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Prevenzione in movimento 4: terza e quarta etá

G. Fantuzzi, Aggazzott

Per quanto riguarda il tipo, la durata e la frequenza dell’attività fisica, si ritiene che le donne possano continuare a svolgere lo stesso tipo di allenamento praticato prima della gravidanza; si consiglia, tuttavia, un programma che comprenda esercizi fisici che prevedo- no l’aumento della resistenza cardio-polmonare (esercizi aerobici) e di quella muscolosche- letrica (esercizi di resistenza).

L’allenamento aerobico è caratterizzato da movimenti che interessano un ampio nume- ro di muscoli che si muovono in modo ritmico e ripetuto, come ad esempio il camminare (ideale per tutte quelle donne che non praticavano sport prima della gravidanza), la danza aerobica, il nuoto ed altre attività svolte in acqua; il nuoto, inoltre, presenta il vantaggio di creare una situazione di galleggiamento ampiamente tollerata durante la gravidanza. Anche il ciclismo compare tra le attività consigliate, e presenta, come vantaggio, quel- lo di non creare appesantimento, anche se nel II e III trimestre di gravidanza è consigliato l’utilizzo della cyclette per i problemi di bilanciamento determinati dallo spostamento del centro di gravità e, naturalmente, per evitare la possibilità di traumi a seguito di cadute accidentali.

Tra gli esercizi che coinvolgono tutto il sistema muscoloscheletrico è consigliato lo yoga, attività importantissima per mantenere flessibilità e rilassamento del corpo, e la ginnastica pre-parto, concentrata su tre fasce muscolari: l’addome, i muscoli dorsali e i muscoli pel- vici. Questi esercizi diminuiscono l’affaticamento muscolare causato dall’aumento del peso e aiutano la donna nel momento del parto.

Altre attività sportive, invece, possono rappresentare una condizione di rischio: tra que- ste ricordiamo le immersioni subacquee e gli esercizi svolti in posizione supina, soprattut- to dopo il primo trimestre: queste attività possono, infatti, determinare una diminuzione dell’apporto di ossigeno al feto. Anche gli sport che aumentano il rischio di caduta, come lo sci, l’equitazione o il tennis debbono essere praticati con particolare prudenza.

Con l’espansione dell’utero nell’addome durante il secondo e terzo trimestre di gravi- danza divengono potenzialmente pericolosi tutti gli sport che prevedono un frequente con- tatto fisico e pericolo di collisione, come l’hockey su ghiaccio o il basket; tali attività fisiche sono quindi sconsigliate dopo il primo trimestre di gestazione. Pericolose possono essere anche le attività praticate ad elevate altitudini (arrampicata, escursionismo, sci) perché determinano una diminuzione di ossigeno per la madre ed il feto.

La ricerca scientifica più recente ha focalizzato la sua attenzione sull’importanza di una regolare pratica sportiva nella prevenzione delle patologie che più frequentemente posso- no insorgere durante la gravidanza, condizionandone spesso l’esito. In particolare, è stato recentemente discusso il ruolo dell’attività fisica in gravidanza nella prevenzione del dia- bete gestazionale, dell’ipertensione arteriosa, dell’eccessivo aumento del peso corporeo, condizioni che possono a loro volta influenzare in modo significativo lo sviluppo fetale (15). È stata inoltre oggetto di studi l’associazione tra attività fisica da un lato e durata della ge- stazione e peso alla nascita dall’altro.

Diabete gestazionale

Il diabete gestazionale, definito come una intolleranza al glucosio che si instauri o sia riconosciuta per la prima volta in gravidanza, complica il 3-10% di tutte le gravidanze, mo- strando una sensibile variabilità in relazione alle diverse etnie (3). Fattori di rischio ricono- sciuti includono obesità prima della gravidanza, età materna avanzata, familiarità diabe- tica e razza nera. La frequenza del diabete gestazionale è aumentata sensibilmente negli ultimi decenni, con un raddoppio dei tassi di incidenza in tutti i gruppi etnici. In Italia la sua prevalenza è stimata intorno al 5-6% (13).

Se non riconosciuto e adeguatamente trattato, il diabete gestazionale è associato a un’elevata morbosità materno-fetale, con complicanze perinatali a lungo termine, quali ad

esempio l’aumento del rischio di diabete di tipo 2. È per questo motivo che le principali as- sociazioni di diabetologia e la stessa ACOG invitano le donne che non hanno controindicazio- ni mediche od ostetriche a iniziare o continuare un programma di esercizio fisico moderato come parte del trattamento del diabete gestazionale (1, 4, 2).

Queste raccomandazioni sono rinforzate anche dall’osservazione della minore inciden- za di diabete gestazionale tra le donne più attive fisicamente; indagini condotte in USA ri- portano un effetto protettivo dell’attività fisica con una riduzione significativa del rischio (RR = 0.31, 95% CI: 0.12, 0.79) nelle donne che svolgevano attività fisica prima e durante la gravidanza (6).

Questi dati sono sostanzialmente confermati da una recente meta-analisi di studi epi- demiologici sulla associazione fra attività fisica e diabete gestazionale. La probabilità di sviluppare tale patologia è risultata significativamente più elevata nelle donne con attività fisica limitata, confrontata con quelle che svolgevano attività fisica più intensa, e questo sia per l’attività fisica svolta prima che durante la gravidanza (16).

Ulteriori indagini sono però necessarie per definire in modo più accurato il tipo di attivi- tà fisica, ma anche la frequenza, l’intensità e la durata necessarie per assicurare con rela- tiva certezza un benefico effetto su questa frequente complicanza della gravidanza.

Disordini ipertensivi

Durante la gravidanza possono insorgere disordini ipertensivi di varia gravità, definiti pre- eclampsia ed eclampsia, ipertensione gestazionale, ipertensione cronica. I disordini iperten- sivi, ed in particolare la preeclampsia, sono associati alla nascita pretermine e sono consi- derati la principale causa di mortalità materna nel mondo (15). I fattori di rischio associati a questa condizione sono molto simili a quelli del diabete gestazionale, ed includono obesità pregravidica, età materna avanzata, familiarità, razza nera e lo stesso diabete gestazionale. I disordini ipertensivi sono relativamente frequenti, complicando circa il 3-9% delle gravidan- ze a livello mondiale; la sola preeclamsia coinvolge il 2-4% di tutte le gravidanze (15).

Le principali ricerche che hanno indagato gli effetti protettivi della attività fisica sui di- sordini ipertensivi si sono focalizzate prevalentemente sulla preeclamsia; i risultati ottenuti appaiono ancora conflittuali. Una recente review Cochrane stabilisce come a causa dei po- chi studi di efficacia finora effettuati non sia possibile trarre alcuna conclusione definitiva sul rischio di preeclamsia, anche se alcuni studi epidemiologici di tipo osservazionale indi- cano con chiarezza come lo svolgimento di attività fisica prima e durante la gravidanza sia associato ad un ridotto rischio di tale complicanza (12).

Sono pertanto necessari ulteriori indagini e soprattutto studi sperimentali per approfon- dire se esiste un legame significativo fra queste due variabili e quale sia la forza dell’asso- ciazione.

Aumento del peso corporeo durante la gravidanza

Le donne in età riproduttiva sono a rischio di obesità e diabete se durante la gravidan- za vanno incontro ad un eccessivo aumento ponderale, seguito da una mancata riduzione a parto avvenuto. Se a seguito di una gravidanza si instaurano condizioni di sovrappeso e di obesità non eliminate da opportune riduzioni ponderali, le stesse condizioni possono con- tribuire in modo significativo al preoccupante incremento di obesità che si osserva a livello mondiale in questo periodo. Importante sottolineare come queste condizioni da sole siano a loro volta causa di concomitanti patologie quali diabete e ipertensione (15).

L’ACOG ha recentemente raccomandato di evitare la condizione di sovrappeso e di obe- sità, non solo durante la gravidanza, ma anche nella fase precedente il concepimento e in

quella immediatamente successiva al parto. Le donne dovrebbero quindi essere incoraggia- te e sostenute nel raggiungere e nel mantenere un peso adeguato prima, durante e dopo la gravidanza (1).

Uno stile di vita sano aiuta in generale a mantenere il peso ottimale; gli studi che hanno valutato in indagini sul campo l’efficacia della attività fisica nel raggiungere e mantenere un peso adeguato in tutte le fasi della vita hanno dimostrato gli effetti benefici della ridu- zione ponderale anche durante la gravidanza.

Prematurità

La prematurità è la più importante causa di basso peso alla nascita e di mortalità pe- rinatale in Europa e negli Stati Uniti e rappresenta anche il principale determinante della morbosità neonatale e infantile in questi Paesi: problemi di sviluppo neuromotorio, patolo- gie respiratorie croniche, infezioni sono condizioni fortemente associate alla nascita pre- termine.

Secondo le indicazioni dell’OMS la nascita viene definita pretermine quando si verifica entro la 37° settimana completa di gestazione; il parto pretermine complica il 6-9% del- le gravidanze, con una incidenza rimasta sostanzialmente immutata negli ultimi 30 anni, tranne in alcuni Paesi nei quali se ne è osservato un aumento. Anche se le cause di parto pretermine sono a tutt’oggi ancora poco conosciute, i fattori di rischio più rilevanti inclu- dono un basso status socio-economico, l’età materna avanzata, l’obesità e il sovrappeso, il fumo, le gravidanze multiple, e la diagnosi di diabete gestazionale o di preeclampsia (15).

L’associazione tra l’attività fisica in gravidanza e la prematurità è stata valutata in alcu- ne indagini epidemiologiche condotte prevalentemente negli Stati Uniti e in Europa. I risul- tati di tali studi suggeriscono non solo una mancanza di associazione fra l’attività fisica e la nascita pretermine, ma evidenziano una riduzione significativa di tale rischio nelle donne che praticano con continuità esercizio fisico anche nel secondo trimestre di gravidanza (8, 10). In particolare, i risultati di un ampio studio di coorte, il “Danish National Birth Cohort” mostrano un effetto protettivo sul rischio di nascita pretermine nel 40% delle donne che avevano intrapreso attività fisica a vari livelli durante la gravidanza confrontate con le don- ne sedentarie (RR: 0.82, 95% CI: 0.76, 0.88). Tuttavia nello studio non è stata evidenziata una chiara relazione dose risposta (10).

Peso alla nascita

Un altro aspetto importante della vita neonatale è il peso del bambino alla nascita, con- siderato un importante indicatore dell’ambiente fetale e delle future condizioni di salute del neonato; nascere sottopeso o in sovrappeso, infatti, aumenta la probabilità di esiti av- versi sia a breve che a lungo termine.

Anche questo problema è stato affrontato in indagini epidemiologiche ad hoc, condotte per verificare l’influenza esercitata dall’esercizio fisico sul peso alla nascita. I risultati otte- nuti concordano nel dimostrare come praticare attività fisica, anche intensa, non aumenti il rischio di partorire un bambino di basso peso, ma al contrario in alcuni studi viene eviden- ziato il ruolo favorevole dell’attività fisica nella riduzione delle nascite sovrappeso (11, 9). Questi dati sono stati confermati in un recente studio canadese in cui una moderata attività fisica ha ridotto significativamente il rischio di partorire neonati macrosomici, senza inter- ferire o determinare un aumento di bambini nati sottopeso (5).

Conclusioni

Da quanto fin qui riportato emerge con chiarezza come l’esercizio fisico, purchè auto- rizzato dal medico curante, possa influenzare positivamente la salute delle donne durante la gravidanza, portando una serie di benefici effetti sulla salute, non solo nell’immediato, ma anche nel lungo periodo.

Altre indagini epidemiologiche dovranno essere condotte per confermare le conoscenze fin qui acquisite, tenendo conto di alcuni aspetti che necessitano di ulteriori approfondi- menti. Uno di questi riguarda sicuramente la definizione quali-quantitativa del fattore in esame, e cioè la valutazione accurata del tipo, della frequenza, dell’intensità e della dura- ta dell’attività fisica presa in considerazione negli studi osservazionali fin qui condotti. Le informazioni su questi aspetti sono spesso raccolte attraverso l’utilizzo di questionari auto- compilati e mancano di riferimenti oggettivi; la conseguente incertezza sulla misura che ne deriva non permette di effettuare una valutazione globale della reale intensità dello sforzo fisico effettuato. In più possono essere presenti negli studi bias di vario genere quali quello anamnestico e i bias dovuti alle differenze culturali dei soggetti esaminati.

Nel 2010 l’OMS ha pubblicato le “Global recommendations on Physical activity for He- alth” in cui definisce i livelli di attività fisica raccomandata per la salute per tre gruppi di età: bambini e ragazzi (5 – 17 anni); adulti (18 - 64 anni); anziani (dai 65 anni in poi). Pur- troppo il documento non fornisce raccomandazioni specifiche per il particolare sottogruppo di popolazione rappresentato dalle donne in stato di gravidanza (7).

Anche le linee guida italiane, pubblicate nel 2011, relative alla “Lotta alla sedentarie- tà e promozione dell’attività fisica, promosse dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della Salute, nell’ambito del progetto: “Co- struzione di un network per la ricerca dell’efficacia dei programmi di prevenzione rivolti alla popolazione e la diffusione della cultura scientifica nelle strutture di sanità pubblica – evidence based prevention” non affronta il tema specifico della promozione dell’attività fisica durante la gravidanza (14).

È auspicabile che nel prossimo futuro l’apporto in letteratura di studi sperimentali su questo tema permetta di avviare programmi di sanità pubblica volti a promuovere l’attività fisica non solo nella popolazione generale, ma anche in sottogruppi di essa, quali le donne in gravidanza, fornendo indicazioni precise e puntuali che tengano conto delle differenze individuali e della efficacia dei diversi protocolli proposti.

Bibliografia

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birth: A study within the Danish National Birth Cohort. Am J Epidemiol 2008; 167 (7): 859–66. 11. Jukic A, Evenson K, Daniels J, Herring A, Wilcox A, and Hartmann K. A prospective study of the

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15. Mudd L, Owe K, Mottola M et al. Health Benefits of Physical Activity during Pregnancy: An Inter- national Perspective. Med Sci Sports Exerc 2013, Vol. 45, No. 2, pp. 268–77.

16. Tobias DK, Zhang C, van Dam RM Et al. Physical activity before and during pregnancy and risk of gestational diabetes mellitus: a meta-analysis. Diabetes Care, 2011; 34 (1): 223–9.

“La pratica dell’educazione fisica e dello sport è un diritto fondamentale per tutti. Ogni essere umano ha il diritto fondamentale di accedere all’educazione fisica e allo sport, che sono indispensabili allo sviluppo della sua personalità” UNESCO, 1979 (3).

L’attività fisica è un’attività umana che si fonda su valori sociali, educativi e culturali, può essere fonte di un vissuto emotivo positivo su cui si incardinano sviluppo equilibrato, benessere e salute della persona. È determinante nell’inserimento sociale, nell’accettazio- ne delle differenze e nell’osservazione delle regole. Per questo deve essere accessibile a tutti, nel rispetto delle aspirazioni e delle capacità di ciascuno, e nella diversità.

È necessario pertanto garantire a tutti pieno accesso al diritto alla salute, con particola- re attenzione alle fasce più vulnerabili, con azioni a supporto di bambini, anziani, migranti, rifugiati, profughi, disabili e vittime di violenza.

Per quanto riguarda i bambini, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea come una giusta dose di attività fisica nell’età della crescita contribuisca allo sviluppo di tessuti muscoloscheletrici (ossa, muscoli, legamenti), del sistema cardiovascolare ed endocrino- metabolico. Inoltre, favorisce la coordinazione e la capacità di controllo dei movimenti e facilita il mantenimento del peso ideale (15). Lo sport può inoltre costituire uno strumento di espressività, di prevenzione della salute psicologica e di educazione alla vita, godendo della possibilità di mettere insieme conoscenza, piacere, regole. I bambini che svolgono una regolare attività fisica (sport di gruppo o individuali, giochi all’aria aperta, ginnastica), infatti, dimostrano una maggior fiducia nelle proprie possibilità, sono portati a una mag- gior autostima, alla facilità nei rapporti sociali, ad una maggior sopportazione dello stress, e sono in un certo senso più “al riparo” dall’eventuale propensione a disturbi come ansia e depressione (4).

Se la promozione della salute ha senso e valore per qualunque segmento della popola- zione, ancor più ne acquista nel caso della popolazione anziana. L’importanza di praticare attività fisica nella terza età trova le sue ragioni di essere in due punti: togliere le persone anziane dall’isolamento; permettere loro di conservare o di acquisire una buona forma fi- sica. Gli studi sulla longevità aiutano a capire che l’attività fisica può prolungare la nostra vita. Gli anziani hanno maggiore probabilità di sperimentare gli effetti di anni o decenni di vita sedentaria. Il progressivo deterioramento delle capacità funzionali si traduce spesso nell’incapacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana, dall’andare a fare la spesa, al camminare, al salire le scale, al poter far fronte all’igiene personale. Parte di que- sto declino è ineluttabile e appartiene al processo di invecchiamento, ma una buona parte è ascrivibile all’adozione e al consolidamento di uno stile di vita sedentario (16).

Alcune categorie di soggetti, come gli immigrati e le minoranze etniche, sono poi parti- colarmente vulnerabili all’esclusione dalla società, mentre la loro integrazione è di estre- ma importanza ai fini della coesione sociale. I paesi europei promuovono un approccio alla coesione sociale basato sull’equità dei diritti. Uno di questi diritti fondamentali è l’accesso

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