• Non ci sono risultati.

Disturbi del comportamento alimentare e problematiche correlate

E. Carraro, I Gorrasi, G Gill

zata da ricorrenti episodi di abbuffate, senza condotte compensatorie, e spesso associata con il sovrappeso e l’obesità (15). I BED si manifestano come periodi di incontrollata, im- pulsiva e continua sovralimentazione protratta fino al punto di estrema saturazione fisica. Spesso sono preceduti da sentimenti di solitudine e malinconia, mentre dopo l’abbuffata sono frequenti vissuti di vergogna e auto-denigrazione. Negli USA la prevalenza negli adulti è di 1,6% nei maschi e di 0,8% nelle femmine (2). Uno studio condotto in sei paesi europei (Italia, Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna) sulla popolazione adulta, ha rilevato globalmente una prevalenza lifetime di BED nelle femmine dell’1,92% e nei maschi dello 0,26% (23). Vista l’associazione tra questo disturbo, sovrappeso e obesità, la prevalenza è maggiore in queste condizioni; infatti, in uno studio effettuato in Italia da Ramacciotti e coll. (24) è stata rilevata una prevalenza del BED intorno al 18% in un gruppo di soggetti obesi.

I primi sintomi dei DCA insorgono in età evolutiva e, secondo la letteratura scientifica, l’età di insorgenza tende sempre più ad abbassarsi. In Europa dal 1930 ad oggi l’incidenza di AN nelle donne di 15-19 anni è costantemente aumentata, con una certa stabilizzazione a partire dagli anni ’70, mentre l’incidenza di bulimia è triplicata tra il 1988 e il 1993 nelle donne tra i 10 e i 39 anni (14). Nella Figura 1 è rappresentata la prevalenza nelle diverse fasce di età di AN, BN e BED, ricavata da uno studio condotto su un campione di 9.282 don- ne e uomini statunitensi di età maggiore ai 18 anni tramite interviste a casa (15). Si può notare come l’insorgenza del BED sia distribuita in una fascia di età più ampia rispetto ad AN e BN.

Negli ultimi decenni sono state condotte numerose ricerche per studiare l’approccio all’attività fisica delle persone con DCA, ed alcuni studiosi hanno rilevato come un esercizio fisico problematico possa occupare un ruolo centrale nella patogenesi di tali disturbi (11; 8). In effetti ad oggi questo è riconosciuto come un fattore rilevante nell’eziologia, nello sviluppo e nel mantenimento di alcuni DCA ed in particolare dell’AN (16).

Figura 1 – Prevalenza cumulativa di anoressia nervosa, Binge Eating Disorder e bulimia nelle diverse fasce di età negli Stati Uniti (tratta da Hudson et al., 2006).

Sebbene l’attività fisica sia sempre più valorizzata come uno strumento di promozione della salute - muoversi quotidianamente produce effetti positivi sulla salute fisica e psi- chica della persona e gli studi scientifici che ne confermano gli effetti benefici sono ormai innumerevoli - nel caso dei DCA l’attività fisica assume un significato ed un ruolo molto complessi.

L’esercizio fisico eccessivo e compulsivo nei DCA

In alcuni gruppi di soggetti affetti da DCA vengono osservati dei comportamenti ano-

mali nei confronti dell’attività fisica, che vengono indicati come esercizio fisico eccessivo o iperattività o esercizio fisico compulsivo. Un esercizio è definito eccessivo quando la sua durata, frequenza e intensità superano quanto è necessario per ottenere benefici per la salute e quando determina un aumento del rischio di incorrere in danni fisici. Inoltre, esso interferisce in modo significativo con attività importanti, si svolge in luoghi o tempi non appropriati o si protrae nonostante infortuni o altre complicazioni mediche (6). Questa de- finizione è utilizzata nel DSM 5, ed è indicata come una delle manifestazioni che può essere presente nell’AN nel sottotipo restrittivo (ovvero senza episodi di abbuffate o comporta- menti compensatori, che fanno invece parte del quadro diagnostico del sottotipo di AN non restrittivo) oppure nella BN come possibile comportamento compensatorio (2).

Generalmente l’esercizio fisico eccessivo viene individuato sulla base della frequenza e/o della durata dell’esercizio, tuttavia non esistono dei criteri uniformi per classificarlo ed alcuni autori hanno utilizzato i seguenti parametri:

- esercizio per più di tre ore al giorno (28);

- esercizio almeno cinque volte alla settimana, per almeno un’ora senza interruzioni (20);

- esercizio almeno 5 giorni a settimana negli ultimi 3 mesi (12).

In ogni caso, questi parametri sono plausibili di critiche, in quanto la soglia per definire un esercizio eccessivo varia tra gli individui e dipende dall’interazione di diversi fattori come l’età, la forma fisica e lo stato di salute (6).

L’esercizio è invece definito compulsivo quando è associato alla sensazione soggettiva di essere obbligati o spinti ad esercitarsi; ha la priorità rispetto ad altre attività come l’andare a scuola o a lavoro ed è associato a sensi di colpa e ansia quando è rimandato.

Spesso nei soggetti affetti da DCA l’esercizio eccessivo e compulsivo coesistono: le di- mensioni qualitative e quantitative dell’esercizio anomalo non sono slegate tra loro, si potrebbe quindi parlare di “esercizio fisico eccessivo e compulsivo” (7).

L’importanza dell’esercizio fisico eccessivo o compulsivo nei DCA è evidenziata dal fatto che spesso è uno degli ultimi sintomi a regredire (16). Ad esempio, uno studio di 3 anni su pazienti ospedalizzati per DCA ha rilevato che i soggetti che praticavano un esercizio ecces- sivo richiedevano tempi maggiori di ospedalizzazione per la cura, rispetto ad altri soggetti (29). Inoltre, l’esercizio compulsivo è stato identificato come un fattore di rischio significa- tivo per le ricadute nell’AN. Uno studio di follow-up durato 10 anni su 95 pazienti con AN, rilevò che un maggiore esercizio fisico comportava dei periodi più brevi di remissione prima di incorrere in ricadute, e rappresentava una delle due variabili (su più di 50 analizzate) associate alla cronicizzazione (30).

I dati sulla prevalenza di queste condizioni sono diversi. Hebebrand e colleghi (13) hanno riportato una frequenza di iperattività nei soggetti con anoressia nervosa variabile tra il 31 e l’80% a seconda degli studi esaminati; Shroff e colleghi (28) hanno analizzato la preva- lenza di esercizio eccessivo nel campione di partecipanti allo studio internazionale multi- site Price Foundation Genetic Study, differenziandola nelle diverse condizioni di DCA: il valore maggiore, del 54,5% veniva rilevato nell’AN sottotipo restrittivo e il minore, 20,8%, nella categoria di DCA non altrimenti specificati (in cui era compreso il BED) con diagnosi

lifetime. In uno studio su soggetti ricoverati per DCA in Italia, l’esercizio compulsivo è sta- to rilevato nell’80% dei soggetti con AN sottotipo restrittivo, nel 43% dei soggetti con AN sottotipo con abbuffate e comportamenti compensatori, nel 39,3% dei soggetti con BN con comportamenti compensatori e nel 31,9% dei soggetti con DCA non altrimenti specificati (compreso il BED) (5).

L’esercizio eccessivo è comune nei soggetti con DCA, tuttavia, è più frequente nei soggetti con AN del sottotipo restrittivo. È stato associato in modo significativo con le restrizioni alimentari, la preoccupazione per il peso e le forme, la propensione alla ma- grezza e l’insoddisfazione rispetto al corpo (16). Shroff e colleghi (28) hanno rilevato che i soggetti affetti da DCA che mostravano un esercizio eccessivo, rispetto ai soggetti che non esibivano tale comportamento, presentavano valori di BMI minori, un’età infe- riore al momento dell’intervista, maggiori livelli di ansia, perfezionismo, ossessioni e compulsioni.

L’esercizio eccessivo sembra rappresentare una strategia centrale che contribuisce al mantenimento di un basso BMI nelle pazienti con AN; l’associazione tra esercizio eccessivo ed altri metodi di compensazione (es. lassativi o diuretici) costituisce un motivo di elevata preoccupazione a livello clinico, specialmente per il fatto che bassi livelli di BMI sono asso- ciati con minori probabilità di guarigione (28).

DCA negli atleti

I dati che mettono in relazione la pratica sportiva con le diete e le problematiche ali- mentari negli atleti sono molto variabili e dipendono dal tipo di sport, dal livello di per- formance atletica e dalla metodologia utilizzata negli studi; di conseguenza, non possono essere tratte delle conclusioni nel merito ascrivibili alla totalità delle attività sportive. Tuttavia, la relazione tra atleti, comportamenti alimentari anormali e problematiche legate all’alimentazione è stata dimostrata, ad esempio con lo sviluppo di termini quali l’ano- ressia atletica e la triade femminile dell’atleta (33). L’anoressia atletica si riferisce ad una condizione in cui si osserva in un atleta una riduzione della massa corporea e/o della massa grassa, che non è legata all’apparenza o all’eccessiva preoccupazione per l’aspetto fisico, come capita nell’AN, ma mirata ad una migliore performance sportiva (31). La triade femminile dell’atleta è invece un termine usato per la prima volta nel 1992 per descrivere un’associazione di amenorrea, osteoporosi e alimentazione disturbata tra le atlete di ses- so femminile, in particolare partecipanti a sport come la ginnastica, la danza, la corsa di fondo o sci di fondo; è descritta come un complesso insieme di interazioni tra disponibilità energetica, stato mestruale e densità mineraria ossea, ognuna delle quali si presenta lungo un continuum tra la salute e la patologia (26).

I disturbi alimentari presentano una maggiore prevalenza negli sport in cui il peso ha un effetto significativo sulla performance: ad esempio, negli sport di resistenza come la corsa, in cui una massa grassa eccessiva è considerata uno svantaggio. Ciò si verifica inoltre negli sport con categorie di peso (judo, karate, wrestling, canottaggio), in cui gli atleti sperano di ottenere un vantaggio competitivo raggiungendo il minor peso possibile con la mag- giore forza: per questo spesso sono in competizione in classi di peso inferiori al loro peso normale. Infine, i DCA sono comuni negli sport caratterizzati da una valutazione estetica dell’aspetto, come la ginnastica o i tuffi (4) e nella danza (1).

Gli atleti professionisti spesso incarnano il concetto della perfezione fisica, tuttavia non tutti gli atleti di fatto hanno la sensazione che il loro fisico sia in sintonia con il para- digma ottimale del loro sport specifico. Questi atleti possono essere messi sotto pressione per raggiungere l’aspetto ideale, per migliorare le proprie performance o per conformarsi alle specifiche esigenze dello sport praticato; sono inoltre valutati quasi giornalmente da allenatori e altre figure come i giudici sportivi. Questi fattori possono portare a scor-

retti regimi alimentari, problematiche legate all’alimentazione, fino a gravi disturbi del comportamento alimentare. Le conseguenze possono essere gravi sia in termini di salute che di performance sportiva, pertanto sono necessarie delle strategie di prevenzione e di trattamento (33).

L’attività fisica nella prevenzione e nel trattamento dei DCA

Numerosi studi epidemiologici hanno mostrato che l’esercizio e l’attività fisica possono prevenire o ritardare lo sviluppo di numerosi disturbi mentali e che mostrano benefici te- rapeutici quando utilizzati da soli o in aggiunta ad altri trattamenti. Per quanto riguarda i DCA, tuttavia, non sono disponibili molte informazioni in merito all’utilizzo dell’attività fisica come strumento di prevenzione, ma diversi studi hanno valutato l’attività fisica nel trattamento di queste patologie (17; 35).

Le indicazioni relative alla prevenzione sono disponibili per gli atleti e riguardano gli atteggiamenti che devono adottare gli allenatori per evitare l’insorgenza delle patologie. A tal riguardo la National Eating Disorders Association americana ha pubblicato delle linee guida rivolte ad allenatori e preparatori atletici (www.nationaleatingdisorders.org). Sun- dgot-Borgen & Torstveit (33) hanno individuato alcuni comportamenti chiave, da adottarsi da parte degli allenatori, per la prevenzione dei DCA negli atleti:

- esortare alla salute ed al benessere - non dare importanza al peso corporeo

- usare modelli di riferimento con un normale peso corporeo - rafforzare una composizione corporea adeguata

- educare gli atleti all’essere atleti 24 ore su 24 (i risultati dipendono anche dagli at- teggiamenti tenuti al di fuori degli allenamenti e delle competizioni)

- indirizzare gli atleti a rischio di DCA da specialisti del settore

- sfatare miti quali “magro è meglio” e “l’amenorrea è una normale conseguenza dell’allenamento”

- fare in modo che i disturbi alimentari costituiscano un problema di salute e sicurezza e non un problema legato all’allenamento.

Per quanto riguarda l’attività fisica nel trattamento dei DCA, la stessa sembra dare buo- ni risultati nei pazienti con BED, legati in particolare alla perdita di peso e alla riduzione di punteggi nelle scale che valutano la depressione (35). Un unico studio pubblicato sulla bulimia nervosa ha rilevato che l’esercizio fisico si mostrava efficace quanto la terapia cognitivo-comportamentale, ed in alcuni casi anche più efficace, nel ridurre alcune carat- teristiche della patologia valutate attraverso il test Eating Disorder Inventory (32).

La possibilità di prevedere l’inserimento di un esercizio fisico supervisionato nell’ambito del trattamento dell’AN è attualmente oggetto di dibattito (9). Infatti, essendo l’esercizio fisico visto come un sintomo della malattia, è sempre stato escluso dalla cura dell’AN, an- che a causa dei rischi associati con lo stato di debilitazione fisica e precario dal punto di vi- sta della salute osservabile nei soggetti con AN. Tuttavia, negli ultimi decenni, alcuni autori hanno riconosciuto il ruolo potenzialmente benefico dell’attività fisica nel trattamento dei DCA. Una recente revisione sistematica di Moola e collaboratori (17) ha analizzato gli effetti dell’esercizio fisico nelle pazienti donne affette da AN, rilevando che, in concomitanza con altre tipologie di supporto, tra cui quello nutrizionale, l’esercizio fisico non ha un impatto negativo sul BMI o sui sintomi legati al disturbo alimentare. Inoltre è accettato dalle pa- zienti, sembra migliorare la qualità della vita, il benessere psicologico e la compliance nei confronti del trattamento.

I medici dovrebbero incoraggiare i pazienti a sostituire l’esercizio compulsivo e ossessivo che si osserva nei DCA con un esercizio salutare e che aiuti la socializzazione. Le esperienze cliniche suggeriscono che l’aiutare i pazienti, anche se sottopeso, ad essere “in forma”

fisicamente e psicologicamente sia una strategia efficace per contrastare l’esercizio com- pulsivo (6).

Problematiche correlate ai DCA: ortoressia e vigoressia

La letteratura scientifica di settore descrive alcune patologie di recente individuazione, correlate in maniera rilevante con problematiche nei comportamenti alimentari e che, secondo alcuni autori, potrebbero essere considerate come dei veri e propri DCA, ovvero l’ortoressia nervosa e la vigoressia (10; 18).

L’ortoressia nervosa (ON), descritta per la prima volta da Bratman nel 1997 (3), è stata definita come un’ossessione per il cibo sano. I soggetti ortoressici sono marcatamente focalizzati sulla qualità piuttosto che sulla quantità del cibo ingerito; similarmente ad anoressici e bulimici, attribuiscono al cibo un valore troppo elevato nella propria vita per il mantenimento dell’autostima e del benessere psicofisico. Tuttavia, sono generalmente meno preoccupati del peso corporeo e dell’immagine corporea di chi soffre di anoressia e bulimia, ma più di essere in salute, naturali e spiritualmente puri (25). Sono disponibili poche informazioni epidemiologiche sulla diffusione dell’ON, tuttavia alcuni studi hanno rilevato una prevalenza nella popolazione generale del 6,9%, che aumenta fino a valori tra il 35 e il 57,8% in alcuni gruppi a rischio, tra cui professionisti del settore sanitario e artisti. I dati relativi all’età di insorgenza non sono chiari (34). Le informazioni sul legame tra attività fisica e ON sono scarse, tuttavia Segura Garcia e colleghi (27) hanno individuato una prevalenza di ON del 26% in un gruppo di atleti ed hanno rilevato come fattori predi- sponenti le diete, la positività a test per la valutazione del rischio di disturbi alimentari, il livello di competizione e altro. L’ON condivide molte caratteristiche dei DCA ed anche delle malattie ossessivo-compulsive, rappresentando un incrocio tra queste condizioni pa- tologiche, che può compromettere lo stato di salute di un atleta. È pertanto importante per gli allenatori saper riconoscere e individuare i sintomi di ON oltre che di DCA negli atleti (27).

La vigoressia, conosciuta anche come bigoressia o dismorfia muscolare, è stata identifi- cata per la prima volta in uno studio sui sollevatori di pesi nel 1993 (33). È attualmente rico- nosciuta dal DSM-5 come patologia mentale e classificabile in senso più lato come disturbo di dismorfismo corporeo. Si tratta di un disturbo prettamente maschile, caratterizzato dalla preoccupazione che il proprio corpo sia troppo poco muscoloso o troppo esile, mentre in realtà coloro che ne soffrono sono fisicamente normali o anche molto muscolosi (21). Se- condo alcuni autori la vigoressia dovrebbe essere considerata come un DCA, in particolare per le similitudini con alcune caratteristiche dell’anoressia nervosa (18), come ad esempio l’eccessivo peso dato all’aspetto fisico o l’attenzione al regime dietetico. Anche per questa patologia si hanno pochi dati sulla diffusione, alcune stime riportano che alcune migliaia di uomini negli Stati Uniti potrebbero soffrirne e che il 10% dei body builders ne sia affetto (33); si stima inoltre che l’età di insorgenza più comune sia intorno ai 19 anni, nella tarda adolescenza (19), tuttavia queste ipotesi necessitano di ulteriori conferme (18).

Dal punto di vista del legame con l’attività fisica, si rileva come i soggetti affetti da vigoressia effettuino un esercizio fisico ossessivo e compulsivo, altra caratteristica che li assimila ai soggetti affetti da AN.

Al momento, trattandosi di disturbi riconosciuti come tali solo recentemente, non sono disponibili molte informazioni sulle possibilità di prevenzione o trattamento della ON e del- la vigoressia con l’attività fisica. Tuttavia, si può ragionevolmente ipotizzare, per analogia con quanto è noto per i disturbi mentali, e considerando che ON e vigoressia presentano numerose caratteristiche in comune con i DCA, un effetto positivo dell’attività fisica a li- vello terapeutico da studiare e verificare con adeguati studi sui pazienti, così come è stato fatto per i DCA. Inoltre, allo stesso modo si può ipotizzare che la pratica di attività fisica

commisurata, prevenendo l’ansia e lo stress, possa avere una azione preventiva anche nei confronti della genesi di questi disturbi.

Bibliografia

1. Arcelus J, Witcomb GL, Mitchell A. Prevalence of Eating Disorders amongst Dancers: a Systemic Review and Meta-Analysis. Eur Eat Disord Rev 2014; 22 (2): 92-101

2. APA, American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders Rev. 5 – DSM 5. 2013.

3. Bratman S. The health food eating disorder. October 1997. Yoga Journal. http://www.orthorexia. com/original-orthorexia-essay/.

4. Currie A. Sport and Eating Disorders - Understanding and Managing the Risks. Asian J Sports Med. 2010; 1 (2): 63-8.

5. Dalle Grave R, Calugi S, Marchesini G. Compulsive exercise to control shape or weight in eating disorders: prevalence, associated features and treatment outcome. Compr Psychiatry 2008; 49 (4): 346–52.

6. Dalle Grave R. Features and Management of Compulsive Exercising in Eating Disorders. Phys Sportsmed. 2009 Oct; 3 (37): 20-8.

7. Dalle Grave R. Esercizio fisico eccessivo e compulsivo nei disturbi dell’alimentazione. AIDAP As- sociazione italiana disturbi dell’alimentazione e del peso. Articoli scientifici. 17.04.2012. http:// www.positivepress.net/positive/aida.nsf/0/10212bfb9a5799eec12575a1005b31f2?OpenDocume nt.

8. Davis C, Kennedy SH, Ravelski E, et al. The role of physical activity in the development and main- tenance of eating disorders. Psychol Med 1994 Nov; 24 (4): 957–67.

9. Del Valle MF, Pérez M, Santana-Sosa E, et al. Does resistance training improve the functional capacity and well being of very young anorexic patients? A randomized controlled trial. J Adolesc Health 2010; 46 (4): 352-58.

10. Donini LM, Marsili D, Graziani MP, et al. Orthorexia nervosa: validation of a diagnosis question- naire. Eating Weight Disord 2005; 10 (2): 28-32.

11. Epling WF, & Pierce WD. Solving the anorexia puzzle. Toronto: Hogrefe & Huber Publishers. 1992.

12. Fairburn CG, Marcus MD, Wilson GT. Cognitive-behavioral therapy for binge eating and bulimia nervosa: a comprehensive treatment manual. In: Fairburn CG, Wilson GT, editors. Binge Eating: Nature, Assessment and Treatment. New York, NY: Guilford Press; 1993: 361–404.

13. Hebebrand J, Exner C, Hebebrand K, et al. Hyperactivity in patients with anorexia nervosa and in semistarved rats: evidence for a pivotal role of hypoleptinemia. Physiol Behav. 2003; 79 (1): 25-37. Review.

14. Hoek HW, & van Hoeken D. Review of the prevalence and incidence of eating disorders. Int J Eat

Disorder 2003; 34 (4): 383-396.

15. Hudson JI, Hiripi E, Pope HG Jr, et al. The prevalence and correlates of eating disorders in the National Comorbidity Survey Replication. Biol Psychiatry 2007; 61(3): 348-58. Epub 2006 Jul 3. 16. Meyer C, Taranis L, Goodwin H, et al. Compulsive Exercise and Eating Disorders. Eur Eat Disor-

ders Rev 2011; 19 (3): 174–189. Review.

17. Moola FJ, Gairdne SE, Amara CE. Exercise in the care of patients with anorexia nervosa: A syste- matic review of the literature. Ment Health Phys Act 2013. 6 (3): 59-68.

18. Murray SB, Rieger E, Touyz SW, et al. Muscle dysmorphia and the DSM-V conundrum: where does it belong? A review paper. Int J Eat Disord 2010; 43 (6): 483-91.

19. Olivardia R. Mirror, mirror on the wall, who’s the largest of them all? The features and phenom- enology of muscle dysmorphia . Harvard Rev Psychiatry 2001; 9: 245-259.

20. Penas-Lledo E, Vaz Leal FJ, Waller G. Excessive exercise in anorexia nervosa and bulimia nervo- sa: relation to eating characteristics and general psychopathology. Int J Eat Disord 2002; 31 (4): 370–375.

21. Phillips KA, Wilhelm S, Koran LM, et al. Body Dysmorphic Disorder: Some Key Issues For DSM-V. Depress Anxiety 2010; 27 (6): 573–91.

22. Pope HG Jr, Phillips KA, Olivardia R. The Adonis complex: the secret crisis of male body image obsession. New York: Free Press, 2000.

23. Preti A, Girolamo GD, Vilagut G, et al. ESEMeD-WMH Investigators. The epidemiology of eating disorders in six European countries: Results of the ESEMeD-WMH project. J Psychiatr Res 2009; 43 (14): 1125-32.

24. Ramacciotti CE, Coli E, Passaglia C, et al. Binge eating disorder: prevalence and psychopatholog- ical features in a clinical sample of obese people in Italy. Psychiatry Res. 2000; 94 (2): 131-8.

Documenti correlati