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In assenza pertanto di adeguate contromisure correttive di tali fattori, il rischio di trau- ma – infortunio è elevato. Le lesioni possono essere suddivise in base alle modalità di azione in traumi diretti ed indiretti ed in base alla clinica in traumi acuti, che sono la risultanza di una singola forza meccanica, violenta, sopramassimale, rapida che agisce nell’unità di tempo su una struttura integra, ed in traumi cronici, che possono rappresentare l’evoluzio- ne di un trauma acuto sottovalutato o non adeguatamente trattato o derivare dal sommarsi di episodi microtraumatici, pertanto sub-massimali, ripetuti nel tempo spesso conseguenti alle sollecitazioni gestuali tipiche di ogni sport (patologia da sovraccarico).

Nel trauma diretto si viene a determinare un brusco impatto e relativo scarico della forza contundente sulle strutture sottostanti, con conseguente danno dei tessuti. Il danno provocato nel trauma diretto avviene nel punto di applicazione della forza oppure lontano da tale punto e risulta variabile sia in relazione alla forza d’urto che alla sede anatomica colpita. Quando il danno dell’organo interessato, si osserva nel punto di applicazione del- la forza, il risultato varia dalla semplice contusione con ecchimosi (lesione di piccoli vasi linfatici e sanguigni con infiltrazione ematica dei tessuti sottocutanei) o con formazione di ematoma (raccolta patologica di sangue al di fuori del letto vascolare) alla rottura (solu- zione di continuità) della struttura anatomica interessata (esempi: frattura ossea, rottura muscolare etc.). Si può determinare la comparsa di danni transitori o di danni permanenti (lesioni midollari), sino alla possibile morte del paziente qualora vengano interessate parti vitali (encefalo, organi interni addominali) (1, 7, 13, 15). Quando il danno dell’organo in- teressato si osserva in un punto lontano dal punto di applicazione della forza, il risultato varia dalla momentanea perdita di rapporto tra i capi articolari (distorsione articolare) alla perdita permanente di rapporto tra i capi articolari (lussazione articolare) con la presenza di alterazioni più o meno estese delle componenti capsulo-legamentose articolari (lesioni meniscali, lesione del legamento crociato anteriore e posteriore) (9, 10).

Più del 50% delle lesioni da sport sono provocate dal sovraccarico funzionale, inteso come effetto lesivo di sollecitazioni iterative, ripetute ciclicamente, per tempi molto prolungati o con intensità elevate, su varie sedi e tessuti. È molto importante conoscere l’itinerario patogenetico che porta dalla condizione di normalità alla condizione di patologia. L’altera- zione patologica può schematicamente, in modo semplicistico, essere distinta in tre fasi:

– fase precoce: presenza di un sovraccarico meccanico con prevalenza dei fenomeni riparativi su quelli lesivi; processo infiammatorio reversibile;

– fase intermedia: superamento della soglia riparativa da parte degli stimoli meccanici con comparsa delle specifiche alterazioni anatomopatologiche; processo infiammato- rio degenerativo;

– fase tardiva: successivo incremento progressivo ed irreversibile delle lesioni tipiche delle strutture interessate (alterazioni da usura); degenerazione – lesione (12). In queste situazioni il sintomo caratteristico è il dolore, di varia entità, che può essere accompagnato o meno da una tumefazione e/o da impotenza funzionale, con dolore cronico a cui l’atleta non sa attribuire una reale data di insorgenza e che progressivamente incre- menta nel corso delle varie performance sportive.

Nel corso dell’attività sportiva, se si escludono i traumatismi che impediscono il prose- guimento della performance dell’atleta e conducono ad un immediato accertamento ra- diografico di frattura, si possono verificare eventi traumatici che determinano una serie di condizioni algiche così schematizzabili:

– comparsa di dolore con progressivo incremento dello stesso fino ad indurre l’atleta a interrompere l’attività sportiva;

– comparsa di dolore improvviso in corso di un gesto atletico durante l’impegno sporti- vo massimale con interruzione della sua attività;

– comparsa e rapida remissione di dolore dopo un fatto traumatico contusivo, con ri- sveglio della sintomatologia al completamento dell’attività sportiva;

– comparsa di dolore improvviso o a breve distanza da un fatto traumatico di tipo con- tusivo – distorsivo, con rallentamento e/o interruzione della performance (1,13,15, 16).

Tutte queste situazioni possono giungere all’osservazione del medico specialista con diverse modalità anche sovrapposte, che dipendono dal singolo caso specifico.

Le patologie da sovraccarico sono causate dalla ripetizione esasperata di alcuni gesti sportivi ed interessano l’osso, il muscolo, la cartilagine, il tendine ed in genere avvengono quando i normali processi riparativi dell’apparato anatomico interessato non riescono a controllare le microlesioni che, come abbiamo visto, variano da un processo flogistico de- generativo sino alla lesione completa o rottura.

Non va inoltre dimenticato che esiste sempre una correlazione tra sede di lesione e specialità sportiva praticata. Pertanto, derivando frequentemente da un gesto atletico spe- cifico, spesso tali alterazioni prendono il nome dallo sport praticato.

Tipiche patologie da sovraccarico funzionale sono:

– gomito del tennista o epicondilite: processo flogistico degenerativo dell’inserzione comune dei tendini estensori delle dita a livello dell’epicondilo o condilo laterale; – gomito del golfista o epitrocleite: processo flogistico degenerativo dell’inserzione

comune dei tendini flessori delle dita a livello dell’epitroclea o condilo mediale; queste non vanno intese come patologie che riguardano solo un piccolo gruppo di spor- tivi, ma possono riguardare anche chi sta per molto tempo con gli arti superiori fermi nella stessa posizione per altri motivi, come un dattilografo, un pianista o uno scrittore che usi la tastiera: in genere, i medici consigliano di cercare di prevenirla, riscaldando sempre bene le articolazioni prima di dedicarsi a degli sforzi intensi, come il culturismo, il power lifting, altri tipi di sport o lavori di natura manuale; si tratta di un disturbo infiammatorio che può assumere un carattere invalidante e che, qualora non affrontato con una terapia adeguata, può cronicizzare;

– spalla del lanciatore: processo flogistico degenerativo che interessa l’articolazione scapolo-omerale con i suoi tendini, correlato a diversi sport (lancio del peso, giavel- lotto, tennis ed anche nel nuoto) il cui gesto atletico prevede un lavoro del braccio sopra la testa;

– ginocchio del saltatore: processo flogistico degenerativo che colpisce il complesso tendineo del quadricipite distale e riunisce le tendiniti del quadricipite e del lega- mento rotuleo; solitamente colpisce gli atleti che praticano sport come la pallavolo, in cui sono richiesti dei carichi eccentrici al tendine rotuleo;

– frattura da stress: legata all’alterazione dei fenomeni di ripartizione dei carichi di forza fra muscoli ed osso, che determinano una deformazione plastica dell’osso; in particolare i muscoli possono trovarsi in uno stato di esaurimento (fatica) e/o di contrattura che da un lato non consente di assorbire lo shock meccanico e dall’altro determina un’inclinazione dolce e progressiva dell’osso, per cui le forze dinamiche vengono interamente scaricate su questo così da superare le sue capacità rimodel- lanti e riparative, causando una frattura; si possono avere 4 tipi di fratture da fatica: obliqua (la più comune); in compressione; trasversale (la più grave qualora vi sia una dislocazione); longitudinale (la più rara).

Altre patologie meno comuni sono: il pollice del giocatore di bowling, la flogosi della zampa d’oca del cavallerizzo, la caviglia del calciatore, il piede del maratoneta, la sindro- me dolorosa da impingement della bendelletta ileo-tibiale sul condilo femorale esterno a ginocchio flesso tra i 20°e 30° (1, 2, 8, 9, 10, 12, 18).

La diagnosi di tali patologie è sia clinica che strumentale. La diagnosi clinica si basa su un’accurata visita specialistica caratterizzata da step ben stabiliti, quali l’anamnesi e l’ap- plicazione di test clinici o manovre funzionali specifiche. Questi permettono di raccogliere sia dati soggettivi, comprendenti tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che riguar-

dano le modalità di insorgenza, l’intensità, la forma, il carattere del dolore ed il decorso della patologia in atto, sia dati obiettivi che permettono al medico di indirizzarsi verso una diagnosi di sospetto o di certezza della patologia.

La diagnosi strumentale è affidata allo specialista radiologo che collabora con il clinico per il raggiungimento dell’obiettivo comune rappresentato dalla corretta diagnosi finalizza- ta all’ottimale trattamento terapeutico per il recupero alla completa attività sportiva nel più breve tempo possibile, in assenza di rischi per l’atleta. La diagnostica per immagini, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella:

– individuazione della patologia;

– dimostrazione di tutti gli stadi delle alterazioni della patologia riscontrata, dalla fase precoce a quella tardiva;

– diagnosi differenziale con altre condizioni patologiche che possono simulare la pato- logia sospettata;

– dimostrazione dell’evoluzione del processo patologico e/o del follow-up terapeutico e, quindi, dell’efficacia terapeutica;

– dimostrazione di eventuali complicanze o sequele post terapeutiche; – dimostrazione dell’eventuale guarigione avvenuta.

In particolare, lo specialista radiologo svolge un ruolo fondamentale nella scelta ra- zionale delle singole tecniche di imaging in base allo stadio clinico di malattia ed in rela- zione alle procedure terapeutiche adottate, grazie alla propria ottimale conoscenza delle peculiari caratteristiche delle varie tecniche di diagnostica per immagini, dall’ecografia fino all’utilizzo combinato di tomografia assiale computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM) nello studio delle patologie articolari più complesse (4,17).

La partecipazione ad uno sport comporta inevitabilmente un rischio di infortunio. Per ri- durre questo rischio al minimo bisogna intervenire su diversi fattori critici dai quali dipende la possibilità di un’efficace prevenzione. Questa si divide in almeno tre componenti:

– prevenzione primaria, che comprende la promozione di una coscienza sanitaria indi- viduale e generale (screening medico preventivo); una informazione sui rischi e/o sui fattori protettivi per impedire alterazioni dello stato di salute; la scelta di uno sport adatto alla struttura fisica ed all’attitudine del praticante;

– prevenzione secondaria, che comprende l’individuazione e/o la cura precoce di fattori di rischio (ad esempio tecniche di movimento, carichi, caratteristiche biolo- giche); preparazione fisica ben strutturata ed adatta allo sport praticato, associata a programmi preventivi diretti ad evitare la comparsa o la recidiva di una malattia trattata con successo;

– prevenzione terziaria, che comprende le strategie finalizzate ad impedire che una malattia cronica progredisca.

In definitiva, per realizzare misure di prevenzione bisogna: a) conoscere le caratteristi- che biologiche e fisiologiche generali e le condizioni individuali che riguardano le presta- zioni sportive e le capacità di carico di lavoro, che va sempre adeguato gradualmente alle capacità prestative del soggetto; b) conoscere gli effetti delle sollecitazioni prodotte sia dai diversi carichi di lavoro che dal gesto atletico sulle articolazioni interessate; c) conoscere i principali rischi di traumi e di errori di carico nello sport specifico (3, 5, 6, 7, 11, 19).

In conclusione, quando si valuta un soggetto che ha deciso di intraprendere uno sport è fondamentale stabilirne la condizione fisica e indirizzarlo verso lo sport più adatto alle sue caratteristiche psicofisiche, fornendogli le indicazioni ed i consigli necessari sia per la pra- tica della stessa attività sportiva che per la prevenzione degli infortuni. È, inoltre, sempre consigliabile l’indicazione di attenersi ad un programma di allenamento specifico e di se- guire alcune fondamentali regole di prevenzione, quali attuare un riscaldamento generale e specifico (imitazione dell’esercizio da seguire senza creare affaticamento), eseguire una

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