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Attività fisica e diabete

F. Gallè, V Di Onofrio, G Liguor

Inoltre, nel caso del diabete di tipo II è possibile persino prevenire l’insorgenza attraver- so sostanziali cambiamenti nella dieta e nelle abitudini sedentarie.

In tutte le ricerche condotte tra gli individui ad alto rischio, le modifiche agli stili di vita hanno dato risultati più vantaggiosi e duraturi rispetto alla terapia medica. Le misure risultate efficaci nel prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete di tipo II includono, oltre all’alimentazione controllata e alla perdita di peso, la pratica di attività fisica (19). Questa è capace infatti di aumentare la sensibilità all’insulina e di ridurre i livelli plasmatici di in- sulina nei pazienti con iperinsulinemia. Inoltre, essa contribuisce a mantenere il giusto peso corporeo, migliorare la dislipidemia e abbassare la pressione arteriosa, determina un au- mento del tessuto muscolare metabolicamente attivo e migliora la salute cardiovascolare.

Sia l’esercizio aerobico che quello di resistenza sono associati con una diminuzione del rischio di comparsa del diabete di tipo II. Un ampio studio prospettico ha dimostrato che un dispendio di 500 kcal (2100 kJ) alla settimana comporta una riduzione dell’incidenza della malattia pari al 6% (RR 0.94, CI 95% -0,90–0,98), con benefici particolarmente evidenti tra i soggetti ad alto rischio (ad es. individui con alto IMC). Un’attività fisica moderata (≥5.5 MET) per almeno 40 minuti alla settimana e di fitness cardiovascolare (>31 mL O2 per kg per min.) risulta protettiva nei confronti del diabete di tipo II.

L’esercizio fisico risulta efficace anche nella gestione della malattia. Diversi studi clinici e metanalisi a riguardo hanno infatti mostrato come l’allenamento aerobico e in particolare quello di resistenza siano utili al controllo dell’omeostasi glicemica e determinino una di- minuzione della mortalità per malattie cardiovascolari e per altre cause nei diabetici e nei soggetti con sindrome metabolica (19).

Inoltre, se poco o nulla è possibile fare per prevenire il diabete di tipo I, l’attività moto- ria può essere utile al controllo glicemico anche nei soggetti che presentano tale patologia, con un’efficacia che aumenta all’aumentare dell’intensità dell’esercizio (13).

La prevalenza del diabete di tipo II è attualmente in crescita anche tra bambini e ado- lescenti, dato l’aumento di comportamenti sedentari e obesità all’interno di queste cate- gorie. Non sono ancora stati condotti studi clinici randomizzati che abbiano dimostrato il ruolo dell’attività fisica nel prevenire tale patologia nei più giovani, ma quelli disponibili suggeriscono che la riduzione a meno di un’ora al giorno del tempo trascorso davanti a tele- visione, computer e videogame e la pratica di almeno 60 minuti al giorno di esercizio fisico possono risultare utili in tal senso (12).

L’American College of Sports Medicine (ACSM) e l’American Diabetes Association (ADA) raccomandano la pratica di almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica da moderata a vigorosa per prevenire l’insorgenza del diabete in adulti ad alto rischio (2).

Nelle donne interessate da diabete gestazionale il rischio di sviluppare diabete di tipo II risulta elevato, per cui l’esercizio fisico può essere considerato uno strumento di prevenzio- ne sia per il diabete gestazionale che per quello di tipo II. L’attività fisica praticata prima della gravidanza é risultata consistentemente associata ad un ridotto rischio di sviluppare diabete gestazionale, mentre la pratica di 30 minuti di attività fisica di intensità moderata/ vigorosa nella maggior parte della settimana (ad es. 150 minuti a settimana) è raccomanda- ta per donne gravide che non presentino complicanze mediche o ostetriche: le donne attive hanno un miglior controllo glicemico e una migliore fitness cardiorespiratoria rispetto a quelle che non praticano esercizio fisico, senza effetti negativi sulla gravidanza (2).

Per i soggetti affetti da diabete di tipo II, l’ACSM e l’ADA raccomandano la pratica di al- meno 150 minuti alla settimana di attività moderata/intensa da svolgere nel corso di alme- no 3 giorni alla settimana, con intervalli di non più di due giorni consecutivi tra le sessioni di allenamento aerobico. Oltre all’allenamento aerobico, sarebbe opportuno praticare al- lenamento di resistenza moderato/vigoroso per almeno 2-3 giorni a settimana. Gli esercizi di flessibilità possono essere inclusi ma non dovrebbero sostituire le forme di attività rac- comandata. Inoltre, i soggetti diabetici dovrebbero incrementare la propria attività fisica quotidiana non strutturata. Prima di intraprendere la pratica di esercizi più intensi rispetto

alla camminata veloce, i soggetti sedentari con diabete di tipo II dovrebbero sottoporsi alla valutazione di un medico (2).

Mentre l’esercizio può avere effetti negativi sull’iperglicemia nei diabetici di tipo I, quelli affetti da diabete di tipo II possono affrontare l’attività fisica anche in condizioni di iperglicemia, se non accusano fastidi e se presentano una adeguata idratazione. Per quanto riguarda il rischio di ipoglicemia, mentre nei soggetti che controllano la patologia solo agendo sugli stili di vita esso risulta basso, coloro che assumono insulina o secretagoghi dell’insulina possono risentire dell’azione congiunta di esercizio e insulina sull’uptake del glucosio. In tali casi è opportuno assumere un supplemento di carboidrati per prevenire l’ipoglicemia durante e dopo l’esercizio (2).

Evidenze scientifiche

Uno dei primi studi relativi agli interventi sugli stili di vita per la prevenzione del diabete di tipo II è stato condotto tra maschi di età compresa tra 47 e 49 anni a Malmö, in Svezia. Alcuni soggetti con IGT e tutti quelli con diabete di tipo II furono avviati randomicamente ad un percorso di attività fisica o di trattamento dietetico per 6 mesi, mentre gli individui con IGT restanti e quelli normali non furono trattati. Al termine dello studio si osservò che i soggetti trattati con modifiche agli stili di vita avevano un’incidenza più bassa di diabete di tipo II e una maggiore inversione dell’IGT rispetto ai non trattati. Al dodicesimo anno di follow-up la mortalità tra i soggetti con IGT trattati non risultava differente da quella registrata tra i soggetti normali e risultava ridotta più della metà rispetto ai soggetti con IGT non trattati (6).

Il Da Qing Study successivamente esaminò l’effetto di interventi della durata di 6 anni su dieta ed esercizio fisico in 577 soggetti cinesi con IGT ed età media di 45 anni. Il solo programma alimentare risultò associato ad una riduzione del rischio di sviluppare diabete di tipo II pari al 31%, mentre la sola attività fisica mostrò una riduzione del 46%. Tuttavia, nel gruppo in cui i due programmi erano stati associati la riduzione del rischio risultò pari al 42% al termine del follow-up (15).

Il Finnish Diabetes Prevention Study (DPS) è stato il primo studio controllato randomiz- zato ad esaminare specificamente l’effetto di un intervento sullo stile di vita nel prevenire il diabete di tipo II. Esso fu condotto su 522 soggetti in sovrappeso/obesi che presentavano IGT per circa 3 anni.

L’intervento forniva un’assistenza personalizzata, mirata a far raggiungere e mantenere un idoneo peso corporeo, a far ridurre l’assunzione di grassi, ad aumentare l’assunzione di fibre alimentari e la pratica di attività fisica. Dopo due anni di follow-up, l’incidenza del diabete di tipo II nel gruppo di intervento era meno della metà di quella osservata nel gruppo di controllo. Tale riduzione era correlata ad ognuno dei componenti dell’intervento ed era mantenuta a 4 anni dalla cessazione dell’intervento (11, 16).

Uno dei più ampi studi controllati randomizzati compiuti sul tema è rappresentato dal Diabetes Prevention Program, condotto per circa 3 anni su 3.234 adulti americani con IGT. Esso comparava gli interventi sugli stili di vita con la terapia farmacologica basata sull’im- piego di metformina o di un placebo, arrivando a dimostrare che la modifica dello stile di vita risultava più efficace ed associata ad una più bassa mortalità rispetto alla terapia farmacologica. L’incremento di attività fisica risultava contribuire a ridurre il rischio di dia- bete anche indipendentemente dalla perdita di peso. Il DPP ha dimostrato inoltre come gli interventi condotti abbiano comportato un miglioramento dei parametri ematici correlati alla sindrome metabolica e dell’ipertensione arteriosa, in aggiunta agli effetti sull’intolle- ranza al glucosio e sulla glicemia (10).

Esperienze sul campo

Per contenere l’epidemia del diabete è necessario quantificarne le dimensioni, conosce- re i fattori di rischio, mettere a punto percorsi validi ed efficienti per screening e diagnosi, e implementare specifici interventi culturali per la prevenzione e il trattamento. Da molti anni ormai enti e istituzioni internazionali e nazionali hanno attivato campagne di sensibi- lizzazione e promosso la diffusione di informazioni circa le strategie più idonee a prevenire e controllare la malattia diabetica.

L’International Diabetes Federation raccomanda la pratica di almeno 30 minuti di attivi- tà fisica moderata (cammino, nuoto, ballo, ciclismo) per la maggior parte della settimana: il cammino svolto regolarmente per almeno 30 minuti al giorno riduce il rischio di sviluppare diabete del 35-40% (1).

Analogamente a quanto previsto per gli adulti tra 18 e 64 anni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che i soggetti con diabete di tipo II pratichino nel corso di una set- timana almeno 150 minuti di attività fisica aerobica di intensità moderata o 75 minuti di at- tività vigorosa o una combinazione equivalente di attività ad intensità moderata e vigorosa, in sessioni della durata di almeno 10 minuti. Tali quantità possono essere incrementate per ottenere maggiori benefici di salute. É inoltre raccomandata la pratica di esercizi di raffor- zamento a carico dei maggiori gruppi muscolari per almeno due giorni alla settimana (20).

Il National Diabetes Prevention Program, condotto negli Stati Uniti dai Centers for Dise- ases Control and Prevention, rappresenta un importante esempio di programma mirato alla prevenzione del diabete di tipo II mediante modifiche agli stili di vita. Esso prevede la crea- zione di gruppi di soggetti a rischio che vengono seguiti per un anno da un lifestyle coach, il quale incoraggia i partecipanti ad inserire nella propria vita quotidiana attività fisica e una corretta alimentazione, valutando le emozioni e le situazioni che possono inficiare il buon esito del programma. L’appartenenza al gruppo risulta utile ai partecipanti nell’affrontare situazioni difficili. L’obiettivo finale è quello di dimezzare il rischio presentato dai soggetti arruolati.

Anche in Italia sono stati messi a punto diversi progetti per trasferire i risultati della ricerca in interventi strutturati per la prevenzionedel diabete.

Il modello C.U.R.I.A.MO., attuato dal Centro Universitario di Ricerca Interdipartimenta- le Attività Motoria dell’Università degli Studi di Perugia, consiste in un approccio multidisci- plinare che prevede l’affiancamento di diverse figure professionali (diabetologo, dietista, medico dello sport, psicologo, pedagogista e laureato in Scienze Motorie) per avvicinare i soggetti diabetici alla pratica di attività motoria. Il percorso motorio dura tre mesi in cui sono distribuite 24 sedute (due alla settimana), con carichi di lavoro crescenti che aumen- tano ogni 6 sedute. In accordo con le linee guida internazionali viene proposto sia l’alle- namento aerobico (60 minuti) che quello per la forza muscolare (30 minuti), aggregando i pazienti in gruppi di 12-18 partecipanti. Il progetto è strutturato in modo da poter essere riproducibile in altre sedi (3).

Al fine di valutare l’impatto di un programma di cammino di gruppo in persone con dia- bete di tipo II, 55 soggetti diabetici della città di Verona sono stati suddivisi in modo rando- mizzato tra un gruppo di controlli, che ricevevano raccomandazioni standard sullo stile di vita, e uno di intervento, in cui i soggetti partecipavano settimanalmente a tre uscite di un gruppo di cammino con la supervisione di un esperto e si sottoponevano ad un intervento di counseling sull’attività fisica. Sia la capacità funzionale che l’attività fisica praticata sono risultati maggiori nel gruppo dei trattati rispetto ai controlli. Nei soggetti che hanno parte- cipato ad almeno il 50% delle uscite di cammino le modifiche dell’emoglobina A1C e della glicemia a digiuno sono risultate superiori a quelle nei controlli. Nel 33% dei trattati (contro il 5% dei controlli - P<0.05) si è ottenuta una riduzione o una sospensione della somministra- zione di farmaci antidiabetici (14).

Nella città di Napoli si è svolto un progetto, promosso dall’Agenzia Regionale della Sanità campana e finanziato dal Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, che ha previsto la realizzazione di un percorso di Disease Management basato sull’integra- zione tra Medici di Medicina Generale, Centri di Diabetologia ed Università. Obiettivi del progetto erano la prevenzione e il controllo dell’obesità nei pazienti diabetici e/o affetti da sindrome metabolica attraverso un percorso di assistenza integrata che prevedeva, tra gli altri, interventi periodici di counseling motorio e programmi di fitness metabolica condotti da professionisti delle Scienze Motorie. I risultati, espressi sia in termini di outcomes clinici e metabolici che di risposte ai questionari cognitivo-comportamentali e ai test fisici, hanno non solo confermato l’efficacia ma anche la fattibilità di un siffatto percorso integrato nella gestione della patologia.

Bibliografia

1. Alberti KGMM, Zimmet P, Shaw J. International Diabetes Federation: a consensus on type 2 dia- betes prevention. Diabet Med 2007; 24: 451-63.

2. American College of Sports Medicine, American Diabetes Association: Joint Position Statement. Exercise and Type 2 Diabetes. Med Sci Sports Exerc 2010; 42 (12): 2282-303.

3. Associazione Medici Diabetologi, Società Italiana di Diabetologia. La prevenzione del diabete mellito tipo 2. Dalle evidenze alle strategie di implementazione. Idelson Gnocchi Editore, Napoli 2011.

4. Chen L, Magliano DJ, Zimmet PZ. The worldwide epidemiology of type 2 diabetes mellitus - pres- ent and future perspectives. Nat Rev Endocrinol 2012; 8: 228-36.

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9. Istituto Nazionale di Statistica. Annuario Statistico Italiano 2010. http://www3.istat.it/dati/ca- talogo /20101119_00/contenuti.html.

10. Knowler W, Barrett-Connor E, Fowler SE, Hamman RF, et al. Reduction in the incidence of type 2 with lifestyle intervention or metformin. N Engl J Med 2002; 346: 393-403.

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17. Warburton DER, Nicol CW, Bredin SSD. Health benefits of physical activity: the evidence CMAJ 2006; 174 (6): 801-9.

18. Wild S, Roglic G, Green A, et al. Global prevalence of diabetes: estimates for the year 2000 and projections for 2030. Diabetes Care 2004; 127 (5): 1047-53.

19. World Health Organization. Diabetes Action Now: An initiative of the World Health Organization and the International Diabetes Federation. 2004; WHO, Geneva.

20. World Health Organization. Global recommendations on physical activity for health. 2010; WHO: Geneva.

Box - Progetto CCM 2012 “Counseling motorio

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