• Non ci sono risultati.

Dalla governamentalità alla governance

Il termine governance è ormai entrato nel vocabolario corrente delle scienze sociali ed è diventato una parola passe-partout in voga in diversi ambiti: la politica, l’economia, le relazioni internazionali e così via. Utilizzeremo questo termine per definire “ la risposta del potere” alla crisi della rappresentanza, una gestione flessibile del potere che consiste in una continua dinamica di apertura e chiusura che deve ogni volta confrontarsi con le sue contraddizioni e con le resistenze: una risposta che è politica e procedurale al tempo stesso.

111 A. Negri, Fabbrica di porcellana. Per una nuova grammatica politica, Feltrinelli, Milano, 2006, p.33.

112 Utilizziamo qui il concetto di differenza mutuandolo dalla teoria femminista, in quanto separazione, soggettiva, per poter esistere.

Capitolo secondo: Dispositivi di controllo e produzione di biopolitica

69

La governance è quel meccanismo che ha garantito la sopravvivenza dello Stato all’interno delle contemporanee relazioni di potere globali e può quindi considerarsi come la trasformazione del ruolo regolativo dello Stato-nazione, nei termini di “governo a distanza”.

Antonino Palumbo114, distingue tre definizioni di governance: governance come sistema regolativo, come modello organizzativo, come struttura produttiva. La governance come sistema regolativo intende porre rimedio alle inefficienze dell’azione politica statale. La legge si limita a regolare la società tramite raccomandazioni, linee guida, direttive alle quali le istituzioni e i cittadini si conformano in maniera autonoma. Come modello organizzativo la governance concepisce la comunità politica non più come uno stato nazionale, ma come un insieme di reti, di networks che funzionano secondo incentivi discrezionali, e non monetari, e secondo “scambi informali persistenti nel tempo tra individui socializzati”. L’idea è la costruzione di un ordine politico policentrico e democratico. Il terzo modello vede la governance come la possibilità di organizzazione della società basato sulle caratteristiche della produzione post-fordista. Si contrasta la centralizzazione delle funzioni decisionali e si cerca di prendere decisioni a livello periferico attraverso partnerships pubblico-privato in modo tale che i singoli soggetti si controllino a vicenda. Infine si combatte l’uniformità delle realtà produttive; ciascuna realtà si fa carico di creare le condizioni per un suo sviluppo endogeno sostenibile.

In questo contesto, il potere reagisce con la “governance”: un modo di governare caratterizzato dalla flessibilità continua delle relazioni sociali. Sosteniamo dunque la necessità di indagare il momento di costruzione teorica che si trova dietro la pratica della governance e che individuiamo come “govrenamentalità”, passaggio che si compie attraverso Foucault. Scrive Laura Fiocco: “Foucault ci ha insegnato che l’apparente indeterminatezza dello spazio esistenziale è il prodotto storico di una forma specifica di rapporti di potere, condensati nel termine “governamentalità””115. Foucault chiama “governamentalità” la tecnologia di potere, e la definisce in questi termini: “L’insieme costituito dalle istituzioni, procedure, analisi, riflessioni, calcoli e tattiche che permettono di esercitare questa forma molto specifica sebbene molto complessa di

114 A. Palumbo in Governance. Teorie, principi, modelli, pratiche nell’era globale, Mimesis, Milano, 2007 115

70

potere, che ha per bersaglio la popolazione, per forma principale di sapere l’economia politica, per strumenti tecnici essenziali i dispositivi di sicurezza”116.

I temi della governamentalità e della governanc,e seppur originati in contesti analitici diversi, sono dunque molto legati tra loro in questo senso: consideriamo la governamentalità come lo strumento di analisi attraverso cui leggere le pratiche della governance.

Entrambi ci parlano (più del “governo”) delle condotte individuali e collettive, che pervadono lo spazio sociale coniugando conflitto e cooperazione in modo concreto. Entrambi guardano al modo di realizzare gli obiettivi (di controllo e di governo della popolazione) attraverso pratiche flessibili e modulabili per aggirare le rigidità tipiche delle istituzioni di governo (amministrazione). Entrambi emergono con il liberismo, ovvero in un momento di deregolamentazione del mercato. Entrambi i concetti sono applicabili a un ideale di “stato minimo” o di “governo frugale” (Foucault 1978/’79). La differenza sostanziale sta nel livello di analisi, se guardiamo cioè alla costruzione del discorso teorico parliamo di “governamentalità” mentre su guardiamo agli effetti concreti parliamo di governance.

Se la governamentalità descritta da Foucualt si scaglia contro l’assolutismo, la governance è sicuramente una risposta concreta alla rigidità del welfare state. Popolazioni, risorse e territorio vengono investiti di “saperi governamentali” come la statistica, la demografia, ‘economia politica, che si pongono (in modo spesso informale) oltre l’apparato statale. Si tratta di una strategia di controllo sociale che si fonda nel considerare un doppio momento della soggettivazione (potere e resistenza) per mettere a punto un controllo non verticale, “rizomatico” (prendendo in prestito questo termine deleuziano senza troppo approfondirlo). L’obiettivo principale e apparentemente paradossale della governance non è quello di “governare”, ma di porsi come obiettivo l’attivazione degli individui, di metterli in funzione, di renderli capaci di governarsi.

Con questo discorso, si vuole estendere il concetto di precarietà all’intero modo di organizzazione sociale. Ovvero si vuole affermare che come si è detto in precedenza l’emergere della “società del rischio” è l’emergere delle tecniche governamentali contemporanee, appositamente indirizzate al controllo della soggettività, qui e ora. Cosa altro è la governance infatti se non

116 M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège e France (1977/78), Feltrinelli, Milano, 2005, pag. 88.

Capitolo secondo: Dispositivi di controllo e produzione di biopolitica

71

la migliore strategia di “governo” della forza lavoro della “modernità liquida”117 nell’intero arco dell’esistenza? È dunque costituzione del nuovo terreno di incontro/scontro tra biopotere e biopolitica, ricordando che non si vuole dare alla governance un significato negativo di per sé, ma anzi si vuole introdurre come la corretta dimensione in cui collocare i conflitti sociali che sono parte integrante delle trasformazioni economiche e politiche e che nel momento in cui gli attori che li interpretano riescono ad appropriarsi e autogestire le tecniche governamentali, diventano nuovi spazi di produzione di soggettività e di forme di vita altre.

72

Capitolo terzo: Produzione e trasformazione dello spazio nei rapporti di potere