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Le organizzazioni sociali a cavallo dei colpi di Stato

L’intervallo tra i due colpi di stato fu un momento fondamentale per la storia argentina e soprattutto costituì una tappa essenziale per la comprensione del processo che portò a quella strategia dell’eliminazione fisica del conflitto sociale condotta dall’ultima dittatura militare, che ha lasciato dietro di se migliaia di desaparecidos, per gran parte delegati peronisti, attivisti sindacali e studenti, parte di quel clima di mobilitazione sociale e culturale orientato al cambiamento che aveva contraddistinto quell’epoca.

Conoscere gli errori e i limiti di questa generazione risulta di particolare importanza nel momento in cui si attribuisce un ruolo attivo alla memoria collettiva, ovvero nel momento in cui si vuole intendere profondamente cosa abbia rappresentato nel 2001 “rompere il silenzio”, “ricominciare a lottare” al di là degli slogan enfatici e apparentemente carichi di antiche ideologie. Si trattò di anni in cui tutto veniva rimesso in discussione, dalle dinamiche politiche, alle trasformazioni economiche, alle posizioni culturali in un movimento complessivo che attraversava il tessuto sociale in tutte le sue trame. Le lotte popolari ripresero vigore in contesti nuovi in cui protagoniste furono le giovani generazioni: ci si riferisce ai contesti sindacali e della fabbrica, a quelli territoriali, a quelli della formazione secondaria e universitaria e ai cosiddetti “circuiti intellettuali”. L’arte, ad esempio, divenne forma di protesta rivoluzionaria, il cinema venne valorizzato e utilizzato per testimoniare e documentare un’epoca, furono create nuove riviste, giornali, bollettini, periodici e settimanali che trovarono un pubblico numeroso e attento portatore di un bisogno inedito di informazione, di conoscenza, di strumenti di analisi adeguati alla comprensione della fase storica nella quale si trovava immersa l’Argentina. Non a caso erano gli anni del '68, un movimento che con brevi scarti temporali si diffuse su scala planetaria.

Si crearono nuovi spazi di socialità e di produzione artistica, che invasero soprattutto i quartieri popolari, che funzionavano come i luoghi della denuncia del malcontento sociale e della volontà di cambiamento. Le strade e

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le piazze divennero luoghi di discussione, di scambio, di formazione militante. Il coinvolgimento individuale diventava cioè assunto necessario: si rischiava altrimenti (paradossalmente) l’esclusione dalla società.

La mobilitazione degli anni’70, guardava inoltre al di là dell’orizzonte geografico del proprio paese, alla ricerca di punti di riferimento teorici e politici. Coloro che, in quel momento, decisero di diventare militanti politici guardavano nel caso dell’identità peronista i propri ascendenti nella Resistenza. Per coloro che ritenevano invece collocarsi a “sinistra del peronismo” i modelli erano Cuba, il Che, il Vietnam, Ho Chi Min, Mas, i Movimenti di Liberazione Nazionale, Mariategui (Perù) e molti altri. Infine, non ultimi in ordine di importanza nella costruzione di immaginario e di valori furono i movimenti di ispirazione cattolica come il Movimento dei sacerdoti per il terzo mondo e la Teologia della liberazione.

In un generalizzato processo che vedeva dunque come protagonista quello che allora veniva ancora identificato come “Terzo mondo”, il caso argentino non era isolato, costituendo, anzi, un esempio di una resistenza che veniva rafforzandosi contro lo sfruttamento dei Paesi ricchi e il dominio economico degli Stati Uniti, e che si muoveva velocemente nella direzione di una presa di conoscenza estesa alla maggior parte della società.

Il Cordobazo del ‘69, oltre a segnare la fine del potere di Ongania, decretò la sconfitta delle proposte democratiche e di quelle della corrente oficialista del sindacato ed ebbe conseguenza tra le altre il passaggio alla lotta armata che accomunò organizzazioni (anche molto differenti tra loro), radicate nei quartieri e che da tempo portavano avanti un capillare lavoro territoriale sia di solidarietà concreta che di formazione politica.

I Montoneros ebbero un ruolo speciale in questo processo. Apparsi sulla scena nel 1968 furono un gruppo guerrigliero che si definiva parte di un più esteso e complesso peronismo di sinistra. La loro ideologia si fondava su tre punti cardine: la sovranità politica dentro una società socialista che fosse rispettosa della storia e della cultura nazionale, l’indipendenza economica dall’imperialismo capitalista, la giustizia sociale assicurata dalle masse popolari al potere. Per la realizzazione di questo progetto era necessario il ritorno di Peròn anche se il fine della lotta andava oltre il primo peronismo. Il metodo dei Montoneros si basò sulla ricerca di una comune azione strategica e tattica fra lotte operaie e operazioni guerrigliere.

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Peròn tornò in Argentina il 17 novembre 1972 in un clima di estrema violenza. Durante il suo esilio spagnolo mantenne sempre un controllo complessivo sullo sviluppo degli avvenimenti e intrecciò rapporti con i Montoneros. Infatti, durante l’assenza di Peròn, il peronismo fu considerato da una grande parte delle masse come un’alternativa rivoluzionaria. Peronizzazione e montonerizzazione sembravano procedere parallelamente ma l’idillio tra peronismo e Montoneros era destinato ad estinguersi. Infatti, anche quando la sinistra peronista risultò rafforzata dall’appoggio di Peròn , il principale beneficiario di quelle relazioni fu lo stesso Peròn. Agli inizi del 1973 i dirigenti montoneri pensavano di condividere il potere con Peròn e poi di ereditarlo

Il PRT-ERP rappresentò l’impegno militante della sinistra marxista negli anni ‘70. Insieme ai Montoneros optò per la guerriglia come continuazione della politica con altri mezzi. Il PRT nasce nel 1963 dalla fusione del FRIP (Frente rivoluzionario indoamericano) di impostazione guevarista, il cui leader fu Mario Roberto Santucho della provincia settentrionale di Santiago del Estero che nel 1968 delineò la linea del partito definendo ciò che sarebbe dovuta essere la rivoluzione latinoamericana: continentale, antimperialista e socialista, operaia e popolare. Il V congresso del PRT nel 1970 adottò la strategia di guerra popolare di lunga durata. Venne creato l’ERP che diventò una forza guerrigliera propriamente militare il cui primo obiettivo era quello di sconfiggere le forze armate.

Quello che non compresero i Montoneros e i militanti del PRT-ERP fu che il futuro sarebbe stato dominato dalla controrivoluzione nazionale e continentale. Il “matrimonio” Montoneros–Peròn si ruppe nel 1973 durante il massacro di Ezeiza e definitivamente il 1 maggio del 1974 quando i Montoneros contestarono Peròn a Plaza de Mayo.

Ciò che principalmente si vuole restituire descrittivamente in questa sede è il livello di strutturazione delle organizzazioni sociali, armate e non, prima e dopo tale scelta, che nasceva dal lavoro territoriale nei quartieri poveri delle grandi città, un lavoro costituito dalla risoluzione di problemi estremamente materiali (come ad esempio la costruzione della rete idrica), da un lavoro di educazione e formazione dei bambini, da un lavoro, insomma, di radicamento nei barrios tale da trasformarli in “basi d’appoggio”, nel momento della scelta della lotta armata.

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5.3 L’ultima dittatura: la desapareción del conflitto sociale e l’ascesa del