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La responsabilità economica degli enti territoriali del mancato gettito

Fatte queste considerazioni sull’attuale assetto dell’auto- nomia finanziaria secondo il processo federalista in corso, resta da esaminare la seconda questione che è quella che concerne la effettiva responsabilità finanziaria dell’aiuto concesso. La ri- sposta all’interrogativo, come si intuisce, è resa più problemati- ca dai meccanismi di finanziamento che regolano oggi i rappor- ti tra Stato ed autonomie.

Secondo la Corte di giustizia, come si è visto, per valutare il profilo finanziario dell’autonomia occorre verificare che lo sforzo sostenuto con la “spesa fiscale” da parte dell’autorità sub statale non venga compensato in via diretta con contributi o

sovvenzioni o altri meccanismi compensativi provenienti dalle altre autorità centrali o locali95.

Ebbene, tenendo conto dell’assetto che si è venuto a delinea- re con l’attuazione del federalismo fiscale, si tratta allora di sta- bilire se la “spesa fiscale” sostenuta attraverso un’agevolazione fiscale disposta dalle Regioni o dagli altri enti territoriali su tri- buti “derivati” o dalla Regione su quelli “propri” per finalità extrafiscali verso talune imprese o produzioni ubicate nel pro- prio territorio, che non si risolvono in mere deroghe al sistema ed ai principi del sistema giuridico (integrato) di riferimento, non risulti in qualche modo coperta da meccanismi di compen-

sazione individuabili nella perequazione o in specifici contribu- ti erogati da parte di altre Regioni o dello Stato centrale.

Ove risultassero versamenti compensativi a copertura della spesa fiscale come “causa ad effetto”, il minor gettito generato dalla misura non consentirebbe, invero, di configurare più una decisione autonoma sul piano finanziario, trovando essa com-

pensazione nel sacrificio sopportato da altro ente di governo

(sia territoriale che centrale) e l’aiuto concesso ritornerebbe ad essere selettivo e, quindi, vietato dal Trattato.

Le agevolazioni fiscali disposte attraverso un alleggerimento del carico tributario rientrano appieno nel regime degli aiuti di Stato proprio sull’assunto della sostanziale equivalenza fra la mancata realizzazione di gettito e la spesa erogata a carico del bilancio dello Stato.

Secondo i principi del federalismo fiscale e da quanto si ri- cava dai successivi decreti delegati emanati sul fisco cd. regio- nale e municipale, come in precedenza chiarito, le Regioni pos- sono contare sulle risorse necessarie per esercitare la loro auto- nomia finanziaria sui tributi (propri, derivati ed addizionali) sul- le compartecipazioni ai tributi erariali e sulle quote di riparto del Fondo perequativo che, a seconda che si tratti di finanziare spese LEP e spese Libere ( art. 15, D.Lgs. n. 68/2011), commi 5 e 7) è alimentato ed è destinato a coprire le spese in modo diffe- rente. In particolare:

1) per le spese LEP classificate dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 68/2011, nelle spese per sanità, assistenza, istruzione

e trasporto pubblico locale, le Regioni potranno contare sui tri-

95 Punto 107 della sent. n. 428/2006 e 434/2006 Paesi baschi già analizzata

buti (propri e derivati, nonché le addizionali), sulla comparteci- pazione regionale all’IVA, nonché su quote specifiche (della prima parte) del fondo perequativo alimentato dalla comparte- cipazione all’IVA destinata a garantire la copertura integrale delle spese essenziali. Il finanziamento avverrà solo dopo aver proceduto ad una standardizzazione della spesa attraverso la de- finizione dei costi standard dei servizi erogabili;

2) le spese relative ad “altre funzioni” (le cd. Spese Libere, diverse da quelle associate ai LEP) andranno finanziate, invece, senza essere standardizzate, con le fonti di entrata rappresentate dai tributi regionali (propri, derivati e addizionali) il cui am- montare sarà parametrato sulla base dal gettito dell’addizionale regionale Irpef. Anche per queste spese è prevista una copertura non integrale con quote (della seconda parte) del fondo pere- quativo alimentato, questa volta, dall’addizionale IRPEF e cen- trato sulla cd. “capacità fiscale per abitante”;

3) le spese straordinarie o speciali, che possono riguardare tutte le funzioni, saranno finanziate, invece, da contributi spe-

ciali dello Stato e dell’Unione europea e non da tributi.

In ordine alla perequazione, per le spese collegate alle fun- zioni riferite ai LEP con riferimento alla sola spesa capitale, ol- tre che di quelle funzioni che deriveranno da ulteriori materie da individuarsi ai sensi dell’art. 20, comma 2 della L. n. 42/2009, il fondo perequativo, alimentato dal gettito prodotto dalla compartecipazione al gettito dell’IVA, a partire dall’anno 2013, dovrebbe essere determinata in modo da garantire in ogni regione il finanziamento “integrale” delle funzioni da intender- si, tuttavia, per quanto voluto dalla legge, il finanziamento del (solo) fabbisogno standard definito nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni secondo costi standard (comma 5 dell’art. 15)96.

Per la parte delle spese libere destinata al finanziamento del- le “altre funzioni” (non collegate ai LEP), il fondo perequativo

96 Nella fase transitoria e, quindi, a partire dal 2013 e per il primo anno di fun-

zionamento del fondo perequativo, si continueranno a computare le suddette spese LEP in base ai valori di spesa storica e, per quanto si legge nel testo del cit. D.Lgs. n. 68/2012, art. 15, comma 5 “ dei costi standard, ove stabiliti; nei successivi quattro anni le suddette spese dovranno “convergere” verso i costi standard. Sui costi standard, in ultimo, A. ZANARDI, Federalismo fiscale: prove di attuazione, in La finanza pubblica italiana -Rapporto 2011, Bologna, 2011, 225 ss.

andrà alimentato, invece, da una quota del gettito dell’ad- dizionale regionale all’IRPEF (che dovrebbe essere ridetermi- nata, a decorrere dal 2013, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 68/2012).

Ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. g), L. n. 42/2009, solo le Regioni con una capacità fiscale per abitante inferiore alla me- dia nazionale, riceveranno un sussidio positivo dal fondo se- condo un coefficiente perequativo parziale finanziato in parte dalle Regioni che si trovano in situazione opposta (e, quindi, da quelle più ricche e che presentano una capacità fiscale per abi- tante superiore alla media nazionale) e per il residuo, dallo Sta- to centrale con l ‘addizionale IRPEF.

Nessuna perequazione è data, quindi, alle Regioni in cui il gettito pro-capite supera quello medio del complesso delle re- gioni ordinarie; per le altre, il cui gettito pro-capite è inferiore a quello medio, la quota del fondo perequativo andrà determinata in modo da “ridurre, ma non annullare” le differenze di capaci- tà fiscale esistenti tra i territori97.

Le Regioni e gli altri enti locali potranno ricevere, inoltre, somme a titolo di intervento speciale da parte dello Stato come specificato al comma 5 dell'art.119 della Cost. Si tratta delle somme finanziate con contributi speciali dal bilancio dello Sta- to, con i finanziamenti della UE, con cofinanziamenti nazionali, e con le entrate derivanti dal patrimonio proprio, costituito fon- damentalmente da beni immobili, nonché quelle cui la Regione potrà accedere attraverso l’indebitamento (per finanziare, tutta- via, le sole spese di investimento e non quelle correnti)98.

Secondo coloro che si sono occupati della questione, do- vrebbe riconoscersi che, almeno per quel che concerne le Re- gioni a statuto ordinario, l’assegnazione di risorse da parte dello

97 Il principio di perequazione delle differenti capacità fiscali dovrà essere ap-

plicato, secondo l’art. 15, comma 7, D.Lgs. n. 68/2010 in modo da ridurre le differenze “in misura non inferiore al 75 per cento”, tra i territori con diversa capacità fiscale per abitante senza alternarne la graduatoria in termini di capa- cità fiscale per abitante.

98 Ad ogni Regione spetteranno, inoltre, entrate proprie nella misura conven-

zionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale per l’anno 2010 (art. 15, comma 1). Le Regioni potranno, infine, “trasformare” in tributi propri regionali altri tributi minori , ferma la facoltà di sopprimerli e fermo restando che ad esse spetteranno gli altri tributi ad esse ancora riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 68/2011.

Stato costituite da tributi, compartecipazioni e quote del fondo perequativo lasci le stesse pienamente ed esclusivamente re-

sponsabili delle proprie scelte, giacché l’attribuzione di risorse,

compresa la perequazione, avverrebbe in modo del tutto “indi- pendente” rispetto alla decisione adottata di applicare, su taluni tributi derivati, alcuni benefici fiscali99.

È la stessa legge delega, che ha trovato conferma nei decreti delegati, infatti, a chiarire che l’ente territoriale è tenuto a so- stenere la spesa fiscale operata nell’esercizio della propria auto- nomia tributaria sui tributi derivati “con il proprio bilancio”, e che in caso di maggiori entrate, compreso quelle da recupero dell’evasione fiscale, sia l’ente stesso ad appropriarsi in via de- finitiva delle stesse.

Il Fondo di perequazione, viene determinato, inoltre, “con

l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte nell’esercizio dell’autonomia finanziaria” (art. 9, comma 1, lett. c), n. 1, L. n.

42) e, quindi, esso va alimentato di risorse calcolate al netto delle eventuali maggiori o minori entrare generatesi in ragione della diversa capacità fiscale degli abitanti dei distinti territori.

Il meccanismo della perequazione si basa, tuttavia, su una valutazione e ponderazione (molto complessa) della capacità

fiscale dei diversi territori rappresentate dalle Regioni del totale

Italia che andrebbe messo in correlazione con le fonti della sua alimentazione, per lo più generate dalla compartecipazione ad altri tributi statali (IVA ed IRPEF) e, quindi, dipendente dal get- tito che si genera in un dato territorio.

Di qui la considerazione che - per le modalità della sua ali- mentazione e le salvaguardie che la legge pone quali principi di legge delega - detto meccanismo potrebbe essere ritenuto “ido-

neo a compensare”, anche se in via “mediata”, il costo della

sovvenzione (agevolazione) fiscale “decisa” da una certa autori- tà sub statale.

Nell’ideare l’architettura finanziaria delle spese, essenziali o

non essenziali, il legislatore delegante ha conferito, infatti,

un’importanza massima alla perequazione, unitamente agli altri

99 Si vedano sul punto, A. CARINCI, op. cit., 1800; G. PINIERO, Aiuti di sta-

to, selettività regionale e politiche fiscali agevolative delle regioni, in Rass.

trib., 2010, 881 ss.; G. MELIS, La delega sul federalismo fiscale e la cosid- detta fiscalità di vantaggio: profili comunitari, in Rass. trib., 2009, 997 ss.; L. DEL FEDERICO, La fiscalità di vantaggio degli enti territoriali tra decisioni politiche e limiti comunitari, su www.unich.it

strumenti di coordinamento tra prelievo statale e regionale (compartecipazione ai tributi e dalle addizionali) ed una impor- tanza minore ai “tributi propri” proprio per garantire al meglio il funzionamento del sistema impositivo degli enti decentrati ed evitare di far ricadere i maggiori sacrifici di nuovi tributi o maggiori tributi sulla collettività di riferimento (cd. compliance

costs).

Va, tuttavia, considerato che tale perequazione, sebbene non

direttamente collegata ad eventuali spese fiscali sostenute, per

scelta politica è integrale per le sole spese associate ai LEP, mentre per le altre spese - pur fondamentali nello svolgimento delle funzioni devolute alle regioni - non è integrale, e non è

vincolata e, come accennato, è diretta a ridurre (e non ad an-

nullare) le differenze di capacità fiscale dei territori di riferi- mento (art. 9 c.1 ,lett. g), L. n. 42/2009) e, quindi, al gettito ivi prodottosi (cd. perequazione orizzontale)100.

Le Regioni con una capacità fiscale per abitante più bassa (inferiore alla media nazionale) ricevono, quindi, un sussidio positivo dal Fondo, secondo un coefficiente di perequazione parziale finanziato in parte dalle Regioni nella situazione oppo-

sta e per il residuo dallo Stato centrale con l’addizionale

all’IRPEF.

Si potrebbe, allora, a questo punto sostenere che il meccani- smo della perequazione presenti comunque aspetti di collega-

mento con la “spesa fiscale” e, quindi, con il minor gettito di un

tributo “derivato” regionale, almeno con riferimento ai casi di perequazione orizzontale diretta a finanziare le funzioni non es-

senziali (Spese LEP delle Regioni) e non fondamentali (dei

Comuni).

In questo caso, infatti, a differenza di quanto avviene per la perequazione destinata a finanziare le spese essenziali, la legge delega non indica, come criterio guida, che la perequazione per capacità fiscale per abitante vada determinata “al netto delle va- riazioni di gettito prodotte nell’esercizio dell’autonomia tributa- ria” (diversamente da quanto si legge al cit. art. 9, comma 1, lett. g), L. n. 42/2009).

100 La perequazione orizzontale vede, in definitiva, trasferimenti compensativi

tra enti dello stesso livello, a differenza della perequazione verticale, dove è il governo a trasferire risorse ai territori svantaggiati.

Potrebbe accadere che una “spesa fiscale” per funzioni non fondamentali, sostenuta attraverso una norma di favore adottata da una Regione con capacità fiscale inferiore a quella media che determina una riduzione della propria capacità fiscale effettiva, avrebbe come conseguenza l’aumento di trasferimenti perequa- tivi a danno delle altre Regioni.

Si aggiunga che le Regioni (meno virtuose) che non sono messe nelle condizioni di coprire, con le risorse a propria dispo- sizione (tributi e compartecipazioni, compresa la perequazione), le proprie spese, sarebbero costrette a mantenere al massimo, il livello di imposizione dei tributi derivati e non potrebbero, quindi, applicare alcuna variazione in diminuzione di aliquote; mentre le Regioni più virtuose, pur non ricevendo sussidi dal Fondo o ricevendone parte minore secondo il coefficiente sti- mato, avrebbero la possibilità di manovrare al ribasso le aliquo- te dei tributi derivati, avendo (indirettamente) la capacità eco- nomica per sostenerle101.

In definitiva, il sistema crea delle disparità di trattamento fi- scale tra territori che potrebbe dar adito a fenomeni di concor-

renza fiscale interregionale dannosa, apparendo del tutto ovvio

che, il meccanismo di finanziamento ideato, seppure non possa collegarsi in via diretta alla possibilità di sostenere la spesa fi-

scale dell’agevolazione adottata, lasci la possibilità solo alle

Regioni con maggiore capacità fiscale di avvalersi della possi- bilità di “decidere” - fermo restando che la decisione stessa sembri dipendere, essa stessa, dall’intervento dello Stato che ne fissa i limiti di intervento - misure agevolative verso i propri territori a discapito di quelle Regioni con minore capacità fisca- le per abitante e, quindi, in definitiva, generi la possibilità solo per talune Regioni di disporre misure di aiuto fiscale selettive (territorialmente e materialmente).

Altrettanto potrebbe affermarsi per gli interventi di cui al comma 5 dell’art. 119 della Costituzione indicati nell’art. 16 della legge delega come risorse idonee proprio a favorire forme di fiscalità di vantaggio per “promuovere lo sviluppo delle aree

101 La differenza tra le entrate derivanti dalla compartecipazione e le nuove

spese di ciascuna Regione, genera i cd. residui fiscali. La somma di questi surplus ( residui negativi) indica l’entità della perequazione cioè delle risorse che sarebbe necessario ancora trasferire dalle regioni in surplus a quelle in deficit per finanziare il complesso delle funzioni devolute.

sottoutilizzate del Paese”, anche se dette risorse non possano,

com’è noto, ritenersi “sostitutive” di altre fonti di finanziamen- to, ma “aggiuntive” e non dovrebbero, quindi, dirigersi a finan- ziare le spese necessarie allo svolgimento delle funzioni asse- gnate agli enti decentrati102.

Si tratta però di somme che, sebbene non possano conside- rarsi “esclusivamente” funzionali allo sviluppo economico delle aree sottoutilizzate103, né direttamente “compensative” di even- tuali benefici concessi nell’ambito dell’autonomia tributaria de- gli enti di governo, potrebbero risultare anch’esse dirette e defi- nite in tutti gli elementi identificativi dallo Stato centrale nell’attuazione di determinate finalità promozionali.

Stante la genericità della legge delega sul punto, non si pos- sono fare altre considerazioni, ma sembra rafforzarsi l’idea che potrebbero mettersi in dubbio quei profili autonomistici deci-

sionali e finanziari necessari a scongiurare il rischio che la mi-

sura di favore adottata, nell’esercizio della propria potestà tribu- taria, resti selettiva territorialmente.

Ove le Regioni o gli enti locali dovessero essere destinatari di interventi speciali di cui al comma 5 dell’art. 119 della Cost. e venissero adottate decisioni di manovra sulle aliquote o varia- zioni percentuali di tributi (propri e derivati) per perseguire fi- nalità promozionali di sviluppo, la scelta resterebbe in parte soggetta a decisione ed intervento dello Stato centrale ed in qualche modo “sostenuta” attraverso lo sforzo dello Stato o di altre Regioni, rimanendo ancora di incerta definizione il colle- gamento che verrà a delinearsi tra queste forme di sostegno e le altre fonti di finanziamento riassegnate ai diversi livelli di go- verno, compresa la perequazione.

Qualora nell’interpretazione del ruolo dello Stato in questo settore si privilegiasse la visione “centralista”, si potrebbe so- stenere che i contributi speciali assumano il ruolo di veri e pro- pri correttivi, da affiancare al meccanismo della perequazione, idonei a calibrare e tenere in conto i bisogni differenziali effet- tivi delle diverse Regioni.

102 Su quest’ultimo aspetto concorda G. FRANSONI, Profili fiscali della di- sciplina comunitaria degli aiuti di stato, Pisa, 2007, 54 ss.

103 Potendo essere utilizzati per più ampi obiettivi, come l’effettivo esercizio

dei diritti della persona o il perseguimento di scopi diversi dal normale eserci- zio delle funzioni regionali, G. MELIS, La delega sul federalismo fiscale e la cosiddetta fiscalità di vantaggio, in Rass. trib. 2009, 997 ss.

In conclusione, il sistema ideato per assegnare “autonomia

di entrata e di spesa” a ciascun livello di governo, oltre a mo-

strarsi di elevata complessità, sembra non essere in linea con i principi di uguaglianza e dell’eguale soddisfacimento di diritti sociali su tutto il territorio nazionale andando esso, almeno per ora, a generare disparità di trattamento tra cittadini e territori, oltre a comportare un abbassamento del livello di prestazioni pubbliche in linea teorica fruibili dai singoli appartenenti ad uno Stato unitario104.

Senza dire poi che l’articolazione e formazione del sistema regionale con le Regioni a statuto speciale insieme a quelle or- dinarie, rispondendo più ad un modello di federalismo asimme- trico che simmetrico, potrebbe anch’essa compromettere la pos- sibilità di escludere ipotesi di selettività territoriale qualora ve- nissero disposte da parte delle prime, norme di favore sui tributi derivati o, addirittura, come oggi sembra essere possibile, da parte delle Regioni speciali, su tributi statali105.

104 Per completezza, occorrerebbe anche considerare che, mentre l’art. 119

Cost., comma 4 prevede che regioni ed enti locali debbano finanziare “inte- gralmente le funzioni pubbliche loro attribuite” con le risorse di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo (e, cioè con tributi propri, con compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, e col ricorso ad un fondo perequativo), con la legge 42/2009 si è venuto a creare, in modo inno- vativo, un sistema di finanziamento in cui i livelli di prestazione da finanziare “integralmente” (associati alle spese LEP) non saranno più quelli effettivi, ma quelli attraverso cui si realizzeranno “determinati obiettivi” che dipenderan- no, a loro volta, dalla definizione di un fabbisogno standard. Per le spese Li- bere associate alle funzioni non essenziali o non fondamentali, del pari, non è previsto un sistema di finanziamento integrale, e le risorse necessarie alla co- pertura delle stesse dipenderanno, in definitiva, dalla capacità finanziaria e gestionale, oltre che di progettazione, degli enti di riferimento. La dicotomia tra spese e funzioni essenziali non appare, del resto, in armonia nemmeno con il diritto comunitario che ha abbandonato il criterio di distinzione tra servizi pubblici essenziali e non essenziali, per passare alla distinzione nelle categorie di servizi tra quelli di interesse economico generale e quelli di interesse gene- rale. Sul tema, tra i più recenti, si vedano F. DONATI, La regolazione dei servizi d'interesse economico generale. I servizi di interesse economico gene- rale: prospettive di evoluzione del modello regolatorio europeo, in Il Diritto dell'Unione Europea, 2010, 195 ss., nonché, F. MERUSI, Lo schema della regolazione dei servizi di interesse economico generale, in Dir. amm., 2010, 313 ss.

105 Si consideri che la Commissione con Decisione C (2009) 7182 ha ritenuto

compatibile l’aiuto consistente in un credito d’imposta a fini IRES per i nuovi investimenti in Sicilia, disposto con L. R. Sicilia n. 11/2009. Per quanto ri- guarda le Regioni a statuto speciale, non è possibile, inoltre, fare previsioni

Ebbene, come può questa situazione rimanere indenne da censure di costituzionalità (per violazione degli artt. 3, 2 e 53 della costituzione) e di compatibilità con l’insieme di regole che governano la politica della concorrenza è difficile immaginarlo. Sembrano essersi venute a determinare, infatti, ingiustifica- bili disparità di trattamento dalla rimodulazione delle entrate assegnate ai diversi livelli di governo che dipendono, a ben ve- dere, dal “luogo di residenza” e dalla diversa quantità di gettito prodotto dai territori, con probabile deviazione dal modello di federalismo cooperativo e solidaristico ispirato dall’impianto costituzionale verso quello di tipo competitivo.

Sembra superfluo sottolineare che il principio di capacità contributiva imporrebbe il concorso alle spese pubbliche nel ri- spetto della congruità, ragionevolezza, solidarietà e parità di trattamento per i titolari della medesima “fonte” e medesimo ammontare reddituale, a prescindere dal luogo in cui, alcuni, si trovino a risiedere stabilmente. E ciò tanto più se si considera

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