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L’ultima dittatura: la desapareción del conflitto sociale e l’ascesa del potere

Nel gennaio 1976 Isabelita impose la chiusura anticipata del Parlamento che avrebbe dovuto votare le elezioni previste per ottobre. Si trattò dell’ultimo atto di forza della presidentessa poiché nei mesi successivi il governo e il partito peronista le si sgretolarono letteralmente tra le mani. Il 24 marzo del 1976 i reparti dell’esercito occuparono infatti i punti nevralgici della capitale e arrestarono Isabelita Peròn e i maggiori esponenti del partito giustizialista. Una nuova giunta militare, presieduta dal generale Videla, assunse il potere dando iniziò a una dittatura che durò dal 1976 al 1983 sino a quando cioè il cambiamento della strategia politica degli USA rispetto all’ America Latina creò le condizioni necessarie al ricambio della classe politica.

Questo periodo è particolarmente importante nello specifico di questo lavoro poiché vi si possono rintracciare le radici della ristrutturazione neoliberista del paese che ha avuto come obiettivo la distruzione delle organizzazioni delle classi subalterne mediante l’uso del terrorismo di Stato. Fino a quel momento erano state create un ampio ventaglio di organizzazioni sindacali, territoriali, studentesche nate dalle lotte di resistenza seguite all’abbattimento del governo peronista, da una serie di insurrezioni, tra cui il Cordobazo, che svilupparono nel paese un processo che guardava all’ appropriazione del potere da parte del popolo241.

Come scrisse il giornalista Rodolfo Walsh nella sua Lettera aperta da uno scrittore alla Giunta militare pubblicata il 24 marzo1977 che gli costò la vita: “il terrore non fu la più grande sofferenza inflitta agli argentini, né la peggiore violazione dei diritti umani mai commessa. E’ nella politica economica di questo governo che si scopre non solo la spiegazione dei crimini, ma una più grande atrocità che punisce milioni di esseri umani con una miseria programmata”242

Nei suoi discorsi alla popolazione Videla sostenne il carattere moderato del nuovo regime che garantì la legalità dei maggiori partiti, compreso quello comunista e si propose di risanare l’economia attraverso una severa politica di austerità e di combattere la corruzione dilagante.

Ciò che invece accadde segretamente, all’interno delle singole unità delle Forze Armate e della sicurezza fu altro, fu cioè l’organizzazione scientifica di

241 H. Verbitsky, Il volo, Fandango, Roma, pag. 89 242 R. Walsh, Lettera aperta alla giunta militare

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concentramento clandestini dove trasferire persone, potenzialmente dissidenti, sequestrate, sottoposte a tortura e poi segretamente eliminate, un’operazione cui venne data a posteriori la definizione di “guerra sucia” a partire dal fatto che gli stessi militari dichiararono in seguito che loro compito prioritario era quello di combattere una guerra interna, in nome della Patria. La pratica di tali operazioni “di guerra” fu affidata all’Esercito, al fine di determinare le rispettive giurisdizioni, tra i corpi miliari. Massera (capo della Marina militare) però non rispettò gli accordi, invadendo la giurisdizione dell’Esercito con l’istituzione di uno tra i più atroci campi di concentramento all’interno della scuola di meccanica della Marina (ESMA). In sintesi, il disegno dei militari, una volta tornati al potere, si articolava in tre punti fondamentali: la lotta alla sovversione, intesa come repressione della guerriglia ma soprattutto come annientamento di qualsiasi forma di dissenso all’operato delle forze armate, la rifondazione ex novo del sistema politico, il ritorno a una politica di carattere strettamente liberale con valorizzazione dei settori esportatori e riduzione del peso dei settori industriali urbani e delle reti di protezione statali create per il loro sviluppo. Le forze Armate, inoltre, non si limitarono a trasformare i propri vertici gerarchici nelle massime autorità dello Stato ma occuparono ogni incarico anche all’interno della società civile.

Le responsabilità e i compiti della “guerra sucia” furono suddivise tra le tre armi, così come le cariche all’interno della nuova istituzione della Giunta Militare che designava il presidente della Nazione. Alla Giunta fu affiancata una Comision de asesoramiento legislativo dal carattere esclusivamente consultivo e che, in realtà, era subordinata alle richieste dei Comandanti di ogni singola Arma. Proprio per questo fatto anch’essa divenne luogo di spartizione tra diversi interessi militari. Ogni Arma esercitava pressioni per inserire i propri appartenenti nei vari ruoli istituzionali ed economici cosicché “l’insieme poté assimilarsi all’anarchia feudale piuttosto che ad uno stato coeso attorno al potere”243.

I partiti politici e il movimento sindacale furono gli obiettivi principali del Proceso244. La CGT e gli altri sindacati maggiori furono commissariati e privati dei fondi, furono proibiti lo sciopero e la contrattazione. La legge sulle

243 L. A Romero, op.cit.

244 Quando nel 1976 i militari presero il potere in Argentina dichiararono l’inizio del “Processo di riorganizzazione nazionale”, che altro non fu che lo sterminio dei dissidenti e simpatizzanti.

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associazioni dei lavoratori (1979) portò al ferreo controllo della manodopera industriale, occupazione manu militari delle imprese più importanti, selezione dei lavoratori in base alla propria adesione alla dittatura. “Contrariamente a quanto avvenuto con i partiti politici, il regime non poteva permettersi l’azzeramento completo dei sindacati perché questo avrebbe comportato il biasimo internazionale. Ogni anno, allora, una delegazione sindacale era ammessa a partecipare all’assemblea della Organizzazione Internazionale del Lavoro di Ginevra: ciò permetteva alle organizzazioni sindacali argentine una certa attività ed anche uno spazio libero da cui denunciare alla comunità internazionale, se non la sospensione dei diritti politici e civili, le dure condizioni dei lavoratori.”245

La repressione si indirizzò anche contro le associazioni padronali seppure con una violenza inferiore. Dopo un iniziale apprezzamento del regime, a partire dal 1981, tutto il ceto padronale si unì all’opposizione mentre le gerarchie ecclesiastiche assunsero in Argentina un atteggiamento di pieno appoggio ai militari giustificando la repressione dell’area atea e materialista e permettendo ad alcuni dei propri membri di collaborare attivamente con essa.

Sul piano economico l’Argentina che guardava al generale processo di transnazionalizzazione e finanziarizzazione dell’economia mondiale necessitava di importare denaro piuttosto che produrre beni di consumo, obiettivo che poteva essere raggiunto solamente attraverso l’estensione del debito che permetteva il più facile ingresso nel paese del capitale finanziario (essenzialmente speculativo) a scapito del capitale produttivo.

Per ciò che riguardò dunque la politica economica del governo militare si trattò del ritorno ad un’economia strettamente liberista i militari stipularono un accordo con il FMI per la concessione di un prestito diretto di 300 milioni di dollari e la sollecitazione di un ulteriore credito di un miliardo di dollari da parte di un cartello di banche guidate dalla statunitense Chase Manhattan mentre l’azione repressiva dello Stato impediva l’espressione di qualsiasi forma di protesta.

Martin De Hoz246, ministro dell’economia della Giunta, poté contare sul forte appoggio, quasi personale, di organismi e banche internazionali oltre che di parte dell’establishment economico argentino. Il tema dominante fu, assieme

245 Ibidem.

246 Scrive M. Seoane: “...Il ministro dell’economia della dittatura incarnò la protostoria del modello liberale imposto in America Latina a partire dall’ideologia off shore della Commissione Trilaterale con sede in Washington e che idearono intellettuali dell’impero americano come Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski”, op. cit., p. 149.

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all’apertura dell’economia, la lotta all’inflazione. Poco alla volta la base economica della nazione divenne il settore finanziario. L’enorme afflusso di dollari che il paese conobbe fu la conseguenza della crescita inarrestabile dei ricavi petroliferi (i famosi petroldollari) e l’ondata di capitali statunitensi in cerca di investimenti redditizi. Questo perché il governo aveva deciso di estendere la propria garanzia, oltre che sui titoli pubblici, anche sui depositi a rendimento fisso, sottoscritti dai risparmiatori con istituti privati in regime di libera fluttuazione dei tassi. “La grande riforma di Martinez de Hoz, pertanto, anziché favorire la concorrenza e, con essa la selezione naturale degli operatori economici locali secondo criteri di efficienza, finì per premiare la loro capacità speculativa. Molte imprese compensarono le perdite della attività ordinaria con grandi guadagni finanziari, mentre le banche acquisivano il controllo di una quota sempre maggiore del sistema economico nazionale. Spesso i debiti erano coperti accendendo nuovi debiti con altri istituti, in una sempre più estesa e pericolosa catena destinata ad interrompersi nel momento in cui fosse diventata evidente la insolvibilità del sistema”247.

Gli abusi a favore delle imprese erano in verità già evidenti a un anno dal colpo di stato. Walsh infatti denunciò: “Questo quadro di sterminio non esclude neanche l’arrangiamento personale di racconti come quello del capitano assassinato Horacio Gandara, il quale da circa un decennio investigava negli affari di alti capi della marina, o del giornalista di “Prensa Libre” Horacio Novillo pugnalato dopo che questo diario denunciò le connessioni del ministro Martinez de Hoz con i monopoli internazionali. Alla luce di questi episodi ha il suo significato finale la definizione di guerra pronunciata da uno di questi capi: “la lotta che noi portiamo avanti non riconosce limiti morali né naturali, si realizza più al di là del bene e del male”.248 L’unico movimento organizzato che per quanto perseguitato riuscì a sopravvivere e a crescere negli anni della dittatura fu quello delle Madres de Plaza de Mayo, le donne, madri di figli desaparecidos che si organizzarono per chiederne “aparicion con vida” pur sapendo che i loro figli erano stati torturati e uccisi grazie al racconto dei sopravvissuti dai campi di concentramento, ma perché esigevano dal governo militare l’ammissione della sua ferocia.

In conclusione si può affermare che in Argentina la violenza della repressione ha lasciato segni evidenti nel corpo sociale visibili tutt’oggi e

247 F. Silvestri, op. cit.

248 Tenente colonnello Hugo Ildebrando Pascarelli secondo “La Razon” del 12/06/76. Capo del gruppo I dell’artiglieria della Ciudadela: Pascarelli è il presunto responsabile di 33 fucilazioni avvenute tra il 05/01 e il 03/02 del 1977.

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ancora lontani dall’essere completamente metabolizzati. Come gli anni ‘70 erano stati, si è detto, testimoni di una grande clima di effervescenza e mobilitazione sociale e politica che la dittatura aveva bloccato in modo brutale, gli anni’80 e buona parte degli anni’90 hanno incarnato invece il momento della ricostruzione democratica, segnata dalla contraddizione all’interno della memoria collettiva della volontà di ricordare e quella di dimenticare.