Abbiamo visto come a partire dal dicembre 2001 “quella che possiamo definire la classe media individualista e neoliberista” argentina298 abbia fatto proprie forme di protesta che rompevano con la propria tradizione legalitaria.
La causa immediata era stata l’aver messo a repentaglio l’ultimo dei loro privilegi, la loro fortuna personale, principalmente la possibilità di garantirsi la sopravvivenza attraverso i propri conti bancari, e questo dopo mesi, anzi anni, di riduzione o addirittura di perdita completa dei privilegi goduti dalla loro posizione nella gerarchia sociale. È questa reazione di difesa del proprio patrimonio che ha creato una forma: im-mediata di protesta e organizzazione di cui si vuole sottolineare sia la radicalità che l’ambiguità.
Le assemblee popolari hanno costituito una modalità di gestione della lotta coerente con il rifiuto della rappresentanza, con quel “que se vayan todos” che esprimeva il rifiuto di ogni delega. Sarebbe possibile misurare la rottura espressa dalla maggioranza della popolazione argentina se non con la generale organizzazione e gestione del sistema sociale, almeno con il ceto politico considerato incapace di risolvere la situazione economica e sociale dell’Argentina: le elezioni parlamentari del 14 ottobre 2001 avevano visto, malgrado il voto obbligatorio, un tasso d’astensione record (più del 20%) e un’imponente quantità di schede bianche o nulle (40%).
Le assemblee popolari, nate sulla base di iniziative locali, hanno risposto al bisogno di conservare il carattere autonomo delle prime manifestazioni e
298 Secondo le statistiche, la classe media raggruppava il 65% della popolazione nel 1970 contro il 45% di oggi; tra il 1999 e il 2001 più di 2 milioni di appartenenti alla classe media avevano perso uno o più gradini nella gerarchia sociale.
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nonostante le differenze territoriali, è possibile rintracciarvi caratteristiche comuni riconducibili al rifiuto della politica tradizionale.
Secondo fonti di cronaca e di movimento le assemblee venivano inizialmente convocate da un gruppo di militanti che affiggeva manifesti nel quartiere invitando gli abitanti ad un prima assemblea; alla prima intervenivano una cinquantina di persone, poi più di 100, infine 300. Alcune raggiunsero anche più di 1000 partecipanti, ma è difficile dire cosa abbiano rappresentato queste cifre in rapporto alla popolazione del quartiere. In generale sembrano essersi sviluppate nei quartieri abitati dalle classi medie, mentre i quartieri più poveri si erano già organizzati intorno a gruppi di piqueteros.
L’influenza dei leader sindacali, tutti più o meno impregnati di peronismo, che sostenevano questo o l’altro clan politico, impedì a ciò che rimaneva della base operaia di mobilitarsi come tale, rendendo così possibile la loro integrazione singolare nelle organizzazioni assembleari. Per cui queste sembrano essere state “un miscuglio sociale dove avvenne una sorta di ricomposizione delle classi medie e basse, vecchie e nuove”. O ancora: “le assemblee di quartiere ci appartengono; non appartengono ai militanti politici che guardiamo con diffidenza e che cercano di imporci un’esperienza di cui non abbiamo bisogno”.299 Il lavoro politico organizzato dai membri delle assemblee si avvicinò in parte a quello che i piqueteros stavano intessendo nei quartieri più poveri per la loro sopravvivenza. È così che sono sorte nei quartieri “commissioni” sulla disoccupazione, sulla sanità (per trovare le medicine più urgenti in collaborazione con gli ospedali più vicini), di scambio, d’inchiesta (per esempio sulla morte di un giovane), di propaganda, nei media e di riflessione politica; ma anche più semplicemente soprattutto nei primi mesi successivi alla rivolta del dicembre 2001, l’organizzazione delle mense e la distribuzione di abiti e cibo. Un esempio di una pratica che risponde ai bisogni immediati: in un quartiere di Buenos Aires, centinaia di persone si sono riunite davanti ad un ospedale pubblico il cui funzionamento lasciava molto a desiderare; dopo averlo occupato hanno convocato la direzione e tutto lo staff medico ed hanno imposto loro un’assemblea permanente che, da allora, controlla il budget e gli approvvigionamenti dei medicinali. In un altro quartiere, una commissione si è occupata di “progetti produttivi”: quando vengono approvati nuovi lavori nel quartiere, l’assemblea impone, per eseguire i
Capitolo sesto: La crisi del 2001: constesto politico-sociale e nuove soggettività
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lavori al minor costo, di impiegare ingegneri e professionisti disoccupati (Mini, Asamblea Villa Crespo).
Un giornale argentino tradizionalmente conservatore, la Nacìon, analizzando il fenomeno delle assemblee popolari, individua “un meccanismo di discussione pieno di insidie che può sviluppare un modello sovietico pericoloso”. L’autogestione della vita quotidiana rimase dunque la caratteristica essenziale delle assemblee, con un’implicazione molto forte negli sforzi di riorganizzazione della vita sociale su basi comunitarie, anche se le rivendicazioni dei partecipanti alle assemblee dei quartieri del ceto medio si discostavano da quelle dei piqueteros per il loro carattere sostanzialmente “riformista”. Infatti, nonostante lo slogan del que se vayan todos condiviso nelle giornate del 19 e 20 continuavano a guardare e a chiedere risposte allo Stato: la fine del “corralito” (blocco dei conti bancari), la nazionalizzazione delle banche e delle industrie (elettrica, telefonica, delle ferrovie) che erano state privatizzate; la cancellazione del debito estero; una certa autarchia economica per il rilancio dello sviluppo delle industrie nazionali, compreso il boicottaggio dei prodotti stranieri; le dimissioni dei giudici della corte suprema accusati di essere un covo di corrotti.
Negli anni sia i piqueteros che le assemblee sono diventati, loro malgrado, o in alcuni casi consapevolmente e come scelta politica, degli organismi dal doppio potere. I dirigenti politici che ne erano invece pienamente consapevoli tentarono di sfruttarlo in ogni modo, e solo in alcuni casi la “freschezza” del movimento li preservò da questa eventualità: i tentativi infatti sono stati molteplici a partire da quando nello stesso dicembre 2001, ad esempio, provarono ad aizzare le classi medie contro i piqueteros, alimentando il panico per possibili saccheggi, ovvero appellandosi alla retorica “pericolosità” dei poveri. Questa “alleanza” era ed è infatti vista dalle classi dirigenti, o ciò che ne restava, come un pericoloso rischio che minacciava, e minaccia, il sistema sociale in quanto tale.
Il tema delle alleanze tra le differenze soggettive delle componenti di un movimento sociale, rimanda ad un tema centrale nelle ipotesi di questo lavoro, ovvero le condizioni oggettive della costruzione del “comune”, in quanto si ritiene che questo sempre si dia nella molteplicità e nella complessità: “La produzione di soggettività attraversa sempre il molteplice: essa non lo esclude né lo annulla ma al contrario lo sviluppa attraverso le relazioni che
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instaura, cioè nella costruzione di comportamenti e di linguaggi comuni.”300