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Attentati alle donne e aspetto ripugnante: la melodrammaticità del traditore

TEMI, FIGURE E CLICHE' DELLA LETTERATURA SUL 1848

4. IL TRADITORE: UN NEMICO DA MELODRAMMA

4.4 Attentati alle donne e aspetto ripugnante: la melodrammaticità del traditore

Nonostante le differenze che intercorrono sulle motivazioni che muovono all’azione criminosa le due figure, i traditori come gli austriaci sono una minaccia per l’onore delle donne. Anche in questo caso l’attacco portato dai tedeschi è più diretto è immediato: il «gentil sesso» deve guardarsi dalla loro furia devastatrice                                                                                                                

415 Ivi, p. 140-44.

che non solo può provocarne la morte ma anche lo stupro o l’umiliazione fisica in pubblico, violenze che agli occhi degli autori risultano particolarmente esecrande in quanto assumono un valore simbolico andando a rappresentare la violazione dell’onore della nazione insieme a quello della donna. Lo stesso discorso si può fare per le insidie rappresentate dai traditori, anche se esse si manifestano in modi differenti: costoro sono talvolta mossi dalla volontà di stabilire una relazione sentimentale duratura con una donna, anche se evidentemente essa non potrà certamente essere sana, e per riuscirvi non esitano a tramare complesse cospirazioni.

Il caso più esemplare è costituito dall’antagonista di Maria da Brescia, Antonio, spia che complotta ai danni dell’amore tra i due protagonisti. Maria, nella sua purezza, sfugge ai biechi piani di Antonio che sono smascherati. Significativamente ben più infelice è la parabola di Ida, personaggio secondario de Il paladino dell’umanità: madre della protagonista Irma che ha abbandonato insieme al padre per intrecciare una peccaminosa relazione con un soldato tedesco, Ida raggiunge comunque il colmo della decadenza morale e la condizione più abietta solo nel momento in cui si trova intrappolata in un nuovo rapporto sentimentale con lo spietato traditore Liborio Ravani:

Ida inciampò nella fatale disgrazia. Signoreggiata dalla passione sentì mai la voce dell’onore, degli affetti di sposa e di madre. Sbrigliata la sua bizzarra fantasia s’affogò nella voluttà; bevette sino all’ultima stilla la tazza del piacere; corse delirante dietro il fantasma dell’illusione nascosto sotto le attrattive della felicità. Caduta poi in potere del Ravani i suoi capricci furono domati dall’incubo di quell’uomo brutale. Egli le inspirava ripugnanza, quando l’avvicinava avrebbe voluto nascondersi sotto terra per sottrarsi alle sue carezze, a’ suoi odiati abbracci. Allora il di lei cuore sensibile, la sua anima di fuoco, non potendo frenare lo slancio della loro natura ardente, desiderarono un affetto puro, capace di riempire il voto immenso che sentivano: la sciagurata si ricordò d’essere madre, e rivolse il pensiero all’abbandonata figlia.

Liborio, non suscettibile d’amore, teneva Ida come un oggetto necessario nelle sue domestiche pareti; ma allorché s’accorse d’esserle ributtante divenne il suo tiranno ed usava tutta l’astuzia per maggiormente tormentarla. Esigeva che, quale schiava, si sottomettesse alla volontà del suo signore, sempre contraria ai suoi desideri. Più volte ebbe la viltà di percuoterla.417

Dello stesso tenore il comportamento tenuto ne L’assalto di Vicenza dal conte Botta, il quale, spacciandosi per un ricco nobile, inganna una giovane inducendola                                                                                                                

ad abbandonare l’amato per seguirlo. La donna scoprirà presto che il traditore era già sposato e subirà a sua volta un’atroce destino di abbandono e rimorso.

I vari tasselli con cui la produzione scritta sul 1848 costruisce l’immagine del traditore (l’inclinazione all’inganno, l’uso della dissimulazione, le insidie alle protagoniste femminili, la ricerca dell’utile personale e l’uso di una violenza sottile e psicologica) modellano tale figura su quella dei loschi e malvagi antagonisti del melodramma che aveva riscosso grande successo sulla scena teatrale nei decenni precedenti e che ora era ampiamente travasata nella letteratura di consumo.

Il traditore è un soggetto puramente e irreversibilmente perfido e malevolo anche se spesso nel racconto si cela a lungo dietro una facciata di rispettabilità e onestà; tale mascherata può certamente ingannare gli altri personaggi del romanzo, ma la vera natura di uomo abbietto del traditore è solitamente manifesta sin da subito al lettore che può dunque inorridire della sua malvagità e doppiezza. Tali tratti, infatti, risaltano sin dall’aspetto fisico del traditore che riflette in maniera abbastanza evidente l’animo nero del personaggio – ancora si può parlare di un’evidente ripresa dell’immagine classica del cattivo da melodramma: le due diverse componenti, fisiche e caratteriali, sono dunque accostate in un palese gioco di corrispondenze sin dal primo ritratto che del traditore ci è fornito. Così ad esempio Ferrari introduce il lettore al personaggio di Antonio:

Grassotto della persona e zoppicante dal piede sinistro: bruno di carnagione ma di lineamenti regolari; occhi nerissimi ma irrequieti nelle loro orbite: voce dolce e portamento signorile: maniere insinuanti: giammai un'emozione violenta che alterasse i tratti del suo volto. Erano questi i contrassegni di quel tristissimo. Speziale di professione, egli era dotto in tutte ribalderie. Usuraio e servizievole: avaro alle volte, ed alle volte splendido: né ricco né povero, ma capace di trar grosso partito dai suoi piccoli affari.418

Antonio è dunque provvisto di un tratto fisico, la gamba zoppa, che seguendo il modello dei melodrammi si configura come un segno corporeo, rivelatore della sua condizione di malvagio; altri personaggi pur mancando di simili marchi risultano comunque contrassegnati da lineamenti analogamente indicativi della loro depravata condotta di vita: il conte Botta de L’assalto di Vicenza deve, ad esempio, il soprannome con cui è chiamato al fatto d’essere decisamente in                                                                                                                

sovrappeso per effetto d’una vita di vizi e baldorie. Ma l’elemento probabilmente più interessante è che l’aspettativa di una corrispondenza tra l’animo e l’aspetto fisico del malvagio influiscono anche sulla descrizione di traditori, o presunti tali, realmente esistiti: così ad esempio la raffigurazione di De Betta non sfigura certo a fianco di quella sopra riportata:

Era un uomo sulla cinquantina, piuttosto alto di statura, che inclinava alla pinguedine, dallo fattezze volgari, dalla tinta rossastra, con labbra turgide, naso arrubinito sulla punta, come di chi abbia l'abitudine di abbandonarsi a libazioni eccitanti. L'occhio era vitreo e torvo; aveva il sogghigno beffardo, l'aria impassibile. La barba grigiastra che portava sotto la giogaia, a collier

grec, gli dava il fare d'un vecchio lupo. La parola gli usciva breve, ricisa e alquanto rauca; il tuono

della burbanza, l'andatura piuttosto impacciata.

Vestiva la marsina e i pantaloni verdi gallonati d'argento e il cappello a tre punte, l'uniforme dei commissari di Polizia.

Quest'uomo, io non posso ricordarmelo senza provare un senso di ribrezzo e di nausea, quale si prova al contatto di un rettile velenoso. Confesso francamente, che preferivo gli insulti e gli strazi della sbirraglia austriaca alle parole talvolta melliflue e ai modi asciutti di costui.419

5. LA VIOLENZA: CRIMINI IMMANI DEL NEMICO E PRODE VALORE

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