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L’autonomia finanziaria degli enti regionali e locali con cui misurars

Nel quadro di riferimento delineato occorre passare a chie- dersi in che modo e, dunque, in quali ambiti e materie, le Re- gioni ed Enti locali possono “stabilire” ed “applicare” norme agevolative, siano esse norme di deroga a norme impositive o di

49 Per le quali, la Corte Costituzionale aveva già disposto la riconducibilità

alle materie di competenza esclusiva statale.

50 Si veda, sul punto A. CANDIDO, la Controriforma del Titolo V, in

sistema, oppure di veri e propri incentivi istituiti nel rispetto dei vincoli giuridici esistenti a livello nazionale, previa osservanza delle norme comunitarie sovraordinate a quelle nazionali che, come si è in precedenza già considerato, costituiscono il “siste-

ma integrato interno e comunitario” in cui confrontarsi per va-

lutarne la loro legittimità.

È noto che in Italia, malauguratamente, accada spesso l’in- verso. Sono molte le agevolazioni di fonte statale o regionale che hanno subito censure a livello comunitario e che sono state ritenute incompatibili con i divieti posti dalla disciplina sugli aiuti di Stato a cui sono state dedicate alcune pagine del presen- te lavoro51.

Il bilancio delle esperienze di questi anni e gli interventi “ri- pristinatori” sempre più incisivi e numerosi della Commissione e della Corte di Giustizia in materia, confermano un dato e cioè che ad oggi non può dirsi raggiunta un’adeguata consapevolez- za da parte delle nostre autorità istituzionali della rilevanza dei principi di fonte europea nella progettazione di misure di aiuti a livello centrale e decentrato E ciò, soprattutto, quando si è fatto ricorso alla leva fiscale nei “modelli” costruiti per l’attuazione di politiche di intervento nell’economia.

Si avrà modo di soffermarsi su queste esperienze più rile- vanti nel prosieguo. Così come si avrà modo di soffermarsi su un recente caso di “successo” di un modello di sviluppo basato su un uso calibrato della leva fiscale per il perseguimento di o- biettivi ritenuti prioritari dall’Unione (le politiche urbane), quel- lo delle cd. zone franche urbane che, dopo aver ricevuto il pla- cet dalle autorità comunitarie, è stato poi definitivamente sop- presso per (ingiustificabili, come si chiarirà) scelte di natura po- litica52.

Tornando all’indagine degli spazi di autonomia per gli Enti sub statali nella progettazione di politiche “di incentivazione” verso la propria collettività di riferimento con norme fiscali di favore, bisogna chiedersi, dunque, su quali tributi ed ad opera di quale autorità, potrebbero risultare legittime (e compatibili) ipo- tesi di “fiscalità di sviluppo” e verificare con quali risorse le stesse potrebbero essere finanziate, data l’attuale situazione di crisi in cui versano gli enti territoriali e dei numerosi e cospicui

51 Infra, Cap. VI. 52 Infra, Cap. V.

“tagli lineari” e stringenti “vincoli di bilancio” imposti dallo Stato centrale.

È evidente che per proseguire nel discorso, deve assumersi (o meglio sarebbe dire, augurarsi) che tutti gli enti decentrati abbiano o possano contare su una capacità” finanziaria adeguata e che, quindi, una volta coperte le spese delle funzioni loro as- segnate, siano in grado di operare anche in funzione promozio- nale per potenziare e migliorare il loro intervento politico sui territori .

Per continuare nell’ipotesi, bisogna anche assumere come premessa del ragionamento, l’attuale “punto di arrivo” del pro- cesso di attuazione dell’art. 119 della Cost. originatosi con la legge delega sul federalismo fiscale n. 42/2009, fermo restando che si dovranno fare alcune riflessioni sul probabile mutamento di scenario che potrebbe scaturire dalla prosecuzione dell’iter di approvazione del citato disegno di legge costituzionale di con- troriforma al Titolo V recentemente licenziato dal Governo.

Se si guarda, dunque, all’articolazione delle fonti di entrata di Regioni ed Enti locali che si ricava dall’impianto della legge delega sul n. 42/2009 si desume che, per l’abbandono del siste- ma di finanza derivata, che è uno dei principi fondanti della de- lega, sono stati soppressi i trasferimenti delle entrate dallo Stato alle Regioni e quelli dalle Regioni ai Comuni e Province e si è costruito un modello di finanziamento in cui le risorse vanno “(ri)assegnate” ai vari livelli di governo in ragione del fabbiso-

gno necessario a coprire le spese per l’esercizio delle rispettive

funzioni. Dette spese, però, non sono più determinate in base al criterio della spesa storica, ma in base ai cd. costi standard o a criteri differenti a seconda che si tratti di spese connesse allo svolgimento delle funzioni essenziali (cd. Spese LEP) ed alle

altre funzioni (cd. Spese Libere)53.

Le Regioni, per far fronte a questo articolato e complesso si- stema di finanziamento potranno contare sul gettito che, per le

53 Cfr. art. art. 8, comma 1, lett. h), L. n. 42/2009. Sui criteri di assegnazione

delle risorse ci si permette di rinviare al mio: Quel che resta del processo di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale: lo stato attuale della fiscalità regionale e locale, in Innovazione e diritto, 2012, 49 ss. in cui si so- no analizzati gli aspetti legati alla parametrizzazione delle spese ai fabbisogni necessari a coprire l’esercizio ordinario delle funzioni essenziali o meno. Sul- la questione, L. LUPI, Fiscalità e tributi nel disegno di legge sul federalismo, in Corr. trib., 2008, 3081.

Spese LEP, deriva dai tributi propri regionali e dai tributi propri

derivati, nonché dalle addizionali, dalla compartecipazione re- gionale all’IVA, e da quote specifiche (della prima parte) del fondo perequativo alimentato dalla compartecipazione all’IVA,

che dovrebbero garantire la copertura integrale delle stesse. Per i tributi propri regionali si intendono, com’è noto, quelli istituiti e regolati interamente dalla legge regionale e che pos- sono colpire basi imponibili e soggetti diversi da quelli già sot- toposti ad imposizione con tributi statali54. I tributi propri deri- vati sono, invece, quelli istituiti e regolati da legge statale che

può aver lasciato spazi di autonomia alla Regione per ciò che concerne la relativa disciplina. Si tratta della quasi totalità dei tributi che attualmente affluiscono già, come gettito, al bilancio delle Regioni.

Le spese relative ad “altre funzioni” (le cd. Spese Libere, di- verse da quelle associate ai LEP) andranno finanziate, invece, senza essere standardizzate, con le fonti di gettito derivanti dai tributi regionali (propri, derivati e addizionali) il cui ammonta- re sarà parametrato, questa volta, in base dal gettito prodotto

dall’addizionale regionale Irpef 55.

Le spese straordinarie o speciali, che possono riguardare tutte le funzioni, potranno essere finanziate, infine, con contri-

buti speciali dello Stato e dell’Unione europea e non con tribu-

ti.

54 Per evitare fenomeni di doppia imposizione giuridica. Secondo l’ interpre-

tazione che fornita della Corte Costituzionale ( sent. del 26.1.2004, n. 37) la potestà della Regione di istituire tributi propri dovrebbe essere preceduta da una legge statale di coordinamento in cui si definiscano i principi cui le Re- gioni debbano attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa. Per le Regioni a statuto speciale, si ritiene, invece, che l’ istituzione dei tributi propri debba essere vincolata ai soli principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario, salva diversa indicazione indicata dagli statuti. Sulla questione, L. DEL FEDERICO, L’autonomia tributaria delle regioni ed i principi di co- ordinamento della finanza pubblica: con il progetto Giarda bis verso l’attuazione dell’art. 119, in Riv. trib., 2010; R. MICELI, Federalismo fiscale e responsabilità comunitaria degli enti territoriali: riflessioni e prospettive, in Rass. trib., 2010, 1676 ss.

55 Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. g), L. n. 42/2009, solo le Regioni con

una capacità fiscale per abitante inferiore alla media nazionale, riceveranno un sussidio positivo dal fondo secondo un coefficiente perequativo parziale finanziato in parte dalle Regioni che si trovano in situazione opposta (e, quin- di, quelle più ricche e che presentano una capacità fiscale per abitante superio- re alla media nazionale) e per il residuo, dallo Stato centrale con l ‘addizionale IRPEF.

Anche per gli Enti Locali è stata prevista, in linea di princi- pio, una diversa copertura a seconda che si tratti delle spese ri- conducili alle funzioni fondamentali (di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Cost.) e in quelle relative “alle altre funzioni”, e si è prevista, del pari, una ripartizione di fondi perequativi.

Per le spese riferite alle funzioni fondamentali i Comuni po- tranno contare, in particolare, sul gettito generato da una com-

partecipazione all’IVA, all’IRPEF e dall’“imposizione immobi- liare” generatasi sul loro territorio e, quindi, in definitiva su tri-

buti propri derivati, il cui gettito dovrebbe essere, peraltro, inte- ramente devoluto all’ente stesso 56. Anche per queste spese è

prevista la copertura anche con quote (della seconda parte) del

fondo perequativo che si alimenta con l’addizionale IRPEF e

viene parametrato sulla cd. “capacità fiscale per abitante”. Per le Province, infine, le entrate sono costituite dai tributi

propri derivati connessi al trasporto su gomma e da una com- partecipazione ad un tributo erariale (art. 12, comma 1, lett. c),

L. n. 42/2009, oltre ad una quota del fondo perequativo, a sua volta alimentato da un ulteriore fondo che trae risorse dalla fi- scalità erariale. Per le spese relative alle funzioni non fondamen-

tali, le entrate sono costituite da tributi propri derivati, dalla compartecipazione al gettito di tributi regionali e statali, non-

ché dal fondo perequativo basato, anch’esso, sulla capacità fi- scale per abitante 57.

Ciò posto e, salvo ritornare su alcuni aspetti di criticità legati al citato sistema di finanziamento delle funzioni, le Regioni hanno, in linea di principio, tributi propri e tributi propri deriva- ti, oltre che addizionali per “istituire” o “disciplinare” determi- nate misure agevolative.

Esse, quindi, mantengono la possibilità di regolare ogni a- spetto dei tributi propri e, quindi, dei tributi istituti con propria

56 La legge delega prevede che l’imposizione immobiliare dei Comuni do-

vrebbe escludere l’abitazione principale (ex art. 12, comma 1, lett. b), L. n. 42/2009), ma, ciò nonostante, l’IMU, che “è stata anticipata” nel 2012, si cal- cola anche con riferimento all’abitazione principale. Sono molte le critiche e perplessità di detta anticipazione che il Governo ha giustificato per motivi di cassa per la copertura del debito pubblico. Sull’IMU e la sua ambiguità come imposta patrimoniale, L. SALVINI, L’IMU nel quadro del sistema fiscale, in Rass. trib., 2012, 689 ss.

57 Cfr. art. 11, comma 1, lett. c), L. n. 42/2009. Per queste spese non è previ-

legge su basi imponibili e presupposti però diversi da quelli co- perti da riserva statale, e, dunque, hanno anche la possibilità di “introdurre” trattamenti differenziati, che rispondano ad esigen- ze tecniche “di sistema” , oppure che siano adottati per pro- muovere, in funzione promozionale, determinati comportamenti o azioni dei soggetti residenti nel proprio territorio, sempre nel rispetto dei vincoli interni e comunitari all’esercizio della loro funzione impositiva di cui si è discusso.

Con riguardo ai tributi propri derivati e le addizionali, le Re- gioni, invece, potranno adottare norme agevolative solo per di- sciplinare quegli aspetti di autonomia ad esse riservati - nei li- miti ed i criteri stabiliti dalla legislazione statale - fermo il ri- spetto dei citati vincoli giuridici interni ed europei. In questo ambito, dunque, esse potranno disporre modifiche di aliquote dei tributi erariali, oppure esenzioni, detrazioni e deduzioni e/o variazioni percentuali delle aliquote ed addizionali dei tributi statali stabiliti con legge dello Stato.

Per i Comuni e le Province, come si diceva, non può parlarsi di tributi “propri”, ma solo di tributi propri “derivati” . A questo punto, sia se si tratti di tributi disposti con legge dello Stato, che da legge della Regione, detti Enti avranno una ancor più limita- ta possibilità di intervenire con norme di dettaglio per discipli- nare variazioni sulle aliquote o esenzioni che dipenderanno dai limiti di intervento stabiliti dalla legge (statale o regionale).

Un discorso a parte meritano gli “interventi speciali” di cui al comma 5 dell’art. 119 della Costituzione che sono quelli fi- nanziati con contributi del bilancio dello Stato, con i finanzia- menti dell’Unione e con i cofinanziamenti regionali che, nell’attuale situazione di forte crisi finanziaria del sistema delle autonomie e del Bilancio dello stato, dovrebbero rappresentare il vero (se non l’unico) bacino di risorse da cui attingere per la programmazione delle proprie politiche di sviluppo economico e sociale.

Si aggiunga che, il processo di decentramento delle funzioni amministrative degli enti territoriali avvenuto con la Riforma del Titolo V ha fatto registrare un’evoluzione anche della loro autonomia organizzatoria58.

58 Sul punto, P. BORIA, Autonomia normativa e autonomia organizzatoria degli enti locali in materia di accertamento e riscossione tributaria, in Riv.

Per i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatez- za, le funzioni amministrative sono attribuite, invero, all’ente più prossimo ai cittadini e, quindi, ai Comuni che sono titolari delle funzioni relative alle materie di propria competenza e di quelle loro conferite dalla legge statale o regionale (art. 118 cost.).

Di qui la considerazione che le funzioni in materia dell’ac- certamento, della riscossione e della liquidazione dei tributi at- tribuite agli enti locali, a meno di stravolgimenti che dovessero emergere dalla controriforma del Titolo V in corso, dovranno essere da questi esercitate, nel rispetto dei principi di coordi-

namento stabiliti con legge dello Stato, oltre che nel rispetto dei principi comunitari ed internazionali (ex art. 117, comma 1,

della Cost.).

Il che porta a considerare che sia i Comuni, che le Province (sui tributi propri derivati) e le Regioni (sui tributi propri deri- vati, oltre che – ovviamente – sui tributi propri) potrebbero ave- re, in linea di principio, altri spazi di autonomia tributaria nell’adozione dei procedimenti che riguardano l’attuazione o integrazione della disciplina dei tributi di propria competenza. Così avviene, ad es., quando detti Enti si riservano il potere di concedere dilazioni di pagamento, rateizzazioni o “regolarizza- zioni dei carichi sospesi” e, quindi, in definitiva, di regolamen- tare talune “facilitazioni” con norme di favore (purché disposte nei limiti fissati con leggi statali o regionali) nei procedimenti di accertamento e riscossione di tributi di propria competenza.

Una volta individuati gli spazi entro i quali sarebbe possibile da parte di ciascun livello di governo, in linea di principio, la progettazione di una politica fiscale in chiave incentivante, e, quindi, l’adozione di norme fiscali di favore al fine di accresce- re il livello di competitività delle imprese o il sostegno a deter- minati ambiti o settori, occorre ribadire che detta possibilità re- sta subordinata al rispetto dei vincoli posti, in via preliminare, dalla disciplina sugli aiuti di Stato.

L’Unione, come si è visto, impone agli stati membri il ri- spetto del principio della concorrenza leale e libera che è quella che si realizza quando non vengano ad alterarsi i livelli di tassa- zione “per talune imprese e per talune produzioni” di uno Stato

dir. trib., 2008, 490; ID, Evoluzione storica dei rapporti tra fiscalità locale e

membro o di parte del territorio dello Stato membro per gli ef- fetti discorsivi di fenomeni di concorrenza fiscale dannosa.59

Si arriva, quindi, al secondo step nell’analisi che richiede di stabilire se la legislazione statale di riferimento conceda o meno all’ente sub statale dotato di potestà impositiva, quel sufficiente grado di autonomia rispetto al Governo centrale nelle politiche attuate nel proprio territorio di riferimento in grado di scongiu- rare il rischio che la misura (di favore) adottata presenti i carat- teri della selettività che sia, quindi, vietata dalle regole Trattato. La concreta possibilità per Regioni ed Enti locali di interve- nire, con agevolazioni o con manovre sulle aliquote, detrazioni, esenzioni, deduzioni dall’imponibile dei tributi propri e derivati che non costituiscano, quindi, solo norme di deroga al sistema di riferimento (statale, regionale o locale)60 richiede, quindi, di

passare ad esaminare la selettività degli aiuti anche dal punto di vista territoriale61.

59 Sulla fiscalità di sostegno attraverso la valorizzazione della giurisprudenza

comunitaria e sul ruolo non marginale che potrebbero avere le autonomie lo- cali in materia: M. BASILAVECCHIA, La fiscalità di sostegno nella prospet- tiva federalista, in Corr. trib., 2009, 983 ss.

60 L’Individuazione dei casi di deroga a norme di sistema, nel caso di tributi

propri o derivati degli enti territoriali non è semplice in quanto il sistema tri- butario generale stesso prevede, oltre a quello statale, una pluralità di sistemi particolari e locali, ciascuno dei quali può essere contemporaneamente conce- pito come regola o come eccezione a seconda del modello che si assume come riferimento che richiederebbe di essere valutato caso per caso dell’incidenza della misura. Nel caso dei tributi propri regionali, il sistema di riferimento dovrebbe essere quello regionale, mentre per le misure di intervento sul pre- lievo relativo ai tributi statali, ci si dovrebbe riferire al sistema tributario dello Stato. Sul punto, S. PERAZZELLI, Poteri regionali in materia di fiscalità di vantaggio: la Corte di Giustizia amplia i limiti. Osservazioni a sentenza 6 set- tembre 2006 (C-88-03), www.forumcostituzionale.it.

61 Tanto si ricava dalla nota sentenza della Corte di Giustizia del 6 settembre

2006, causa C-88/03 (caso Azzorre) che riconosce nella presenza dei predetti caratteri dell’autonomia istituzionale, decisionale e finanziaria la possibilità che una data agevolazione conservi la natura di una misura a carattere genera- le pur nel più ristretto territorio di riferimento. Da notare che i predetti caratte- ri dell’autonomia non vengono meno ove la legislazione di riferimento preve- da la presenza di meccanismi perequativi o l’assegnazione di fondi che non abbiano carattere compensativo, per quanto poi affermato nella sentenza della Corte dell’11 settembre 2008, cause riunite C-428-436/06. Sul test di autono- mia elaborato dalla Corte di Giustizia con riferimento al modello di federali- smo fiscale c.d. asimmetrico si veda A. CARINCI, I vincoli comunitari all’autonomia tributaria di Regioni ed enti locali, in V. FICARI (a cura di), L’autonomia tributaria delle regioni e degli enti locali tra Corte costituziona- le (sentenza n. 102/2008 e ordinanza n. 103/2008) e disegno di legge delega,

3.5 La selettività territoriale degli aiuti di Stato ed il test di

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