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Una delle questioni più immediate che si pose nel contesto della crisi del 2001 riguardò il problema della sopravvivenza, tanto che uno dei dati fondamentali che emerse dalla rivolta del dicembre del 2001 sembrò essere proprio una molteplicità di risposte collettive che, a partire dalle esigenze materiali immediate, si situarono nello spazio aperto dalla critica al neoliberismo e alle politiche economiche dello Stato.

Il trueuqe, cioè il baratto fu una tra le pratiche più concrete che attraversò trasversalmente la società argentina nei mesi che seguirono la crisi economica.

Lo scambio di beni, materiali e immateriali (servizi, “prestazioni d’opera”) poteva avvenire sia su scala individuale che collettiva, sotto la forma di uno scambio immediato “negoziato” o solidale, per mezzo di una semplice “stretta di mano”. Risulta infatti difficile tracciare la linea di demarcazione tra quello che potremmo chiamare lo scambio tra vicini e una formalizzazione su una scala più o meno ampia di un fenomeno generalizzato. In ogni caso, la questione centrale fu la determinazione del valore, dell’equivalenza tra due valori scambiati, la quale provò ad essere stabilita in tempo (di lavoro) o facendo riferimento ai valori delle merci scambiate sul mercato capitalistico.

Nella maggioranza dei casi le reti del baratto furono animate principalmente da membri della classe media in quanto i piqueteros, ad esempio, si posero direttamente il problema della riappropriazione diretta delle merci e, solamente in seguito, della costruzione dei circuiti di scambio.

In Argentina si possono contare tra il 2000 e il 2002 più di un migliaio di questi “club de treuque” (così furono chiamati), che aggregarono più di 2 milioni di partecipanti “scambisti”. I creditos in circolazione ammontarono a circa 7 milioni di dollari (quasi 8 milioni di euro) e, nel 2000, sarebbero stati scambiati prodotti per un valore di 600/800 milioni di dollari americani (700/900 milioni di Euro). In molte circostanze le istituzioni municipali e provinciali, hanno in un certo senso riconosciuto questo modo di

Capitolo sesto: La crisi del 2001: constesto politico-sociale e nuove soggettività

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distribuzione delle merci, accettando il credito come moneta “legale”.

Riteniamo corretta la domanda posta da M. Galvani nella recensione al libro, Economia delle reti, del filosofo brasiliano Euclides André Mance, ovvero, se il fenomeno del treuque “è accaduto in situazioni di emerganza, rimane tuttavia il questito se l'economia solidale può rappresentare un’alternativa all'economia capitalistica globalizzata. Più precisamente, è lecito domandarsi se un settore, non capitalistico e non statale della produzione e del consumo, può rappresentare un modello di partecipazione collettiva per milioni di persone che sono state «escluse» dal processo dominante di produzione e redistribuzione”301.

Ma il treuque non fu l’unica esperienza di economia alternativa sorta in quegli anni, ve ne furono altre, altrettanto importanti come ad esempio quella della cooperativa La Asamblearia .

Nel marzo del 2003, un gruppo di 30 “vicini” appartenenti all’ Assemblea di quartiere Nunez e all’Assemblea popolare di Nunez-Saavedra, nella zona nord della periferia di Buenos Aires, si riuniscono per costituire la Cooperativa de Vivenda, Credito y Consumo La Asamblearia Limitata302. Questa cooperativa nasce grazie alle donazioni di simpatizzanti stranieri ai quali era piaciuto il progetto. Il principio che anima la nascita di questa esperienza è l’apertura a tutte le persone che intendono partecipare per promuovere lo sviluppo di un’ampia rete di Economia Solidale, che renda possibile l’affermazione di relazioni sociali alternative a quelle imposte dal capitalismo neoliberale. L’Asamblearia si propone di distribuire e commercializzare prodotti e servizi realizzati in autogestione dai differenti attori che partecipano all’iniziativa cercando di costruire un rapporto con il consumatore che arrivi a valutare il problema della responsabilità del consumo. Questo rapporto nasce proponendo un prezzo “giusto”, attraverso il quale il sistema della compra- vendita viene sostituito da una relazione di interscambio sociale dove la determinante è il valore del lavoro “incorporato”. L ‘Asamblearia produce, distribuisce, commercializza e promuove il consumo di beni e servizi realizzati da altri sistemi di produzione autogestita presenti in Argentina: imprese recuperate, movimenti di contadini autonomi presenti all’interno del paese che producono prodotti biologici303; cooperative di piccoli agricoltori

301

M. Galvani, “Viaggio nell'arcipelago dell'ordine solidale Il trueque in Argentina, i network di produzione e consumo sociali in Brasile, le banche etiche in Asia. «La rivoluzione delle reti», il libro di Euclides Andrè Mance”, Il Manifesto, 24 luglio 2003.

302 http://www.asamblearia.com.ar/sitio/qsomos.htm

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del cono urbano di Buenos Aires; imprese sociali comunitarie nate dalla collaborazione di organizzazioni dei disoccupati e assemblee di quartiere. La certificazione dei processi produttivi avviene in maniera orizzontale e trasparente, in modo da garantire il criterio di qualità che suppone il concetto di economia solidale: prodotti sani e liberi dalla contaminazione che deriva dallo sfruttamento del lavoro umano.

La commercializzazione e il consumo di questo prodotti avviene attraverso differenti canali: localmente viene rivolto ad un pubblico in generale mentre nella maggior parte dei casi la produzione viene assorbita da iniziative sociali come le mense popolari, assemblee popolari e associazioni di vicini. L’esperienza della cooperativa l’ Asamblearia nasce da “emergenze”, frutto del fallimento dell’economia salariale argentina. Essi credono che dalla necessità di sopravvivere sorga la possibilità di costruire delle relazioni sociali diverse, alternative. La difficoltà risiede nella realizzazione di un sub- sistema economico che generi autonomamente le sue leggi e che si costruisca attraverso una rete solidale che comprende lavoratori, intellettuali e disoccupati. In ogni caso questo progetto continua a scontrasi con un sistema di regolazione economica statale che tende a favorire le attività economiche del capitalismo speculativo.

Resta una questione alla quale è molto difficile rispondere: qual è l’incidenza di tutte queste forme d’attività comunitarie sui diversi movimenti di protesta?

Vi è senza dubbio una interdipendenza stretta nella quale cause ed effetti interagiscono e diventano indistinguibili. Si può pertanto affermare, senza eccessivi timori d’errore, che, quale che sia la loro origine o i loro caratteri, la risposta a situazioni di miseria e di evidenti segni di fallimento di un sistema e di una classe politica che ha condotto a questo fallimento, in ragione della dimensione di questa crisi e dell’allargamento a differenti parti o classi della popolazione, ha portato a forme di solidarietà e a comunità di azione in campi molto diversi tra loro, ma di cui non è possibile prevedere l’evoluzione.

Capitolo settimo: Il movimento piquetero

171 Capitolo settimo: Il movimento piquetero*

“I picchetti sono una modalità di lotta che riunisce coloro che sono stati espulsi dai centri produttivi: disoccupati che cercano di risolvere i loro problemi di sopravvivenza, riorganizzandosi territorialmente in aree in cui la battaglia più dura è quella contro la dissoluzione del legame sociale”304