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Diffusione, organizzazione e impatto economico delle attività motorie e sportive in Italia

C. Signorelli, E Saccani, F Torreggian

Come noto l’attività fisica concorre a migliorare la qualità della vita ed è associata positivamente sia allo stato di salute sia alla nascita di valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza, contribuendo così alla realizzazione personale e allo sviluppo dei rapporti sociali. La promozione dell’attività fisica attraverso politiche sanitarie mirate e lo sviluppo di strategie che conducono ad un aumento della sua diffusione rientrano tra gli obiettivi di sanità pubblica e sono spesso inseriti nei piani di programmazione sanitaria.

Il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013, in coerenza con quelli precedenti, definisce tra i suoi punti programmatici la promozione della salute attraverso opportune iniziative di prevenzione basate sull’adozione di corretti stili di vita e sulla pratica di attività fisica, in particolare nelle persone anziane (13).

La pratica di attività motoria e sportiva in Italia

Numerosi sono stati gli studi condotti per valutare le dimensioni della pratica sportiva e dell’attività fisica in Italia (9,10,11,15,16). Secondo l’indagine multiscopo sulle famiglie italiane “Aspetti della vita quotidiana” condotta annualmente dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), nel 2013, in Italia, le persone di età ≥ 3 anni che hanno dichiarato di praticare uno o più sport nel tempo libero sono 17 milioni e 715 mila (il 30% della popolazione nella stessa fascia di età). Tra questi il 21,3% si dedica allo sport in modo continuativo e l’8,7% in modo saltuario. Coloro che pur non praticando uno sport svolgono un’attività fisica, come fare passeggiate per almeno due chilometri, nuotare, andare in bicicletta, sono 16 milioni e 326 mila (il 27,7% della popolazione nella fascia di età considerata), mentre la quota di sedentari, cioè coloro che non praticano uno sport né svolgono alcun tipo di attività fisica sono 24 milioni e 766 mila, pari al 42% della popolazione di 3 anni e più (Tabella 1). I dati di lungo periodo evidenziano un aumento della propensione alla pratica sportiva (dal 26,8% del 1997 al 30% del 2013), tuttavia nel 2013 rispetto al 2012 si registra una lieve diminuzio- ne della quota di coloro che praticano sport in modo saltuario (dal 9,2% del 2012 all’8,7% del 2013).

Tabella 1 - Da ISTAT, Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”.

Persone di 3 anni e più che praticano sport o qualche attività fisica e persone sedentarie per regione. Anno 2013 (valori percentuali).

REGIONI RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

Praticano

sport di cui in modo: solo qualchePraticano attività fisica Non praticano sport né attività fisica Non indicato Totale continuativo saltuario Piemonte 29,1 19,3 9,7 35,1 35,7 0,2 100,0 Valle d’Aosta 40,5 28,1 12,4 28,4 31,0 0,1 100,0 Liguria 27,4 20,8 6,5 29,2 43,2 0,2 100,0 Lombardia 35,7 25,8 9,9 29,9 33,8 0,6 100,0 Trentino-Alto Adige 47,8 30,0 17,8 36,8 15,0 0,4 100,0 Bolzano/Bozen 52,3 34,4 17,9 32,6 14,2 0,9 100,0 Trento 43,4 25,8 17,6 40,7 15,9 - 100,0 Veneto 37,7 26,7 11,0 37,4 24,8 0,1 100,0 Friuli-Venezia Giulia 38,3 26,5 11,9 32,5 28,7 0,4 100,0 Emilia-Romagna 35,8 26,0 9,8 32,6 31,4 0,2 100,0 Toscana 32,7 24,2 8,5 29,3 37,6 0,3 100,0 Umbria 30,9 21,2 9,7 28,0 41,1 - 100,0 Marche 32,9 23,7 9,2 31,0 35,8 0,3 100,0 Lazio 31,7 23,7 8,0 23,3 44,5 0,4 100,0 Abruzzo 26,9 19,8 7,1 27,9 44,7 0,5 100,0 Molise 23,5 17,7 5,9 25,2 50,9 0,4 100,0 Campania 17,6 12,6 4,9 21,1 60,9 0,4 100,0 Puglia 25,0 17,2 7,8 19,6 54,8 0,6 100,0 Basilicata 24,3 17,4 6,9 20,8 54,7 0,2 100,0 Calabria 20,2 14,2 6,0 19,3 60,1 0,3 100,0 Sicilia 20,9 13,1 7,8 19,1 59,6 0,3 100,0 Sardegna 30,2 21,9 8,3 30,5 39,1 0,2 100,0 Nord-ovest 33,1 23,5 9,5 31,2 35,2 0,4 100,0 Nord-est 37,9 26,7 11,2 35,0 26,9 0,2 100,0 Centro 32,1 23,7 8,4 26,6 41,0 0,3 100,0 Centro-Nord 34,2 24,5 9,7 30,9 34,5 0,3 100,0 Mezzogiorno 22,0 15,2 6,8 21,4 56,2 0,4 100,0 Italia 30,0 21,3 8,7 27,7 42,0 0,4 100,0

I dati territoriali tratti dall’indagine multiscopo 2013 mostrano una differente attitudine alla pratica sportiva tra le Regioni del Paese, che rispecchia anche una diversa disponibilità di strutture organizzate. Il Nord-est presenta la quota più elevata di persone che pratica- no sport (37,9%), con punte del 52,3% nella provincia autonoma di Bolzano e del 43,4% in quella di Trento. Seguono il Centro-nord con il 34,2%, il Nord-ovest con il 33,1% e il Centro (32,1%).

Il Mezzogiorno si caratterizza per la quota più bassa di persone che praticano sport nel tempo libero, con meno di un quarto della popolazione di 3 anni e più che dichiara di dedi- carsi a questa attività. Le regioni con la più bassa quota di praticanti sportivi sono la Campania e la Calabria (rispettivamente il 17,6% e il 20,2%) dove circa due persone su dieci dichiarano di

praticare sport, mentre Sardegna e Abruzzo mostrano livelli di pratica decisamente supe- riori (rispettivamente il 30,2% e il 26,9%).

Anche per quanto riguarda l’attività fisica le quote maggiori di praticanti si riscontrano nel Nord-est con il 35%, mentre nelle regioni del Sud il valore scende al 21,4%. Lo sport è un’attività del tempo libero tipicamente giovanile: le quote più alte di sportivi si riscon- trano per i maschi nella fascia di età tra gli 11 e i 17 anni (circa il 68%) e per le femmine in quella tra i 6 e i 14 anni (circa il 54%). Il confronto tra i sessi mostra una dedizione allo sport più accentuata tra i maschi (in media 36,4% contro il 24% delle femmine) in tutte le fasce di età ad eccezione dei giovanissimi (3-5 anni), nei quali le quote di praticanti si equi- valgono tra bambine e bambini. Per le classi di età successive le differenze di genere sono a favore dei ragazzi con divario massimo tra i 20 e i 24 anni (circa 22 punti percentuali in più di maschi praticanti uno sport rispetto alle coetanee) e si attenuano successivamente al crescere dell’età. Con l’aumentare dell’età diminuisce anche l’impegno sportivo e aumenta l’interesse per le attività fisiche (Figura 1).

Dai dati del sistema di sorveglianza Passi 2009-2012 (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), sistema continuo di sorveglianza sui principali fattori di rischio com- portamentali, il 33% degli intervistati di 18-69 anni può essere classificato come attivo in quanto svolge un lavoro pesante (che richiede un notevole sforzo fisico, come ad esempio manovale, muratore, agricoltore) oppure aderisce alle raccomandazioni sull’attività fisica (30 minuti di attività moderata per almeno 5 giorni alla settimana oppure attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni); il 36% come parzialmente attivo (non svolge un lavoro pesante ma fa qualche attività fisica nel tempo libero, senza però raggiungere i livel- li raccomandati) e il 31% come sedentario (non fa un lavoro pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero).

Per il periodo di rilevazione 2009-2012, la sedentarietà è significativamente più frequen- te in alcune categorie: nella fascia di età più anziana (50-69 anni, 35%), fra le donne (33%), fra le persone con molte difficoltà economiche (41%), fra quelle con un titolo di studio basso o assente (41%) e tra gli intervistati con cittadinanza straniera (33%) (Figura 2).Tutte queste associazioni, tranne la cittadinanza, sono confermate dall’analisi multivariata, anche se condotta separatamente per genere (14).

Figura 1 - Da ISTAT. Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”.

Persone di 3 anni e più che praticano sport in Italia per classe di età e sesso. Anno 2013 (per 100 per- sone con le stesse caratteristiche).

La distribuzione della sedentarietà per Regione di residenza divide in maniera netta l’Italia in due macroaree, con una maggiore diffusione nelle Regioni centromeridionali (con il valore più alto, pari al 54%, in Basilicata, e quello più basso, pari al 9%, nella P. A. di Bolzano). Fanno eccezione a questa bipartizione il Molise (24%) e la Sardegna (25%) che presentano valori significativamente minori rispetto sia alla media nazionale (31%) sia al livello dell’area corrispondente.

Relativamente all’evoluzione temporale, nel periodo 2008-2012, non si evidenzia una particolare variazione nella prevalenza della sedentarietà in nessuna delle macroaree geo- grafiche del Paese.

Non sempre la percezione soggettiva del livello di attività fisica praticata corrisponde a quella effettivamente svolta. Infatti, uno su due degli adulti parzialmente attivi (50%) e un sedentario su cinque (20%) percepiscono il proprio livello di attività fisica come sufficiente.

Si registra una percezione del livello di attività fisica praticata più corretta nelle donne che negli uomini: tra le persone che praticano attività fisica parziale, per il 53% degli uomini è sufficiente, mentre lo è per il 48% delle donne; tra i sedentari, percepiscono sufficiente l’attività fisica svolta il 18% delle donne contro il 21% degli uomini (14).

Dalla raccolta dati “OKkio alla salute” 2012, effettuata su oltre 40.000 bambini delle classi della scuola primaria, è emerso che i valori dell’inattività fisica e dei comportamen- ti sedentari, pur mostrando un miglioramento, permangono elevati: il 17% non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine, il 18% pratica sport per non più di un’ora a settimana. Inoltre, solo il 40% delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga un’attività motoria insufficiente (12).

Il calcio si conferma come uno fra gli sport più praticati, ma nel 2006, in cui risultava praticato dal 24,2% degli sportivi di 3 anni e più, è stato superato dal gruppo costituito da ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica che ha raggiunto il 25,2%. Al terzo posto della Figura 2 - Prevalenza della sedenta- rietà per caratteristiche socio-demo- grafiche. Da PASSI 2012.

graduatoria si colloca il nuoto, con una percentuale del 20,8%, che sale al 22,8% se si consi- derano tutti gli sport acquatici e subacquei, seguiti dagli sport ciclistici (11,7%), dal gruppo dell’atletica leggera, footing e jogging (11,3%) e dagli sport invernali, su ghiaccio e gli altri sport di montagna (11,3%), tra i quali lo sci alpino (9%) riveste un ruolo prioritario. Alcuni sport si configurano come prettamente maschili: il calcio praticato dal 39,7% degli uomini a fronte del 1,5% delle donne, il ciclismo dal 9,6% degli uomini rispetto al 2,9% delle donne, il tennis dal 7,7% degli uomini rispetto al 3,7% delle donne. Per altri sport invece la quota del- le femmine praticanti è maggiore: ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica sono pratica- te dal 39,5% delle donne rispetto al 15,3% degli uomini, così come il nuoto (26,6% rispetto al 16,9%), la danza e il ballo (13,5% rispetto al 1,4%) e la pallavolo (8% rispetto al 3%).

Alcune attività sono praticate prevalentemente da giovani e giovanissimi, mentre altre registrano un maggior numero di adesioni fra gli adulti. Il nuoto, la danza e le arti marziali sono praticate soprattutto dai più piccoli: il 42,8% dei bambini pratica nuoto.

Rispetto alla dimensione motivazionale lo sport è praticato prevalentemente per pas- sione o piacere (63,8%), per mantenersi in forma (53,6%) e per svago (50,4%). Anche la diminuzione dello stress costituisce una motivazione molto importante, indicata dal 30,4% degli sportivi; seguono la possibilità che lo sport offre di frequentare altre persone (25%), i valori che lo sport trasmette (13,7%), il contatto con la natura (12,7%) e le potenzialità terapeutiche (11,5%). I motivi prevalenti per cui non si pratica sport sono la mancanza di tempo che viene indicata come la causa principale dal 40,2% dei non praticanti e in partico- lare dagli uomini (il 43,6% rispetto al 37,5% delle donne). Seguono la mancanza di interesse (30,3%), l’età (24,1%), la stanchezza/pigrizia (16,2%), i motivi di salute (14,9%) e i motivi familiari (12,7%) e i problemi economici (7,1%). Residuale la quota di coloro che indicano tra le motivazioni la mancanza di impianti o la difficoltà nel raggiungerli (3,1%) e gli orari scomodi degli impianti (1,7%) (10).

Organizzazione dell’attività sportiva

Negli ultimi anni, diversi sono stati gli interventi legislativi in materia di sport. Il quadro normativo nazionale vede la compresenza di vari soggetti titolari di competenze in ambito sportivo, in primo luogo il Governo, le Regioni e il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Ita- liano) (3,7,17). In linea con il principio generale di autonomia dello sport previsto dall’or- dinamento italiano, gli organi del governo centrale svolgono un ruolo limitato all’interno del sistema sportivo.

Le funzioni in materia di sport, già di competenza del Ministero dei beni e le attività culturali, sono oggi attribuite, ai sensi del D.L. 181/2006, art. 1, comma 19, al Presidente del Consiglio dei Ministri (5). Il DPCM del 13 dicembre 2011 ha delegato le suddette funzioni al Ministro senza portafoglio per gli Affari regionali, il Turismo e lo Sport (8). Nel Governo Renzi (marzo 2013) la delega è rimasta nelle competenze del Sottosegretario alla Presiden- za del Consiglio dei Ministri.

Tra le funzioni di indirizzo generale attribuite a livello centrale, particolare rilievo assu- mono quelle in merito di:

– proposta, coordinamento ed attuazione delle iniziative normative, amministrative e culturali in materia di sport e di professioni sportive;

– cura dei rapporti con enti istituzionali e territoriali, organismi sportivi ed altri sog- getti operanti nel settore dello sport;

– coordinamento delle attività dell'Osservatorio nazionale per l'impiantistica sportiva e delle connesse attività per la realizzazione del programma straordinario per l'impian- tistica sportiva;

– proposta, concertazione e definizione degli indirizzi di governance in materia di sport;

– adozione di iniziative volte a promuovere l’adesione ai valori dello sport.

In base all’art.117 della Costituzione, l’ordinamento sportivo rientra tra le materie og- getto di legislazione concorrente. Le Regioni hanno emanato leggi che disciplinano l’inter- vento nei vari ambiti che possono essere ricondotti all’ordinamento sportivo, quali:

– la diffusione della pratica sportiva e delle attività fisico-motorie rivolte alla genera- lità dei cittadini, con particolare riguardo ai soggetti svantaggiati, ai bambini, agli adolescenti e alla terza età;

– la promozione delle attività sportive; – il ruolo sociale dello sport;

– la realizzazione di impianti ed attrezzature sportive sul territorio regionale disci- plinando, per quanto di competenza, le caratteristiche tecnico-edilizie e funzionali delle strutture sportive e i requisiti di esercizio delle strutture sportive e delle atti- vità;

– lo sviluppo dell’organizzazione sportiva e dell’associazionismo sportivo di base; – il rapporto tra attività sportive e attività turistiche e culturali;

– la sensibilizzazione e la formazione sul corretto esercizio delle attività sportive. Vi sono inoltre ambiti in cui è riconosciuto alle Regioni un ulteriore ruolo specifico: la legge n. 376/2000, all’art. 5, assegna loro il compito di programmare, nell’ambito dei piani sanitari regionali, le attività di prevenzione e di tutela della salute nelle attività sportive, con specifico riferimento alla lotta contro il doping.

Le Regioni hanno competenza legislativa e di programmazione in materia di promozio- ne dell’attività sportiva (impiantistica sportiva e tutela sanitaria) e ricreativa, mentre gli Enti Locali (Comuni e Province) sono responsabili, per la Pubblica Amministrazione, per la progettazione e costruzione degli impianti sportivi e il sostegno alla diffusione della pratica sportiva attraverso supporti specifici all’organizzazione di gare ed eventi di interesse loca- le, nazionale ed internazionale.

Le responsabilità della gestione e dell’amministrazione dello sport sono del CONI così come definite dal Decreto Legislativo 242/1999 e successive modifiche:

– …. promuovere la massima diffusione della pratica sportiva, … attraverso la “orga- nizzazione e il potenziamento dello sport nazionale ed in particolare la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni nazionali ed internazionali”;

– … adottare “misure di prevenzione e repressione dell’uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive”;

– … promuovere “la massima diffusione della pratica sportiva sia per i normodotati che, di concerto con il Comitato Italiano Paraolimpico, per i disabili”;

– … “assumere e promuovere le opportune iniziative contro ogni forma di discrimina- zione e di violenza nello sport”.

Il sistema sportivo è composto da: istituzioni sportive (CONI, Federazioni Sportive Nazio- nali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva, Associazioni Benemerite), operatori del settore (Leghe e Società sportive) e persone fisiche coinvolte a vario titolo (volontari, tesserati e praticanti).

Il sistema si configura dunque come una costruzione virtuale al vertice della quale opera il CONI, mentre la base è costituita dalle circa 70.000 società sportive. In posizione mediana si pongono le Federazioni nazionali che fungono da raccordo fra CONI e società sportive.

Le Federazioni sportive nazionali, definite “associazioni senza fini di lucro con perso- nalità giuridica di diritto privato”, sono costituite dalle società, dalle associazioni sportive e dai singoli tesserati. In base al decreto legislativo n.242 del 23 luglio 1999 “Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano –CONI”, il CONI (che riconosce una sola Federazione per ciascuna disciplina) richiede alle Federazioni i seguenti requisiti: lo svolgimento di atti- vità sportiva con partecipazione a competizioni e attuazione di programmi di formazione di

atleti e tecnici; affiliazione a una federazione internazionale riconosciuta dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale); statuti e regolamenti ispirati a principi di democrazia interna e di partecipazione con pari opportunità per uomini e donne. Le Federazioni traggono le ri- sorse economiche per il proprio funzionamento in parte da contributi pubblici ricevuti dal CONI (sul cui bilancio sono ascritte le competenze di quasi tutti i loro dipendenti) e in parte attraverso cespiti di autofinanziamento derivanti dall’attività istituzionale (tesseramento, incassi, contratti televisivi, sponsorizzazione ecc.). Negli ultimi anni il contributo del CONI si è andato riducendo attestandosi, mediamente, su circa il 55% del totale dei bilanci fede- rali. Oltre alle Federazioni, il CONI riconosce anche altre strutture sportive, come le Disci- pline associate, aderenti ad alcune Federazioni cui sono assimilabili per tipologia di attività sportiva. Lo scenario sportivo nazionale si completa con gli Enti di promozione sportiva, che pur appartenendo al CONI e ricevendo contributi pubblici per il loro funzionamento annuale tramite il CONI stesso, operano prevalentemente nell’ambito dello sport sociale (6).

Attività motoria nella scuola italiana

Analizzando il contesto di riferimento dello sport nella scuola pubblica italiana, emerge che, nelle scuole dell’infanzia, le ore di educazione fisica, motoria e sportiva, previste dal programma curriculare sono pari a zero. Nella scuola primaria vengono suggerite due ore di educazione fisica settimanali di cui una garantita; tuttavia l’organizzazione didattica della scuola primaria non prevede la presenza di docenti con un titolo specifico per coordinare le attività di educazione fisica. Nella scuola secondaria di 1° e 2° grado sono inserite due ore di educazione fisica con docenti provvisti di titolo specifico. Volendo perseguire gli obiettivi di una riorganizzazione delle attività motorie e sportive in ambito scolastico, sono stati av- viati diversi progetti, partecipati dal CONI, per avvicinare gli studenti delle scuole primaria e secondaria all’attività fisica e sportiva con lo scopo di educare attraverso il gioco, fare acquisire competenze motorie, fare apprendere corretti stili di vita.

Nel 2013 il Ministro della Salute, di concerto con il Ministro per gli Affari Regionali, le Autonomie e lo Sport, ha emanato il Decreto legislativo del 24 aprile 2013 “Disciplina della certificazione dell’attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salva- vita”, in cui è definita amatoriale “l’attività ludico-motoria, individuale o collettiva, non

occasionale, finalizzata al raggiungimento e mantenimento del benessere psico-fisico della persona, non regolamentata da organismi sportivi, ivi compresa l’attività che il soggetto svolge in proprio, al di fuori di rapporti con organizzazioni o soggetti terzi e praticata da soggetti non tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI”.

Nell’articolo 3 si definiscono attività sportive non agonistiche quelle praticate dai se-

guenti soggetti: a) gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell’ambito delle attività parascolastiche; b) coloro che svolgono attività organiz- zate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982; c) coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale (4).

Impatto economico dello sport

Il valore economico dello sport può essere interpretato sia come apporto alla formazio- ne del valore aggiunto di un’economia, sia come effetto indiretto di miglioramenti sociali, quali un miglior stato di benessere collettivo (sia fisico che psichico), un più elevato grado

di socializzazione e, di conseguenza, una migliore coesione sociale, fattori che vanno ad aumentare il capitale sociale di un’economia. Poiché in Italia non esiste una contabilità statistica dello sport, a differenza di altri Paesi come Regno Unito, Austria, Cipro, il punto di riferimento è la definizione contabile Eurostat “Vilnius Definition” (2), secondo cui la definizione dello sport in termini economici si articola in tre livelli:

1. Definizione statistica: comprende solo le attività direttamente collegate allo sport (gestione di impianti sportivi, organizzazioni sportive, ...).

2. Definizione ristretta: comprende in aggiunta alla precedente, tutte le attività che sono utilizzate per produrre lo sport, vale a dire i beni e i servizi necessari per fare sport (la fabbricazione di abbigliamento, calzature e attrezzature sportive, la costruzione di in- frastrutture dedicate allo sport, le attività educative sportive, ...).

3. Definizione allargata: comprende anche tutte le altre attività che sono collegate allo sport, ma che non sono necessarie per fare sport (es. i media dedicati allo sport, le attività ricettive), i servizi di trasporto e quelli medici utilizzati da atleti e spettatori.

Il valore dello sport in Italia non si limita alla spesa diretta in beni e attività legate allo sport, ma si estende alle spese che da essa possono derivare, anche indirettamente. Il peso economico dello sport è quindi dato da una somma di effetti:

1. Effetti diretti: derivano dalla spesa diretta in consumi delle famiglie e del settore pubblico, dagli investimenti del settore pubblico o di quello privato e dalle esportazioni al netto delle importazioni.

Le voci prese in considerazione per la valutazione degli effetti diretti sono:

– le spese direttamente o indirettamente sostenute dalle famiglie per fini attinenti lo sport (calzature e abbigliamento, servizi sanitari, bici e articoli sportivi, acquisto barca con assicurazione e rimessaggio, ristorazione, cibo e bevande, media quali riviste, giornali, CD, DVD, abbonamenti TV, totocalcio e scommesse sportive, turismo sportivo, corsi e abbonamenti agli impianti, manifestazioni sportive);

– le spese direttamente e indirettamente sostenute per fini attinenti lo sport che coin- volgono un operatore estero (importazioni ed esportazioni);

– le spese dei privati in conto capitale o correnti per la costruzione, manutenzione e

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