutiva di quattro fasi, illustrata da Castoldi e Chicco nel volume ‘Imparare a leggere e scrivere. Lo stato dell’arte’ (2017). Nella prima fase, prealfabetica, il bambino si basa sugli indizi visivi forniti dalla parola , non riconoscendo le lettere che la compongono. Nella seconda fase, parzialmente

Figura 1: Il modello a due vie (Pinto, 2003)

lessico semantico Stimolo

zebra

rappresentazione percettiva zebra

rappresentazione ortografica

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lessico ortografico

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procedure di conversione grafema-fonema

<z> <e> <b> <r> <a>

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lessico fonologico

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risposta

rappresentazione fonologica

<‘dz€bra>

alfabetica, il lettore si basa su indizi di tipo fonetico: attraverso la conoscenza dei nomi e del suono delle lettere forma un’associazione tra segni scritti e pronuncia. La fase successiva è quella pienamente alfabetica in cui il bambino padroneggia la segmentazione della scrittura in fonemi e la loro ricomposizione, essendosi appropriato della corrispondenza segno-suono è in grado di leggere tutte le parole e le pseudo-parole. L’ultima fase è quella lessicale, nella quale i termini sono riconosciuti globalmente.

Il modello di Ehri e quello di Utah Frith non spiegano come avviene il passaggio da uno stadio all’altro e non precisano se questo sia legato a un naturale sviluppo o se sia necessario un insegnamento formalizzato.

Certamente l’approccio alla letto-scrittura modifica la nostra organizzazione cerebrale. L’apprendimento della lettura comporta una progressiva lateralizzazione verso la regione occipito-temporale sinistra, dove si trova l’area della forma visiva delle parole nella fase ortografica del lettore esperto; mentre nella fase pittorica la parola è trattata come oggetto e l’attività corticale riguarda i due emisferi. Un “riflesso dell’apprendimento” (ivi, p. 240) è l’aumento dell’attivazione della regione occipito-temporale sinistra e la decrescita di quella dell’emisfero destro: l’apprendimento implica un processo di selezione neuronale.

I due modelli riflettono una considerazione della lettura come “un meccanismo di organizzazione delle parole scritte” (Teruggi, 2019, p. 117), mettendo l’accento sulla capacità di decodificare il testo e non sulla comprensione del significato. Questa prospettiva si focalizza maggiormente sulle parole e meno sui testi, considerando la comprensione di un testo un processo subordinato alla decodifica dello stesso.

I modelli interpretativi del processo di lettura sono però molteplici ed ognuno riflette prospettive diverse. La concezione linguistica sostiene che il significato di un testo sia racchiuso nelle parole scritte, quindi leggere significa recuperare il valore semantico di ogni parola, metterlo in relazione con quello delle altre parole per arrivare al significato della frase e poi intrecciare il significato delle diverse frasi (Teruggi, 2019). Ritroviamo all’interno di questa concezione teorie ‘visive’ o ’fonologiche’, le prime ipotizzano un accesso diretto

al significato, le seconde una necessità del passaggio dalla traduzione fonologica. Quello che le accomuna è il considerare la lettura come “costituita da fasi successive” (ivi, p. 119). Questa idea non è supportata dal fatto che il riconoscimento di singole lettere risulta migliore se queste sono all’interno di parole o semplici testi. La concezione linguistica rientra in una prospettiva riduzionistica, secondo la quale le abilità di leggere e scrivere possono essere scomposte in componenti più semplici. In particolare l’abilità di lettura è composta dalla componente della decodifica, che assicura il riconoscimento delle parole, e da quella della comprensione, processo che permette l’integrazione dei significati in frasi e testi (Tolchinsky Landsmann, 1991). La scrittura può essere scomposta nella componente ortografica, che permette il processo di codifica della lingua parlata, e in quella di ideazione, che organizza e genera idee (ivi). In questa concezione le abilità complesse vengono ridotte nelle loro componenti più semplici, sostenendo inoltre che i processi di ordine inferiore devono essere automatizzati per poter passare a processi di ordine superiore: decodificare ad un buon livello è preliminare alla possibilità di avere una buona comprensione (Juel, 1988, p.6, in Tolchinsky Landsmann, 1991).

Un secondo modello interpretativo è quello psicolinguistico, che sostiene come le conoscenze del lettore contribuiscano alla comprensione del significato. La lettura è un processo dinamico in cui interagiscono le informazioni fornite dalle parole e le conoscenze presenti nella mente di chi legge (De Beni et al., 2001). Il lettore quando si approccia ad un testo crea delle anticipazioni sul contenuto, che verifica attraverso l’analisi delle parole scritte: il ruolo strategico del lettore è centrale per la comprensione (Teruggi, 2019). Il processo di lettura è sempre sequenziale, come nella concezione linguistica, ma parte dalle ipotesi del soggetto. La teoria degli schemi supporta questa concezione, sostenendo che “tutto ciò che conosciamo è immagazzinato in memoria sotto forma di schemi di conoscenza” (ivi, p.125). Questi schemi supportano la lettura e la comprensione perché forniscono la possibilità di aprire un archivio che contiene informazioni inerenti a quanto ci accingiamo a leggere, fornendoci più strumenti per fare ipotesi e anticipazioni, inferenze, collegamenti e organizzare le nuove informazioni. “Un deficit di comprensione può essere

imputato alla mancanza di schemi adeguati, all’impossibilità di attivare gli schemi utili o all’attivazione di uno schema errato” (De Beni et al., p. 45). Gli schemi, rendendo disponibili informazioni di supporto, agevolano la comprensione, la quale sostiene la decifrazione. Nella concezione psicolinguistica leggere richiede l’attivazione di attività cognitive e metacognitive, all’interno di un’interazione reciproca tra testo e lettore.

La concezione socioculturale appoggia questa visione del processo di lettura, ma si sofferma in particolare sull’analisi dell’effetto del contesto socioculturale. Questa prospettiva deriva dagli studi di Vygotskij (1978), che ha considerato la lingua scritta nei suoi studi psicologici; essa, come ogni funzione psichica, nei primi stadi di sviluppo è determinata naturalmente, mentre a livelli più alti è strutturata da forme interiorizzate di interazione sociale. Lo sviluppo naturale è la condizione che permette l’acquisizione della letto-scrittura, mentre l’interazione sociale e le istituzioni culturali organizzano questa abilità. Alla base dell’approccio socioculturale vi è l’idea che il testo sia un’artefatto socioculturale e che le pratiche di lettura siano connotate socialmente (Teruggi, 2019). L’atto di leggere fa incontrare l’autore e il lettore, il primo nello scrivere il testo esprime punti di vista e visioni del mondo connotate culturalmente; allo stesso modo il significato dato da chi legge così come le conoscenze pregresse che ne guidano la comprensione, hanno un’origine sociale (Cassany, 2006, in Teruggi 2019). Ogni testo è quindi una “costruzione congiunta degli interlocutori” che partecipano allo scambio comunicativo all’interno di un contesto: gli scopi e le intenzioni comunicative sono parte centrale della comunicazione stessa (Girelli, a.a.2017-2018a). L’apprendimento della lingua scritta non può essere separato dalle pratiche socioculturali in cui è inserita e costruita (ivi).

Seguendo questo approccio, nelle pratiche didattiche è opportuno scegliere testi o parole che appartengono all’ambiente sociale degli alunni, inserendo la lettura in un contesto che aiuti a dare significato a ciò che incontrano, per supportare la decifrazione. E’ inoltre importante far cogliere i contesti d’uso e le funzioni dei testi, considerati oggetti culturali (Teruggi, 2019).

Cultura e contesto sociale impregnano la scrittura e la lettura, quindi l’oggetto dell’insegnamento della lingua scritta non può essere il “mero apprendimento

del codice di trascrizione fonematica, bensì pratiche sociali e culturali in cui la lingua scritta è usata […] per differenti scopi e con diverse funzioni ed esigenze”

(Teruggi, 2019, p.215).

All’interno del mio progetto di tesi il processo di lettura e scrittura è concettualizzato seguendo una concezione psicolinguistica e socio-culturale, per cui non è considerata solo la dimensione strumentale, ma l’alfabetizzazione è vista come un processo multidimensionale: la scrittura non si limita all’acquisizione degli aspetti percettivi e grafomotori e la lettura non è riconducibile ai soli aspetti decifrativi. La lingua scritta è vista come un oggetto di uso sociale, in cui il bambino si trova immerso anche fuori dalla scuola e che cerca di interpretare (Ferreiro, 2003).

Un’ultima prospettiva tenuta in considerazione nella cornice teorica dei miei interventi, è quella costruttivista, che considera la psicogenesi della lingua scritta. Tale approccio deriva da Piaget, il quale considera l’apprendimento un processo continuo di costruzione, dove ogni nuova conoscenza o abilità si forma a partire da ciò che il soggetto già possiede (Tolchinsky Landsmann, 1991). La psicogenesi ci dice che quando i bambini apprendono la lingua scritta non analizzano e acquisiscono un codice, ma “costruiscono un complesso sistema di rappresentazioni” (ivi, p. 159). L’unione di questo approccio a quello socio-culturale e psicolinguistico, porta quindi a considerare da un lato il ruolo del soggetto e dall’altro quello del contesto.

Un altro importante aspetto è il contesto linguistico: le lingue hanno strutture differenti, ognuna con specifiche strategie di segmentazione, che possono stimolare o inibire differenti ipotesi da parte dei bambini nel processo di alfabetizzazione. E’ necessario quindi precisare che le considerazioni che hanno guidato il mio percorso sono da ricondurre alla lingua italiana, non generalizzabili agli apprendimenti di altre lingue.