TEMI, FIGURE E CLICHE' DELLA LETTERATURA SUL 1848
4. IL TRADITORE: UN NEMICO DA MELODRAMMA
4.2 I poliziotti: i traditori per eccellenza
Tra i molteplici soggetti di volta in volta qualificati come traditori, la polizia del Lombardo-Veneto è probabilmente quello più rilevante agli occhi della maggioranza degli autori e certamente quello più frequentemente citato dai testi. Secondo l’analisi di Francia391, le forze di polizia un po’ in tutti gli stati italiani erano da tempo uno dei principali bersagli polemici dei liberali e dei democratici, oggetto di una rappresentazione che le voleva «violente, subdole e oscure»392, inefficaci nella tutela dell’ordine pubblico e invece indebitamente dedite a censurare e perseguitare il dibattito politico, facendo sfoggio di una condotta dispotica, arbitraria e immorale e maltrattando gli onesti cittadini. Negli anni immediatamente precedenti al 1848, questi attacchi travalicarono le pagine dei giornali e della stampa rivolta alle classi agiate per diventare «una comunicazione
388 Bresciani, L’ebreo di Verona.
389 Si vedano in particolare Ottolini, I cacciatori delle alpi e Ferrari, Maria da Brescia.
390 Si vedano rispettivamente Ottolini, I cacciatori delle alpi; Ferrari, Maria da Brescia; Fantoni,
L’assalto di Vicenza.
391 Francia, Polizia e ordine pubblico nel Quarantotto italiano in Antonielli, La polizia in Italia e
in Europa, pp. 141-8, 154-5.
«popolare» fatta di fogli clandestini, poesie satiriche, graffiti sui muri, voci che si diffondono in questi mesi con impressionante celerità ed estensione»393, la quale viene addirittura considerata da Francia uno dei principali terreni di convergenza nel fronte patriottico. Non vi può insomma essere alcun dubbio sulla pessima fama della polizia già prima degli scontri del 1848, sulla identificazione dei poliziotti come nemici o comunque strumento dei nemici.
Non è però dalle file della polizia che sono estratti gli antagonisti principali dei romanzi sulle vicende quarantottesche. Si può supporre che ciò avvenga per gli stessi motivi per cui gli austriaci sono rilegati in tali opere a figure di sfondo senza che tra di essi si vada a individuare un qualche personaggio ben definito: i romanzieri prediligono malvagi che celino la propria malafede e agiscano nell’ombra, mentre i poliziotti sono i traditori più palesi, di fatto irreversibilmente compromessi con l’Austria, (anche se non è esclusa la possibilità di un perdono in caso di pentimento, che poi appunto non si realizza mai) e ben noti alla comunità come rinnegatori della Patria. La presenza delle forze dell’ordine è comunque nettamente preponderante rispetto a quella delle altre categorie di traditori nelle narrazioni saggistiche e memorialistiche e negli stessi passi all’interno della narrativa di finzione che si soffermano a descrivere il contesto socio-politico del momento (come si è visto tutt’altro che rari).
Il loro ruolo è centrale soprattutto nei combattimenti delle Cinque Giornate di Milano e nella repressione nei mesi e anni precedenti allo scoppio dei moti, arrivando a rivaleggiare con quello degli austriaci. In questi momenti la polizia è mostrata spesso come l’esecutore materiale delle direttive politiche e delle decisioni prese dall’Austria, finendo con il diventare a tratti il principale avversario sul piano dell’azione concreta.
Tutto ciò fa sì che i suoi membri siano messi sullo stesso piano dei nemici stranieri: estraniatisi con le loro scelte di vita dalla comunità nazionale, non solo sono accusabili degli stessi identici atti e crimini commessi dagli austriaci, ma sono descritti con tratti morali e caratteriali simili a quelli degli invasori tedeschi. Non che si possa comunque parlare di un drastico distanziamento rispetto all’immagine classica del traditore che già condivide svariati aspetti con quella dell’austriaco: in quanto malvagi ambedue questi archetipi sono descritti come esecrandi sotto ogni aspetto immaginabile, come si è già visto trattando del
secondo. Dunque entrambe le figure saranno contrassegnate da un’innata crudeltà, dal piacere nell’infliggere dolore, ma anche da atteggiamenti rancorosi, da egoismo e vigliaccheria di fronte al pericolo personale, da arroganza e maleducazione, slealtà e propensione all’inganno. Mentre però con i traditori normalmente si enfatizzano soprattutto questi ultimi elementi, l’immagine dell’austriaco si basa maggiormente sul furore devastatore e su una certa rozzezza di costumi; la polizia sembra collocarsi in una posizione intermedia394. Il fatto stesso che i poliziotti siano italiani postisi contro natura al servizio dell’Austria ne suggerisce l’indole incline alle scorrettezze e appunto traditrice, ma difficilmente si palesa l’astuzia dei comandi della polizia, che anzi sono spesso mostrati impreparati e incapaci di raccapezzarsi di fronte allo sviluppo del movimento patriottico:
a Pachta, Torresani e Bolza era affidato il compito della repressione. Arrovellavano que’ tre di non trovare né capo, né corpo, né piede della congiura. Onde arresti arbitrari, perquisizioni domiciliari, esili ed altre avanie.395
La polizia se n'era avveduta; ma né la macchiavellica penetrazione di Torresani, né la ribalda indagine di Pacta, né la feccia delle spie, né la sfacciatezza di Bolza avevano potuto rivelare in tanta accortezza il principio del moto , né il filo con cui veniva comunicato.396
E’ nel momento dello scontro armato che i poliziotti, schierandosi al fianco dell’esercito asburgico e combattendo alla stregua dei tedeschi, sono maggiormente avvicinabili alla figura dell’austriaco. I testi comunicano tale idea prevalentemente in modo indiretto semplicemente ritraendo i traditori che compiono azioni del tutto analoghe a quelle dei loro padroni. La scelta di fedeltà al dispotismo imperiale, ormai inequivocabile, rende i poliziotti nemici mortali del popolo; ne consegue l’imperativo della loro sconfitta:
Ma come tollerare ancora la libertà d'un drappello di poliziotti che abbietto, a segno di anteporre la brutalità austriaca al valore lombardo, non cessava un istante dalla viltà di far fuoco sui veri generosi? Bisognava dunque snidarli da ogni loro coviglio. Infatti fu stabilito di assalirli397
394 Mi sembra che questo ritratto dei poliziotti che attribuisce loro sia tratti più avvicinabili a quelli dell’austriaco che elementi propri del traditore più classico emerga anche dall’analisi di Francia,
Polizia e ordine pubblico nel 1848, pp. 141-8 che insiste sia sulla brutalità animalesca sia sulla
vocazione alla doppiezza e alle congiure. 395 Venosta, Le cinque giornate di Milano, p, 22.
A tratti emerge la naturale propensione all’inganno dei traditori, sorta di costitutiva doppiezza, ma non sembra un elemento sufficiente a distanziarli dagli austriaci, essi pure propensi, se ne sono già forniti alcuni esempi, a inganni e tranelli:
sapeano giuocar a meraviglia di tradimento, fucilare, indietreggiare, ma spingersi a faccia a faccia non mai. Pure valsero a tollerar le minaccie più energiche, resistere alle condizioni più moderate, sostenere la fame, ricorrere ad ogni espediente, esporre bandiere di pace, e attirati i più onesti, avventarsi con un'indemoniata scarica sui cittadini, che consolati di poterseli stringere al seno come fratelli erano corsi per abbracciarli e dirsi a vicenda parole d'amore.398
L’operato della polizia è prevedibilmente letto in una luce pesantemente critica anche al di fuori dei momenti di conflitto aperto e dichiarato. Essa non è vista come una forza impegnata nel mantenimento dell’ordine pubblico e magari accusabile di corruzione, violenze eccessive o servilismo, bensì come un’istituzione criminosa fin dalle sue fondamenta, modellata e sostenuta dall’Austria al solo esecrando scopo di reprimere le aspirazioni nazionali e riformiste degli italiani, facendo un uso sistematico di sopraffazioni, violenze e arbitrii immotivati per spargere terrore e gettare nella miseria i possibili oppositori del regime dispotico e, se possibile, seminare zizzania fra gli italiani.
La polizia, nome tremendo e abborrito (sic) in Lombardia fino al mezzodì del 18 marzo, cioè fino a quando essa continuò ad essere quello che di più subdolo umiliante, immorale poteva intendersi399
In uno dei ritratti più estesi che ne sono prodotti, Ottolini descrive la polizia come un’associazione di uomini loschi sempre pronti ad approfittare del più debole e servire il più forte, a maltrattare e derubare innocenti arrestati con accuse inventate o pretestuose400. I poliziotti inoltre avrebbero un rapporto equivoco con i veri propri delinquenti, che liberano impunemente di prigione per servirsene come spie e agitatori di piazza o per eseguire determinati lavori; si suggerisce anche una certa paradossale fluidità tra i due ruoli:
397 Ivi, p. 115.
398 Idem.
399 I. Cantù, Gli ultimi cinque giorni degli austriaci in Milano, p. 15. 400 Ottolini, I cacciatori delle alpi, pp. 65-74.
Il rispettabile ceto de' borsajoli, ebbe, sotto l'austriaco governo, una parte importante, dico per noi Milanesi. I direttori di polizia li raccoglievano nelle carceri, e li lasciavan fuori quando loro talentava. Tra i commessi e i capi delle forline regnava ab antiquo un vincolo fraterno, reso ancor più forte dalla comunanza degli interessi, e da un certo rispetto, istintivo, scambievole (il sangue non è aqua! (sic)); e non fu raro il caso di vedere qualche famigerato pelamantelli salire col tempo, e in virtù di meriti arcani, ai primi onori di Santa Margherita, e vestire l'onorata assisa di ufficiale
perlustratore, e viceversa, qualche alto funzionario poliziesco discendere alle lucrose e dotte
manualità delle forline.401
Questa polizia secondo gli autori italiani è prevalentemente impegnata, nei mesi precedenti le insurrezioni di Venezia e Milano, a tentare, con scarsa fortuna, di bloccare l’espressione del movimento patriottico e di abbattere le speranze di una riscossa nazionale nella popolazione con una pluralità di strategie. Essa si alternerebbe con le truppe di Radetzky nel cercare di creare l’occasione per accusare il popolo di attività sovversive e scatenare una brutale quanto ingiustificata repressione: in quest’ottica, ad esempio, è letto l’episodio dei festeggiamenti per l’ingresso in città del nuovo vescovo e dei successivi disordini402. Oltre ad applicare questa sorta di strategia del terrore nel vano tentativo di scoraggiare gli animi, la polizia inasprisce la censura e la caccia ai vertici del movimento nazionale, tentando vanamente di bloccarne le capacità d’espressione pubblica. E’ interessante notare incidentalmente come alludendo alle delibere restrittive della polizia i testi facciano spesso riferimento a tutta una serie di gesti simbolici e contrassegni patriottici, dalle coccarde ai cappelli, che l’Austria cercava invano di bandire; emerge così la forte componente culturale, visiva e performativa del 1848 che altrove è più spesso taciuta con pudore. Si cita ad esempio questo passo in cui Venosta fa riferimento in particolare al valore politico attribuito al teatro:
Proibivasi alla Scala la Margherita Pusterla, musicata dal Maestro Lacroix, per timore della congiura dell'atto secondo, tanto più che una scena del ballo gli Afgani, veniva ogni sera clamorosamente applaudita. Vitaliano Crivelli, chiamato alla Polizia, fu da Torresani ammonito perchè aveva appunto applaudito con calore quel ballo. Anco l'attore Bellotti-Bon dovette subire una lunga intemerata per avere al Teatro Carcano tratto fuori di tasca un fazzoletto tricolore. La casa di Fanny Sadolsky fu nottetempo invasa dalla Polizia, la quale volle operare la confisca di due mazzi di fiori, ornati di nastri tricolori, che l'attrice aveva ricevuto dal pubblico. La danzatrice
401 Ivi, p. 68.
Vouthier, comparsa sul palco con al collo una medaglia di Pio IX, veniva severamente minacciata dall'Autorità. Mentre la Polizia, imperversando, sempre più irritava il popolo, Fiquelmont, credendo usare una grande arte di regno, fece sì che la Ellsler ballasse nel carnovale alla Scala. Era questo un colpo di riserva; quello che avrebbe fatto dimenticare ai Milanesi ogni spirito di agitazione. Ma dovette convincersi che non di leggieri un popolo cambia proposito403
Poiché, come si vede, la sua azione risulta spesso di scarsa efficacia quanto all’obbiettivo primario di colpire e indebolire il nazionalismo montante, l’apparato poliziesco si riduce a una serie di arresti arbitrari che, pur cercando di abbattersi sui capi della congiura e riguardando quindi figure spesso illustri e ben note, risultano essere colpi sferrati sostanzialmente alla cieca che non raggiungono ancora una volta il proprio intento. Essi costituiscono però l’occasione ideale perché i comandi della polizia dimostrino la loro innata crudeltà, il piacere che provano a separare e far soffrire innocenti famiglie:
Ahi, vittime innocenti, ch'al furore, Dippoi senza pietà sagrificava, Bolza godeva aver crudele il core, Le preci, il duol, le lagrime sprezzava D'una famiglia onesta, a cui toglieva Ah! quanto dippiù caro al mondo aveva: O il vecchio genitore, o il figlio amato, Unica cura del materno affetto, O lo sposo alla figlia destinato, O l'amico sincero e prediletto, Oppur di compassion caso più degno D'una famiglia l'unico sostegno. […] Almen però quando quel vile il cuore Appagava crudel con qualche arresto, Fingesse di provar qualche dolore, Deh! stato umano almen fosse nel resto, Ché ciascuno far deve il suo dovere, Ma con belle, con nobili maniere.404