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La nozione di Aiuto di Stato e la ratio dei divieti e delle giustificazioni poste

La concorrenza nel mercato comune può subire delle distor- sioni, non soltanto ad opera di accordi o negoziazioni tra impre- se, ma anche per effetto dell’intervento dello Stato quando con- cede aiuti agli operatori economici mediante fondi pubblici.

Come si diceva, l'art. 107 del TFUE dichiara, per questo, “in-

compatibili con il mercato comune nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ov- vero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favo- rendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

In ambito comunitario, il “divieto di aiuti di Stato”, sancito del Trattato si dirige, dunque, al legislatore interno, allo scopo di evitare che una normativa agevolativa possa turbare la concor- renza con l’introduzione di fattori fiscali non neutrali e, per que- sto motivo, si concentra sui destinatari imprese e non singoli in- dividui.

Il sistema dei divieti in materia di aiuti di Stato si inquadra, appunto, nella politica della concorrenza giacché, in sede di va- lutazione, l’aiuto di Stato può costituire un vantaggio indebito solo se, presentando una certa selettività, finisce per favorire so- lo talune imprese o talune produzioni rispetto ad altre generando squilibri sul mercato.

Il sistema delle deroghe o delle giustificazioni al divieto tro- va, invece, la sua ratio nell’insieme dei valori espressi dai Trat- tati ed elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che privilegiano la realizzazione degli obiettivi di comune interesse e che possono arrivare ad ammettere la concessione di aiuti selet-

tivi, anche fiscali, per correggere le distorsioni concorrenziali di

mercato.

La definizione di aiuto di Stato che si trova declinata nel Trattato e dalle altre fonti di origine comunitaria è molto generi- ca ed è idonea a ricomprendere le agevolazioni di qualsiasi natu- ra, e, quindi, anche quelle di natura fiscale; la norma attribuisce alla Commissione ampia discrezionalità nel valutare la legittimi- tà delle misure agevolative disposte dagli Stati e rende difficil- mente eludibile il divieto, a prescindere dal nomen iuris adottato dai singoli ordinamenti.

Secondo la Corte di Giustizia, gli aiuti di Stato consistono in, particolare, in “tutti gli interventi che, in varie forme, allevino gli

oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, anche senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la medesima natura e producono identici effetti75.

Sono considerati aiuti di Stato, dunque, tutte le tipologie di finanziamenti a favore di imprese o produzioni a fondo perduto, i contributi, le sovvenzioni, le agevolazioni, le garanzie o forni- tura di merci o servizi a prezzi inferiori rispetto al costo, le as- sunzioni di partecipazioni al capitale ed, in linea di principio, qualunque beneficio concesso dallo Stato, ovvero mediante ri- sorse statali che conferisce un vantaggio economico in modo se-

lettivo, e, quindi si rivolge solo a talune imprese o talune produ-

zioni, a discapito della concorrenza.

Per questo motivo, ed in linea di principio, non costituiscono aiuto di Stato gli aiuti cd. Generali ovvero le agevolazioni finan- ziarie e/o fiscali dirette a (tutti) i destinatari di un dato territorio indipendentemente dalla loro natura, posizione geografica o set- tore di appartenenza, giacché essi rimangono espressione delle scelte di politica economica degli Stati membri76. Le misure ge-

nerali sono ritenute, di norma, quelle destinate a regolare l’equilibrio del sistema economico di riferimento nel suo insie- me.

Sugli aiuti Generali, pertanto, non opera il divieto di cui al cit. art. 107 TFUE e l’Unione si limita a scoraggiare quei prov- vedimenti che appaino non rispondenti agli effettivi bisogni eco-

75 Sulle regole elaborate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in mate-

ria, M. V. SERRANÒ, L'efficacia delle decisioni della Commissione europea nell'ordinamento tributario interno, in Riv. dir.trib., 2003, 672 ss.; A. E. LA SCALA, I principi fondamentali in materia tributaria in seno alla Costituzio- ne dell’Unione Europea, Milano, 2005, 392 ss.; R. SAPIENZA, Regimi age- volativi di natura fiscale e disciplina comunitaria degli aiuti di Stato. La deci- sione della Corte di Giustizia nella causa C-88/03, in Riv. giur. del Mezzo- giorno, 2007, 57 ss; G. COZZOLINO, La CGCE torna a fare il punto sul rapporto tra divieto di aiuti di Stato e fiscalità di vantaggio a favore delle im- prese attuata da enti infrastrutturali., in Riv. it. dir. pubb. com., 2009, 1173 ss.

76 Si anticipa che, a volte, non è agevole distinguere una misura generale da

una selettiva. L’esperienza dimostra che molto spesso una misura è solo appa- rentemente generale ed è stata ritenuta, pertanto, selettiva dalla Corte di Giu- stizia. Sul tema, R. SEET, Le fonti del diritto comunitario ed il loro effetto sul diritto tributario, in Per una Costituzione fiscale europea, a cura di A. DI PIETRO, Padova, 2008, 45 ss.

nomici e sociali dei beneficiari ed a verificare che la loro con- cessione non conduca ad effetti distorsivi sulla concorrenza.

L’elemento che distingue le misure generali da quelle seletti- ve va ricercato, infatti, nel perseguimento di specifici obiettivi o al fatto che esse si dirigono verso determinati operatori del si- stema economico generando alterazione negli scambi77.

La Corte di Giustizia ha interpretato, inoltre, in senso molto ampio l’espressione “risorse statali” indicata al cit. art. 107 TFUE intendendo per tali non soltanto le risorse stanziate dal Governo centrale, ma anche da quello regionale. L’aiuto può provenire anche da un organismo privato, quale un’impresa pri- vata o un’impresa pubblica che operi in regime di diritto priva- to, o da un organismo soggetto all’influenza preponderante, di- retta o indiretta, dello Stato, di un ente pubblico o di un ente lo- cale78.

Quanto ai principi generali, va osservato che il divieto di aiuti di Stato si fonda sul principio di non discriminazione, regolato in via espressa dall’art. 18 del TFUE (ex art. 12 Trattato CE), in base al quale, com’è noto, “è vietata ogni discriminazione effet-

tuata in base alla nazionalità”; principio che costituisce la con-

dizione indispensabile per la effettiva realizzazione del mercato unico in cui sia consentito, in assenza di discriminazioni, l’esercizio delle quattro libertà fondamentali libera circolazione dei lavoratori (art. 45); la libertà di stabilimento (art. 49 e 54), la libera prestazione di servizi (art. 56) e la libera circolazione di capitali (art. 63).

La Corte di Giustizia non si limita a verificare se una certa misura restrittiva adottata da uno Stato violi le predette quattro libertà fondamentali, ma giudica anche sull’esistenza o meno d’un rapporto di stretta necessità ed idoneità dell’eventuale mi- sura selettiva adottata rispetto al perseguimento degli obiettivi comunitari (cd. principio di proporzionalità).

Infine, determinate misure “selettive” possono essere giudica- te lecite se ritenute giustificate dal perseguimento di finalità rile-

vanti (le cd. rules of reason) elaborate dalla Corte di Giustizia

77 Sul punto, P. RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudice nazionale, in Riv. dir. pubb. com., 2004, 238 ss.; G. TESAURO, Diritto comunitario, Padova, 2008, 815 ss.

78 Corte di Giustizia, sentenze 7.5.1998, cause C-52/97, C-53/97, C-54/97;

tra le quali si annoverano la lotta all’evasione o elusione fiscale nonché il mantenimento di una “coerenza” del sistema fiscale, e purché le stesse non si mostrino sproporzionate rispetto allo scopo, ove lo stesso si sarebbe potuto in ogni caso raggiungere con misure meno restrittive79.

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