LA NARRAZIONE DEL 1848 E I SUOI GENERI
3. I ROMANZI: UN INTRECCIO AL SERVIZIO DELLA STORIOGRAFIA
3.2 I personaggi: valorosi patrioti, fanciulle innocenti e infami traditori
I romanzi analizzati ricorrono, nel costruire i propri personaggi, a una serie di archetipi, di figure ricorrenti che si ripresentano con varianti limitate di opera in opera. I protagonisti in particolare possono essere inquadrati in un numero molto limitato di modelli di personaggio: carattere, motivazioni e abilità delle varie figure presentate dai romanzi ricalcano tale modello, con uno scarso approfondimento psicologico che vada oltre i topoi di genere quanto ai tormenti interiori e alle aspirazioni dell’archetipo di personaggio in questione. Ne risultano ritratti spesso stereotipati, privi di caratteri individualizzanti accentuati.
Al centro di ogni opera si trovano sempre dei giovani italiani di entrambi i sessi, presupposto per poter costruire una tormentata storia d’amore, che a sua volta è sempre un punto focale della trama. Il ruolo di protagonista primario, se mai è possibile individuarne uno, spetta comunque a un ragazzo che è facilmente coinvolto in una serie di viaggi, solitamente forzati dalle circostanze, e soprattutto di battaglie, presenza imprescindibile nella narrazione. I giovani, infatti, sono sempre dei ferventi patrioti, pronti all’occasione a mettersi al servizio della patria e a combattere per il suo onore e la sua libertà: tale disposizione è presentata come
del tutto naturale ai prodi figli d’Italia: anche se può essere certamente coltivata così da divenire più intensa, dovrebbe essere già presente nel loro cuore. Così ne
Il paladino dell’umanità Ernesto riconosce senza dubbi l’amore per la patria
anche nell’amico che pure è meno infuocato di lui e non si è fatto volontario: tu l’ami e vuoi che sia indipendente perché non potresti soffrire di vedere i tuoi figli schiavi; perché vedi nella sua indipendenza un avvenire florido per te e la tua futura generazione: io invece la voglio libera, perché desidero sia innalzata all’onore che le si compete di Grande Nazione, perché bramo di vederla salutata da tutto il mondo regina del progresso e della civiltà.196
Al di là dell’accento, spesso assente, sul grande destino internazionale del paese, non sorprenderà certo che a prevalere sia il secondo modello di patriota, smanioso di combattere al punto da arruolarsi nella guardia civica e partire volontario appena può, incessantemente preoccupato dei destini della patria lungo tutto il romanzo. Quasi tutti i giovani ricadrebbero in tale comportamento, anche se talvolta la necessità di provvedere ai cari e alla famiglia può creare un ostacolo oggettivo all’impegno patriottico (Giuliano in I cacciatori delle alpi è ad esempio a lungo trattenuto dalla necessità di pensare alla madre e alla cugina di cui è l’unico sostegno). Raro è invece che sia esposto nell’opera il momento in cui il patriota è educato all’odio per il nemico e ai sentimenti di amore e dovere verso la patria: ciò avviene in apertura di Maria da Brescia dove, in un ribaltamento rispetto alla consuetudine, è la ragazza la patriota più accesa che istruisce l’amato Ernesto197.
Il giovane patriota è solitamente bello, intrinsecamente buono e gentile, anche se talvolta facilmente irritabile, ma soprattutto risoluto nei suoi propositi e valorosissimo in battaglia, dove non di rado, spinto anche dalle proprie tormentate e tragiche vicende personali, cerca una morte eroica. Emblematica la descrizione che Fantoni fa della partecipazione alla battaglia dei due suoi eroi:
In mezzo a quell'illustri e sfortunati soldati che sovra uno spazio sì breve di terra tennero per altre due lunghe ore accanita la lotta contro l'esercito degl'Imperiali […] furon veduti due giovani coperti delle assise dei volontari, fare a gara in valore con quei bravi. Aveano combattuto uniti sempre fin dal mattino negli avamposti, con tale impazienza e, ansietà di venire a vicin sangue, da parere disperati. […] e vieppiù infuocati al loro esempio, e nelle preste scariche, e ne' fieri assalti a
196 Sacchi, Il paladino dell’umanità, p. 83. 197 Ferrari, Maria da Brescia, pp. 17-45.
bajonetta s'erano portati così fortemente da essere tenuti e ammirati in quelle colonne così agguerrite e disciplinate. […] Ardevano i lor fucili, la loro pelle era tutta annerita, le mani aveano abbruciate, ma non cessavano mai di mandar fuoco al nemico. […]
E par che le forze non manchino mai a que'gagliardi; si guardano tratto tratto l'un l'altro, ed esultano delle loro prodezze, s'inanimano sempre più, e s'incoraggiano […] vogliono fare un colpo ancora, e morire.198
Unico difetto che non di rado può essere attribuito ai patrioti è una certa ingenuità che può indurre i giovani a errate valutazioni politiche, ma che può emergere soprattutto nelle questioni amorose: i giovani possono essere trascinati dai propri ardenti sentimenti a ignorare i difetti e l’indole traditrice dell’amata (Giuliano ne I
cacciatori del alpi) o a fraintenderne i sentimenti (Arturo ne Il paladino dell’umanità). In generale il ritratto dell’amore è quello di una passione
travolgente e assolutizzante (come del resto ogni altra passione a cominciare da quella patriottica), caratterizzata da un certo candore e non razionale per chiunque, senza che ciò implichi l’individuazione di difetti in chi ne è toccato. La giovane donna rappresenta l’altra figura immancabile nella narrazione: benché tendenzialmente partecipe di vaghi sentimenti patriottici, si mantiene fondamentalmente ai margini della lotta nazionale, intervenendovi solo quando non può farne a meno o in posizioni ausiliarie come quella di infermiera o di incoraggiatrice all’impegno dei propri cari.
Maria da Brescia con il suo fervente odio per i tedeschi e i suoi alti sentimenti
patriottici rappresenterebbe un’evidente eccezione: certamente il nazionalismo è in questo caso un tratto saliente del suo carattere, anzi può senza dubbio essere indicato come il suo principale attributo199, introducendo una differenza drastica con quasi ogni altro personaggio femminile, che si definisce piuttosto sulla base del suo amore per il fidanzato e/o per la sua strenua difesa del focolare. Tuttavia anche Maria si tiene a lungo lontana dai combattimenti, in ossequio alla sua posizione sociale, sino ai momenti conclusivi dell’opera (e dell’assedio di Brescia) quando si getta nella mischia, sostituendosi al fidanzato prode ma ferito, con un atto di sommo valore che non va a contraddire il tradizionale rapporto tra sessi, ma è anzi esaltato nel suo eroismo dalla condizione di maggior debolezza fisica e morale propria di donna: del resto, solo poche pagine prima, Maria era stata stremata dopo aver richiamato all’ordine l’amato, disperato per la morte
198 Fantoni, L’assalto di Vicenza, pp. 174-6. 199 Ferrari, Maria da Brescia.
della madre, perché «lo sforzo che ella aveva dovuto fare onde risolvere l'amante suo a ricordarsi d'essere soldato, era troppo grande, e troppo in contraddizione colle abitudini di donna, e coi sentimenti d'amante.»200
Prive, ad eccezione di Maria, di moventi differenti dall’amore per fidanzati e parenti, le fanciulle risultano solitamente personaggi passivi e statici, obiettivo da raggiungere per l’eroe e bene da difendere dall’oltraggio perpetrato dalla violenza tedesca o dalle insidie dei traditori. Sono solitamente presentate come giovanili ed attraenti, spontaneamente dolci e affettuose, innocenti e pure, ma fragili proprio a causa della loro purezza e semplicità oltre che della loro minor vigoria fisica. Inoltre possono essere travolte e debilitate dalle passioni intense, cui sono soggette, se possibile, ancor più degli uomini. Il caso estremo è rappresentato da Virginia presentata da Ottolini in questi termini:
la natura aveva fatto dono alla fanciulla di un'anima angelica. Buona, ingenua, ma sensibile ad un tempo e ardente, Virginia era di quelle che pajon nate per soffrir sempre; che, quando per caso s'imbattono nella gioja, diresti sfuggono atterrite da quell' inusato scuotimento di fibre201
I nemici principali delle vicende narrate sarebbero ovviamente i tedeschi, ma è interessante notare come difficilmente dalle file dell’esercito o dell’amministrazione asburgica escano personaggi veri e propri: in tutti e quattro romanzi non è presente nessuna figura di austriaco di cui sia indicato il nome e di cui siano fornite indicazione sulla personalità, il carattere, le motivazioni. E’ raro anche solo che un tedesco sia presentato come individuo separato dalla truppa o dalle istituzioni. Una parziale eccezione è data dai comandanti realmente vissuti (Radetzky, Nugent, Haynau, ecc.) talvolta ritratti, come avviene anche per i loro corrispettivi italiani, nel loro carattere e disposizione d’animo, ma con poche pennellate solitamente insufficienti a tratteggiare appieno un personaggio.
Il ruolo di antagonista principale è quindi di consueto ricoperto da un traditore italiano, figura che ha la funzione di creare ulteriori ostacoli ai protagonisti e al coronamento della loro relazione, ma che non è strettamente indispensabile: è ad esempio assente in I cacciatori delle alpi. Gli ostacoli possono essere generati, infatti, anche da triangoli amorosi e amori non corrisposti (in Sacchi e Ottolini) o
200 Ivi, vol. 2, p. 343.
dall’appartenenza nazionale degli amanti (in Fantoni la protagonista Elena è figlia di un tedesco).
Il traditore è in realtà una figura variabile quanto a status: può essere semplicemente un abietto ma manifesto servitore dell’Austria (Liborio Ravani ne
Il paladino del’umanità) o un manigoldo che ricerca il proprio utile personale con
l’inganno e la dissimulazione (il conte Botta in L’assalto di Vicenza). Oppure, assommando entrambi questi caratteri, egli è una spia al soldo del nemico come Antonio in Maria da Brescia. Il traditore condivide con l’austriaco un ritratto impietoso: è un ricettacolo di difetti, vizi e peccati senza alcuna qualità redimente. Il tratto più caratterizzante, comunque, insieme all’egoismo e alla crudeltà, é una propensione all’inganno e alla dissimulazione, che costituisce la sua principale arma. Figure che fin dall’aspetto fisico appaiono viscide e repellenti, questi antagonisti ricevono solitamente la giusta punizione finale con la morte, ma non manca anche chi riesce ad eclissarsi, semplicemente sparenndo dalla narrazione (il conte Botta).
Naturalmente i testi presentano diversi altri personaggi di contorno, negativi e positivi. Nel primo caso si tratta spesso di figure che per egoismo, propensione al vizio e mancanza di alti valori ideali sono avvicinabili alla figura del traditore: pur essendo difficilmente considerabili dei veri e propri antagonisti malvagi della narrazione, essi sono presentati come figure prive di qualunque elemento caratteriale pregevole. L’esempio migliore di questa categoria di personaggi è probabilmente costituito da Rita, moglie adultera di Giuliano, viziata, lussuriosa e vanesia in I cacciatori delle Alpi.
Questa logica manichea che si applica ai personaggi negativi, presentati come intrinsecamente malvagi e dunque privi di possibilità di redenzione è però asimmetrica e non si applica ai personaggi buoni. Ad essi possono essere facilmente imputati difetti, vizi o errori di valutazione che comunque non modificano il giudizio che li vuole benintenzionati e meritevoli di comprensione se non di lode. Ma non mancano le figure dei giovani perdutisi e corrotti che entrano in una zona d’ombra (ad esempio Clemente in L’assalto di Vicenza). Tra le figure secondarie, che in alcuni casi ricoprono un ruolo di poco meno ampio dei protagonisti, troviamo ancora una serie di figure stereotipate, quali ad esempio quella della vecchia madre o zia, tutta dedita alla cura dei propri familiari al punto da annullare i propri desideri nella difesa del benessere di figli e nipoti,
un atteggiamento descritto con approvazione come naturale e doveroso da parte dell’anziana donna di casa202. Più di frequente i giovani sono affiancati da qualche patriota più maturo, che consente all’autore di ritrarre prospettive più smaliziate sugli eventi in corso o porre a confronto personaggi di diverso orientamento politico anche se tutti fermamente nazionalisti203. Omologabili a questa tipologia sono anche i sacerdoti o membri del clero che condividono l’ideale patriottico e che spesso rivestono il ruolo di preziosi consiglieri per i protagonisti, sostenendoli talvolta anche concretamente.