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Opere e autori: testi diversificati ma dall’approccio omogeneo

LA NARRAZIONE DEL 1848 E I SUOI GENERI

2. MEMORIALISTICA E SAGGI SULLE CINQUE GIORNATE: TRA RICORDO DEI MOTI E DENUNCIA DEI COLPEVOLI

2.1 Opere e autori: testi diversificati ma dall’approccio omogeneo

Si è già avuto modo di mostrare come la parte preponderante delle narrazioni del 1848, e delle Cinque giornate di Milano in particolare, sia costituita da opere che ricadono nell’ambito della memorialistica o in quello della saggistica di argomento storico e come tra questi due generi sia impossibile o comunque privo di significato tracciare una distinzione precisa e netta. Se vi sono, infatti, opere che possono essere indubitabilmente inserite nella prima o nella seconda categoria, se ne trovano anche molte di difficile collocazione: alcuni lavori tentano di ricostruire le vicende politico-militari del momento in un’ottica di cronaca del reale virtualmente oggettiva, ma l’autore, che spesso è stato in prima persona protagonista dei fatti narrati, non esita a completare la narrazione con i propri ricordi personali, riportando anche pensieri ed emozioni provate al momento; per contro anche le opere che sembrano più propriamente classificabili come memorie propongono spesso la ricostruzione di qualche evento storico slegato dall’esperienza diretta del narratore.

Ci si trova quindi di fronte a un corpus molto ampio di testi che oscillano tra la ricostruzione storica documentata e il ricordo della propria esperienza personale, tra la descrizione di episodi minimi del conflitto con l’Austria e l’adozione di uno sguardo più generale sul 1848. La distinzione tra i generi, anche al di là della difficoltà di individuare una cesura netta tra saggistica e memorialistica, appare una questione puramente formale e superficiale. Lo stile e il lessico non sono profondamente differenziati e le loro variazioni principali possono essere attribuite alle sensibilità dei vari scrittori; ma soprattutto tutte le opere si concepiscono come contributi alla ricostruzione storiografica degli eventi: anche i testi che sarebbero chiaramente etichettabili come memorie personali si propongono di chiarire qualche episodio, cui si è personalmente assistito, ai fini di un sua accurata inclusione nella ricostruzione storica. Nell’incipit delle sue reminescenze Carlo Osio ad esempio dichiara:

determinai di stendere le mie memorie, solo quanto, cioè, accadde, o col debole concorso dell’opera mia, o me presente, e di pubblicarle, nella lusinga che qualche ingegno di robusta

tempra, raccogliendo un giorno i materiali qua e là sparsi, voglia accingersi a comporne un’opera veramente degna delle cinque gloriose giornate: […] premevami troppo di rettificare quei fatti già resi di pubblica ragione, e che mi riguardavano personalmente.127

Più in generale si può evidenziare come lo status disciplinare della storia non si sia ancora completamente definito e lo sviluppo degli studi sia strettamente legato alla letteratura, come dimostra il profilo di molti degli autori che sono romanzieri e letterati tanto quanto storici. In questo contesto gli scrittori non sembrano concepire una distanza concettuale tra il saggio e la memoria personale.

Una produzione tanto ampia è inevitabilmente variegata quanto a lunghezza, eventi trattati e appunto generi, pur mantenendo una notevole uniformità quanto a strutture narrative e scelte stilistiche; unica importante eccezione è data dalle storie generali, saggi di più ampio respiro e di carattere manualistico, i quali adottano solitamente una narrazione più impersonale e distaccata, su cui ci si soffermerà più avanti. Si possono individuare testi che si limitano a narrare il singolo moto e opere che si concentrano maggiormente nell’approfondire le cause degli eventi, e in particolare della sconfitta finale italiana, esprimendo così le proprie posizioni politico-ideologiche. Alcuni saggi sono scritti sotto forma di lettere stese nel mentre gli eventi si svolgevano e analogamente alcune memorie sono ricavate da appunti sbrigativi presi sul momento; più spesso gli scritti si confrontano esplicitamente con fatti già conclusisi.

Nella saggistica si potrebbero inserire anche i non pochi volumi costituiti da raccolte di brevi o brevissime biografie dedicate ai protagonisti del Risorgimento o ai morti e ai feriti della lotta per la liberazione nazionale, che vanno a comporre un ideale pantheon di eroi e di martiri della causa nazionale. Benché la loro stessa esistenza possa suggerire interessanti considerazioni, tali opere non saranno oggetto di analisi in questa sede, perché la loro conformazione non consente lo sviluppo di una vera e propria narrazione relativa a un evento come l’insurrezione milanese, in cui pure si sono distinti diversi dei personaggi trattati.

Non mancano opere che presentano caratteri peculiari come l’Archivio triennale

delle cose d’Italia che si distingue per l’inclusione nella narrazione di

numerosissimi documenti e d’interventi di protagonisti del moto lombardo. Molti di questi contributi possono essere considerati già di per sé come brevi narrazioni                                                                                                                

127 Osio Carlo, Alcuni fatti delle cinque gloriose giornate in Della Peruta, Milano del

degli eventi, anche se tendono a concentrarsi su un singolo aspetto dell’insurrezione o su uno specifico episodio di cui l’autore ha fatto esperienza diretta. Evidentemente questo stato di cose deriva dalla funzione di questi brani all’interno dell’opera maggiore, che è quello di arricchirne il quadro storico con dettagli, approfondimenti e pareri esperti; tuttavia il concentrarsi su un singolo tema o vicenda è un tratto che si ritrova anche in altri brevi saggi memorialistici128

e in opere di ben maggiori dimensioni.

E’ questo il caso de Gli ostaggi. Pagina storica del 1848. Esso figura scritto da Carlo Mascheroni, letterato autore di romanzi, racconti e drammi, basandosi sui ricordi di Enrico Mazzucchetti, allora impiegato alla contabilità di Stato, in seguito segretario al Demanio, che durante le Cinque giornate è fatto prigioniero dagli austriaci, integrando però massicciamente la narrazione, in occasione della pubblicazione in volume nel 1867 (il testo era stato pubblicato in una prima stesura sulla rivista La Lombardia) con ulteriori ricerche e la consultazione di altri reduci degli eventi narrati. La narrazione è svolta in prima persona dalla prospettiva di Mazzucchetti, acquisendo così un tono quasi diaristico, salvo qualche sporadico ma ampio excursus su differenti personaggi (altri prigionieri o figure distintesi nelle Cinque giornate).

Apertasi con la descrizione delle primissime fasi del moto e con l’assalto austriaco al Broletto, in cui il protagonista è preso prigioniero insieme a molti altri, l’opera mostra le vicissitudini attraversate dai prigionieri, dilungandosi sugli stenti patiti nel Castello di Milano, per poi seguire i diciannove ostaggi trattenuti nella faticosa marcia sino a Verona, al seguito dell’esercito in ritirata, quindi fino alla prigione in Alto Adige e infine, in condizioni di libertà vigilata, sino a Vienna dove otterranno la piena liberazione. Il testo insiste sui patimenti fisici ma ancor più emotivi degli stoici italiani e sulle crudeltà dei loro carcerieri, ma offre un ritratto non troppo feroce dei tedeschi, ammettendo la presenza tra le loro file di personaggi cavallereschi o pietosi; in chiusura si descrivono anche le agitazioni anti-assolutiste della capitale asburgica. Il principale bersaglio polemico è costituito dal commissario della polizia De Betta e dai suoi collaboratori, ritratti come traditori abietti che si dilettano a tormentare il prossimo, privi di qualunque qualità redimente.

                                                                                                               

Tutte queste opere memorialistiche si concentrano su eventi parziali, intendendoli però inserire nel più ampio affresco storico tracciato da altre opere. La stessa frequente adozione di uno stile romanzato, con dialoghi ricostruiti ed emozioni del momento ritratte con grande vivacità, non rappresenta un discrimine forte rispetto al resto della produzione saggistica sul 1848: gran parte dei caratteri di tale stile si trovano riprodotti anche in opere da cui ci attenderemmo, data la loro collocazione tra i saggi storico-politici, un atteggiamento più freddamente distaccato nell’esposizione.

Maggiori indicazioni sul tono, sui temi o sull’approccio alla materia delle varie opere sembrano quindi poter essere veicolate da una classificazione in base al profilo degli autori che le avevano scritte o alla loro datazione. Ma evidentemente anche il momento storico in cui esse sono pubblicate può modificarne drasticamente la prospettiva sugli eventi del 1848: scrivere all’indomani dei moti piuttosto che subito dopo le disfatte piemontesi, o anche a distanza di anni dagli eventi e magari dopo l’Unità italiana, significa che le stesse vicende possono essere rivissute in un clima di esaltazione gioiosa, di sconforto e rancorose recriminazioni o di serena commemorazione di un illustre momento della lotta patriottica, interpretate quindi come una disfatta, un trionfo, un’occasione persa o un doveroso atto di testimonianza. Ciò detto la corrispondenza tra cronologia e toni delle opere non è automatica né scontata, come si vedrà meglio più avanti. Per quanto riguarda gli autori, ciò che davvero può incidere, a volte drasticamente, sulla lettura degli eventi, sul giudizio sui personaggi e sui toni della narrazione è l’appartenenza politica. Sotto altri aspetti, invece, il profilo dei vari scrittori appare abbastanza uniforme, anche oltre l’ovvia appartenenza agli strati più alti della società. Gran parte degli autori di questi saggi esce dalle file della nobiltà lombarda o dell’alta borghesia milanese; sono in ogni caso membri dell’èlite politica e culturale. Molti fra questi personaggi potrebbero riflettersi in un profilo comune, quello dell’esponente di una famiglia benestante, distintosi, spesso sin da giovane (Cattaneo, Ignazio Cantù), negli studi letterari, autore prolifico e capace di spaziare tra diversi generi che, attraverso le scrittura esprime il proprio impegno sociale e politico, palesando non di rado una vocazione per la divulgazione e l’educazione politica e nazionale delle masse (I. Cantù, Correnti); quasi tutti, se non erano all’estero a causa dei loro contrasti con le autorità austriache (Belgiojoso), partecipano alle Cinque giornate, come semplici

combattenti, se non come organizzatori e guide militari del moto. Nonostante le nette diversità politiche, pressoché unanime è la volontà di rinnovamento politico e sociale all’insegna del riscatto nazionale, istanza presente anche tra diversi autori più tradizionalisti, per cui tale rinnovamento deve andare nel senso di una ripresa delle vecchie istituzioni sociali, proprie del carattere italico.

A questo profilo si adatta perfettamente, ad esempio, la figura di Ignazio Cantù (1810-1877), fratello minore del più celebre Cesare, eccezion fatta per il dissesto economico della famiglia durante la giovinezza. Grazie al sostegno del fratello, Ignazio può comunque completare gli studi divenendo uomo di lettere e infine, negli anni successivi all’Unità, facendo carriera in ambito scolastico. Poligrafo dedicatosi a svariati generi, tra cui anche il romanzo storico, pur senza eccellere in quanto al valore artistico degli scritti, Cantù spicca soprattutto per la stesura di opere dalle finalità educative e dal tono didascalico come l’Enciclopedia popolare

e collezione di letture amene ed utili ad ogni persona compilata per cura di Ignazio Cantù. D’idee politiche liberal-moderate e filo-cattoliche, Cantù apprezza

i valori del mondo contadino e si preoccupa di contrastare i mali dell’imminente industrializzazione, osteggiando il socialismo, ma congiunge il suo tradizionalismo in ambito sociale con limitate istanze riformiste che dovrebbero promuovere il benessere senza stravolgere gli equilibri sociali (è ad esempio sostenitore di un graduale allargamento dell’istruzione alle masse). Convinto sostenitore di Pio IX alla vigilia delle Cinque giornate, in tale occasione guida verso Milano gruppi d’insorti dalla campagna e nei mesi successive è redattore del giornale cattolico-liberale La Guardia nazionale129.  

Cantù fornisce anche un emblematico esempio della diffusa pulsione a fornire un’immediata testimonianza scritta dell’insurrezione che si manifesta subito dopo il suo svolgimento: entro il 1848 pubblica due diverse ricostruzioni storiche delle Cinque giornate: Gli Ultimi cinque giorni degli austriaci in Milano. Reminiscenze

storiche del cittadino Ignazio Cantù e Storia ragionata e documentata della rivoluzione lombarda. La prima, che, contrariamente a quanto indica il titolo, è un

saggio storico di meno di 100 pagine dallo stile non dissimile da quello della seconda, esce a pochi giorni appena dalla conclusione del moto, il 28 marzo. Essa si concentra esclusivamente sul momento insurrezionale, riportando un gran                                                                                                                

129 Su Cantù si veda Sacchetti Sassetti, I fratelli Cantù e il Risorgimento italiano in Rassegna

storica del Risorgimento, XVI, 1929; Ambrosoli, Cantù, Ignazio in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 18.

numero di episodi particolari, gesta di patrioti e di tedeschi, morti eroiche e non, crimini e trovate ingegnose. I punti centrali su cui la narrazione si sofferma ripetutamente sono da una parte la ferocia barbarica dei tedeschi, che si traduce in molteplici efferatezze e delitti indicibili ai danni di vittime indifese, tratteggiati con estrema crudezza, dall’altra l’eroismo della popolazione tutta, incluse le donne e il clero: tutti contribuiscono come possono alla lotta; sono innumerevoli le prove di coraggio, ardore, dedizione alla causa e astuzia, ma anche di rispetto della proprietà privata, di contegno nei confronti dei prigionieri, di concordia civile130.

La Storia ragionata estende la narrazione ai mesi precedenti al moto per evidenziare iniquità e soprusi dell’amministrazione austriaca, non per descrivere i preparativi del moto stesso che Cantù rappresenta come una spontanea e concorde esplosione del malcontento di un popolo giunto al colmo della sopportazione. Lo stile si fa più posato, senza più raggiungere i picchi di violenza toccati nell’opera precedente, ma resta caratterizzato da una certa immediatezza espressiva e da evidenti intenti celebrativi. Crudeltà del nemico ed eroismo patriottico dei milanesi rimangono temi ricorrenti ma ad essi si affianca un’insistenza ripetuta sul sostegno della provvidenza divina nel cui disegno si spiega il successo impensabile delle Cinque giornate; si moltiplicano di conseguenza anche gli elogi verso Pio IX, padre del movimento nazionalista. Emergono quindi più chiaramente le posizioni politiche di Cantù, vicino al neoguelfismo, ma il saggio non ricade nella discussione politica tra moderati e radicali attenendosi alla descrizione delle vicende.

Impianto analogo presenta anche un’opera nettamente più distante dagli eventi descritti quale Le Cinque giornate di Milano di Felice Venosta del 1864. Venosta (1828-89) è un patriota, storico e romanziere valtellinese che ha dedicato la quasi totalità della propria produzione scritta al sostegno della causa nazionale. Nel 1848, ancora giovane, aveva combattuto nella rivolta cittadina del capoluogo lombardo per poi arruolarsi e partecipare alla Prima Guerra d’Indipendenza. L’opera del Venosta segue un andamento e uno stile prossimi a quelli propri di Ignazio Cantù, proponendo forse una narrazione più organica e consequenziale dello scontro armato rispetto all’esposizione propria di quest’ultimo autore spesso risultante dal semplice accostamento di svariati eventi scollegati e sparsi. Ciò non                                                                                                                

impedisce che anche Venosta presenti un gran numero di vicende particolari inserite nella cornice delle Cinque giornate ricavandole da fonti quali Cattaneo o lo stesso Cantù. I temi trattati restano fondamentalmente gli stessi, nonostante la distanza cronologica, anche se sono descritti con maggior attenzione il formarsi del sentimento anti-austriaco e le modalità attraverso cui esso si manifesta.

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