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multidisciplinare, un intervento non-farmacologico sicuro ed efficace nei programmi di pre- venzione e gestione dell’osteoporosi e delle conseguenti fratture.

È noto che qualsiasi attività fisica che determini “stress meccanici” ripetitivi su un seg- mento scheletrico, ovvero che gli imponga un certo carico, stimola il rimodellamento os- seo e tende ad aumentare la densità, ovvero la robustezza ossea in quella zona (effetto osteogenico) (4). Una costante pratica motoria riduce il rischio di osteoporosi, considerato che massimizza il raggiungimento del picco di massa ossea nel giovane, contribuisce al mantenimento della densità ossea nell’adulto e rallenta il depauperamento osseo durante la menopausa (8, 11). Invece, l’immobilizzazione e l’inattività fisica promuovono la perdita di massa ossea; pertanto soggetti con uno stile di vita prevalentemente sedentario sono più esposti a fratture. A questo si aggiunga che la sarcopenia, ovvero la perdita di massa muscolare legata all’avanzare dell’età, correla con l’osteopenia e può essere aggravata da una ridotta attività fisica (12).

Un programma di allenamento che combini esercizi isotonici a carico naturale ed esercizi di potenziamento muscolare ad elevata intensità con pesi leggeri e a resistenza elastica, si è rivelato il più vantaggioso nel preservare la densità minerale in donne in post-menopausa. Per ottenere un effetto positivo sull’osso l’allenamento deve essere sito-specifico (mirato a potenziare i gruppi muscolari dei siti ossei da rinforzare: muscolatura dell’anca, della colonna vertebrale, del polso, degli arti, della spalla) e progressivo in termini di impatto e intensità, man mano che la forma fisica e il livello di forza migliorano (15). Agli esercizi di resistenza alla forza, andrebbe associato l’esercizio aerobico che rimane fondamentale per la salute generale dell’individuo, rinforza il sistema cardio-circolatorio e polmonare. Lo svolgimento anche di una modesta attività fisica, inoltre, può contribuire a ridurre signifi- cativamente il rischio di cadute, principale causa di frattura negli anziani. Si sono rivelati utili a tale scopo programmi di esercizio volti a migliorare la forza, la deambulazione, l’equilibrio, gli spostamenti e la salita delle scale (9, 13).

L’attività motoria, e specialmente l’attività fisica preventiva e adattata alle età e alle condizioni psico-fisiche, è quindi utile nei tre tempi della prevenzione della malattia oste- oporotica: in prevenzione primaria per ridurre l’incidenza della patologia, in quella secon- daria per evitarne le sequele (es. le fratture) ed anche in quella terziaria in quanto facilita il recupero, riduce l’invalidità e limita la perdita di autonomia, e in definitiva migliora la qualità di vita (6).

Programmi di AFA per l’osteoporosi

Un programma di attività fisica preventiva per un soggetto con osteoporosi, adattata all’età e alle condizioni psicofisiche, dovrebbe avere i seguenti obiettivi: la correzione dei fattori di rischio modificabili, il rafforzamento e mantenimento della massa ossea, la riduzio- ne del dolore, il potenziamento muscolare e il miglioramento della funzionalità articolare, la prevenzione delle cadute, il trattamento e la riabilitazione dei postumi di frattura (6).

In Australia, l’Università di Melbourne ha definito un protocollo di attività fisica multi- modale finalizzato all’osteoporosi e alla prevenzione delle cadute rivolto a soggetti over 60, uomini e donne, ad elevato rischio di frattura. Il programma, chiamato “Osteocise: strong bone for life”, si articola in 18 mesi e prevede anche seminari di educazione sull’osteo- porosi e sui relativi fattori di rischio per i partecipanti e workshop di aggiornamento per gli operatori. Per quanto riguarda il programma di allenamento, sono previste tre sedute settimanali da 60 minuti ciascuna; ogni seduta comprende riscaldamento, allenamento pro- gressivo alla forza veloce, utilizzando macchine e piccoli pesi, esercizi isotonici a carico naturale a moderato impatto, esercizi di equilibrio e mobilità, esercizi posturali ed esercizi di flessibilità. Il programma è personalizzato e studiato in modo da poter soddisfare i due principi generali dell’allenamento: specificità e sovraccarico graduale. Il protocollo si pone

come obiettivi primari il miglioramento della densità minerale ossea e delle performance muscolari (7).

Un altro importante progetto internazionale, condotto da ricercatori tedeschi dell’Uni- versità di Erlangen, è lo studio EFOPS (Erlangen Fitness Osteoporosis Prevention Study) che ha dimostrato l’efficacia di un programma di esercizio fisico costante e di lunga durata nel contrastare la perdita d’osso e prevenire l’osteoporosi nelle donne nei primi anni di meno- pausa. Lo studio ha coinvolto 137 donne per un periodo di dodici anni. Il programma di alle- namento consisteva in due sessioni settimanali da 60-70 minuti, più due sessioni settimanali di attività fisica in casa da 25 minuti ciascuno; nelle sedute in palestra era prevista una prima fase di riscaldamento e resistenza, seguita da esercizi di potenziamento muscolare e flessibilità (10).

In Canada, nello Stato del British Columbia, è stato sviluppato un programma innovativo di attività fisica, chiamato “Osteofit”, rivolto specificatamente a soggetti affetti da osteo- porosi/osteopenia o ad alto rischio di cadere. L’allenamento si svolge in forma di attività di gruppo sotto la supervisione di un istruttore adeguatamente formato, negli abituali contesti della comunità sociale ed è sicuro e adatto anche a persone anziane e poco allenate (sono infatti previsti due livelli). È stato selezionato un protocollo di esercizi volto a ridurre la perdita di massa ossea, incrementare la massa muscolare, migliorare la postura e l’equi- librio al fine di ridurre il rischio di caduta. Il programma include anche sedute di informa- zione ed educazione sull’osteoporosi e sulla prevenzione delle cadute. “Osteofit”, che si svolge ormai dal 1998, ha già coinvolto in questi anni più di 500 donne in oltre 50 centri (http://www.osteofit.org/home.htm). L’efficacia del programma è stata dimostrata anche in un recente studio: un programma di 20 settimane di Osteofit in donne post-menopausa tra i 65 e i 75 anni affette da osteoporosi ha avuto effetti positivi in termini di equilibrio, forza degli arti inferiori e qualità di vita (2).

In letteratura sono anche descritti diversi studi relativi all’attività in acqua in pazienti con osteoporosi e/o osteopenia, in alcuni dei quali si rilevano risultati positivi sull’osso (1, 14). L’esercizio in acqua neutralizza la gravità e alleggerisce il peso del corpo e offre un maggiore sostegno, impedendo impatti violenti e possibili traumi alle ossa e alle articola- zioni (5); inoltre alcuni soggetti si sentono più protetti dal rischio di cadute (6). Tuttavia, l’efficacia di un programma di allenamento in acqua sulla salute ossea rimane controverso e sono necessarie ulteriori conferme (6).

In Italia, la Regione Toscana promuove già dal 2000 diversi programmi di Attività Fisica Adattata rivolta a persone con malattie croniche. Con la DGR 595/2005 e successive modifi- cazioni ed integrazioni (DGR 1081/2005 e DGR 1082/2005) sono stati introdotti percorsi AFA per la prevenzione delle fratture da fragilità ossea ed osteoporosi che rientrano nell’ambi- to dei programmi AFA (http://www.sds.firenze.it/materiali/Stili_di_vita/allAdelRT459.pdf) per persone con “bassa disabilità”, disegnati per “le sindromi croniche che non limitano le capacità motorie di base o della cura del sé”.

Infine, in varie AUSL del territorio italiano, nell’ambito dei progetti di Promozione dell’attività motoria e di lotta alla sedentarietà, sono state realizzate iniziative come quella dei Gruppi di Cammino che, seppur non rivolti specificatamente alla prevenzione dell’osteoporosi, possono comunque apportare dei vantaggi in termini di salute ossea. Per Gruppo di Cammino si intende un’attività organizzata nella quale un gruppo di persone si ritrova due-tre volte alla settimana per camminare, lungo un percorso urbano o extra ur- bano, sotto la guida inizialmente di un insegnante di attività fisica e, successivamente, di un “walking leader” interno al gruppo e appositamente addestrato. Le attività di cammino possono essere integrate con esercizi di compensazione (stretching, esercizi di forza e di equilibrio). Camminare di buon passo e regolarmente per una trentina di minuti può essere sufficiente per mantenere in buona salute lo scheletro, soprattutto se camminando si fanno oscillare le braccia in modo tale che anche tronco e arti superiori vengono sottoposti al loro esercizio quotidiano.

Bibliografia

1. Ay A, Yurtkuran M. Influence of aquatic and weight-bearing exercises on quantitative ultrasound variables in postmenopausal women. Am J Phys Med Rehabil 2005; 84(1): 52-61.

2. Carter ND, Khan KM, McKay HA, et al. Community-based exercise program reduces risk factors for falls in 65- to 75-year-old women with osteoporosis: randomized controlled trial. CMAJ. 2002 Oct 29; 167(9): 997-1004. Erratum in: CMAJ. 2003 Jan 21; 168 (2): 152.

3. D’Amelio P, Spertino E, Martino, et al. Prevalence of postmenopausal osteoporosis in Italy and validation of decision rules for referring women for bone densitometry. Calcif Tissue Int. 2013 May; 92 (5): 437-43. doi: 10.1007/s00223-013-9699-5. Epub 2013 Jan 20.

4. Di Vasta AD, Gordon CM. Exercise and bone: where do we stand? Metabolism. 2013 Dec;62(12):1714- 7. doi: 10.1016/j.metabol.2013.09.016. Epub 2013 Oct 18. Review.

5. Frangella C, Giampaoli S, Valeriani F, et al. Il ruolo dell’attività motoria nella prevenzione della osteoporosi e nella promozione della salute muscoloscheletrica. Ann Ig 2013; 25: 469-472. 6. Frangella C, Isabella A, Montuori E, et al. Adapted physical activity: the role in secondary preven-

tion of the osteoporosis. Recenti Prog Med 2012; 103(4): 164-72. doi: 10.1701/1068.11707. 7. Gianoudis J, Bailey CA, Sanders KM, et al. Osteo-cise: strong bones for life: protocol for a com-

munity-based randomised controlled trial of a multi-modal exercise and osteoporosis education program for older adults at risk of falls and fractures. BMC Musculoskelet Disord 2012; 13: 78. doi: 10.1186/1471-2474-13-78.

8. Howe TE, Shea B, Dawson LJ, et al. Exercise for preventing and treating osteoporosis in post- menopausal women. Cochrane Database of Systematic Reviews 2011, Issue 7. Art. No.: CD000333. DOI: 10.1002/14651858.CD000333.pub2.

9. Kanis JA, McCloskey EV, Johansson H, et al; Scientific Advisory Board of the European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis (ESCEO) and the Committee of Scientific Advisors of the International Osteoporosis Foundation (IOF). European guidance for the diagnosis and management of osteoporosis in postmenopausal women. Osteoporos Int. 2013 Jan; 24(1): 23-57. doi: 10.1007/s00198-012-2074-y. Epub 2012 Oct 19.

10. Kemmler W, von Stengel S, Bebenek M, et al. Exercise and fractures in postmenopausal women: 12-year results of the Erlangen Fitness and Osteoporosis Prevention Study (EFOPS). Osteoporos Int. 2012 Apr; 23(4): 1267-76. doi: 10.1007/s00198-011-1663-5. Epub 2011 May 28.

11. Oral A, Küçükdeveci AA, Varela E, et al. Osteoporosis. The role of physical and rehabilitation medicine physicians. The European perspective based on the best evidence. A paper by the UEMS-PRM Section Professional Practice Committee. Eur J Phys Rehabil Med 2013; 49 (4): 565-7. 12. Palombaro KM, Black JD, Buchbinder R, et al. Effectiveness of exercise for managing osteoporosis

in women postmenopause. Phys Ther 2013; 93 (8): 1021-5. doi: 10.2522/ptj.20110476. Epub 2013 May 23. Review.

13. PNLG – Prevenzione delle cadute da incidente domestico negli anziani. DOCUMENTO 13 maggio 2007.

14. Rotstein A, Harush M, Vaisman N. The effect of a water exercise program on bone density of postmenopausal women. J Sports Med Phys Fitness 2008; 48 (3): 352-9.

15. Scottish Intercollegiate Guidelines Network - Management Of Osteoporosis. A National Clinical Guideline. June 2003.

16. WHO. Assessment of fracture risk and its application to screening for postmenopausal osteopo- rosis. Report of a WHO Study Group. Geneva, World Health Organization, 1994 (WHO Technical Report Series, No. 843).

17. WHO. Prevention and management of osteoporosis. Report of a WHO Scientific Group. Geneva, World Health Organization, 2003 (WHO Technical Report Series, No. 921).

La valutazione delle tecnologie sanitarie: principi e definizioni

Attualmente lo scenario economico e finanziario che caratterizza il settore sanitario è fortemente contraddistinto da scarsità di risorse, sicuramente non sufficienti a soddisfare l’intera domanda. Al tempo stesso le persone, anche grazie al crescente flusso di informa- zioni a riguardo, tendono sempre più a concepire il concetto di Salute non solo come un diritto, bensì quale risorsa da tutelare e valorizzare; ciò ha prodotto nel tempo un progres- sivo e significativo incremento della richiesta di prestazioni sanitarie, spesso a prescindere da una reale necessità. A completare lo scenario, il progressivo invecchiamento della po- polazione e l’aumento dell’aspettativa di vita, propri del contesto demografico degli ultimi anni, che hanno contribuito ad una altrettanto significativa crescita del numero di soggetti a rischio o affetti da malattie croniche e da disabilità.

Il miglioramento della qualità assistenziale non dipende solo dalla disponibilità di far- maci, dispositivi o apparecchiature strumentali all’avanguardia, ma anche da processi di riforma del Sistema Sanitario, incluse l’organizzazione e l’informatizzazione, piuttosto che dall’introduzione o rimodulazione di percorsi diagnostico-terapeutici, di procedure e linee guida. Ci si riferisce dunque a tecnologie sanitarie nell’accezione più ampia del termine che, a differenza di quanto accade in altri ambiti, si presentano sul mercato con costi quasi sempre maggiori, giustificati da migliori livelli di performance, di sicurezza e di efficacia rispetto al preesistente (6, 7, 9, 10).

Bisogna ora comprendere come il sistema Sanità, da anni non più in grado di fornire “tutto a tutti”, per non incorrere in enormi sprechi, possa riuscire ad assicurare “il meglio a chi ne ha davvero bisogno”. Come a dire, spendere bene e non risparmiare sulla salute, come pur- troppo spesso accade nell’attuale scenario caratterizzato dai “tagli lineari” in sanità (5, 17).

Ma come si fa a decidere cosa sia “il meglio per chi ne ha davvero bisogno”?

Per riuscire in tale intento, e proprio al fine di ottimizzare l’impiego delle risorse, già da anni è possibile fare ricorso ad analisi valutative in grado di fornire informazioni utili a supportare la scelta, lo sviluppo, l’adozione e l’utilizzo di una nuova tecnologia sanitaria, che sotto tutti i punti di vista si proponga come più performante rispetto a quelle già in uso, anche a fronte di un maggior costo da sostenere; un sistema che sappia valutare un investimento necessario per produrre “buona salute” e, allo stesso tempo, sappia anche generare effetti economici positivi.

È questo un approccio culturale proprio della Sanità Pubblica, che non sempre appar- tiene al bagaglio di saperi e formativo di chi è chiamato a prendere decisioni: attraverso tale approccio è possibile supportare le scelte di politica sanitaria affidandosi a tecnici ed a specifici strumenti di analisi valutativa in grado di contribuire in modo appropriato al pro- cesso decisionale. L’Health Technology Assessment (HTA) e l’Horizon Scanning (HS) sono gli strumenti che rispondono a tale necessità (6, 7, 11, 14).

L’attività motoria nella ridefinizione dei percorsi

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